VIKTOR ORBAN: UNA CLONAZIONE FASCISTA

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DI ROSANNA SPADINI

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Il futuro post umano è già in marcia, con le sue milizie di cloni, profughi e migranti, gestiti dall’eugenetica migratoria, che pesca nel mucchio e sceglie i migliori, quelli professionalmente più preparati, quindi i siriani invece degli iracheni, i cattolici invece degli islamici. E mentre l’altro razziale viene visibilmente segnalato come strano e irriconoscibile, appartenente a quei sottogruppi umani, che vengono selezionati per svolgere lavori di manovalanza a basso costo, i cloni attraversano i non-luoghi e quelli li abitano, li invadono, sono ovunque. Aeroporti, stazioni, porti, spiagge sono il nostro futuro, non-luoghi dove le persone si accalcano per partire o per tornare, per sfuggire all’alienazione che le attraversa, travolte da scenari distopici, animate solo da un disperato furioso terrore.

Scenografie inquiete dove la vita si confonde con la morte, dove i migranti trasudano odore fradicio e malsano, in un tempo degradato di ritorno al futuro, che ci stiamo apparecchiando forse senza averne piena consapevolezza. Spazi dove non esistono più leggi assennate, bensì regolamenti europei che assumono la forma di un tacito e dispotico contratto, che l’utente è costretto ad accettare necessariamente nel momento in cui ne condivide anche le clausole più segrete. Spazi anonimi, alienati, abitati dal silenzio assordante della morte.

Alcune scene di questo cupo presente invadono gli schermi al plasma e le coscienze di melma: il corpo di un bambino di tre anni riverso su una spiaggia turca, scena straziante, ma ugualmente “scenografica” al punto giusto, rivela ai telespettatori tutto l’horror dei Salvini europei e sembra scandire a chiare lettere: “Noi siamo umani, voi invece siete solo delle bestie”. Oppure i 71 migranti trovati morti in un camion frigorifero abbandonato su un’autostrada in Austria, al confine con l’Ungheria, in stato di decomposizione avanzata e stipati come sardine, come avveniva molti anni fa nei treni di deportazione nazista.

E poi quel fiume di profughi, che Orban non è riuscito a fermare, né con la barriera ai confini con la Serbia, né con il fermo dei treni, figura di merda di portata mondiale, visto che la grande marcia dei derelitti, sfuggiti da guerre e miseria, ha marciato inarrestabile fino alla meta, seguita e ripresa dai più importanti network mondiali. Un fiume inarrestabile, che ha la forza di uno tsunami travolgente, che nessuno riesce a fermare. Cifra inesorabile di vitalità ed energia, è lo stilema dell’utopia e del sogno, che in alcuni momenti della storia tracciano il nuovo cammino.

La marcia dei profughi ha colpito l’immaginario collettivo della società dello spettacolo, spiazzando le oligarchie finanziarie, che non si aspettavano tanto ardire nel cuore dell’Europa, ed ora sono costrette ad organizzare l’accoglienza. Dopo alcuni giorni di vero e proprio assedio alla stazione Keleti di Budapest, nella serata di venerdì 4 settembre, dopo che molti di loro avevano deciso di raggiungere l’Austria e poi la Germania a piedi, il governo ungherese ha messo a disposizione alcuni pullman per il trasporto dei migranti. Molti si sono poi diretti in Germania, dove sono stati accolti con applausi e aiuti umanitari alla stazione di Monaco di Baviera.

Nell’incubo postmoderno quotidiano, duecentocinquanta chilometri senza assistenza si affrontano senza alcun indugio, sotto i riflettori di mezzo mondo, donne con bagagli, bambini portati a spalla o in passeggino, uomini giovani e vigorosi che guidano la marcia, perfino anziani in carrozzella privati dell’uso delle gambe. Una guerra di civiltà dove si contendono il senno ampi e diversi schieramenti, da una parte i custodi dei valori di solidarietà e compassione per i bisognosi, dall’altra chi dispensa miserabile furia verso i diseredati della terra, e vorrebbe respingimenti, raffiche a vista sui profughi, filo spinato e muri invalicabili.

