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DI ISRAEL SHAMIR

veteransnewsnow.com

Fuoco e fiamme ai confini, nuove sanzioni, carri armati statunitensi: la Russia prende le cose con calma

Il Presidente Putin potrebbe adottare il motto di Guglielmo d’Orange: saevis tranquillus in undis, calma in mezzo alla tempesta. La tempesta è tutta intorno, i carri armati americani si sono trasferiti negli Stati Baltici. Le navi da guerra americane solcano il Mar Nero. Le sanzioni dell’Unione Europea contro la Russia sono state prorogate per altri sei mesi.

Sequestrati in Francia e in Belgio beni di proprietà russa. In Siria, Damasco è minacciata dai ribelli armati dagli Stati Uniti. La Grecia vorrebbe correre tra le braccia della Russia, ma probabilmente non ne avrà il coraggio. L’Armenia, un piccolo paese nascosto tra l’Iran e la Turchia, ha appena aderito all’Unione Eurasiatica degli Stati guidati dalla Russia, e già appaiono segni di disordine pubblico, che ricordano sinistramente quelli di Kiev del 2013.

L’ Ucraina è nel caos, continuano le ondate di profughi verso la Russia. Una nazione più debole sarebbe diventata isterica. Ma Putin e la Russia rimangono fermi. Vi racconterò una barzelletta del Missisippi. Un criminale di colore e un altro bianco vengono condotti al patibolo. Il nero appare calmo, il bianco invece piange. ‘Smettila di piagnucolare’ dice il nero. ‘E’ facile per quelli come te’ dice il bianco ‘ci avete fatto l’abitudine a queste cose’. Nella stessa maniera, la Russia è abituata da sempre a certi trattamenti, fin dai tempi della rivalità tra gli eredi di Roma e quelli di Costantinopoli. Oggi, il breve periodo di distensione è finito ed è di nuovo guerra fredda.

Sorpresa, sorpresa: la maggioranza dei russi preferirebbe l’ostilità con l’Occidente dei tempi di Breznev ai giorni dei caldi abbracci di Gorbaciov e Eltzin. Infatti, le cose sembrano migliorare con la guerra fredda e le sanzioni:

  • gli oziosi russi ricchi, privati dei piaceri lussuosi di Miami e della Costa Azzurra, prestano maggiore attenzione ai loro concittadini meno fortunati. Non rubano meno, ma spendono di più a livello locale;
  • a una signora piuttosto importante, Valentina Matvienko, portavoce del senato russo, è stato vietato di fare un viaggio in Europa o negli Stati Uniti, così è andata in vacanza in un villaggio russo. In poco tempo ha scoperto tutto quello che lì non andava e ha subito proposto gli stanziamenti di bilancio necessari per i miglioramenti. Che si vieti allora ogni altro paese del mondo! Hanno gridato tutti in coro.
  • I produttori caseari russi non potrebbero mai competere con quelli francesi o italiani nel mercato internazionale libero. Arrivano le sanzioni ed ecco che nel giro di soli sei mesi hanno quasi raddoppiato il volume di affari. I loro formaggi locali sono ora disponibili per tutti e in ogni punto vendita, mentre prima i grandi supermercati preferivano vendere i prodotti stranieri d’importazione.
  • L’esercito ha bisogno di attrezzature per difendere la patria e l’industria russa avanzata ora riceve più commesse dal Ministero della Difesa. Fabbriche e lavoratori licenziati o semi-pensionato hanno una nuova occasione, i clienti stranieri vengono messi in coda, il rublo si stabilizza, ai giovani viene dato un nuovo obiettivo, oltre a guardare la televisione e a lamentarsi. Torna un sentimento di orgoglio nazionale – dopo la prolungata umiliazione di non essere mai ascoltati e di essere presi per scontati in Yugoslavia, in Ucraina e altrove.
  • Le infrastrutture vengono ammodernate. Mosca si regala altre cento miglia di piste ciclabili e la cura dei propri parchi. La capitale appare più linda e pulita, nonostante i danni causati dalle piogge violente.
  • Ora si capisce perché ai Russi le sanzioni fanno comodo. Il popolo appoggia notevolmente il suo governo e il suo presidente, che oggi registra un indice di gradimento popolare senza precedenti dell’89%.
  • Non è che i Russi vogliono la guerra, ma sono stufi di vedere il proprio paese messo con le spalle al muro.
  • Non vogliono affermare un proprio impero, vogliono solo essere ascoltati e rispettati. E vogliono che il loro governo faccia pagare agli attuali avversari – un tempo alleati – ogni azione anti-russa compiuta finora.

