USA VS IRAN (WASHINGTON SOTTOVALUTA ANCORA GLI IRANIANI)

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DI F. WILLIAM ENGDAHL

journal-neo.org

Di questi tempi la politica estera di Washington è dominata da qualcosa che sa di masochismo politico, non molto differente dalle argomentazioni date dalla C.I.A. sulla tortura, per legittimare il waterboarding come modello di successo per estrarre informazioni preziose dal nemico contro cui si combatte. Torna alla mente Abu Ghraib e Guantanamo. Gente che fabbrica le guerre come il capo della CIA “honcho” John Brennan o Victoria Nuland del Dipartimento di Stato, o il neocon Ash (ash come le ceneri della guerra) Carter del Pentagono sembrano convinti che questo sia il modo per essere una grande nazione. In primo luogo bisogna far vedere di essere “poliziotti duri” e “riempire di botte” chiunque non la pensi come loro, cioè come la nazione. Poi spingere le sanzioni fino al punto che (chi non è d’accordo) non ce la fa più economicamente, poi ci si può sedere accanto e fare il “poliziotto buono”. Quegli stupidi manuali della C.I.A. e dell’esercito dicono che la tortura funziona sempre. L’unico problema è che non è così.

Questo è sicuramente vero con le tante nazioni che oggi non riecono a resistere al bullismo del “poliziotto duro” dei giochi di Washington. Quello che l’Iran sta facendo in termini di prezzi sulla vendita del suo petrolio all’estero ne è un esempio.

Perché questo è un grosso problema, si potrebbe chiedere? Di per sé non lo è. Ma combinato con altre mosse simili tra altre nazioni dell’Eurasia, in particolare Russia e Cina per il commercio bilaterale di energia negoziato in valuta nazionale valute – rubli o renminbi – come stabilito con la recente decisione della Russia di iniziare a fare trading di futures del petrolio greggio russo alla borsa di San Pietroburdo in rubli , non dollari, creando un nuovo punto di riferimento per il petrolio degli Urali per sostituirsi al Cambio ICE di Londra sul Brent quotato in dollari.

La mossa iraniana comincia a causare gravi danni a quello che Henry Kissinger ai tempi del primo shock dei prezzi del petrolio nel 1973-74, soprannominò “petrodollari”. Gli USA nell’estate del 2015 approvarono la revoca delle sanzioni contro l’Iran, a determinate condizioni, presumibilmente legate a garanzie iraniane all’AIEA sul monitoraggio internazionale del suo programma di reattori nucleari.

Le sanzioni più brutali mai inventate – dall’aggressivo ufficio del terrorismo finanziario del ministero del Tesoro Usa a gennaio 2012 e imposte dalla Unione Europea dopo una pressione immensa fatta da Washington. Tra le altre misure imposte senza precedenti fu la cessazione in tutto il mondo dell’ acceso per tutte le banche iraniane al sistema interbancario dei pagamenti SWIFT per le vendite del suo petrolio o per il suo commercio sui mercati mondiali.

SWIFT – Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication – effettua le compensazioni della maggior parte delle transazioni finanziarie interbancarie del mondo. Ha sede in Belgio ed è proprietà di banche private, non della UE. Questa è stata la prima l’espulsione dalla SWIFT di una qualsiasi istituzione nella sua storia di 39 anni. L’espulsione dalla SWIFT è stata progettata da David Cohen, sottosegretario del Tesoro (per il terrorismo e per l’intelligence finanziaria) insieme a Mark Dubowitz, uno specialista di sanzioni per Washington. Questa mossa è stata l’equivalente finanziario di una decisione di Washington di utilizzare armi termonucleari.

Inoltre, la UE accettò anche un embargo petrolifero contro l’Iran e il congelamento dei beni della banca centrale iraniana all’estero. La moneta iraniana crollò rapidamente dell’80% contro il dollaro. L’inflazione iraniana, in particolare per effetto delle vitali importazioni di frumento, esplose e le esportazioni di petrolio verso i principali clienti, tra cui l’Unione Europea, Cina, Giappone, Corea del Sud e India furono tagliate della metà.

Ingratitudine ?

Il 16 gennaio 2016 sulla relazione AIEA di Vienna che l’Iran stava rispettando sull’arricchimento nucleare e su altre parti dell’accordo di luglio 2015, la SWIFT ha annunciato che stava per riammettere tutte le banche iraniane, compresa la Banca nazionale, nel sistema dei pagamenti. La UE ha dichiarato che non sarebbe più stato vietato a nessuna impresa europea, tra cui le compagnie petrolifere, di fare affari con l’Iran. L’amministrazione Obama, però, non è stata così generosa.

