WASHINGTON PARLA ALL'IRAN CON LINGUA BIFORCUTA

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DI FINIAN CUNNIGHAM
Information Clearing House

Solo pochi giorni dopo che il vice presidente americano Joe Biden (nella foto) aveva pubblicamente fatto un’allettante offerta di colloqui bilaterali tra Stati Uniti ed Iran, Washington ha imposto altre sanzioni punitive per la vitale industria petrolifera iraniana.

Cosa pensare di questa posizione apparentemente contraddittoria degli Stati Uniti? Alcuni opinionisti pensano che l’atteggiamento anomalo esprima una politica del bastone e della carota da parte di Washington, per cui gli incentivi fatti balenare all’Iran sono stati rapidamente seguiti da un colpo basso, avente l’obiettivo di forzare un risultato finale.In questo caso il presunto risultato finale è che gli americani e i loro alleati occidentali vogliono che l’Iran dimostri definitivamente al resto del mondo che non svilupperà mai la capacità di fabbricare armi nucleari. A tale dimostrazione si arriverebbe, secondo Washington, se l’Iran potesse in qualche modo fornire una garanzia d’acciaio con cui comprovasse di aver limitato la sua tecnologia nucleare ed il cruciale processo di arricchimento dell’uranio.

Per cui, il ragionamento continua, se l’Iran dovesse conformarsi a quanto richiesto e limitasse fortemente la sua ricerca e industria nucleare, certe “carote” potrebbero seguire: ad esempio la revoca delle sanzioni che paralizzano l’economia del Paese e il ripristino di regolari relazioni diplomatiche.

È questo il “caritatevole” punto di vista degli USA, un punto di vista che è stato rafforzato dalle aspettative che il secondo mandato presidenziale di Barack Obama stia lentamente spostandosi verso una più ragionata, meno predatoria e filo-sionista politica estera in Medio Oriente.

Ma questa posizione nei confronti dell’Iran si può interpretare in un altro modo, e per dirla con una frase coniata dai nativi americani, espropriati delle loro terre e perennemente ingannati, è più probabile che Washington stia semplicemente parlando all’Iran “con lingua biforcuta”. Infatti non sembrano esserci in cantiere concessioni di alcun tipo per l’Iran, contrariamente a quanto sostiene Joe Biden, ma piuttosto un susseguirsi di incessanti avversità.

Nello scenario USA attuale, qualsiasi concessione l’Iran facesse, aspettandosi ragionevolmente qualcosa in ritorno, sarebbe cinicamente intascata da Washington e dai suoi sodali occidentali con niente in cambio se non pretese ancora peggiori.

Ma come valutare se nei confronti dell’Iran gli Stati Uniti stanno adottando la soluzione più mite della carota e del bastone o quella deleteria della lingua biforcuta?

Guardiamo alla storia. Decenni di aggressione ed abusi nei confronti dell’Iran ci mostrano una bestia che non può semplicemente cambiare le sue abitudini nefaste e predatorie da un giorno all’altro. Lo scorso weekend i leader iraniani hanno risposto a Biden avvisandolo nobilmente che le azioni parlano più forte della retorica (vedi resoconto a fine articolo).

Mentre Biden chiedeva con arroganza all’Iran di mostrare “buona fede” per l’avvio delle trattative, la realtà è che sta agli USA smantellare il proprio arsenale di politiche e pratiche aggressive nei confronti dell’Iran prima che l’Iran possa considerare qualsiasi offerta che arrivi da Washington come remotamente sincera e degna di rispetto.

I precedenti non promettono niente di buono. Ricordiamo che nel suo primo discorso inaugurale nel gennaio 2009, Obama giocò molto sulla retorica di una riconciliazione con l’Iran, promettendo che l’America avrebbe “teso una mano in amicizia” se gli altri avessero “schiuso il pugno”. Quello che in pratica avvenne dopo non si può di certo chiarmare una serie di gesti di buona volontà, visto che squadroni della morte americani assassinarono diversi scienziati nucleari iraniani.
Inoltre, sotto Obama, gli Stati Uniti hanno lanciato tre serie di feroci sanzioni economiche contro l’Iran, oltre alle decennali sanzioni già in atto. Washington ha poi convinto a forza l’Europa e il resto del mondo a mantenere quelle sanzioni paralizzanti che hanno messo a rischio milioni di vite in Iran, con la carenza di medicine essenziali e di altri prodotti di base.