Tra le più importanti misure di ritorsione del governo russo, c’è la piena cessazione degli accordi di trasferimento delle truppe Nato che occupano l’Afghanistan. Il Presidente Putin, nel suo primo mandato del 2001, era un entusiasta sostenitore degli Stati Uniti; così, dopo l’invasione americana dell’Afghanistan, ha offerto l’assistenza russa per il trasferimento di attrezzature da e verso quel paese.

Ora, quasi 15 anni dopo, questa scorciatoia per Kabul è stata chiusa; gli americani devono trasferire le loro armi pesanti attraverso gli impervi passi di montagna del Pakistan, dove sono attaccati puntualmente da guerriglieri dalla lunga tradizione di combattimenti e di invasioni, da Alessandro Magno ai giorni di Breznev. Ai Russi è molto piaciuta la decisone “occhio-per-occhio” di vietare a decine di politici occidentali di entrare in Russia, come risposta al divieto occidentale ai politici russi di entrare in Europa.

La Russia non sarà la destinazione turistica più popolare del mondo, ma, sorprendentemente, questo divieto ha creato molto malcontento. L’idea stessa di una risposta attiva russa ha colto di sorpresa gli Europei: non avevano mai pensato che i Russi avessero mezzi e coraggio da vendere. Gli starnazzamenti di alcuni personaggi pubblici occidentali per questo divieto è stata musica per le orecchie russe. Per quanto riguarda la crisi in Ucraina, ci sono molti che sognano di carri armati russi che entrano a Kiev e ripristinano la pace civile nella travagliata Ucraina, ma questo sogno resterà irrealizzato finché Putin riterrà che ci siano altri modi pacifici per risolvere il problema. Ancora una volta, la tendenza russa a restare in pace e a evitare la guerra ha lasciato il posto ad un atteggiamento più vigoroso, come necessità forzata – ma inevitabile – della vita. Il tipico mantra russo intorpidito del “tutto è meglio della guerra” è stato definitivamente abbandonato.

Il 9 maggio scorso, le celebrazioni del 70° V-Day sono state più sontuose che mai prima d’ora nella memoria della gente russa, e hanno dato ai cittadini la possibilità di vedere con i loro occhi i loro nuovi ‘giocattoli’ bellici. Quest’anno, i russi hanno voluto sottolineare le loro vittorie: non più vittimismo, sofferenza e perdite. La vittoria è stata percepita come una vittoria russa sull’Europa, non solo sulla Germania; quasi tutte le nazioni europee (Francia, Spagna, Italia, Ungheria, Bulgaria, ecc.) hanno combattuto dalla parte di Hitler contro la Russia. Questo è vero. Ma questa verità finora è stata raramente menzionata. Svanito il sogno europeo, la Russia si è dotata di nuove politiche indipendenti a proprio vantaggio, facendo risaltare agli occhi del mondo quanto siano dipendenti da Washington i paesi Europei, proprio come lo sono stati i loro predecessori anni fa con Berlino…

