STORIE DI DONNE PRIGIONIERE. L'ORRORE DELLE CARCERI IRACHENE

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DI WIJHAT NADHAR

globalresearch.ca

In Iraq quando una donna viene arrestata, viene sottoposta regolarmente ad una serie di abusi orribili che vanno dall’umiliazione, seguita dalla tortura e spesso dallo stupro. Ho ricevuto notizie allarmanti da due diverse fonti ben informate sui fatti: assistenti sociali qualificati della prigione femminile di Al-Kadimiyah e tre agenti della Guardia Nazionale che hanno lavorato nella prigione.

La normale procedura si svolge così:

Durante l’arresto

Il viaggio nella tortura inizia quando le forze dell’ordine, in blitz che possono essere commissionati quanto arbitrari, irrompono nell’abitazione e la sottopongono a perquisizione.

Ciò è stato confermato anche dal Quarto Comandante della Seconda Brigata- sesta Squadra, Maggiore Jumaa Al-Musawi. Quest’uomo, con precedenti penali, deve la sua posizione alle forze armate americane che gliel’hanno assegnata durante le loro prime esercitazioni sulla raccolta di informazioni. Viveva ad Al-Thawra (ora Sadr City)/Settore 87. Queste le sue parole:

“Quando riceviamo ordini di incursione e perquisizione dall’Intelligence, di solito iniziamo con un festino a base di alcol e droga. Per questo genere di operazione scegliamo i soldati che sappiamo essere più spietati. La prima cosa che facciamo è rinchiudere in una stanza il capofamiglia e i ragazzi, e in un’altra la madre con i più piccoli. Iniziamo col rubare ciò che può essere sottratto rapidamente come la gioielleria e mettiamo a soqquadro l’abitazione ad esempio lanciando la biancheria intima della padrona di casa in giro (alcuni di questi indumenti vengono poi rubati dai soldati). Dopodiché perquisiamo la donna e ci divertiamo a toccarle il seno e le parti intime. La minacciamo di arrestare il marito se rifiuta di farsi toccare. Se capita che siano belle donne le violentiamo subito e poi abbandoniamo la casa se non troviamo armi o materiale incriminante. Nel caso in cui invece vengano rinvenute armi, ogni uomo o ragazzo della casa vengono arrestati e se non sono presenti uomini al loro posto arrestiamo tutte le donne. Ciò in linea con gli ordini che riceviamo”.

Quella che segue è soltanto una delle tante storie riguardo i crimini commessi da queste creature corrotte, che senza vergogna si vantano l’uno con l’altro dei loro misfatti. Al-Musawi e il suo assistente tenente Rafid Al-Darraji (un altro criminale recluso ad Abu-Ghraib e condannato a morte, ma rilasciato dagli americani che lo usarono come sentinella insieme ai loro cani da guardia assegnandogli poi il grado di tenente) Viveva nel distretto di Al-Nuariyah. Questo è quanto hanno dichiarato:

“Nel luglio 2006 ricevemmo ordine di irruzione e perquisizione della casa di un commerciante di tessuti di Karradah (il suo nome non è menzionato). Raggiunta l’abitazione all’una di notte non trovammo l’uomo ma solo sua moglie e il figlio diciassettenne. Durante la perquisizione trovammo un fucile il cui possesso è permesso ai civili per autodifesa. Tuttavia minacciammo la donna di arrestare suo figlio se si fosse opposta alle nostre violenze. Dunque, ammanettato il ragazzo in una stanza, tutti i soldati uno dopo l’altro violentarono la donna nell’altra camera . Altri rubarono quello che poterono e quindi ci dirigemmo verso un noto bordello nel distretto di Al-Doura in casa di Um Alaa per goderci il resto della nottata.”

