PERCH SIAMO TUTTI COS FOTTUTAMENTE STUPIDI ?

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Shintaro Kago

DI DMITRY ORLOV

cluborlov.blogspot.it

[Compito a casa: leggere questo articolo e applicare i concetti espressi alle politiche dell’amministrazione Obama su Ucraina e la Siria…. ma non solo].

Si è fatto di nuovo giorno in America …. E se invece fosse un’altra bolla dell’economia americana che sta per scoppiare (di nuovo), questa volta forse trascinandoci in un crollo in piena regola, di quelli che si fanno in cinque tappe, con accompagnamento sinfonico e fuochi d’artificio?

Un paese che cerca di gonfiarsi da solo è uno spettacolo da non perdere, e ci mette in condizione di interrogarci su un sacco di cose.

Ad esempio, ci viene da chiedere se coloro che stanno provocando questa esclusione saranno considerati dei criminali. (Certo, possono esserlo per modo di dire, come un giudizio morale che arriva all’orecchio dei potenti dalla voce di chi potente non è, ma dal momento che nessuno di loro rischia davvero di vedere l’interno della cella di una prigione e nemmeno un tribunale né ora né mai, questa considerazione è … del tutto irrilevante. Cerchiamo piuttosto di essere sicuri che daremo loro la caccia, una volta che cercheranno di scappare e di nascondersi) ma per restare ad un livello più basso e con i piedi per terra c’è una domanda migliore che dobbiamo farci:

Perché siamo tutti così fottutamente stupidi?

Cosa intendo quando uso il termine “fottutamente stupido”? Non voglio che qualcuno prenda questo termine come offensivo, ma solo come espressione di una diagnosi precisa, anche se poco lusinghiera. Ecco prendiamola come una buona definizione, come se fosse una citazione tratta dall’ Elogio Americano di Jim Quinn:

Se tu avessi detto a qualcuno il 10 settembre 2001, che dieci anni dopo l’America avrebbe avuto un deficit di 1.500 miliardi di dollari l’anno, che avrebbe scelto di combattere due guerre in paesi dove la gente del posto maledice la presenza degli americani, che l’America non sarebbe stata in grado di trovare i 100 [miliardi] di dollari per il buco del welfare – per il quale già non c’era abbastanza copertura – ma che anzi avrebbe aggiunto altri miliardi di spesa per il Medicare D e per l’Obamacare …. Quel qualcuno, il 10 settembre 2001, avrebbe pensato che tu fossi uno di quei pazzi furiosi che vanno in giro a predicare la fine del mondo. Poi ti avrebbero buttato in una cella di sicurezza, se avessi continuato a predire che i politici avrebbero abbassato le tasse per tre volte, ma solo per qualcuno, che le banche di Wall Street avrebbero gonfiato i loro bilanci di quaranta volte e che, dopo aver distrutto il sistema finanziario, si sarebbero viste arrivare 2.000 (due-mila) miliardi di dollari presi dai fondi dei contribuenti, e con questi 2000 miliardi avrebbero cominciato a pagarsi dei bonus-multi-milionari, e che la Federal Reserve avrebbe triplicato il suo bilancio di 2.450 miliardi di dollari, mettendo al lavoro le sue macchine da stampa a una iper-velocità per riuscire a consegnare tutto il denaro promesso alle Mega-Banks di Wall Street.

Bene, ora siamo alla prova dei fatti, e quel pazzo furioso nella sua cella di sicurezza con le pareti imbottite si è rivelato essere un uomo incredibilmente lungimirante, quindi forse, oggi, dovremmo dargli retta. E adesso quindi, che cosa avrebbe da dire quel pazzo furioso? Mi permetto di indovinare che potrebbe dire qualcosa che suona pressappoco così:

Non c’è nessuna ragione di pensare che dobbiamo permettere a coloro che finora non sono stati capaci di prendere le dovute azioni correttive, ma che comunque sono rimasti attaccati alle loro poltrone di comando, debbano continuare a comportarsi nello stesso identico modo. Dovrebbe essere assolutamente ovvio che questa situazione non potrà continuare all’infinito. E, per una questione di principio generale, le cose non possono continuare a non cambiare.