Lentamente, piano piano, il gigante russo si è ricordato degli anni della sua giovinezza, delle battaglie sul fiume Volga e del sacco di Berlino. Questi ricordi lo hanno fatto ridere di fronte alle minacce di Frau Merkel e di Obama. Subito dopo la sfilata militare del 9 maggio, milioni di civili hanno marciato per le strade delle città russe con in mano le foto dei propri padri e nonni soldati durante la Guerra. Questa cosa era davvero inaspettata: né io, né altri osservatori e giornalisti, stranieri o nazionali, avremmo potuto prevedere un evento di tale portata. La città di Mosca si aspettava circa diecimila partecipanti; invece sono stati cinquanta volte di più; più di mezzo milione di persone hanno marciato nella sola città di Mosca, dodici milioni in tutta la Russia. Questo atto di solidarietà senza precedenti per la Russia ha fatto tremare l’intera società. Molti manifestanti hanno portato la foto del leader dei tempi della guerra vittoriosa – Joseph Stalin. Ben lungi dall’essere generalmente amato, Stalin, ma se si cita il suo nome e dei cuori s’infiammano di orgoglio e di rabbia, non può essere stato una figura del tutto negativa. C’è gente che chiede il ritorno al nome di Stalingrado, luogo della grande battaglia vittoriosa, poi ribattezzato da Krusciov. Putin non sembra molto a favore di questo passo; non lo è ancora, forse…

La presenza torreggiante del presidente cinese Xi alle celebrazioni del 9 maggio, indicava chiaramente un riallineamento storico con la Cina: un cambiamento epocale nella politica della Russia. I suoi rapporti con la Cina diventano sempre più forti ogni giorno che passa. E’ un nuovo atteggiamento: prima, russi e cinesi erano sospettosi l’uno dell’altro, anche dopo aver superato da un pezzo le ostilità degli ultimi tempi. I liberali pro-occidente di Mosca avevano snobbato i cinesi e appoggiato un’offensiva americana contro la Cina. Ma oggi quel sogno (o incubo) si è infranto. Non siamo ancora tornati agli anni ’50, quando Mao e Stalin hanno stretto la loro alleanza, ma ci stiamo tornando. Circa ottocento anni fa la Russia si trovò in una situazione simile, un momento di grande difficoltà con l’Occidente. Il Papa benedisse una crociata contro di loro, intimandoli ad accettare l’egemonia occidentale e rinunciare al loro cristianesimo bizantino. Poi, il principe Alexander preferì accettare il patrocinio mongolo dei successori di Gengis Khan piuttosto che sottomettersi ai diktat occidentali. La sua scommessa funzionò: la Russia mantenne le sue posizioni e il coraggioso principe fu santificato dalla chiesa con il nome di San Alexander Nevsky.

I russi ancora ritengono che affidarsi ad alleati orientali è sempre meno pericoloso per l’integrità dell’anima russa che ottemperare alle richieste occidentali. E’ possibile che Putin, nativo di San Pietroburgo, un uomo che mantiene i suoi contatti europei e parla correntemente quattro lingue (nessuna di loro è il cinese) seguirà le orme di San Alessandro Nevsky e riallineerà la Russia ad est? Sarebbe un’enorme perdita per l’Occidente, il Vecchio Continente diventerà a quel punto una colonia americana a tutti gli effetti. San Pietroburgo, l’ultima città dove visse San Alessandro, è sicuramente una città dal volto europeo, rivolta più a ovest che a est rispetto a Mosca. E’ stupenda nel mese di giugno, il mese delle notti bianche, quando ci si crogiola alla luce del sole – fredda e lucida di giorno e soffusa e lattiginosa di notte, mentre i cespugli di lillà sono in fiore e la città si rispecchia in tutto il suo splendore nei canali e nei fiumi che attraversano la Capitale del Nord della Russia. Le vecchie glorie imperiali riposano ancora lungo le rive della Neva. E’ stata il cuore dell’impero russo finché Lenin spostò la sede del governo nella vecchia capitale, Mosca. Ecco perché, nel corso degli anni sovietici, Pietroburgo (o Leningrado, come si chiamava allora) non è stata molto intaccata dai programmi di edilizia popolare a basso costo che hanno deturpato Mosca.

