SEYCHELLES:UN PAESE SOCIALISTA DI SUCCESSO,MA CON PUBBLICHE RELAZIONI TERRIBILI

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DI ANDRE VLTCHEK

Rt.com

È un paese ricco, bello in maniera impressionante e possiede il più alto Indice di sviluppo umano di tutto il continente africano.

Le vie e le strade sono perfettamente asfaltate e i giardini sono pieni di fiori locali o importati; l’istruzione primaria e secondaria (i primi 10 anno di scuola) è obbligatoria e gratuita, così come le cure mediche, compresi tutti i trattamenti e i medicinali.

Inoltre, le Seychelles potrebbero essere descritte come uno Stato sociale, che garantisce un salario minimo per la sopravvivenza che è molto più alto della media della maggior parte dei “Paesi capitalisti principali” (se si usa la terminologia dei media occidentali) come le Filippine, l’Indonesia e la maggior parte delle nazioni africane.
Ci sono sussidi per i trasporti pubblici, per la cultura, lo sport e la fornitura d’acqua, così come per quasi tutto il resto dei servizi pubblici.

Già parecchi anni fa, il reddito annuo pro capite si aggirava intorno ai 7.000 dollari e da allora è salito ben oltre i 10.000 dollari.

Un giudice della Corte Suprema delle Seychelles, Mohan N. Burhan, originario dello Sri Lanka, considera il Paese un paradiso: “Questo Paese è bello e tollerante; è uno dei posti migliori dove vivere al mondo”. Mi mostra eccitato la capitale dalla sua macchina.

È vero che le Seychelles sono un Paese liberale e di ampie vedute. I suoi 100.000 abitanti solevano appartenere a diverse razze. C’erano africani, indiani, europei e asiatici. Oggi, non ci sono quasi più enclave – la gente si mescola liberamente.

Il suo passato è stato per lo più dimenticato, quando gli schiavi vennero portati in quest’arcipelago disabitato dai francesi e in seguito passati agli inglesi; quando si sfruttavano brutalmente i lavoratori indiani… Oggi tutti sono uguali e c’è un certo grado di armonia.

***

A poche miglia dalla Corte Suprema, tuttavia, in un quartiere relativamente povero chiamato Corgate Estate, giovani scontenti vanno in giro senza uno scopo, chiacchierando negli angoli delle strade, a prima vista arrabbiati, potenzialmente pericolosi.

Mi avvicino a un gruppo e mi presento.
“Com’è la vita qui?”, chiedo in modo neutrale.

“Una merda”, mi dicono, sia in inglese che in francese: “Merde!”

“Perché?”, voglio sapere. Il complesso abitativo sembra alquanto decente: non certo ricco, ma pulito, con acqua corrente, elettricità, strade asfaltate e un centro medico ben fornito sulla strada principale. Sembra più un villaggio della bassa classe media della Malesia, piuttosto che uno di quei vicinati tragicamente poveri delle “stelle” del mercato libero, come Kenya, Uganda o Indonesia.

Vincent, un ragazzo di 23 anni, inizia subito a sputare insulti contro il governo:
“Vogliono farci lavorare con un stipendio ridicolo – 250 dollari al mese. Io lavoro part-time su una nave da pesca… È dura sopravvivere. Ho quattro bambini”
Dopo un po’, ammette che la sua famiglia riceve sussidi e che i suoi bambini frequenteranno gratuitamente la scuola pubblica. Sua moglie ha dato alla luce tutti i loro figli in una clinica pulita.
“Credo che ci siamo tutti abituati, nelle Seychelles…”, ammette Vincent.
Ma presto torna alla sua retorica precedente, sostenuto e acclamato dai suoi amici. Il discorso degenera presto in un’assurdità frammentaria:
“Vorremmo che il governo cambiasse… Dovrebbero darci di più, molto di più. Vogliamo che Michel si dimetta e che vada all’inferno. Lo odiamo a morte… Ha ucciso il suo stesso figlio …”

Poi arriva l’agghiacciante battuta finale:
“Abbiamo bisogno che vengano degli stranieri… Devono rovesciare il governo… Magari gli Stati Uniti, la Francia o l’Inghilterra…”

Mentre scendo la collina, vedo una vecchia signora fare il bucato. È corpulenta e bonaria.
“Madre”, le chiedo: “È davvero così brutto vivere qui?”