Torniamo alla domanda sulla stupidità: Perché siamo (come paese) tutti così fottutamente stupidi? Questa domanda mi ha lasciato perplesso per un certo periodo. Sembra che il problema della stupidità sia abbastanza diffuso: basta guardare qualsiasi grande organizzazione umana, e ci si può accorgere che è governata dalla stupidità. Non sono stato il primo ad inciampare nella congettura che l’intelligenza di un gruppo di persone gerarchicamente organizzate sia inversamente proporzionale alla sua dimensione, ma quale sia il meccanismo per cui funziona in questo modo, finora francamente mi era sfuggito. E’ evidente che c’è qualcosa che non funziona con i gruppi che hanno una organizzazione gerarchica, esiste qualcosa che alla fine li porta tutti al collasso, ma di che cosa si tratta esattamente? Per cercare di dare una risposta a questa domanda, l’anno scorso ho passato un bel pò di tempo a fare ricerche sull’anarchia, e ho scritto una serie di articoli (Part I, Part II, Part III) su questo argomento. Ho scoperto che le organizzazioni con una gerarchia molto articolata non esistono in natura, dove nasce spontaneamente solo una struttura anarchica e dove si tende ad organizzarsi direttamente, senza essere legati a catene di comando e senza un comando supremo. Ho scoperto che le organizzazioni anarchiche possono andare avanti per sempre, mentre quelle gerarchiche inevitabilmente finiscono per crollare. Ho esaminato alcune delle più recenti scoperte sulla teoria della complessità, che hanno rivelato le leggi che regolano i diversi fattori di scala nei sistemi naturali (anarchici organizzati, efficienti, stabili) e innaturali (gerarchici, inefficienti, inclini al collasso).
Ma da nessuna parte ho trovato un principio o una spiegazione rigorosa che spieghi il difetto fatale che deve essere insito nella natura stessa dei sistemi gerarchici. Ho avuto un forte sospetto, però, sostenuto da molte prove aneddotiche, che si tratti solo di stupidità. Nelle società anarchiche dove i membri collaborano liberamente, l’intelligenza è una risorsa – è qualcosa in più – mentre nelle organizzazioni gerarchiche strutturate attorno a una catena di comando, l’intelligenza è un problema – è qualcosa che ostacola – : soldati o peones del rango più basso devono eseguire gli ordini senza discutere. Le loro facoltà critiche sono compromesse al 100% (sono un fastidio) e, se non si conformano agli ordini ricevuti, vengono sottoposti ad azione disciplinare. Anche il capo assoluto – il CEO, o altro – può essere di intelligenza piuttosto modesta, dal momento che questo requisito contraddistingue il carattere di chi desidera a tutti i costi arrivare ad occupare un certo posto, passando sopra a qualsiasi altra cosa. (Kurt Vonnegut esprime meglio questo concetto: “Solo delle teste d’uovo possono voler diventare presidente“). Ma oltre a questo, il leader supremo deve agire in modo tale da mantenere i soldati e i peones in linea, cosa che comporta ulteriori perdite intellettuali, che si aggravano di volta in volta in tutti i ranghi intermedi ed ogni anello della catena di comando contribuisce con un pò della propria stupidità ad ingrossare lo spessore della stupidità dell’organizzazione.
Non sono mai arrivato a sedere tra le fila del middle management, probabilmente per la mia tendenza a parlare alle riunioni e buttare là termini come “assurdo”, “idiota”, “senza cervello”, “autolesionista” e “fottutamente stupido.” Se i miei superiori avessero provato a zittirmi, io probabilmente sarei ricorso a dei giochi di parole, che sarebbero stati divertenti, ma ancora più difficili da ignorare. Non sono in grado di reprimere facilmente né le mie facoltà critiche, né il mio senso dell’umorismo. Sono stato relegato a seguire un sacco di progetti speciali, nei quali il vantaggio di essere in grado di pensare in modo indipendente non era considerato negativo e non era necessario dover eseguire degli (stupidi) ordini. Per me gerarchia = stupidità è un assioma visibile e palpabile. Ma per molto tempo non ho avuto modo di spiegarlo bene e, anche se ci credo fermamente, finora non avevo potuto far altro che parlarne in senso generale esemplificandolo con degli aneddoti.
E quindi sono stato veramente felice quando di recente mi sono imbattuto in un articolo che diceva qualcosa in più della mia semplice “analisi-a-lume di-naso” e rispondeva a questa domanda con una certa precisione. Mats Alvesson e André Spicer, sul Journal of Management Studies (49: November 7 2012) presentarono “Una teoria basata sulla Stupidità delle Organizzazioni”, in cui si definiva un termine chiave: la stupidità funzionale.
La stupidità è funzionale in quanto è necessaria per le organizzazioni con una pesante struttura gerarchica per evitare che la stessa struttura si disintegri o, quanto meno, possa funzionare senza che si produca un grande attrito al suo interno. E’ una cosa stupida in quanto si tratta di una forma di spreco di valore intellettuale: “La Stupidità funzionale significa mancanza di riflessione, rifiuto di usare le proprie capacità intellettuali se non in modo miope, e evitare di cercare scuse per questo spreco”.
Alvesson e Spicer hanno definito le varie “… forme di gestione della stupidità che reprimono o emarginano qualsiasi dubbio e bloccano il flusso comunicativo” e hanno presentato uno schema di flussi informativi, strumentali a generare e a mantenere sufficienti livelli di stupidità all’interno delle organizzazioni.
Quello che segue è la mia sintesi della loro teoria. Prima di iniziare però, vorrei ricordare che, sebbene l’analisi degli autori si limiti a persone giuridiche, credo che la stessa analisi possa essere estesa ad altri sistemi burocratici con una organizzazione gerarchica complessa, come – ad esempio – i governi.
Alvesson e Spicer hanno usato come loro punto di partenza il principale filo conduttore della teoria di management contemporaneo, che è quella “Acutezza” – variamente definita come ” conoscenza, informazione, competenza, saggezza, risorse, capacità, talento, e addestramento” – che è emersa come principale asset aziendale e chiave per la competitività a per il cambiamento – visto che il cambiamento è ritenuto inevitabile per le economie industriali che si stiano trasformando, spostando il concetto di ricchezza dalle risorse interne alla conoscenza -. Tra l’altro, questo è un presupposto discutibile: Avete idea di quanti milioni di tonnellate di idrocarburi siano servite per creare lo smartphone? Ma questo filo conduttore è pervasivo, ed esemplificato da guru del management che ci scherzano sopra “la creatività crea una propria prerogativa.” Gli autori sottolineano che esiste anche una vasta gamma di ricerche sulla irrazionalità delle organizzazioni e sui limiti dell’intelligenza organizzativa, che derivano da “elementi-inconsapevoli, da pensatoi-di-gruppo e da una rigida osservanza di quello che può essere solo un pio desiderio dettato dai capi. “Non mancano nemmeno ricerche sull’ignoranza organizzativa che esplorano i meccanismi che la provocano, sulla “razionalità limitata”, su una incompetenza qualificata, su decisioni ininfluenti ( a c…o di cane), sulla stoltezza, sull’inconsapevolezza, e sulla negazione dell’ignoranza.
“Ma non stanno arrivando a niente di qualitativamente diverso dalla stupidità, per quello che realmente è. La stupidità funzionale non è né delirante, né irrazionale, né ignorante: le organizzazioni limitano la scaltrezza e l’intelligenza in modo razionale e consapevole, in modo da tutelare gli espliciti interessi dell’organizzazione.
E’, se si vuole, una sorta di “stupidità illuminata“:
La stupidità funzionale si verifica quando una impresa basa la propria organizzazione su una voluta mancanza di riflessività, di ragionamento sostanziale e di giustificazioni per tali comportamenti. Prevede il rifiuto dell’uso di risorse intellettuali facilmente reperibili, però al di fuori di uno spazio delimitato e “sicuro”, in modo che l’organizzazione viva in quel senso di certezza che consente un funzionamento senza intoppi, evitando che dubbi e riflessioni possano provocare frizioni tra i suoi membri. La stupidità funzionale contribuisce anche a mantenere e a rafforzare l’ordine organizzativo e può motivare le persone, permettendo di lavorare per la propria carriera, subordinando le convinzioni a forme aziendalmente più vantaggiose e più tollerate di gestione e di leadership. Per questo il raggiungimento dei risultati desiderati, può solo che rafforzare ulteriormente la stupidità funzionale.
I termini in neretto sono importanti, quindi cercheremo di definirli uno ad uno:

Riflessività si riferisce alla capacità e alla volontà di mettere in discussione regole, procedure e norme, piuttosto che eseguirle senza discutere. Il comportamento dell’impresa in cui lavoriamo è morale? Beh, questo non ha importanza, perché “nella nostra impresa quello che è giusto è quello che vogliono i nostri capi”. Gli effetti di questo atteggiamento tendono ad allargarsi e le informazioni viaggiano veloci (o, in questo caso, vengono bloccate velocemente) su e giù per tutta la catena di comando: il capo potrebbe essere un bastardo corrotto, ma il big-boss non può assolutamente essere un criminale di guerra.

Motivazione si riferisce alla capacità e alla volontà di offrire ragioni o spiegazioni per le proprie azioni, e di valutare la sincerità, la legittimità, e la veridicità delle ragioni per le spiegazioni offerte dagli altri. In una società aperta dove esiste la libertà di espressione, si giustificano le proprie azioni per ottenere la collaborazione degli altri, mentre nei contesti strutturati si possono semplicemente impartire ordini, ed è sufficiente giustificarlo con un “perché l’ha detto il capo !

Ragionamento sostanziale si riferisce alla capacità e alla volontà di andare oltre il “piccolo insieme di attività che delimitano la specifica logica organizzativa e professionale del proprio lavoro.” Per esempio, gli economisti tendono a esprimere una vasta gamma di fenomeni solo con pochi numeri, senza preoccuparsi di pensare a quello che rappresentano questi numeri nella realtà. Allo stesso modo i grandi contesti organizzativi e professionali scoraggiano il proprio personale dall’uscire dai limiti previsti dalle proprie competenze e dalle specifiche del mansionario di lavoro, in sostanza li costringono a ridurre le loro capacità cognitive a quelle di idiotsavants.

