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FONTE: FREEANIMALS (BLOG)

Forse sull’esempio dei cinque attivisti olandesi che in pieno giorno sono entrati in un allevamento di cani beagles per la vivisezione, si sono fatti fotografare, hanno portato al sicuro i cagnetti e poi si sono consegnati alle forze dell’ordine, a Milano sabato 20 aprile cinque attivisti del coordinamento “Fermare Green Hill” sono saliti al quarto piano della facoltà di farmacologia e si sono barricati all’interno dello stabulario.
Le loro intenzioni erano quelle di rimanervi ad oltranza,
senza sapere come sarebbero andate le cose, ma alla fine la loro occupazione è
durata dieci ore.

Nel frattempo, all’esterno dell’università si era formata
spontaneamente, grazie al tam tam del web, una folla di simpatizzanti, cosa che
deve aver influenzato le decisioni della direttrice del centro di ricerca,
nonché la linea morbida dei poliziotti sopraggiunti, che si sono limitati ad
identificare gl’intrusi. 

L’evento ha dell’incredibile soprattutto perché la
direttrice ha promesso che tutti gli animali presenti saranno consegnati agli
animalisti, e non solo il centinaio di topi e i 17 conigli che i cinque
attivisti avevano già messo negli scatoloni per portarli con sé.

A Bologna anni fa mi capitò quasi la stessa cosa: entrato
una domenica mattina, con altre persone, nel macello comunale, ne uscii con un
montone che era sopravvissuto alla strage di Pasqua e, sebbene poco fuori dal
cancello qualcuno mi strappasse il cappotto per cercare di fermarmi, con me che
correvo tenendo in braccio il grosso agnello, nessuno venne a cercarmi nei
giorni seguenti e nessuno di noi ricevette avvisi di garanzia. Anche il
conducente della macchina su cui avevo caricato la pecora non fu raggiunto
dalla polizia che si era messa ad inseguirlo. Evidentemente, gli animali, da macello
o da vivisezione, hanno talmente poco valore per i loro aguzzini che non vale
la pena darsi da fare per recuperarli.

Tuttavia, a me sembra strano che un medico a capo di un
dipartimento di farmacologia possa prendere questa decisione senza il consenso
dei suoi colleghi e dei ricercatori impegnati negli esperimenti, a meno che non
l’abbia fatto sotto la pressione di un centinaio di manifestanti ostili e
rumorosi, che magari gridavano slogan fuori dalla struttura.
Non sarebbe la prima volta che i vivisettori cedono
gratuitamente ratti e topi agli animalisti, in particolare a Massimo Tettamanti che ha spesso contatti con i ricercatori, anche perché i
roditori sono così prolifici che si sta poco a ricostituire il quantitativo di
cavie necessarie.

Anche se eravamo a conoscenza dei metodi di lotta
nonviolenta, in cui è previsto che le azioni vengano fatte alla luce del sole
assumendosi le proprie responsabilità, ai miei tempi eravamo soliti entrare di
notte nei laboratori, scassinando porte e finestre. Ci firmavamo A.L.F. come
facevano i nostri colleghi in Gran Bretagna e in altri paesi anglofoni.

Nonostante la concitazione inevitabile dell’agire al buio,
del timore d’essere scoperti e con solo qualche torcia da speleologi sistemata
sulla fronte, riuscivamo a portar via in sacchi di juta e scatoloni molti
animali, alcuni dei quali morivano in breve tempo per le ferite riportate in
laboratorio o per la nostra imperizia, mentre altri si riproducevano
tranquillamente nelle gabbie per essi predisposte, fino alla loro successiva finale sistemazione.

Avevo preso una stalla in affitto, per questo. Siccome il
contadino che me l’affittò ora è morto, vale il principio Mors omnia solvit, oltre al fatto che i nostri reati sono
caduti in prescrizione, dato che io sto parlando degli anni ’90.