Obama ha anche supervisionato l’incremento dell’uso di droni di sorveglianza sul territorio dell’Iran e il dispiego della guerra informatica sulla società iraniana. Gli attacchi dei virus Stuxnet e Fiamma che Washington, in collusione con Israele, ha lanciato sull’Iran, possono soltanto essere visti come i primi colpi di un assalto più esteso, dato che l’amministrazione Obama ha dichiarato la scorsa settimana che intende lanciare una guerra cibernetica “preventiva”.

Queste storie di guerre di aggressione palesi ed occulte – e criminali – all’Iran da parte di Washington, è il contesto in cui le recenti aperture al colloquio tra i due paesi devono essere valutate. Come può uno aspettarsi di parlare in modo razionale con un barbaro e demente criminale che pensa di avere il sacrosanto diritto di attaccare l’altro, usando perfino armi nucleari?

È assurdo entrare in un simile quadro di negoziati e in effetti, facendolo, si creerebbe una pericolosa dinamica di concessioni unilaterali che servirebbe solo ad incoraggiare l’aggressore.
L’unico scenario adeguato perché i negoziati tra gli USA e l’Iran avvengano è che Washington blocchi immediatamente ogni aggressione nei confronti del popolo iraniano. Ciò significa, prima di tutto, l’inversione di tutte le sanzioni, americane ed europee, imposte all’Iran. Allora, e solo allora, l’Iran potrebbe ritenere che i negoziati sarebbero condotti con un minimo di buona fede.

Tuttavia, è poco probabile che un tale criterio di ragionevolezza per i colloqui sia applicato. Questo perché il problema che Washington e i suoi alleati occidentali hanno con l’Iran non è il suo presunto programma nucleare. Il vero problema per queste potenze imperialiste è l’Iran stesso.

Gli americani e le loro marionette europee non possono tollerare di avere un Iran indipendente – un Paese che crede nello sfruttamento delle proprie risorse per lo sviluppo e per il beneficio del proprio Popolo, in contrasto con lo sfruttamento da parte del capitale occidentale e del sistema bancario globale dominato dall’occidente; un Paese che critica il militarismo occidentale in Medio Oriente, in Africa e in altre parti povere del mondo, un Paese che difende i diritti del popolo Palestinese, sottoposto ad un genocidio al rallentatore, messo in atto dal regime sionista con l’appoggio dell’occidente.

Queste sono alcune delle verità per cui Washington sta cercando di sconfiggere la Repubblica Islamica dell’Iran, l’attuale leader del Movimento dei Non Allineati (NAM). E Washington sta usando la falsa preoccupazione circa le presunte “ambizioni nucleari” dell’Iran come pretesto per ciò che è, nella realtà dei fatti, una vera e propria aggressione criminale.

C’è un’altra ragione per cui la versione del bastone e della carota riguardo alla politica statunitense verso l’Iran è sbagliata. Perché tale concetto si basa sulla falsa premessa che il risultato finale desiderato di Washington sia l’abbandono del diritto dell’Iran alla tecnologia nucleare. Non è vero. In realtà, Washington vuole la resa dell’Iran come Paese indipendente. Ecco perché l’America parla all’Iran con lingua biforcuta.
Nonostante questo scenario a prima vista desolante – ma realistico – nelle relazioni USA-Iran, una nota positiva c’è. Ogni sforzo per demonizzare l’Iran agli occhi del resto del mondo ha prodotto l’effetto contrario, mentre il prestigio degli Stati Uniti è andato a farsi fottere. Il sostegno unanime per l’Iran di più di 120 nazioni al vertice NAM di Teheran dello scorso agosto indica un cambiamento nelle percezioni internazionali. L’Iran sta costruendo partnership in tutti i continenti, mentre gli Stati Uniti stanno bruciando ponti.

Inoltre, come l’impennata dei prezzi del petrolio durante le ultime sanzioni di Washington contro l’Iran hanno fatto presagire, la politica di aggressione americana per sconfiggere l’Iran sarà più probabile che rimbalzi e spazzi via ciò che resta delle economie americane ed europee che stanno implodendo. L’Iran dovrebbe quindi resistere le presunte “aperture” da parte degli Stati Uniti. L’impero, con la sua velenosa lingua biforcuta, si sta autodistruggendo. Basta lasciare che si contorca e dimeni finché vuole.

Finian Cunningham (1963) ha scritto diversi articoli di affari internazionali tradotti e pubblicati in diverse lingue. Ha conseguito un Master in Chimica dell’Agricoltura e lavorato come editore scientifico alla Royal Society of Chemistry di Cambridge, Inghilterra, prima di dedicarsi alla carriera di giornalista. È anche cantautore. Nel giugno del 2011 è stato espulso dal Bahrain per aver criticato le violazioni dei diritti umani di quel regime sostenuto dall’occidente. In parole povere, un giusto (n.d.t.).