Per i romantici xenofili i migranti assumono un’aureola di santità, indossano le parvenze di quei poveri che la nostra cultura cristiano evangelica ci insegna a rispettare e ad accogliere, perché sarebbero le fondamenta della futura società multiculturale, e quindi un’utopia cosmopolita dove tutti i popoli convivrebbero in armonia “integrandosi” tra loro. Gli agguerriti xenofobi, invece, prospettano il blocco dell’immigrazione, i respingimenti e l’innalzamento di mura invalicabili per bloccare l’accesso all’Occidente assediato.

Tra questi c’è proprio Viktor Orban, il leader carismatico ungherese, osannato dai suoi luogotenenti e federali al seguito, sparsi un po’ in tutta Europa, il calvinista confermato primo ministro per la terza volta. Il leader di Fidezs, è malvisto dalle oligarchie occidentali neoliberiste, perché considerato troppo autoritario/nazionalista, per il suo rifiuto di adottare l’euro come valuta e la decisione di porre la banca centrale ungherese sotto il controllo del governo. Scelte certamente apprezzabili, però conviene considerare altri aspetti del personaggio, se si vuole avere un quadro più completo della sua cifra politica.

In un discorso pronunciato a luglio, il primo ministro ha denunciato la morte del modello democratico occidentale, sottolineando che i regimi autoritari come quelli di Russia, Cina e Turchia sono il futuro. “Dobbiamo abbandonare i metodi e i principi liberali nell’organizzazione di una società”, ha dichiarato. “Stiamo costruendo uno stato volutamente illiberale, uno stato non liberale”, perché “i valori liberali dell’occidente oggi includono la corruzione, il sesso e la violenza”.

Orban infatti ha realizzato pienamente il suo progetto politico illiberale, con una legge elettorale spudoratamente maggioritaria ha ottenuto la maggioranza di due terzi dei seggi parlamentari, ha quindi modificato la costituzione a suo piacimento, ha ridotto l’indipendenza della magistratura ungherese e ha trasformato la tv pubblica in un megafono del governo,

Molti sono i segni rivelatori del nazionalismo autoritario: banche straniere parzialmente nazionalizzate, terreni affidati in concessione agli stranieri restituiti ai loro proprietari ungheresi. Provvedimenti insomma che favoriscono particolarmente gli oligarchi vicini al regime, gli amici degli amici.

Mentre in un libro ostile una giornalista investigativa lo ha accusato di costruire – dietro gli slogan “populisti” – un impero miliardario per la famiglia, e di essere destinato in realtà a diventare uno degli uomini più ricchi del Paese. L’ultima iniziativa di “Viktator” – come lo chiamano i suoi detrattori – è quella di inserire direttamente in Costituzione alcuni “provvedimenti di transizione”, ritirati o bocciati dalla Curia (la Corte costituzionale magiara).

Il Governo Orban ha dunque inteso: ridimensionare la libertà d’espressione per difendere la dignità “della Nazione, dello Stato e della persona”; ridurre il margine di manovra della Corte costituzionale nella valutazione degli emendamenti alla Costituzione stessa e delle leggi; limitare lo status di “famiglia” solo a quelle coppie eterosessuali che si sposano per fare figli; ripristinare la legislazione sulle confessioni religiose (rivista la pratica di accesso alle esenzioni garantite dalla legge); una norma sui senzatetto, interpretata come misura per tutelare l’ordine e la sanità pubblica; definire il vecchio Partito Comunista (oggi MSZP) una “associazione criminale”, rendendo teoricamente possibili dei processi “politici” nei confronti delle opposizioni; subordinare il finanziamento statale delle borse di studio universitarie al fatto che lo studente sarà costretto a lavorare per un certo periodo in Ungheria per “ripagare il debito”. (www.libertiamo.it)