“La prima cosa che facciamo nel veicolo quando una donna viene arrestata e trasportata nel luogo di detenzione, è toccarla ovunque usando parole oscene. Quando giungiamo presso il carcere la lasciamo nella stanza delle indagini dove viene sorvegliata da un ufficiale dei servizi segreti e i suoi assistenti che la spogliano, bendano e ammanettano e quindi la stuprano. Più tardi le chiederanno se è innocente o colpevole, la ricattano dicendole che deve cooperare e dare informazioni importanti riguardo il distretto in cui vive, o altrimenti pubblicheranno foto di lei nuda mentre viene violentata. Se denunciasse gli abusi e le torture, verrebbe imputata di false accuse. Se viene condannata, di solito rimane nello stesso istituto per un periodo che va da uno a tre mesi necessari per espletare le procedure e inviarle ai quartier generali. Durante questi mesi, subirà violenze da parte di ogni singolo soldato e ufficiale dei servizi segreti della Brigata. In seguito sarà mandata alla prigione Al Tasfeerat di Shaab Stadium o ad Al-Muthanna Airport Prison. A volte la prigioniera viene trasferita presso la struttura del comandante in capo nella Green Zone, una prigione posta nei sotterranei del Baghdad Operations Headquarter, sotto la supervisione del generale maggiore Adnan Al-Musawi. Si tratta di una delle prigioni più pericolose e degradate di Al-Maliki.

Prigioni di Al-Tasfeerat

E’ il secondo stadio di questo illecito arresto. La detenuta viene mandata o alla Shaab Stadium Prison o alla nota Al-Muthanna Airport Prison. I supervisori di queste carceri sono i peggiori psicopatici, una commissione di criminali corrotti dell’intelligence militare, i servizi segreti del Ministero degli Interni, e un rappresentante dei servizi segreti e della security dell’ufficio del comandante in capo. Tale commissione viene nominata dal dipartimento penitenziario iracheno e attraverso il Ministero di Grazia e Giustizia. Il 45% dei suoi impiegati sono membri della milizia di Al-Mahdi, il 30% fanno parte della Badr Organization. Il restante 25% è diviso tra gli altri partiti criminali al governo.

Questa fase è considerata la più barbarica. Gli addetti alla sicurezza , guardie carcerarie e altri membri della prigione praticano le forme più terribili di tortura, umiliazione, deprivazione, discriminazione etnica e politica, ricatto sui detenuti, violentando uomini e donne senza eccezione. Le donne vengono recluse per periodi lunghissimi senza indagini o capi d’accusa legittimi. Nelle prigioni di Maliki molte sono le donne recluse per periodi che vanno da uno a sei anni senza assistenza o procedura legale.

Ci sono molti esempi delle procedure brutali e immorali subite da prigionieri, uomini e donne, nelle prigioni di Al-Tasfeerat. Alcuni ufficiali del Ministero dell’Interno e della Difesa, l’ufficio del comandante in capo, partigiani e leader criminali della milizia visitano queste prigioni e scelgono alcuni detenuti per torturarli per ore e violentarli per ragioni di setta. Alcuni prigionieri muoiono in seguito a questi abusi. Tra il 2008 e il 2012 la prigione Al-Rasafah Tasfeerat ha registrato la morte di più di 250 detenuti, tra cui 17 donne. Nello stesso periodo, la prigione Al-Muthanna Airport ha registrato il decesso di 125 detenuti tra cui tre donne.

Queste torture non hanno luogo solo nella prigione di Al-Tasfeerat, ma in tutte le prigioni supervisionate dal Ministero della Giustizia, soprattutto le carceri minorili, la prigione femminile di Al-Kadimiyah, la famosa prigione di Abu-Ghraib, oltre alle prigioni segrete di Al-Maliki per cui non sono reperibili registri d’archivio riguardo i detenuti deceduti a causa delle brutali torture che hanno affrontato.

