UN APPROCCIO PSICOLOGICO SUL PASSATO NAZISTA DELLA GERMANIA E LE SUE CONSEGUENZE SULLE INCOMPRENSIONI TEDESCHE VERSO I POPOLI DEI PIIGS

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DI TRIANDAFILIA’ THIESING KOSTOPOULOU

agonaskritis.gr

Alcuni giorni fa e’ apparsa un’analisi della psicologa Triandafilià Thiesing Kostopoulou, cittadina tedesca. Questa e’ una sintesi di quest’analisi:

Nel 1967 e’ stato pubblicato un libro scritto da una coppia di psicanalisti tedeschi, Margarete ed Alexander Mitscherlich, che ha sconvolto la società tedesca ed e’ diventato un best seller. Il titolo del libro era “L’Incapacità di portare il lutto”.

Durante gli anni 60 Alexander Mitscherlich aveva avuto sempre a che fare con dei pazienti che erano o ex ufficiali dei nazisti o ex membri delle SS.

Quello osservò fu che questi pazienti non sembravano avere nessun segno di rimorso, colpevolezza o vergogna. Di conseguenza non poteva spiegarsi l’estensione dell’apatia e dell’indifferenza morale rispetto all’orrore del genocidio, basandosi soltanto sul carattere autarchico del popolo tedesco e sulla sua adorazione verso l’ordine e il potere costituito.

Cosi e’ giunto alla conclusione che questi pazienti erano rappresentativi di ciò che caratterizza il totale della società tedesca e non soltanto dei casi isolati.

Questo e’ un estratto dal libro dei Mitscherlich:

«La guerra era stata perduta. Le distruzioni indescrivibili. Eppure questo fatto non e’ entrato a pieno nella nostra coscienza. Subito dopo i primi segnali di ripresa della nostra influenza politica e del nostro potere economico, e’ cominciata a prevalere un’astrazione di quello che era successo rispetto a quello che era successo per davvero. Si può dire che con la negazione di quanto era successo con il 3o Reich, ci siamo districati dal riconoscerne le conseguenze!

Da una nazione aggressiva sotto il reazionario nazionalsocialismo, ci siamo trasformati in una nazione apolitica e conservatrice. Una nazione che si e’ interessata pochissimo delle cause che l’hanno portata a sostenere un leader come Hitler il quale l’ha condotta alla maggiore disfatta materiale e morale. Altrettanto scarso e’ stato il nostro interesse per la riorganizzazione della nostra società.

E che abbiamo fatto? Abbiamo concentrato tutti i nostri sforzi per riparare le distruzioni e per rilanciare la nostra potenza industriale.

Il ripristino dell’economia e’ stato il nostro figlio prediletto. Il nostro passatempo preferito.

….

E’ chiaro però che l’assassinio di milioni di persone non e’ una cosa facile da affrontare. Tuttavia, la negazione della responsabilità collettiva, sia come causa dell’azione, sia come la sua tolleranza, ha lasciato segni indelebili sul nostro carattere.

Quello che e’ certo e’ che ogni volta che nella risoluzione dei contrasti si instaurano dei meccanismi psicologici di difesa, come la negazione o la soppressione, sia che si parli di un individuo o di una collettività, quasi sempre viene a restringersi la concezione della realtà e si creano dei pregiudizi stereotipati. Questi pregiudizi lavorano rafforzando i processi di negazione e di soppressione che, a loro volta, rafforzano i pregiudizi.

Il superamento del passato presuppone una serie di stati di conoscenza. Questi stati sono stati descritti da Freud come “ricordo, ripetizione ed elaborazione”…

Quel che succede e’ che il contenuto di una singola memoria, anche nel caso in cui e’ accompagnato da sentimenti forti, viene a mancare rapidamente. Perciò risultano necessarie delle ripetizioni continue dei conflitti interni come anche la loro analisi critica, se si vogliono superare i meccanismi di autodifesa, i quali funzionano a livello dell’istinto e del subconscio tramite l’oblio, la negazione e altri meccanismi di difesa analoghi

La verità e’ che per la grande maggioranza del popolo tedesco, il periodo del nazismo vine affrontato come una specie di… virus, che riguarda il suo periodo d’infanzia, malgrado allora vivesse, sotto le cure del “leader”, un periodo di euforia collettiva. Era meraviglioso credere di appartenere ad un popolo scelto e considerare te stesso come un superuomo!

E questa fede non e’ stata intaccata neanche dopo.

A dimostrazione, le pubblicazioni in libri e giornali di opinioni secondo le quali il passato nazista fosse dovuto a influenze esterne e maliziose e che hanno riscontrato grande approvazione nella Germania del dopoguerra. Queste pubblicazioni hanno contribuito ad alleviare probabili sensi di colpevolezza o di vergogna che avevano la loro origine nel passato nazista.

Un’attitudine di questo tipo significa che scegliamo di tenere solo quei pezzi del passato che giudichiamo “giusti”. Invece quegli altri nei quali siamo coinvolti in un modo colpevole, vengono respinti, il loro significato revisionato, la loro responsabilità attribuita ad altri ed in nessun caso accettiamo che siano correlati con la nostra identità. Al contrario, le invasioni vittoriose vengono glorificate e raramente si parla dell’irresponsabilità e della mania di grandezza per la quale sono state sacrificate milioni di vite umane, tedeschi non esclusi.