Ma Viktor Orban ci riserva altre sorprese. Dopo che giovanissimo aveva fatto parte della Gioventù comunista, nel 1989 va a studiare a Oxford grazie ad una borsa di studio della fondazione Soros. Nel 1992 è già leader di Fidezs, che in questo momento fa parte dell’internazionale liberale. Il primo governo di Fidezs, dopo la vittoria elettorale del 1998, si distinse per le sue misure ultraliberiste: privatizzazioni, abbattimento del disavanzo con tagli alla spesa pubblica, norme sulla flessibilità del mercato del lavoro, politiche di deflazione salariale. Misure antipopolari che incoraggiarono i capitali stranieri, anzitutto tedeschi, a colonizzare di fatto il paese. (Sollevazione.blogspot)

Tornato di nuovo al governo nel 2010 Viktator fa scelte politiche divergenti: da una parte controllo pubblico della banca centrale, svalutazione della valuta nazionale, alcune rinazionalizzazioni come quelle dei fondi pensione, rifiuto di entrare nell’eurozona; dall’altra procede, grazie alla maggioranza assoluta verso una modifica antidemocratica della legge elettorale e della Costituzione.

Quanto agli indici di povertà rilevati nel paese, sembra che tra il 2009 e il 2013 la povertà estrema sia cresciuta dal 20,3% al 26,8%, e che nel 2014 oltre il 42% dei bambini ungheresi di meno di sette anni viva in povertà. L’Ungheria sarebbe quindi tra i cinque Paesi con la maggior povertà nell’Unione europea.

In base a uno studio del Tarki, un istituto di ricerca di Budapest, secondo cui “povero” è chi vive con meno di 260 euro al mese, il 46,6 per cento della popolazione ungherese vive al di sotto della soglia di povertà, con un picco del 92 per cento per la minoranza rom. Insomma i segmenti più poveri della popolazione sono fortemente penalizzati, e la disuguaglianza sembra avere soprattutto forti connotati etnici e colpisce soprattutto la minoranza rom.

Alla fine, in questa tragica deriva democratica, in cui sorgono odi e rancori repressi tra le nazioni europee, non sembrano più esserci prospettive salvifiche di senso, ma solo ignobili illusionismi, tanto che l’unica scelta politica disponibile sembra contendersi il primato tra l’Europa, lager neoliberista governato da élites finanziarie, e il nuovo eroe del nazionalismo magiaro Viktor Orban, l’uomo nuovo che osa ribellarsi al potere eurocratico in nome della nazione, clone anche lui del despotismo di antica memoria … insomma l’unica scelta concepibile è quella tra due fascismi …

“Tutti a dire della rabbia del fiume in piena e nessuno della violenza degli argini che lo costringono”.
Bertolt Brecht

Rosanna Spadini

Fonte: www.comedonchisciotte.org

12.09.2015

Riferimenti:

http://it.ibtimes.com/speciale-europa-ungheria-dove-numeri-e-realta-non-coincidono-1346234

http://www.globalproject.info/it/mondi/nero-dungheria/16883

(http://sollevazione.blogspot.it/2014/04/ungheria-chi-e-davvero-viktor-orban.html)

http://www.libertiamo.it/2013/03/09/ungheria-da-rivoluzione-a-involuzione/

http://www.internazionale.it/opinione/gwynne-dyer/2015/02/24/la-democrazia-illiberale-di-viktor-orban

http://contropiano.org/editioriali/item/32607-anche-i-migranti-non-sono-tutti-uguali

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09/05/migranti-germania-e-austria-aprono-i-confini-merkel-nessun-limite-alle-richieste-dasilo-siamo-un-paese-forte/2010347/

http://www.corriere.it/esteri/15_settembre_05/migranti-austria-germania-aprono-confini-primi-bus-arrivo-06048180-538c-11e5-8d8b-01b5b32840a1.shtml

http://www.formiche.net/2015/08/26/perche-la-germania-spalanca-le-porte-ai-siriani/

http://video.repubblica.it/dossier/immigrati-2015/budapest-ammassati-nel-treno-che-non-parte-mai/210705/209854?ref=vd-auto

http://www.linkiesta.it/elezioni-ungheria-jobbik-destra-fascismo

http://www.lintellettualedissidente.it/italia-2/le-vere-cause-dellimmigrazione-al-di-la-di-pessimismo-e-romanticismo/

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