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DI URIEL FANELLI

keinpfusch.net

Anni fa scrissi che l’Italia avrebbe perso il 60% del proprio tessuto industriale in pochi anni, e mi sbagliavo. Ma non sul 60% di tessuto industriale perso: la politica italiana è riuscita ad ingessare il processo e rallentarlo, quindi sta durando qualche anno in più.

Questo rallentamento riesce ad evitare il senso di allarme che sarebbe prodotto da un crollo improvviso: se l’Italia avesse perso il tessile, l’industria del mobile, quella dell’auto, quella del cemento e quella dell’acciaio negli stessi due anni, probabilmente qualcuno se ne sarebbe accorto.

Al contrario, diluendo le cose nel tempo tutto si sta allungando, e le persone non si sentono allarmate: ogni anno si perde “un pochino”, ma non tantissimo. Quindi si vede un “lieve” peggioramento della situazione. Occorrerebbe fare il confronto con 20 anni fa per vedere la differenza. Ma l’italiano ha pochissima memoria del passato.

La cosa che odio quando menziono questo processo, però, è che da quel momento in poi si vanno a cercare le forze che spingono in questa direzione, DANDO PER SCONTATO CHE SIANO STRANIERE.

Allora, signori, ho brutte notizie: questa disintegrazione del tessuto industriale italiano non l’ha decisa un paese straniero, un sistema straniero di interessi o un potere forte straniero.

L’avete decisa VOI.

Forse adesso vi aspetterete che io spieghi come mai lo straniero X non vuole cosi’ male all’Italia, e mi sforzi di difenderli. Ma non io non difendo mai. La difesa è sconfitta in sé: solo l’aggressione porta alla vittoria. Nessuno ha mai vinto qualcosa difendendosi.

Quindi andiamo a vedere quali sono le forze italiane che vogliono distruggere la grande industria italiana.

La Mafia.

La Mafia può esistere e prosperare solo in un contesto di disoccupazione , povertà, miseria ed ignoranza. Sino a quando un luogo è prospero, la Mafia potrà forse usarlo per riciclare denaro sporco, ma difficilmente potrà reclutare i suoi elementi più biechi. Perché una persona che andrà a vivere da benestante, dormire sonni tranquilli e costruirsi una vita serena dovrebbe andare a fare la vita da subumano dei mafiosi? Il primo nemico della mafia e’ sempre stato lo sviluppo economico.

Lo sviluppo industriale e’ il tipo di sviluppo economico che la mafia teme di più. Per una ragione: richiede una scolarizzazione molto alta, ed un tipo di educazione che mira all’organizzazione dei processi. Richiede anche un’amministrazione pubblica più efficiente, che automaticamente va in conflitto con le necessità corruttive dei mafiosi.

Quando un governo è influenzato dalla mafia, la sua agenda nascosta sara’ quella di disintegrazione industriale. Il primo degli enti che stanno “complottando” per distruggere l’industria italiana è la mafia. Non è un mistero e non lo è mai stato.

E sapete benissimo cosa prenderà piede a Taranto tra le diecimila famiglie rimaste senza lavoro. E sapete bene che si chiamerà mafia, ndrangheta, Camorra. Dipende da chi vincerà.

La chiesa cattolica.

Non vi illudete, non cambieranno MAI. La chiesa cattolica, come la mafia, vive e prospera in una situazione di dolore, sofferenza, miseria e ignoranza. Tutti gli altri ambienti limitano la loro influenza. Come se non bastasse, tutte le conquiste sociali che la chiesa cattolica avversa sono venute con la rivoluzione industriale, ed i cambiamenti sociali che ha innescato.

Come se non bastasse, un’economia industriale spinge le persone a compiere un percorso di studi orientato alle discipline tecniche, scientifiche e matematiche. Tutte discipline che la chiesa cattolica odia, perché si accoppiano malissimo con l’ammasso di ridicole superstizioni e rituali senza senso che la chiesa propaga, accompagna e benedice.

In un paese fortemente influenzato dalla chiesa cattolica, l’industria verrà osteggiata, limitata, diffamata, e l’agenda nascosta della Chiesa sara’ sempre quella di farla sparire. La chiesa si trova bene solo in contesti rurali , poveri, miserabili in ogni senso umano (se vuoi incularti bambini indisturbato, devi poter contare su uno strato di omertà che coinvolge i genitori) , e terrorizzati da una qualche punizione inesistente.