Il Tesoro degli Stati Uniti ha dichiarato che “l’embargo degli Stati Uniti in generale resterà in vigore anche dopo la dichiarazione di Fine dell’Embargo, a causa di preoccupazioni esterne al programma nucleare iraniano.” La Casa Bianca ha rilasciato una dichiarazione: “Le sanzioni di legge degli Stati Uniti – focalizzate sul sostegno iraniano al terrorismo, alla violazione dei diritti umai e alle attività missilistiche – rimarranno in vigore e continueranno ad essere in vigore. “.

Ora Teheran ha reagito agli anni di guerra economica guidati dagli Stati Uniti e invece di abbracciare la nazione che le ha fatto una guerra continua dal 1979, come fece il Vietnam con il suo abbraccio all’economia di libero mercato USA, la leadership iraniana ha risposto con una chiara decisione che può offrire agli Stati Uniti una scusa per imporre nuovamente la SWIFT e altre sanzioni, in modo da poter perseguire i propri interessi nazionali.

Questi interessi sono un passo importante verso la de-dollarizzazione. Non c’è dubbio che qualcuno tra i duri di Washington e tra i loro alleati in Arabia Saudita e a Tel Aviv la chiameranno ingratitudine.

Io lo chiamo autonomia, per perseguire l’interesse nazionale sovrano dell’Iran.

Petrolio solo per euro

Ora, in segno di gratitudine per i 37 anni di sanzioni economiche che sono state tolte dagli USA, il 5 febbraio, secondo un rapporto di PressTV, una emittente di di proprietà dello Stato, un funzionario della National Iranian Oil Company ha annunciato che l’Iran accetterà solo EURO in pagamento per il petrolio, non dollari. Il funzionario ha aggiunto che questa regola verrà applicata a tutte le offerte recentemente firmate con la TOTAL, il gigante francese dell’energia, con la raffineria spagnola Cepsa e con la Lukoil Russa.

Il funzionario della NIOC ha dichiarato “Nelle fatture abbiano incluso una clausola per cui gli acquirenti del nostro petrolio dovranno pagare in euro, sulla base del tasso di cambio del dollaro esistente al momento della consegna.” Inoltre la NIOC ha specificato che sia l’India che altri paesi che hanno acquistato petrolio iraniano durante il blocco SWIFT devono pagare i loro debiti – per un valore di miliardi di euro – in euro e non dollari. Il funzionario del NIOC ha ribadito che la Banca Centrale dell’Iran (CBI) aveva stabilito le regole per cui il commercio estero dovesse prevedere pagamenti in euro, già quando il paese era ancora sotto sanzioni.

Ma ci si potrebbe chiedere : Questo è davvero un grosso problema? Di per sé non lo è.

Ma se combinato con mosse simili da parte di altre nazioni dell’Eurasia, in particolare Russia e Cina per gestire il commercio bilaterale di energia in valute nazionali-rublo e renminbi – come nella recente decisione della Russia di iniziare a commerciare futures del petrolio greggio russo alla borsa di San Pietroburgo, basandosi sul rublo, non sul dollaro, oppure creando un nuovo punto di riferimento per il petrolio degli Urali – contrapponendolo a quello dei futures sul Brent del London Exchange in USD. La mossa iraniana comincia a causare gravi danni a quelli che Henry Kissinger ai tempi del primo shock sui prezzi del petrolio nel 1973-74, aveva chiamato “petrodollari”.

Ma, comunque, che sono i petrodollari ?

Come ho documentato con un certo dettaglio nel mio libro, Un secolo di guerra: Anglo-American Oil Politics, (in tedesco “Mit der Ölwaffe zur Weltmacht”) l’idea dei “petrodollari” va fatta risalire al periodo del primo shock petrolifero del 1973.

Quell’anno una oscura e piuttosto influente rete atlantista di banchieri, multinazionali del petrolio, funzionari governativi USA ed europei, circa 84 giocatori svelti di mano si incontrarono per un paio di giorni in una sessione a porte-ultra-chiuse al Saltsjoebaden Grand Hotel, di proprietà della ricca famiglia svedese dei Wallenberg. Lì, durante il meeting Bilderberg del maggio 1973 si discusse del mondo del petrolio.