Nei forum di discussione sul web in merito alle liberazioni
di cavie, fatte alla luce del sole o a quella della luna, c’è sempre qualcuno
che rimprovera gli attivisti di oscurantismo, cioè di voler far fare un salto
indietro alla ricerca di cure per le malattie.

Si tratta ovviamente di un ragionamento specista, ben
radicato nella mente di studenti di medicina ma anche di gente qualunque e
l’unica risposta che si può dare a queste persone è il piombo delle pallottole.

Lo dico con cognizione di causa e dopo aver conosciuto
simili ottusi individui da almeno una quarantina d’anni: tutti fatti con lo
stampino e scontati nelle loro insulse obiezioni.

Io non starò a ripetermi all’infinito, perché con gli
stupidi stare a discutere è tempo perso, ma posso qui spiegare ai miei
affezionati lettori che la tortura inflitta agli animali nel chiuso dei
laboratori va abolita per due grandi, principali motivi. Due scuole di pensiero
entrambe valide.
Primo, per motivi etici, in quanto un essere umano non può
piegare la propria umanità alle motivazioni del profitto economico e, secondo,
per motivi scientifici, in quanto i risultati ottenuti dalla tortura di piccoli
mammiferi non sono predittivi per l’organismo umano.
Intanto va notato che gli esperimenti vengono fatti al
chiuso, a differenza di Galeno che li faceva all’aperto, e ciò non per
questioni di praticità e di asetticità ambientale,  ma per il fatto che se i vivisettori si permettessero di
torturare cavie in luoghi aperti al pubblico, verrebbero fatti a pezzi dalla
folla. Da me di sicuro, se capitassi da quelle parti in quel momento.

I sadici che nel Meridione d’Italia impiccano cani e gatti
agli alberi, lo fanno stando ben attenti a non farsi vedere. I vivisettori lo
fanno stando ben attenti a non farsi vedere da personale estraneo al
laboratorio, ma siccome in entrambi i casi oltre ad essere sadici sono anche
vanesi, si fanno le foto tra loro come i militari di Abu Graib e le mettono in
rete, così che anche noi possiamo vedere le loro efferate prodezze.

I ricercatori sono talmente avulsi dalla realtà, come i
nostri politici di Montecitorio, che pensano che tutto il mondo stia dalla loro
parte e quando qualcuno solleva obiezioni al loro esecrando operato sono capaci
anche di offendersi. Se poi qualcuno non si limita a sollevare obiezioni, ma
gli saccheggia il laboratorio come ho fatto io molte volte, si mettono a
gridare allo scandalo levando alti lai.

Si comportano come i cacciatori che, leggendo solo le loro
riviste e frequentando solo i loro circoli, pensano di essere al centro del
mondo e non hanno orecchi per tutti gli altri.

Nel caso della caccia, la maggior parte degli italiani è
contraria e la pervicacia dei cacciatori è palese, ma nel caso della
vivisezione non sappiamo se la maggior parte della gente è contraria perché le
campagne propagandistiche delle industrie farmaceutiche, attuate da decenni con
la collaborazione di tutti i mass-media, hanno prodotto l’ottimo risultato –
per loro – di ottenere un esercito di minus habens ignoranti e cattivi, oltre che
ingannati. Tra caccia e vivisezione, quindi, è solo un problema di percentuali,
ma qualcosa sembra stia cambiando.

Nei laboratori vengono usati principalmente roditori, per la
loro prolificità, anche se in molti centri di tortura si usano i maiali,
riconosciuti come molto simili all’uomo. In caso di lauti finanziamenti da
parte di Stato e privati, si usano le scimmie, sempre con il pretesto di usare
organismi il più possibile simili alla fisiologia umana. A questo punto,
potrebbero superare la barriera e servirsi direttamente di esseri umani, come
descritto nella migliore letteratura horror.
E infatti, senza troppo clamore, lo fanno, per lo meno nei
casi di cui si è venuti a conoscenza: detenuti a cui vengono offerti sconti di
pena se provano certi medicinali; orfani, anziani e malati di mente a cui gli
psichiatri somministrano medicinali che non hanno finito la trafila della
sperimentazione; popolazioni del terzo mondo a cui si fanno provare vaccini e
altre diavolerie a loro insaputa.