Lo storico britannico Arnold Toynbee (quasi dimenticato, a causa della sua posizione anti-sionista) ha detto che la mossa di Mosca ”incarnava la reazione dell’anima russa alla civiltà occidentale”. La presidenza di Putin, diceva, incarna uno spostamento europeista dell’anima russa. Ma l’attuale ‘tradimento’ (come lo considerano alcuni russi) europeo potrebbe indurre Putin a separarsi dall’Europa? L’ho visto al recente Forum economico internazionale di San Pietroburgo. Si è comportato molto bene: è stato calmo, ha mantenuto per tutto il tempo la sua faccia da poker, ha risposto a ogni domanda con sincerità, non è mai apparso irritato o visibilmente infastidito. E ha affrontato con tranquillità il tema del sequestro dei beni di proprietà russi.

La sua gente forse preferirebbe vederlo battere i pugni sul tavolo o sequestrare beni e proprietà francesi o belga. Invece, ha promesso di affrontare il problema per le vie giudiziarie, attraverso le corti europee. E’ stato a San Pietroburgo dopo una tappa di successo a Baku, capitale dell’Azerbaijan, ricco di petrolio, dove il campionato Europeo ha fornito un’occasione per incontrare e parlare a lungo con il Presidente Turco e Azero. Non si è fatto vedere nessun leader europeo, ma la cosa non è troppo dispiaciuta a questi tre governanti orientali: si sono fatti un’ottima compagnia. Riassumendo, quindi: il Presidente Putin parla con voce pacata, se ha in mano un bastone, non lo solleva o brandisce minacciosamente, non si mostra colpito o in lacrime quando subisce un colpo basso occidentale. Sembra invece che stia lavorando intensamente per trovare delle soluzioni alternative, ma vuole rinviare le decisioni più dolorose più a lungo possibile. Alla fine sarà costretto ad una alleanza strategica con la Cina, che minerà definitivamente quello che resta dell’indipendenza europea. Tuttavia, le cose non sono bianco o nero.

La Russia è interconnessa con l’Occidente in molti modi inaspettati. Il nemico più implacabile della Russia è l’ex ministro degli esteri svedese Carl Bildt. A sua moglie è stato vietato di visitare la Russia. Allo stesso tempo, Bildt è stato nominato consulente di una compagnia petrolifera russa, di proprietà del secondo più ricco oligarca russo, Michael Friedman. Friedman, uno dei sette oligarchi originari dei giorni di Eltsin, ha iniziato la sua carriera come bagarino. Ha speso generosamente per la sua educazione ebraica. La sua Alfa Bank ha tentato di fermare la produzione del nuovo carro armato russo Armata, mandando in bancarotta la fabbrica che lo produceva. Friedman è amichevole con Putin, forse per l’immagine che ha di lui di spietato dittatore nemico giurato degli oligarchi ebrei. Del resto la Russia resta anche liberale, e i liberali russi scimmiottano i liberali americani, mutatis mutandis. Trattano Putin come le loro controparti americane trattavano Bush II, anche se, cambiando vocabolario, pensereste più a un Kim Jong Il.

I giornali sono liberi di criticare Putin e lo fanno ad ogni occasione. I registi teatrali non mancano mai di inserire filippiche anti-Putin nei monologhi degli spettacoli classici pieni di attacchi alla chiesa. Il cinema mostra la povertà e gli abusi del governo, come fa Jim Jarmusch. Ma la gente comune ama Putin, come Bush II era popolare negli stati rossi. E lo amerebbero ancora di più se rendesse all’America un doppio pan per focaccia; ma lui, per ora, preferisce la tattica della rappresaglia a gettone…

Israel Shamir – [email protected]

Fonte: www.veteransnewsnow.com

Link: http://www.veteransnewsnow.com/2015/06/29/519461russia-tit-for-tat-israel-shamir/

2.07.2015

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63

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