Si incontrò tutto il top dei banchieri anglo-americani e dei baroni del petrolio, tra cui David Rockefeller della Chase Manhattan Bank; il Barone Edmond de Rothschild per la Francia; Robert O. Anderson della compagnia petrolifera ARCO; Lord Greenhill, presidente della British Petroleum; René de Granier Lilliac presidente della Compagnie Française des Pétroles, oggi TOTAL; Sir Eric Rotolo di S.G. Warburg, creatore degli EUROBOND; George Ball di Lehman Brother, l’ industriale tedesco, amico di Rockefeller, Otto Wolff von Amerongen e Birgit Breuel, che in seguito – come capo della Treuhand tedesca, – spogliò il patrimonio dell’ ex Germania dell’Est. C’era anche l’industriale italiano e stretto collaboratore in affari di Rockefeller, Gianni Agnelli della Fiat.

L’incontro svedese a porte chiuse, dove non potè entrare nessuno della stampa, parlò dell’arrivo di un aumento del 400% del prezzo del petrolio OPEC. Ma anziché discutere su che impatto avrebbe avuto un tale shock sulla crescita economica mondiale e su come avrebbe potuto essere evitato con una attenta diplomazia con l’Arabia Saudita, l’Iran e gli altri stati arabi dell’Opec, l’incontro si concentrò sulla discussione di cosa avrebbero fatto con tutti quei soldi! Discussero su come prepararsi per “riciclare” l’aumento di quattro volte del prezzo della merce più importante del mondo, il petrolio.

I verbali ufficiali confidenziali della riunione Bilderberg di Saltsjöbaden, che ho letto, trattavano del “pericolo che – sulla scia di un enorme aumento dei prezzi del petrolio OPEC – un inadeguato controllo delle risorse finanziarie dei paesi produttori di petrolio avrebbe potuto creare disordine e minare il sistema monetario mondiale.” I verbali continuano a parlare degli “enormi aumenti delle importazioni dal Medio Oriente e del costo di queste importazioni che sarebbe aumentato enormemente. I dati forniti da Walter Levy, consulente petrolifero degli Stati Uniti e presentatore della discussione tenuta a Saltsjöbaden, mostrano la previsione di un aumento dei prezzi del petrolio OPEC di circa il 400%.

Questa è la vera origine di ciò che Kissinger in seguito avrebbe chiamato il problema del “riciclaggio dei petrodollari” l’enorme aumento di dollari si generò con le vendite del petrolio. La politica USA e UK – o meglio di Wall Street e della City di Londra, per essere più precisi – voleva essere certa che i paesi dell‘Opec avrebbero investito le loro nuove ricchezze petrolifere principalmente nelle banche anglo-americane.

La Guerra del Kippur

Era prevedibile che a ottobre 1973 la Guerra del Kippur tra Israele e una coalizione di stati arabi guidati da Egitto e Siria, avrebbe spinto il re saudita Faisal a dichiarare una minaccia di embargo petrolifero dell’OPEC contro l’Europa e contro gli Stati Uniti per la fornitura di armi a Israele prima della guerra.

Kissinger e Wall Street contavano su questo.

Allo scoppio della guerra, a metà ottobre del 1973, il governo tedesco del Cancelliere Willy Brandt disse all’ambasciatore Usa a Bonn che la Germania sarebbe rimasta neutrale nel conflitto in Medio Oriente, e che quindi non avrebbe permesso agli Stati Uniti di rifornire Israele dalle basi militari tedesche. Nixon, il 30 ottobre, 1973 inviò al cancelliere Brandt una nota di protesta con parole forti probabilmente scritte da Kissinger:

“Ci rendiamo conto quanto gli europei siano più dipendenti dal petrolio arabo di noi, ma non siamo d’accordo che debba aumentare la vostra vulnerabilità dissociandovi da noi su una questione di tale importanza … Si noti che questa crisi non è dipesa da responsabilità comuni all’Alleanza, e che le forniture militari a Israele erano per scopi che non fanno parte della responsabilità dell’Alleanza. Non credo che si possa tracciare una linea così netta… “

Washington non avrebbe permesso alla Germania di dichiarare la sua neutralità nel conflitto in Medio Oriente. Ma, significativamente, fu permesso alla Gran Bretagna di affermare chiaramente la sua neutralità, evitando così l’impatto dell’embargo del petrolio arabo. Questo era il mondo del petrolio anglo-americano.