Conte è un emissario della chiesa cattolica, che evidentemente voleva riprendersi Taranto. Ovviamente, c’è riuscita. Dopo la chiusura dell’ ILVA, Taranto sara’ una festa di preti pedofili che compreranno bambini a un euro al chilo, contando sull’omertà della società e sull’ignoranza dei locali, che regrediranno: a che serve essere ingegneri se non esiste industria? Tanto vale studiare storia del rinascimento e tentare “il concorso”. Per i quale la chiesa sarà felice di raccomandarti, se solo porti tuo figlio a catechismo. Dove lo inculeranno.

Gli “imprenditori”.

Diciamolo apertamente: la grande industria è il posto dove sono nate le lotte sindacali. E’ il solo settore privato ove una donna abbia un barlume di speranza di venire assunta e di godere del diritto alla maternità. E’ il solo posto davvero sindacalizzato. E’ il solo posto ove le persone si aspettano la carriera.

Una grande industria non fa altro che creare un concorrente sul piano della retribuzione e sul piano dei diritti. Una volta che il 30% della popolazione ha imparato a lavorare avendo dei diritti , una carriera e una certa retribuzione, è molto difficile per il piccolo imprenditore schiavizzare a dovere dei giovani. Chiaramente quelli che rimarranno da lui saranno quelli che non riescono ad entrare nella grande industria e nello stato.

Le categorie dei commercianti e delle piccole imprese, sempre alla ricerca di schiavi da sottopagare o non pagare affatto, sono nemici giurati della grande industria. Nel mondo “perfetto” di questi “imprenditori”, le grandi industrie sono all’estero (cosi’ non danno strani pensieri ai giovani italiani) e sono i loro clienti, le industrie  piccole sono in Italia e fanno da fornitori, in modo da avere giovani disperati disposti a farsi sfruttare, clienti da servire, ma nessun concorrente sul mercato del lavoro.

Le università.

L’industria italiana per le università ed il mondo accademico e’ sempre stata la pietra dello scandalo. Innanzitutto, per molti anni furono pochissimi i giovani che, in certe materie, erano disposti a farsi schiavizzare nel PhD sottopagato eterno. Per trovare un dottorando o un ricercatore in molte facoltà di ingegneria dovevano fare i salti mortali, e mettere contratti su carta prima. Il giovane ingegnere aveva scelta, perché avrebbe dovuto prestarsi ad una umiliante “carriera” universitaria?

Inoltre, l’industria snobbava (e snobba ancora) gli accademici. Se nel mondo umanistico la scritta “prof.” e’ una specie di carica religiosa (pensate ad Avv. Prof per gli avvocati, per dirne una) , nel mondo dell’industria si tratta di titoli che sono visti con scetticismo , se non derisione. Non devo citare per forza la diatriba fra Tanenbaum e Linus per spiegarne i motivi.

Inoltre, l’industria fa pressioni sul governo perché si producano più laureati. Questo crea la condizione per la quale la laurea non e’ quell’assurdo privilegio medioevale per il quale lo studente sara’ disposto ad idolatrare (quando non “essere ricevuto in privato”) qualche accademico.

Togliete la poca industria a Taranto, e i baroni universitari avranno la fila di dottorandi disposti a scrivere i paper che loro firmano, lavorare gratis per anni e stendersi anche sulla scrivania se viene richiesto.

La politica locale.

Diciamolo chiaramente: in un mondo di disoccupati fare politica e’ semplice. Basta promettere un tozzo di pane ai disperati, parlare di “Reddito di Cittadinanza”, promettere posti di lavoro e raccomandazioni, e i voti si comprano.

La politica italiana vive di disperazione; in un mondo con molte grandi industrie si parla di ambiente, di scuola, di sicurezza, di parità di diritti, e per il politico la vita si fa difficile. Quando c’è poca industria pesante si parla di una cosa sola: posti di lavoro, stipendi e soldi.

Nel panorama di devastazione che uscirà da Taranto i politici non dovranno più parlare di ambiente. Non dovranno più parlare di scuole, di servizi sociali, di diritti delle donne o di tutela degli omosessuali. Basta dire “se vuoi ci metto una parola al concorso per vigile urbano, ma tutta la tua famiglia deve votare per me”, ed e’ fatta.

Inoltre, la presenza di industriali introduce un tipo di potere col quale devi mediare, perché il sindaco di una cittadina che ha una grande azienda, e magari una sola, di fatto prende ordini dal CEO.

Tutta la classe politica locale è, era e rimane ostile all’esistenza di grandi industrie. E quando la politica si “decentralizza”, immediatamente i leader locali cercano di distruggerla.

Nella nuova Taranto, ai politici basterà promettere una raccomandazione per avere voti, in cambio del miraggio di un posto. Il resto dei temi politici non esisterà più. Il mondo perfetto per un politico senza talento.

Il sistema bancario.