Nella separazione tra ricordi felici e ricordi brutti gli uomini spendono gran parte della loro energia psichica. Questo aiuta tutti noi a proteggere noi stessi da rimorsi seri e anche da dubbi circa la nostra autostima. Cosi non rimane abbastanza energia psichica per il superamento del passato. Il fatto che alla grande parte della popolazione si siano manifestati solo pochi segni di malinconia, dolore o lutto e’ spiegabile soltanto da questa negazione collettiva del passato.

Se volessimo parlare di sintomi psicologici, avremmo forse spiegato la tenacità con la quale si e’ proceduti alla ricostruzione parlando di una situazione maniacale. Questa tenacità però non e’ stata descritta in questi termini, ma e’ stata più semplicemente attribuita alla laboriosità tedesca. Cosi abbiamo la trasformazione di una verità spiacevole in un pregio, una qualità.

Questa condizione maniacale di difesa può spiegare perché uno dei più grandi crimini nella storia, non provoca, ancora oggi, dei sentimenti come di compassione o simili.

Parlando rigorosamente possiamo dire che i tedeschi per poter tenere lontano da se stessi questo schiacciante carico di colpevolezza, hanno reagito con rigidità sentimentale. Con questa rigidità hanno osservato le montagne dei cadaveri, i campi di sterminio, la sparizione dei soldati tedeschi in prigionia, le informazioni sui milioni di ebrei, polacchi, russi etc morti, l’assassinio degli oppositori politici nel proprio paese. Con questa rigidità sentimentale hanno potuto mettere da parte il passato. Un passato che oggi sembra surreale, come un sogno. Questa attitudine ha messo da parte l’ancora visibile 3o Reich, e in seguito ha permesso ai tedeschi, senza segni di orgoglio ferito, di identificarsi con i vincitori. Questo cambiamento d’identità li ha difesi verso l’influenza dei sentimenti e ha portato alla maniacale ritrattazione del passato e alla svolta verso gli enormi sforzi collettivi per la ricostruzione.

….

I Mitscherlich affermano che a causa della forte identificazione con Hitler, dopo la guerra e con la sua scomparsa, i tedeschi avrebbero avuto tutti i motivi per cadere in uno stato di malinconia collettiva e di manifestare dei seri disturbi di natura psichica. Lo stesso vale anche per il grave debito morale che, già dal 1945, era visibile a tutti. Questo non accadde però.

Secondo i Mitscherlich, la ragione fu che i tedeschi si sono comportati come dei bambini che avevano fatto uno sbaglio. Cosi hanno respinto le proprie colpe.

E aggiungono: Ove c’è colpa e colpevolezza, ci si aspetta pentimento e il bisogno per riabilitazione e riparazione. Chi ha avuto una perdita, piange. Quando e’ ferito un nostro ideale, la vergogna e’ la conseguenza naturale. Eppure ciò che accadde fu che la negazione e’ stata estesa anche nei campi della colpevolezza, della tristezza e della vergogna. I Mitscherlich osservano che la memoria viene usata soltanto come strumento di compensazione verso le colpe altrui e tutto il resto viene respinto da essa.

La conclusione dei Mitscherlich e’ che il movente per ciò che hanno constatato nella società tedesca e’ chiaramente attribuito al bisogno di auto-protezione. Ma chi non e’ in grado di piangere per la perdita del proprio leader da una parte e per i milioni di vittime dall’altra, non sarà capace di affrontare né il presente né il futuro. Rimarrà prigioniero della sua rigidità psicologica.

Anche se il libro dei Mitscherlich e’ del 1967, posso in coscienza affermare che ancora oggi la maggioranza della società tedesca e’ rigida riguardo al suo passato nazista e il debito morale che ne consegue. E che non ha ancora sviluppato la capacità di poter portare il lutto.

Il ruolo dei media e della politica tedesca verso l’eredità storica e il debito verso la Grecia e’ noto e non voglio commentarlo. Voglio solo soffermarmi al ruolo dell’educazione: Fino a oggi, dopo 12 anni di scuola il tedesco non impara la storia della 2a guerra mondiale in tutto il suo spettro. La lezione di storia nelle scuole include: l’ascesa del fascismo, le cause etc, l’invasione della Polonia, Stalingrado, lo sterminio degli ebrei, un poco sugli avversari politici del nazismo e il capitolo seguente e’ la guerra fredda. Il tedesco medio non conosce niente sull’occupazione di altri paesi, come la Grecia.

….

Concludo dicendo che la ricerca del passato nazista non porta soltanto a dei risultati positivi: delle persone che si sono distinte nel Maggio del 68 contro i loro padri nazi o che ne sono stati dei duri accusatori, come l’eurodeputato Daniel Marc Cohn-Bendit (il noto “Dany il Rosso”) e l’ex ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer, hanno usato il passato nazista per convincere il popolo tedesco a prendere parte ancora una volta in una guerra imperialistica. La guerra contro la Jugoslavia. Il loro argomento? «Come tedeschi abbiamo il dovere di non permettere un altro Auschwitz». Cosi, quel «dopo il 45 mai più guerra», si e’ trasformato in d’ora in poi «nessuna guerra senza la Germania!». Per evitare un altro Auschwitz per giunta.

Triandafilià Thiesing Kostopoulou

Fonte: http://agonaskritis.gr

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22.02.2015

Scelto, tradotto e adattato per www.comedonchisciotte.org a cura di Georgios

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