Mi sorride: “A te sembra brutto?”

“Mi sembra buono”, rispondo.

“Vedi”, mi dice mentre inizia e strofinare delle lenzuola su una grossa roccia. “Allora non deve essere così brutto dopo tutto, no?”

Per l’opposizione, tuttavia, le cose vanno male. E c’è un’opposizione, ci sono media indipendenti, anche in questo piccolo Paese. Il Seychelles Weekly, ad esempio, sta bombardando il governo con accuse acidissime. Il 13 settembre, il suo editoriale concludeva:
“Il colpo di stato ha portato ad un sistema statale monopartitico, durato fino ad oggi. Ci sono 25 collegi elettorali e 25 amministratori nominati su base politica per assicurare che il Paese continui ad essere gestito come uno Stato monopartitico. Finché questa struttura resterà in piedi, non ci sarà mai una vera democrazia nelle Seychelles”.

***

Anne Gabriel, responsabile sanitario presso il consiglio direttivo della comunità medica del Ministero della Salute, mi spiega il concetto del modello di assistenza medica primaria che è stato adottato nelle Seychelles nel 1978, dopo l’incontro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di Alma-Ata, in Kazakistan, allora parte dell’Unione Sovietica:

“Il concetto base era e rimane l’accesso ai servizi sanitari per tutta la popolazione. È ciò che potrebbe essere descritto come un concetto di sanità primaria… Anche le Mauritius lo hanno adottato, così come il Madagascar, ma lì non sono riusciti ad andare molto lontano. È stato implementato anche in Malesia, Zimbabwe e Sri Lanka…”

“Dopo l’indipendenza, le Seychelles hanno fatto progressi enormi”, spiega Sylvette Evenor, responsabile dei rapporti con la stampa del Ministero della Salute.

Scuote tristemente la testa, dopo averle raccontato della mia visita e la mia conversazione con i ragazzi del Corgate Estate:
“La gente si è abituata ad avere talmente tante cose gratis. Ora dobbiamo davvero insegnar loro ad apprezzare quello che hanno già. Sa… Vedo tante parti del mondo dove la gente non ha niente… Come l’Indonesia, o anche l’India, in tutta l’Africa. Lì, spesso non si rendono neanche conto di non avere niente… Qui, non si rendono conto di avere tanto, quasi tutto”.
Tira un sospiro. Sta per andare in pensione, è innamorata del suo Paese, ma spesso la intristisce quanto poco la gente capisca e apprezzi ciò che ha:
“In un certo modo, le Seychelles sono un Paese socialista democratico e avanzato. Ora abbiamo una popolazione istruita; dobbiamo fare in modo che non prendano le cose per scontate, che siano responsabili di ciò che possiedono. Non tutto può essere gratis… Molto può e dovrebbe esserlo, ma non tutto. La vita è troppo facile qui…”

***

La vita è troppo facile, troppo dolce: enormi spiagge pubbliche carezzano rigogliose sponde verdi, alte montagne toccano il cielo. Fiori e piante esotiche sono ovunque. Le persone sono gentili. Non c’è timore per le strade.

Molti cittadini si lamentano per i prezzi esorbitanti. Il turismo è ancora una delle entrate principali ed è l’edonismo ad attirare visitatori ricchi e famosi come i principi e le principesse di Gran Bretagna e Svezia. Vengono qui in luna di miele o per delle vacanze appartate. Ma l’edonismo fa salire i prezzi per tutti in questa nazione insulare relativamente piccola.

Alcune nuove costruzioni, come le ville costruite su terreni bonificati, valgono almeno 1,2 milioni di euro.
Nel 2008, l’economia delle Seychelles era nei guai e il governo si è rivolto al Fondo Monetario Internazionale- un errore enorme, secondo molti. Vero è che nel 2008 il debito pubblico delle Seychelles era al 175% del PIL. Ma combinare un programma socialista con i rimedi del FMI è stata una mossa decisamente radicale. Il FMI approvò la concessione di un pacchetto biennale di 26 milioni di dollari, ma richiese una ristrutturazione brutale. Nel gennaio 2009, il presidente Michel chiese ai creditori di cancellare la metà del debito estero dell’arcipelago, che ammontava a 800 milioni di dollari. A questo seguì un prestito della Banca Mondiale di 9 milioni di dollari.