Per una banca italiana, dalle dimensioni molto piccole rispetto al resto del mondo, le grandi industrie sono un problema. Innanzitutto perché finanziarle richiede un livello di rapporto che non e’ il semplice mutuo della PMI “che se non paghi ti prendo casa”. Se una banca finanzia una grande industria si prende un grande rischio, e se quelli vanno in fallimento, la banca non ha la possibilità di “ti prendo casa”.

E’ invece una fonte di potere immenso avere una popolazione di PMI , piccoli artigiani, commercianti e piccoli professionisti “assolutamente ricattabili”. Nessun banchiere vuole discutere alla pari.

Per il sistema bancario l’esistenza di altre industrie è un dramma, anche perché sono dei concorrenti sul territorio. Senza grandi industrie, chi deve finanziare qualche nuova attività deve per forza andare in banca, e se l’attività e’ culturale deve per forza chiedere ad una “fondazione”, che guarda caso è finanziata quasi sempre da una banca.

Se c’è una grande industria, innanzitutto spesso hanno le loro fondazioni, e poi finanziano (direttamente o meno) le imprese, quando non costruiscono direttamente delle infrastrutture che servono, “pro bono”. Ho visto città del meridione ove Enichem aveva costruito interi quartieri, acquedotti e scuole superiori. Cosa che senza Enichem sarebbe stata possibile solo con l’appoggio dei banchieri locali, e relative “fondazioni”.

Il mondo della cultura.

In un paese con grande industria, la cultura tende a spostarsi verso il mondo scientifico, ingegneristico, tecnico e matematico. La cultura a quel punto ha spazio come servizio per la classe media che deriva dall’industria medesima.

Il guaio di questa impostazione e’ che a quel punto esiste un mondo della cultura che vive di incassi. Al contrario, se parliamo di una popolazione povera, un’economia disintegrata e priva di ceto medio, tutta la cultura e’ in mano a “donazioni”, e a contributi da parte dello stato. Questo crea un mondo della cultura nel quale dominano i “baroni”, capaci di attirare lo pseudo-mecenatismo , i quali riempiono il luogo di eventi culturali di cui non frega niente a nessuno , che vengono finanziati da stato, chiesa o banche, e nessuno va a vedere gli incassi: il barone può piazzarci i figli e le troie, e chi se ne frega se manca il talento? E se anche andrete a parlare di “incassi” vi accuseranno di essere “commerciali”.

Un mondo industriale invece ha un sistema di cultura ( intesa come servizio terziario avanzato) ove esistono eventi culturali di successo che si giustificano attraverso gli incassi. Questo crea una distinzione tra chi ha talento e chi no, e il barone diventa lo sfigato di turno che elemosina soldi ai mecenati, mentre chi ha talento riceve soldi dal pubblico, diventa famoso e ha riscontro sociale.

Il mondo italiano della cultura e delle arti ha come nemico dichiarato la società industriale, perché crea un tipo di artista che vive del proprio lavoro, anziché delle “donazioni” dei vari baroni, politici, banche e altri poteri.

Il mondo militare.

Diciamolo apertamente: se un giovane ha un’altra possibilità, chi cazzo glielo fa fare di scegliere la carriera militare? Stipendi miseri, caporali di ogni grado (il caporale e’ solo un piccolo italiano cui e’ dato un piccolo potere su di te) , rischi altissimi (in caso di missione) e una vita, diciamolo pure, di merda.

Qui in Germania  la Bundeswehr sta facendo una serie di campagne di arruolamento intensissime, con grande dispendio di pubblicità ovunque, ma trova soltanto gente che viene da zone povere,  con un livello di istruzione infimo, un concetto di “onore” che coincide col tipo di prurito che sentite nelle palle quando state troppo sulla poltrona del cinema, e un comportamento che scoraggia le donne dall’arruolamento, a qualsiasi livello.

Per passare a forze armate ad alte specializzazione avrebbero bisogno di giovani più scolarizzati, ma col cazzo che vai a farti stuprare l’anima nei deliri pataprussiani della Bundeswehr , quando puoi trovare lavoro , e quasi sempre a due passi da casa.

Al contrario, non appena in Italia la grande industria sara’ scomparsa, le forze armate si troveranno il meglio del meglio dei laureati, delle ragazze pronte da stuprare in camerata (e succede, e’ inutile illudersi: ricordo bene la Marina, non riesco ad immaginare come una donna potesse sopravvivere rispettata in un contesto culturale simile. Una donna che entri nelle forze armate italiane ha davanti a sé una carriera di molestie o “gazzose da stappare”.)