Qualsiasi persona può diventare cavia dei vivisettori, anche
i loro stessi connazionali, specie se si tratta di sperimentazioni militari,
ché tanto abbiamo visto con le torri gemelle quanto rispetto le istituzioni
abbiano nei confronti dei loro concittadini.

L’antropocentrismo di matrice religiosa offre la base culturale
allo svolgersi di manipolazioni cruente in cui gli animali abbiano la parte di
oggetti, mentre i ricercatori quella di soggetti. Siccome nella mente delirante
dei vivisettori, che, come già accennato, perdono il senso della realtà
entrando in un mondo tutto loro, la barriera psicologica del rispetto della
vita umana è fragile, abbiamo avuto casi come il dottor Mengele che è passato
dallo sperimentare su cavie animali allo sperimentare su cavie umane, perché le
autorità naziste glielo consentivano. Poiché ufficialmente le autorità attuali,
in queste democrazie che sono in realtà dittature occulte, non permettono la
vivisezione su esseri umani, ecco che i ricercatori devono fare le cose di
nascosto, nel momento in cui intravedono la possibilità di farla franca.

Se si tratta di strutture militari la faccenda è ancora più
facile perché per esempio, con la scusa della sicurezza nazionale, negli USA
sono state abolite molte garanzie per il cittadino e con la scusa della ricerca
di nuove e più efficaci armi, si può soprassedere anche alla salubrità
dell’ambiente e alla sicurezza della popolazione civile, come il caso del MUOS
di Niscemi la cui costruzione va avanti nonostante il parere contrario
del sindaco. Per non parlare di ciò che sta succedendo a Quirra, in
Sardegna.

Insomma, il profitto, fatto passare per progresso della
scienza, porta migliaia di servitori delle multinazionali farmaceutiche a
tormentare milioni di esseri indifesi, con la complicità della classe politica,
già corrotta di suo, e tra l’indifferenza della massa di beoti che si lasciano
prendere in giro.
Ora, nei confronti di questi ultimi, che sono tutt’attorno a
noi e che incontriamo al

supermercato, negli uffici postali e a spasso per la
strada, non so se devo provare più pena o rabbia, giacché se fossero solo
ignoranti e ingannati li potrei anche perdonare, ma siccome molti di loro si
piccano di controbattere alle nostre giuste rivendicazioni, accampando i soliti
discorsi triti e ritriti, basati sul più becero specismo, vorrei prenderli per il
bavero e sbattergli il muso nel sangue che esce dalle ferite delle cavie,
mettergli le graffette negli occhi come nel film “Arancia meccanica” e
costringerli a guardare le scene di tortura nei laboratori.
Tortura fatta per il “bene dell’umanità”, affinché i
pazienti possano ingozzarsi di medicine le quali, se anche non li faranno
guarire, di sicuro faranno arricchire i criminali che le hanno messe sul
mercato.

Cornuti e mazziati, come dicono in Meridione.

I cinque attivisti che sono entrati nel Dipartimento di
farmacologia a Milano rappresentano la punta più avanzata di un movimento di
ribellione contro l’inganno globale. Rappresentano la speranza che le cose
possano cambiare, che gli stupidi possano essere messi nelle condizioni di non
nuocere e che gli uomini possano guadagnarsi il titolo di umani.

“Restiamo umani”, diceva Vittorio Arrigoni.

Diventiamo umani, dico io, perché ancora non lo siamo.

Fonte: http://freeanimals-freeanimals.blogspot.it
Link: http://freeanimals-freeanimals.blogspot.it/2013/04/qualcosa-si-muove.html
22.04.2013

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