TRAPIANTO DI TESTA: SI PUO' FARE ? SI… PUO'… FARE!

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DI DANIEL
Ecoantroposophia.it

SI… PUO’… FARE!

Negli ultimi giorni abbiamo visto una notizia molto particolare balzare e rimbalzare nel flipper massmediatico. Tralasciando i professionisti della “notizia shock” ab-usata per indicare tanto gli accadimenti più seri quanto quelli rientranti nel campo del “tittytainment” tale evento è stato presentato da alcuni come una “possibilità straordinaria”, da altri come “un traguardo fantascientifico” o come “progetto complicato” con tutti gli annessi e connessi (o disnessi e sconnessi) del caso in quanto all’etica e all’opportunità.

Di cosa stiamo parlando? Tenetevi forte: è roba da far girare la testa! Anzi, a quanto dice il neurochirurgo Sergio Canavero la testa si trapianterà proprio del tutto. Certo, ci vorranno ancora un paio d’anni, ma che volete che siano data l’epocalità della cosa?

Il progetto si chiama HEAVEN/GEMINI (Head Anastomosis Venture with Cord Fusion), ma l’idea non è recentissima dato che i primi passi a livello pratico risalgono al 1970, allorquando la prima unione cefalosomatica venne realizzata dal Dr. Robert White utilizzando due macachi. Il ricevente visse ben 8 giorni, a quanto pare in maniera normale (!) e senza complicazioni di sorta.

Lo stesso Dr. White ebbe a scrivere qualche anno dopo: “…Ciò che è stato realizzato nelle cavie animali..è pienamente realizzabile nella sfera umana. Per sapere se tali procedure sensazionali troveranno mai giustificazione in campo umano dovremo attendere non solo le continue conquiste della scienza medica ma, in maniera più appropriata, le giustificazioni morali e sociali di tali imprese”.

Ma la tecnologia allora disponibile non permetteva ancora di passare anche all’atto pratico sugli esseri umani poiché l’impossibilità di connettere tutti i nervi della spina dorsale avrebbe comportato la paralisi del corpo dal collo in giù.

Frankenstein Junior

Cionondimeno nel 1999, il Dr. White predisse che “…ciò che era stata da sempre materia di fiction scientifica – la leggenda di Frankestein, nella quale un intero essere umano veniva costruita cucendo tra loro parti di diversi corpi – diverrà realtà clinica nel XXI secolo…il trapianto di cervello, almeno ad uno stadio iniziale, sarà un trapianto della testa a tutti gli effetti (o trapianto di corpo a seconda dei punti di vista) …considerando i significativi miglioramenti nelle tecniche chirurgiche e nella gestione post-operatoria… è ora possibile considerare l’applicazione delle tecniche di trapianto della testa agli esseri umani”.

Sembra dunque giunto il momento fatidico, perlomeno stando a quanto pubblicato dal Dr. Canavero stesso sulla rivista Surgical Neurology International (http://www.surgicalneurologyint.com/article.asp?issn=2152-7806;year=2013;volume=4;issue=2;spage=335;epage=342;aulast=Canavero): il sopracitato problema della connessione sarebbe stato risolto grazie ad un particolare tecnica di taglio chirurgico (definita nella pubblicazione “clean cut”) e all’utilizzo di polimeri inorganici (chiamati fusogeni o sigillanti di membrana) che dovrebbero «ricucire» la lesione midollare rendendo dunque possibile la continuità del midollo spinale fra donatore e ricevente.

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Senza scendere troppo nei dettagli (chi fosse interessato può facilmente trovare maggiori ragguagli sul web nonché nell’intero articolo sul sito della rivista sopralinkata) : la testa del ricevente (tetraplegico o affetto da patologia neuromuscolare degenerativa) verrebbe portata ad una temperatura tra i 10°C e i 15°C, per essere poi chirurgicamente asportata da parte di una equipe medica, mentre una seconda equipe provvederebbe al contempo all’asportazione della testa del soggetto donatore (deceduto a seguito di un trauma cranico puro oppure di un ictus fatale). La bassa temperatura permetterebbe il corretto svolgimento dell’operazione da concludersi nel tempo massimo di un’ora. Tempo permettendo il donatore sarebbe altresì sottoposto ad un’autotrasfusione di sangue da rimettere poi in circolo ad anastomosi compiuta.