Carne da macello a iosa, e di prima categoria. Un affare. Avete idea di cosa succederà a Taranto quando la Marina e il suo arsenale saranno l’unica sorgente di posti di lavoro e di appalti? Ve lo dico io: gazzose per tutti quelli che hanno una divisa.

Come vedete, non ho bisogno di tirare in ballo degli stranieri per trovare i nemici dell’industria italiana. Basta cercarli in Italia. Ce ne sono a bizzeffe, e detengono un potere enorme sul governo.

Ma la cosa che più importa e’ che questi poteri a voi PIACCIONO. Tutti. Potete farmi tutti i discorsi che volete su quanto odiate la mafia, per esempio, ma il compiacimento che provate nel dimostrare che “c’e’ anche al nord” mi fa capire da che parte state. La mafia, se siete meridionali, vi fa sentire importanti, potenti, gonfia il vostro ego perché vi lascia illudere di aver creato qualcosa di importante nel mondo, ed e’ visibile il compiacimento nella vostra voce (anche in quella di Saviano) con la quale fate presente ad altri che il problema ” c’e’ anche dove vivi tu”: Perché se la mafia è forte, voi vi sentite forti. Se sembra inarrestabile, voi vi sentite inarrestabili. La verità è che i discorsi sulla mafia sono un prolungamento del vostro ego, una riscossa sociale col fascino del male.  

E potrei continuare col compiacimento verso la Chiesa cattolica, della quale non volete giudicare i peccati  e i crimini orribili verso i vostri bambini, con la vostra idea di arte e cultura opposta alla “matematica dei freddi numeri” (sostituita oggi dall’odio verso “l’algoritmo”) , con il motto “piccolo e’ bello” dei vostri imprenditori schiavisti, con l’adorazione che avete verso i piccoli centri e la loro vita vuota (che definite “semplice” quando è solo “inutile”) con il mito delle piccole banche “dove potete parlare col direttore” (e ha un comodo divano nel suo ufficio, Weinstein-like) e tutto il resto.

La verità è che l’italia sta perdendo la propria industria per via di forze che sono quasi interamente INTERNE al paese. Forze che hanno una faccia.

La vostra.

Il collasso dell’industria italiana è qualcosa cui voi stessi ambite. Lo state volendo voi, lo state costruendo voi, al preciso scopo di costruire l’unica realtà nella quale voi stessi vi riconoscete. Ovviamente non volete mai il collasso dell’azienda dove lavorate VOI: ma quell’azienda a fianco, se chiude è meglio per tutti.

Perché tutti gli enti che ho nominato non sono soltanto entità, sono letteralmente i pilastri della società italiana, e a volerla dire tutti, le principali fonti di italianità. Sono l’identità italiana.

Non potete farne a meno, non potete opporvi, perché sarebbe una lotta contro voi stessi.

Il vostro nemico, il distruttore dell’industria italiana,  non si trova all’estero. Non e’ un potere straniero.  E’ un potere  italianissimo, e se volete incontrarlo non avete che da guardarvi allo specchio.

Certo, ci sono anche italiani che non si riconoscono in questo specchio. Per questo se ne sono andati, se ne vanno, e se ne andranno. E se voi rimanete, e  accettate di vivere a quel livello di esistenza, , di farci crescere i figli, non avete scuse. Non state “lottando per cambiare le cose”, non state “cercando di migliorare il sistema da dentro”, semplicemente siete parte del problema. Quindi non siete parte della soluzione, ed e’ per questo che le cose non cambiano e non migliorano.

Se tutti quelli che non se ne sono ancora andati e sono rimasti “per migliorare le cose” e sono “rimasti a lottare per migliorare” fossero stati quel che dicono di essere, il vostro paese sarebbe in ben altre condizioni. E’ una scusa cui non credo, cari “rimasti”: siete rimasti perché quel sistema, alla fine , e’ il sistema in cui vi riconoscete.

L’Italia perderà qualsiasi grande industria non sia dello stato, e alla fine lo stato venderà anche le proprie per pagare i debiti, per la semplice ragione che voi lo volete. Perché volete vivere nella miseria umana che deriva dalla sconfinata distesa di piccoli cantinari schiavisti che ne risulta. E’ la miseria che chiamate “italia genuina”, o “tradizionale”, o semplicemente “come ai tempi del nonno”.

Vi piace. Ed è il “vero Made in Italy”.

Dubito che ve lo stia invidiando tutto il mondo, ma i giornali vi racconteranno proprio questo.

Uriel Fanelli

Non sono io che so tutto. Sei tu che non sai un cazzo di niente. La differenza e’ difficile da cogliere (ma solo dal tuo punto di vista).

Fonte: https://www.keinpfusch.net/

Link: https://www.keinpfusch.net/cui-prodest/

 

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