La spesa pubblica fu ridotta drasticamente, fu concessa la fluttuazione della valuta e i prezzi si alzarono, in maniera astronomica. Decine di migliaia di cittadini sono diventati poveri dal giorno alla notte.
Non è di certo una società in cui la ricchezza è distribuita in modo equo. Ma il livello più basso è comunque più alto della media dei maggiori Paesi del Sud-est asiatico, del continente indiano o dell’Africa.
Inoltre, è anche relativamente “libero”, cioè non eccessivamente dipendente dalle principali potenze straniere, niente a che vedere con altre nazioni insulari come la Polinesia, la Melanesia, la Micronesia o i piccoli Paesi dei Caraibi.

Niente che si possa confrontare con le isole Marshall, dove gli Stati Uniti hanno convertito il più grande atollo del mondo – il Kwajalein – in qualche sorta di grottesco impianto di raccolta missili, lasciando che la popolazione a malapena sopravvivesse… Questo dopo aver condotto un esperimento nucleare sulla popolazione di un altro atollo, il Bikini.

Niente a che vedere con la Repubblica Dominicana, che potrebbe ancora essere definita come uno dei protettorati americani e che lotta per sopravvivere, vittima della corruzione e del malgoverno.
Ma alcuni segnali indicano che le Seychelles si stanno avvicinando al dubbio abbraccio degli attori politici globali.

Justice Burhan, che dà udienza ai casi di pirateria somala, si rifiuta di commentare se l’aver predisposto qui nelle Seychelles la corte per i pirati somali sia stata una decisione politica, architettata per portare questa nazione insulare più vicina alle potenze e agli interessi dell’Occidente. Si limita a commentare: “La legge qui è molto vasta… La giurisdizione copre le offese commesse fuori delle acque territoriali delle Seychelles”.
Le Seychelles soffrono anche di problemi di narcotici. Nelle isola si fa uso di droga e vengono usate come punto di transito per i trafficanti. La riposta del governo è stata creare la NDEA – Agenzia Nazionale Anti-droga, che non è veramente “nazionale” – per lo più è costituita da funzionari irlandesi.

***

“Cos’hanno di socialista le Seychelles?”, chiedo a Benjamine Rose, il principale responsabile culturale presso il Ministero del Turismo e della Cultura. Con lui c’è Peter Pierre-Louis, analista politico del Ministero.
Cos’è che, culturalmente, rende le Seychelles un Paese socialista?

Ci pensano un po’ su, poi rispondono, completandosi a vicenda:
“Ha a che fare con la storia e la formazione del nostro Paese. La Tanzania e il suo presidente, Julius Nyerere, sostenevano fortemente il primo presidente, che aveva combattuto per l’indipendenza dall’Inghilterra. L’idealismo socialista nasce lì. Questo Paese non possiede una popolazione indigena o nativa. Siamo tutti di razza mista: europei (francesi), asiatici (cinesi, indiani, giapponesi) e africani. Nessuno è superiore agli altri. Ne siamo orgogliosi e prosperiamo nella diversità. C’è un forte senso di egualitarismo. Non c’è neanche discriminazione tra i sessi. Possiamo considerarci “socialisti nell’anima” per il modo in cui viviamo e pensiamo. Siamo un popolo che condivide e sostiene gli altri nel quotidiano. Infine, ha aiutato anche l’aver gettato buone fondamenta e aver adottato il Servizio Civile Nazionale, ispirato a Cuba”.

Gli ho chiesto se credono nel socialismo e se le Seychelles sono un Paese socialista: hanno annuito.

“L’istruzione e l’assistenza sanitaria sono gratuite, esistono sussidi per il sistema di trasporti. Il governo si prende davvero cura della sua gente”.

E la cultura che ruolo gioca nello sviluppo sociale?

“Ha un ruolo significativo, ma effettivamente temiamo per la scomparsa della nostra cultura a causa dell’avanzare della tecnologia e del suo utilizzo, come i social network e la TV via-cavo. Abbiamo una ricca tradizione orale, oltre a danze e musica. È qualcosa che ci identifica come abitanti delle Seychelles, ma si sta erodendo ad una velocità allarmante”.