Vale la pena di menzionare che sotto l’egemonia di Al Maliki alcuni noti prigionieri ad alto rischio –uomini e donne- sono stati rilasciati o portati segretamente fuori dalla prigione di Al-Tasfeerat dopo aver distrutto qualsiasi documento relativo al loro caso, su ordine di ministri e VIP del Ministero dell’Interno e della Difesa e dell’ufficio del comandante in capo. Ecco alcuni dei detenuti “rilasciati”:

  1. Radiyah Kadum Muhsin : era una dei membri di spicco del partito Dawa, venne rilasciata su ordine di Al-Maliki stesso sotto la supervisione dei suoi consulenti dei servizi segreti e della sicurezza. Venne accusata di dirigere una delle più grosse bande criminali operanti nel traffico di bambini (che venivano rapiti e poi venduti), di prostituzione,di aver sedotto ufficiali e funzionari per poi ricattarli con le loro stesse foto compromettenti o addirittura eliminarli. Venne anche accusata di spaccio di stupefacenti e contraffazione di documenti ufficiali.
  2. Adnan Abdulzahra Al-Aaraji: E’ uno dei leader della milizia Mahdi nonchè capo della gang più nota nella storia irachena in termini di sadismo, discriminazione e delinquenza . Era stato arrestato dagli americani mentre tentava di trasferire segretamente i corpi di 5000 vittime in Iran durante le guerre settarie del 2006. Questi corpi venivano mandati in Iran su tre veicoli refrigerati e destinati al commercio di organi. E’ stato accusato di contrabbando d’antiquariato, esplosivi, armi e droga. Abbiamo menzionato qui solo due dei detenuti “rilasciati” dalle prigioni di Al-Maliki.
  3. Dopo il processo

E’ qui che inizia la vera tragedia. Dopo l’arresto, la prigioniera- se è sopravvissuta- presenta ferite su tutto il corpo, soffre di problemi psicologici dovuti al terribile trattamento cui è stata sottoposta in prigione, inclusi tortura e stupro.

E questo è un altro serio ostacolo da affrontare per le detenute.

Ci sono donne pregiudicate in queste prigioni, condannate per vari crimini. Le guardie carcerarie usano proprio queste detenute per intimidire quelle che invece sono state recluse arbitrariamente, donne innocenti imprigionate per ragioni di setta, grazie a false accuse o documentazioni di informatori segreti. Le detenute pregiudicate le minacciano, controllano e ricattano in continui tentativi di scoprire notizie sulle loro vite personali. Le informazioni ricavate vengono poi usate contro di loro per farle crollare psicologicamente grazie a bugie e notizie fuorvianti riguardo le loro famiglie.

I metodi di tortura inflitti alle detenute irachene

1- Tortura fisica e psicologica: le guardie carcerarie usano diverse forme di tortura fisica e psicologica, imparate da supervisori americani e iraniani. Tali metodi includono:

  • Denudare il prigioniero insultandolo per più di due ore.
  • Picchiarlo violentemente con dei bastoni o prenderlo a calci sui reni.
  • Scariche elettriche sul petto, sui reni o in testa.
  • Qualsiasi tipo di violenza sessuale (non ne riveleremo i dettagli data l’oscenità dei fatti).
  • Stupri ricorrenti dopo la mezzanotte commessi dai guardiani e altro personale del carcere, anche in presenza del direttore visto che lo stupro spesso avviene nel suo ufficio.

Il direttore del carcere e gli altri supervisori ripetono continuamente questi atti ripugnanti. Invitano altri agenti della sicurezza dal Ministero dell’Interno e della Difesa a partecipare alle loro orge selvagge che finiscono sempre con violenze sulle detenute.

Menzionerò solo un episodio cui ho assistito nella prigione di Al-Kadimiyah nel 2008 e può essere confermato da un assistente sociale che lavora lì:

In una delle prigioni di Al-Maliki nella Green Zone, c’era un detenuto di nome A.A.Al-Zaidi. Era un Colonnello della polizia prima e aveva ottenuto una posizione all’interno del dipartimento dell’intelligence della Bard Org. conosciuta come una delle milizie terroriste più estremiste. Il suo ruolo era quello di assistere il comandante delle forze rivoluzionarie iraniane nella raccolta di informazioni, nomi e indirizzi degli ufficiali della sicurezza e sei servizi segreti del regime di Saddam, così che le forze rivoluzionarie iraniane potessero trovarli ed eliminarli. Anche sua moglie lo aiutava così come il cugino, Sayid Jalal Al-Magsoosi, tenente delle truppe speciali del Ministero dell’Interno

