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DI GEORGE MONBIOT

monbiot.com

LA CAPACITA’ DI CONTESTARE LE CIRCOSTANZE DELLE NOSTRE ORIGINI E’ UN ELEMENTO ESSENZIALE DELLA NOSTRA UMANITA’

Ho visto persone subire dei grossi traumi ed uscire appena cambiati dall’esperienza. Ho visto altri perdere l’equilibrio per motivi insignificanti: il battito d’ali di una farfalla che provoca un brainstorming. Non possiamo aspettarci che un sistema complesso come la mente umana possa rispondere in modo prevedibile e lineare. Tendiamo a ricorrere a innumerevoli risorse psicologiche pur di impedire a noi stessi di cambiare: a volte saggiamente, davanti alla disperazione o alla follia, a volte stupidamente. Per paura della tempesta, finiamo con il privarci dell’ esperienza, e con il privare gli altri dei cambiamenti che dobbiamo affrontare per diventare persone migliori.

Pur sapendo tutto questo, sono ancora sorpreso del fatto che la mia vita è stata cambiata da una piccola cosa.

In Agosto scorso scrissi un articolo per la rubrica del GuardianIl libro che mi ha cambiato”. Il libro del mio articolo aveva la particolarità di non avere un titolo, non lo ricordavo. Avevo trovato quel libro quando avevo otto anni, in una scatola polverosa dell’infermeria del mio collegio (era una scuola privata – ndt). E ogni volta che stavo male tornavo a leggerlo. Quel libro fu il primo ad avere su di me un’influenza tale da contrastare il pensiero conservatore e le politiche conservatrici che dominavano la mia infanzia: ebbe su di me un effetto profondo. Ho descritto brevemente la storia del libro, ma – pare – in modo non molto accurato. Così chiesi aiuto ai lettori.

Il risultato fu…Internet al suo meglio (e al suo peggio). Molti lettori proposero dei suggerimenti, alcuni s’impegnarono generosamente e per molto tempo a individuare di quale libro stessi parlando. Altri parlarono di libri affascinanti che gli avevano cambiato la vita.

Lo stesso mio commento fu anche bersaglio di abbondante vetriolo, del tipo: come ti permetti di avere opinioni di sinistra/dicci un po’ della tua vita/ti illudi di esistere dopo che hai frequentato una scuola privata?

Beh, la cosa strana dell’infanzia è che non la controlli: tutto dipende da quello che ti circonda. Attaccare qualcuno per le sue origini non è più razionale che attaccare qualcuno per il suo genere, o altezza o colore della pelle.

Potremmo aspettare fino a che ci reincarniamo nella giusta classe socio-economica, e usarla, per quanto possibile, per fare le cose giuste e affrontare i problemi. La sinistra sarebbe un posto più grigio senza gente pensante di origine benestante. Dovremmo forse rinnegare figure come George Orwell, Tony Benn, Peter Kropotkin, Frederick Engels, Elizabeth Fry, Leo Tolstoy, William Morris, Beatrice Webb, Mohandas Gandhi, Alexandra Kollontai, Bertrand Russell, Vera Brittain, Clement Attlee, William Beveridge, Franklin Roosevelt, Paul Foot e Millicent Fawcett per il fatto di essere nati nelle famiglie sbagliate? O si potrebbe invece giudicare una persona per quello che fa invece che per il luogo in cui è nato.

Ma tornando al discorso principale, devo delle scuse a molti lettori. Nei primi commenti, molta gente – scopro ora – aveva correttamente identificato il libro. Ma quando ho visto un’immagine di copertina ed altre illustrazioni trovate in rete, non l’avevo riconosciuto. E così la gente ha continuato a cercare. Poi, a commenti chiusi, qualcuno mi ha mandato una foto di una particolare pagina di quel libro, e la mia memoria di colpo si è risvegliata.

Era un libro chiamato Paolo e Panetto della scrittrice australiana esiliata Bettina Ehrlich, fuori stampa da molto tempo. Ne ho ordinato una copia. Non appena l’ho avuta in mano e l’ho odorata, mi ha travolto un’ondata di sensazioni confuse.

All’improvviso, ho provato la grande gioia di averlo ritrovato, la curiosità e l’interesse di quando lo lessi la prima volta e quella sensazione di trovarmi solo in un posto non mio, lontano da tutti quelli che amavo. E come per esorcizzare quei fantasmi, invece che leggerlo di nuovo da solo, mi sono accoccolato insieme alla mia bimba di tre anni e l’ho letto a lei. Le è piaciuto tanto quanto piacque a me allora.

Due cose mi hanno colpito. La prima è stata la mia poca memoria. Se da una parte ricordavo la trama generale della storia, avevo fuso due dei personaggi principali in uno solo, eliminando dal racconto proprio quello più incisivo, il giovane Dio Pan. Ricordavo che un ricco e viziato bambino dei quartieri alti incontrava un bambino di strada che di notte frugava tra l’immondizia in cerca di scarti. Questo bambino lo portò in campagna e gli fece assaporare libertà a lui sconosciute. Ma nella storia originale il bambino ricco per strada incontrò una bambina. Questa poi gli avrebbe fatto conoscere Pan (o Panetto), che lo portò in campagna e nei boschi. Questo mi ha ricordato di quanto possano essere fallaci le nostre convinzioni. Usiamo la nostra immaginazione per riempire degli spazi vuoti di cui non siamo coscienti. Siamo per noi stessi dei testimoni inaffidabili.

La seconda cosa è stata scoprire che la storia era meno forte di quanto ricordassi. Nella mia testa, essa era diventata un saggio radicale sulle disuguaglianze sociali, magari scritto da un comunista italiano. Tuttavia i contenuti politici del libro erano in realtà piuttosto sfuggenti. All’inizio, il bambino viziato e la bambina di strada esploravano insieme i forti contrasti tra le loro esistenze. Questo tema si protraeva fino alla fine, quando Paolo gettava dalla finestra le sigarette del padre perchè le prendessero i bambini di strada. Tutto qui: un bambino privilegiato, ma anche trascurato, esce fuori dal suo guscio ovattato, incontra un altro bambino che vive in povertà e cerca di ridistribuire una piccola parte delle ricchezze di famiglia. E’ stato questo il fremito di un battito d’ali di farfalla che ha dato inizio ad un processo che mi avrebbe cambiato la vita.

Certo, non è stato solo questo evento. Centinaia di influenze successive hanno continuato e continuano a forgiare il mio modo di pensare. Spero che questo processo non s’interrompa mai. Per me, vivere intensamente la vita significa continuare ad essere aperto all’esperienza e alla persuasione, sperimentando e vagliando sempre nuovi argomenti e conoscenze, pur rischiando di sembrare ridicolo. Mi terrorizza il pensiero di una statica rispettabilità.

Dante aveva ragione. Il cerchio più interno dell’Inferno è un luogo in cui niente cambia, dove la vita è congelata e immobile, dove nessuno può cambiare il proprio destino. Quando la gente dice che è impossibile insegnare dei nuovi trucchi a un vecchio cane, o che il leopardo non può cambiare le proprie macchie, è come se si negassero la vita.

Ereditare una posizione sociale, ricchezza e opportunità: questo è già un male in una società dalle pretese democratiche. Ereditare idee e schemi mentali però significa rinunciare non solo all’onestà intellettuale, ma anche a una parte importante della nostra umanità.

George Monbiot

Fonte: www.monbiot.com

Link: http://www.monbiot.com/2016/01/07/all-change/

7.02.2016

Traduzione per www.coimedoncisciotte.org a cura di SKONCERTATA63

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