“La nostra politica linguistica gioca un ruolo importantissimo nello sviluppo sociale. Tutte e tre le lingue (francese, inglese e creolo) sono lingue nazionali e possiedono lo stesso status. Il creolo è la nostra lingua franca, ma si tende a lasciarla indietro vicino alle due lingue più potenti del mondo. Tuttavia, lo usiamo come lingua di insegnamento nei primi due anni di scuola; inoltre, ogni anno si tiene un festival creolo”.

***

Le Seychelles non sono un paradiso. I suoi salari non combaciano con i prezzi astronomici, secondo molti cittadini. L’ammontare dell’indennità giornaliera dei membri dello staff dell’ONU in visita è più o meno la stessa di quella prevista per Parigi o New York, ma le entrate non arrivano ai livelli delle città menzionate.
Ci sono altre problematiche gravi, come la vendita di terreni e pezzi di spiaggia pubblica a costruttori stranieri, così come le troppo comode relazioni con i governi dell’Occidente e del Commonwealth.
Tuttavia in generale, le Seychelles sono relativamente ricche, pulite e ben organizzate. Le auto si fermano per far passare i pedoni, i malati vengono curati, i bambini mandati a scuola e le città sono molto pulite. I poveri vengono nutriti ed accolti. Su 187 Paesi con caratteristiche simili, le Seychelles si piazzano al 46° posto per il loro Indice di sviluppo umano, nella fascia “sviluppo umano molto alto”, tra l’Argentina e la Croazia.

In soli due anni, è salita di 6 posizioni.
Eppure, quasi tutti gridano insoddisfatti.

Il governo se la cava meglio nel dare una casa e del cibo alla sua gente che nel promuoversi.

Marie-Reine Horeau, consigliere tecnico responsabile delle relazioni internazionali del Ministero dell’Istruzione, racconta come lo spirito socialista sia giunto alle Seychelles attraverso l’educazione:
“In passato, non avevamo scuole private. Abbiamo adottato molti importanti elementi del sistema scolastico cubano – il ‘Servizio Civile Nazionale’. Era un servizio di due anni obbligatorio per ragazzi e ragazzi di 15 e 16 anni, poi ridotto a un solo anno. L’obiettivo principale era di riunire tutti i ragazzi, a prescindere dal loro background e dal loro livello di ricchezza. Hanno dovuto imparare a prendersi cura di sé stessi… Avevamo anche degli istruttori per l’allenamento mattutino, provenienti da Tanzania e Corea del Nord”.

Sono seduto nell’ufficio della Horeau, mentre lei ricorda con calma i vecchi tempi in cui si è formato il Paese. La vista è meravigliosa, quella delle montagne dietro Victoria City. Ormai so che il Servizio Civile Nazionale è qualcosa che suscita nostalgia in quasi tutti gli insegnanti delle Seychelles.

“Come può immaginare, nessuno era felice di avere i propri figli lontani da casa per uno o due anni… Ma i risultati erano ottimi, perché i ragazzi imparavano come cavarsela da soli, come essere indipendenti. La disciplina allora era eccellente… Avevano l’abitudine di chiamarsi “compagni”. Esisteva un enorme rispetto reciproco e verso gli altri. Molti sono usciti dal servizio come ottimi cittadini e convinti patrioti”.

“E ora?”, chiedo.

All’inizio non sa bene come rispondere, poi alza le spalle: “È diverso… Ora ci sono le generazioni di face book e Twitter… tutti quei social network… cose come i ‘gossip corner’”.

***

Nelle Seychelles le scuole pubbliche, i centri sanitari, le eleganti istituzioni culturali e biblioteche socializzano con lussuriosi porticcioli privati e alberghi a 6 stelle.
C’è un po’ di confusione: concetti educativi cubani e assistenza medica di stile sovietico accanto a enormi e costosissimi catamarani e alberghi edonistici.
Per molti versi, è socialista, ma allo stesso tempo collabora a stretto contatto con l’Occidente su temi quali la Somalia e l’anti-droga.

Tuttavia, nelle Seychelles tutto si mescola in un unico collage colorato. Non è perfetto, ma funziona, in forma e in sostanza.

Andre Vltchek

Fonte: http://rt.com

Link: http://rt.com/op-edge/seychelles-welfare-state-pr-486/

28.09.2013

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Roberta Papaleo

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