A.A.Al-Zaidi fu anche responsabile di aver reclutato delle donne per portare a termine attentati suicidi in Giordania, Arabia Saudita e le zone Sunnite in Iraq, soprattutto Diyala e Baghdad. Venne arrestato dagli americani mentre tentava di entrare clandestinamente in Giordania insieme alla moglie e altre tre donne, portando con sé attrezzature da spionaggio. Sua moglie e le altre tre donne vennero imprigionate nel carcere di Al-Kadimiyah, mentre lui venne portato nella prigione di Al-Maliki nella Green Zone.

A capodanno gli agenti dell’intelligence e alcuni addetti alle indagini mentre stavano bevendo e festeggiando all’interno della prigione, fecero chiamare A.A.Al-Zaidi. Al detenuto venne chiesto se voleva parlare al telefono con la moglie. Chiamarono il direttore della prigione di Al-Kadimiyah, chiedendogli di portare la moglie del prigioniero. I due parlarono al telefono, poi il detenuto venne riportato nella sua cella.

Dopodichè l’addetto alle indagini parlò con la moglie e disse: “vogliamo festeggiare con te e altre cinque delle tue amiche più carine. Arriveremo tra un’ora al carcere femminile, fatevi trovare pronte. Sarete cinque e noi sei.” Il direttore della prigione preparò per loro una stanza e tutte le detenute vennero violentate più volte dagli agenti e due guardie carcerarie che intanto inneggiavano ad “Al-Maliki, il magnaccia, il bugiardo, il ladro di Baghdad”.

2- Deprivazione:

La parola non riesce a dare un quadro fedele della tragica situazione delle detenute, cui vengono negati diritti ed esigenze fondamentali, ad esempio:

  • Divieto di visite anche da parte dei familiari, chiamate telefoniche e ogni tipo di contatto con l’esterno.
  • Mancanza di qualsivoglia assistenza sanitaria.
  • Divieto di vedere o consultare un avvocato, violazione dei diritti legali.
  • Privazione di regolari ore d’aria, assenza di detergenti o disinfettanti necessari.
  • Viene negato il diritto di riportare gli abusi presso commissioni ad hoc, anzi i detenuti vengono minacciati e spinti a non denunciare. D’altra parte se anche un carcerato riuscisse a presentare un reclamo, nessuno vi presterebbe ascolto dal momento che queste commissioni raccolgono i reclami per poi ignorarli.

3- Ricatto e intimidazione:

Spesso le detenute vengono minacciate di vedere i membri delle proprie famiglie arrestati con falsi capi d’accusa e costrette a pagare cifre spropositate. Devono pregare di poter contattare la famiglia e chi non possiede abbastanza soldi per la telefonata dovrà vendere il suo corpo per permettersela

Questo è solo un breve resoconto di quanto sta accadendo nelle carceri femminili. Baghdad da sola conta più di 3000 detenute distribuite tra le seguenti prigioni:

  • Al-Kadimiyah Prison
  • Al-Tasfeerat Prison, Shaab Stadium.
  • Al-Muthanna Airport Prison.
  • Al-Baladiyyat Prison.
  • Al-Rustumiyah Prison.

Un ulteriore carcere segreto, la cui sede viene cambiata regolarmente, supervisionato dall’ufficio del comandante in capo ospita altre 65 detenute. Oltre a queste altre prigioni più piccole si situano in diversi quartier generali di operazioni dell’intelligence o dell’esercito.

Wijhat Nadhar

Fonte: www.globalresearch.ca

Link: http://www.globalresearch.ca/the-dark-and-secret-dungeons-of-iraq-horror-stories-of-female-prisoners/5313974

8.03.2015

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FRANZIS H

The Brussells Tribunal and Global Research 2 December 2012

Region: Middle East & North Africa

Theme: Crimes against Humanity, Women’s Rights

In-depth Report: IRAQ REPORT

Questo articolo è stato pubblicato il 2 Dicembre 2012

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