In un affascinante colloquio personale che ebbi a Londra nel settembre 2000 con lo sceicco Zaki Yamani, Ministro fiduciario del Petrolio di Faisal, Yamani mi parlò di una missione a Teheran alla fine del 1973. Fu prima di una importante riunione OPEC di dicembre, Yamani raccontò che Re Faisal lo aveva mandato a Teheran per chiedere allo Shah Reza Pahlavi il motivo per cui l’Iran stava insistendo su un importante e permanente aumento di prezzo dell’OPEC che sarebbe arrivato al 400% in più rispetto ai livelli di prima della guerra. Yamani mi raccontò che lo Scià gli disse: “Mio caro Ministro, se il re vuole la risposta a questa domanda, gli dica che dovrebbe andare a Washington e chiederlo Henry Kissinger.”

L’ 8 giugno 1974, il Segretario di Stato americano Henry Kissinger firmò un accordo che istituì una Commissione araba congiunta Usa-Arabia sulla cooperazione economica, il cui mandato ufficiale includeva la “cooperazione nel settore della finanza”. A dicembre del 1974 a Riyadh, in segretezza assoluta l’assistente Segretario del Tesoro degli Stati Uniti, Jack F. Bennett, che poi divenne direttore della Exxon, firmò un accordo con la Saudi Arabian Monetary Agency (SAMA, la banca centrale saudita). La missione della SAMA era “stabilire un nuovo rapporto con la Federal Reserve Bank di New York con operazioni di prestito del Tesoro americano. In base a tale disposizione, la SAMA avrebbe acquistato nuovi titoli del Tesoro con scadenza di almeno un anno, spiegò Bennett in un memo di febbraio, 1975 inviato, appunto, al segretario di Stato Kissinger.

Il governo di Washington ora era libero far correre i suoi deficit in modo quasi illimitato, sapendo che i petrodollari sauditi avrebbero comprato il debito degli Stati Uniti. In cambio Washington promise ai sauditi importanti forniture di armi USA, un win-win per tutte e due le parti.

Non meno sorprendente di questi “accordi USA-Sauditi” fu la decisione esclusiva della politica OPEC nel 1975, guidata dall’ Arabia Saudita, di accettare pagamenti per il petrolio solo in dollari americani, non marchi tedeschi, nonostante il loro evidente valore, non yen giapponesi, non franchi francesi o franchi svizzeri, niente – solo dollari americani.

Questa è la vera origine di quelli che furono chiamati petrodollari. Il petrolio, dopo l’accordo USA-Riyadh del 1975 doveva essere venduto dai produttori di petrolio dell’OPEC solo in dollari americani.

Il risultato fu una drammatica rinascita di un dollaro che affonda, di profitti eccezionali per le major petrolifere di Rockefeller e del Regno Unito, che allora erano conosciute come le Sette Sorelle, un boom per Wall Street e per la City di Londra con le Banche degli eurodollari che “riciclavano” quei petrodollari, e la peggiore recessione economica USA e del mondo dal 1930. Per i banchieri di Londra e di Wall Street l’economia divenne una mera esteriorità.

Questo accordo Stati Uniti-Arabia – petrolio-per-dollari – che vale ancora oggi, fu ignorato da Saddam Hussein che, in occasione del trattato Oil-for-food delle Nazioni Unite, vendette il petrolio iracheno per Euro depositati presso la banca francese BNP Paribas. La pratica irachena “petroeuro” si concluse bruscamente a marzo 2003 con l’invasione USA dell’Iraq. Da quel momento, nessun paese del petrolio OPEC ha più venduto petrolio in nessun’altra valuta. Ora, l’Iran rompe i ranghi, ancora un altro duro colpo per il sistema egemonico del dollaro USA e per il ruolo del dollaro come valuta dominante di riserva mondiale.

Dopo tutto c’è qualche legge internazionale che stabilisce che i paesi devono comprare e vendere petrolio solo in dollari? La fine di quella che è diventata una tirannia del sistema dollaro si sta avvicinando con questa decisione dell’Iran di vendere petrolio solo in euro. E’ un mondo davvero affascinante.

F. William Engdahl è consulente sui rischi strategici e docente, laureato in politica alla Princeton University, è autore di best-seller su petrolio e geopolitica, scrive in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook”.

Fonte :http://journal-neo.org/

Link: http://journal-neo.org/2016/02/10/washington-again-underestimated-the-iranian-mind/

10.02.2016

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario

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