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Concluso l’intervento si trasferirebbe il ricevente in terapia intensiva dove rimarrebbe sedato per tre giorni indossando un collare cervicale, dopodiché si avvierebbero sedute di fisioterapia fino al massimo recupero funzionale possibile.

A livello psicologico viene invece prefigurato un intervento volto ad occuparsi dell’identità e dell’immagine corporea. Inoltre gli psichiatri dovrebbero tra le altre cose occuparsi di monitorare un corretto decorso dal punto di vista delle aspettative del paziente rispetto all’allotrapianto, affinché esse siano mantenute positive ma realistiche.

Le ultime fasi della sperimentazione dovrebbero svolgersi avvalendosi della solita collaborazione dei primati oltreché di soggetti umani, in condizione di morte cerebrale e prima di un eventuale espianto di organi.

Per quanto riguarda invece il dilemma etico esso viene esposto chiamando in causa il racconto di Thomas Mann “Le teste mozzate” (1940)*, in particolare considerando il fatto che quella che il Dott. Canavero indica come “HEAVEN created chimera” avrebbe la mente del ricevente ma in caso di riproduzione la prole erediterebbe il patrimonio genetico del donatore.

Ad ogni modo, nel giro di un paio d’anni il progetto HEAVEN “potrebbe portare i suoi frutti”. Non so se in questo caso sia necessario aspettare i frutti, da cui riconosceremo. Forse la semina è già più che sufficiente.

Come dite? Potrebbe essere peggio? Beh si, in effetti…potrebbe piovere!

Igor

Daniel

21.06.2013

Link: http://www.ecoantroposophia.it/2013/06/senza-categoria/daniel/trapianto-di-testa-si-puo-fare/

* Molto sinteticamente: Ambientato in India, e basato su di un mito indiano, esso vede protagonisti due amici, psicofisicamente differenti essendo uno (Shridaman) mercante brahmano spiritualmente dotato ma non fisicamente prestante e l’altro (Nanda) un fabbro e vaccaro di bell’aspetto e dal corpo curato. Shridaman sposa la bella Sita, ed i tre si recano sei mesi dopo il matrimonio (con Sita in dolce attesa) a trovare i di lei genitori. Durante il viaggio Shridaman, in preda a turbamento religioso, si decapita autosacrificandosi in un tempio dedicato alla dea Kali e l’amico, scopertone il cadavere, fa lo stesso per timore di venir accusato di omicidio. Quanto Sita, che era consapevolmente attratta fisicamente da Nanda, trova i cadaveri tenta di impiccarsi, convinta che la causa del tutto risiedesse nella gelosia dei due verso di lei. A questo punto entra in scena direttamente la dea Kalì, che erudisce Sita su quanto è in realtà avvenuto dandole al contempo la facoltà di ristabilire la situazione. Ma Sita, sopraffatta dall’emozione commette un errore, cosìcché la testa di Shridaman viene a trovarsi sul corpo di Nanda e quella di Nanda sul corpo di Shridaman. Inizialmente i due amici paiono soddisfatti della nuova situazione, ma resta da definire chi a questo punto debba legittimamente essere il marito della giovane donna. L’asceta Kamadamana, all’uopo interpellato, sentenzia che il legittimo consorte dev’essere colui che ha ereditato la testa di Shridaman (“Sposo è chi porta il capo maritale”), con gran delusione di Nanda che decide di diventare un anacoreta. Col passare del tempo però anche il nuovo corpo di Shridaman (non esattamente un tipo dalla vocazione atletica) comincia ad inflaccidirsi, tornando ad essere “uno di quei corpi che possono ben servire da complemento e appendice a una testa nobile e sapiente”. Nel frattempo viene alla luce il piccolo Sadhami (soprannominato poi Andhaka, ossia ciechino, essendo affetto da forte miopia) e Sita aprofitta di una breve assenza di Shridaman per recarsi a trovare Nada e fargli conoscere quel bambino che era anche carne della sua carne. Passarono nuzialmente insieme un giorno ed una notte, fino a quando Shridaman, tornato dal suo viaggio ed intuito dove si trovasse la moglie, li raggiunse ponendo così Sita nella condizione di dover effettuare una scelta. Non sussistendo la possibilità per la donna di poter vivere con entrambi, l’unica soluzione risulta essere il suicidio dei due, seguiti ritualmente nella stessa sorte da Sita in un rogo funebre appiccato dal piccolo Andhaka, il quale poi condurrà una vita molto spirituale e diverrà lettore presso la corte del Re di Benares.

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