Fonte: www.informationclearinghouse.info
Link: http://www.informationclearinghouse.info/article33872.htm

8.02.2013

Segue un estratto del pensiero dell’Ayatollah Khamenei sulle trattative proposte dagli USA tramite Joe Bidden ed esaminate qui sopra.

L’Ayatollah Khamenei rifiuta di parlare sotto pressione agli USA

La guida spirituale della Rivoluzione Islamica, l’Ayatollah Seyyed Ali Khamenei, ha rifiutato di parlare con gli Stati Uniti sotto pressioni e minacce.

“Io non sono un diplomatico. Io sono un rivoluzionario e parlo con franchezza, onestà e fermezza. Un’offerta di colloquio ha senso solo se chi fa l’offerta dimostra di farlo con buona volontà,” ha detto l’Ayatollah Khamenei ad un incontro con i funzionari e comandanti della Marina iraniana giovedì scorso.

“Negoziare ha un significato quando le due parti parlano con tranquillità, sullo stesso piano, e senza cercare d’ingannarsi l’un l’altra. Per cui ‘una trattativa fine a se stessa’, ‘una trattativa tattica’ o una trattativa che ha come fine quello di mostrare al mondo la propria disponibilità da parte di una superpotenza, è un gesto ingannevole”, ha dichiarato Khamenei.
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L’Ayatollah ha poi osservato che nel corso degli ultimi quattro anni, gli Stati Uniti non hanno fatto altro che alimentare cospirazioni, essere complici di eversori, e di sostenere i terroristi che hanno ucciso gli scienziati iraniani. “Voi (americani), puntate la pistola contro l’Iran e dite o negoziamo o premiamo il grilletto! Dovete sapere che pressione e trattativa non possono convivere, e che l’Iran non si lascia intimidire.”
Khamenei ha poi sottolineato alcune osservazioni fatte da funzionari americani che ‘la palla è ora nel campo dell’Iran’, e ha invece osservato che “la palla è nel vostro campo, perché dovreste rispondere alla domanda se parlare di negoziati allo stesso tempo in cui continuate a metterci sotto pressione abbia alcun senso.”

L’Ayatollah ha tuttavia sottolineato: “Noi, naturalmente, capiamo il loro bisogno di trattare, perché la politica americana in Medio Oriente ha fallito, e per compensare questo fallimento hanno bisogno di giocarsi il jolly, e portare l’Iran al tavolo dei negoziati è il jolly di cui gli Stati Uniti hanno bisogno”. Khamenei ha poi aggiunto che gli Stati Uniti stanno cercando di dimostrare al mondo di avere buona volontà. “Però di questa non se ne vede l’ombra.”

“Trattare con gli Stati Uniti non risolve comunque alcun problema, perché non hanno rispettato nessuna delle loro promesse fatte negli ultimi 60 anni.”

Facendo poi riferimento alle cospirazioni da parte dei nemici dell’Iran tra colpi di stato, provocazioni militari, sostegno totale dei nemici aggressori, guerre dure, guerre sottili, l’intensa pressione del maligno impero mediatico occidentale, nonché le dure e moltiplicate sanzioni, l’Ayatollah Khamenei ha constatato che negli ultimi 30 anni, i nemici hanno cercato di rendere l’Iran una nazione disillusa di essere una Repubblica Islamica, ma hanno fallito.

Il Leader ha inoltre sottolineato che la nazione iraniana saprà castigare chiunque volesse rinunciare all’interesse della Nazione, alla sua sovranità e al progresso del Paese, per assecondare gli Stati Uniti.

Nel suo intervento alla 49a conferenza annuale sulla sicurezza di Monaco di Baviera in Germania il 2 febbraio scorso, Joe Biden, vicepresidente degli Stati Uniti, ha detto che Washington è pronta a dialogare con l’Iran sul programma energetico nucleare di quel Paese.

Gli Stati Uniti, Israele e alcuni dei loro alleati hanno ripetutamente accusato l’Iran di perseguire obiettivi militari col suo programma di energia nucleare, mentre l’Iran sostiene che in quanto firmatario della non-proliferazione nucleare (TNP) e membro dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), ha il diritto di acquisire e sviluppare la tecnologia nucleare per scopi pacifici.

Fonte: www.informationclearinghouse.info
Link: http://www.informationclearinghouse.info/article33867.htm
8.02.2013

Articoli scelti e tradotti per www.comedonchisciotte.org
da GIANNI ELLENA

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