La stupidità funzionale può sorgere spontaneamente, perché ci sono molti fattori soggettivi che motivano le persone all’interno delle organizzazioni a restringere il loro pensiero, fino a riuscirci. Una certa dose di chiusura mentale può essere sempre utile per la carriera, aiuta a presentarsi come persona affidabile, organizzativa, che non mette mai in discussione nemmeno la validità del paradigma organizzativo o professionale, che chi-se-ne-frega anche se è impresentabile.

Dall’altro lato mostrare il proprio rifiuto nel buttarsi, comunque, nell’occhio del ciclone può essere scambiato per un senso di ansia, insicurezza e di paura per dover mettere a repentaglio la propria posizione. E mentre, proprio come era prevedibile, la stupidità funzionale produce effetti negativi sui risultati generali dell’organizzazione stessa, al suo interno invece consente un funzionamento sociale tranquillo, senza doversi porre domande pericolose o scomode e con il vantaggio di evitare l’imbarazzo che i capi possano rimettere in discussione il giudizio sui propri dipendenti-seguaci.

Ma questi fattori soggettivi hanno come ostacolo certe stupidità che possono caratterizzare i vertici di alcune organizzazioni. Al livello più alto, le organizzazioni tendono a concentrarsi su questioni puramente simboliche come “forte cultura sulla identità aziendale, corporate branding e leadership carismatica”. I leader delle Corporate (e di altre organizzazioni) cercano di proiettare una identica immagine – che può avere poco a che fare con la realtà – sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione. Questo è possibile solo gestendo la stupidità di gestione, il processo con il quale “i vari attori (tra cui manager e dirigenti, nonché figure esterne come consulenti, guru del business e del marketing) esercitano il potere di bloccare la comunicazione. Il risultato è che si incoraggia il consenso per i comunicati del management, scoraggiando qualsiasi critica o riflessione su quello che dicono”.

Mentre le persone all’interno dell’organizzazione interiorizzano questo messaggio, cominciano a impegnarsi per una autogestione della stupidità: tagliano corto e smettono di parlare di lavoro, rifiutando di porsi qualsiasi domanda inquietante, e concentrandosi invece su una visione positiva e coerente del loro ambiente e del ruolo che svolgono nell’organizzazione. Ma l‘autogestione della stupidità può anche fallire quando la corrispondenza tra quello che dice il messaggio e la realtà diventa troppo difficile per essere ignorata, quando si va contro la morale. Una realtà nascosta (“Il re è nudo!”) può diffondersi come un alito di vento portando il personale a un comportamento passivo-aggressivo-deliberato che spinge a sabotaggi, defezioni e dimissioni.

Le funzioni di gestione della stupidità servono a proiettare un’immagine, a incoraggiare l’autogestione della stupidità in difesa di una certa immagine, e per bloccare la comunicazione ogni volta che qualcuno cada nella riflessività, nel ragionamento sostanziale, o che chieda “perché?”. La comunicazione è bloccata con l’esercizio del potere del capo. Gli autori (Mats Alvesson e André Spicer ) discutono sui quattro modi principali in cui i manager abitualmente esercitano il loro potere in difesa della stupidità funzionale: soppressione diretta, cancellare l’argomento dall’agenda, manipolazione ideologica e feticizzazione della leadership.

Soppressione diretta è di gran lunga li modo più semplice: il capetto dice chiaramente al suo subalterno che qualsiasi altra discussione su un certo argomento non sarà accettata, minacciando che seguiranno azioni disciplinari se questo non dovesse bastare.

Impostare l’agenda del giorno è una tecnica più sottile; per esempio, uno stratagemma tipico è quello di richiedere che tutte le critiche siano accompagnate da “suggerimenti costruttivi”, evitando di dover discutere tutti gli altri problemi che non abbiano soluzioni immediate ( la stragrande maggioranza).

Manipolazione ideologica è ancora più sottile; è una tecnica comune che enfatizza l’azione, mettendo intralci alla sua approvazione, e facendo un espresso riferimento al cliché aziendale di “smettere di pensarci e iniziare a farlo!”

Finalmente, la feticizzazione della leadership prevede la divisione in diversi gruppi di lavoro con un team-leader e dei followers, nei quali i leader cercano di lasciare una impronta personale a qualunque costo, pur di ottenere una promozione il più presto possibile. Per riuscirci devono sopprimere qualsiasi facoltà critica di chi li circonda, riconducendo il proprio ruolo a seguace obbediente.

La stupidità funzionale è auto-fortificante. L’autogestione della stupidità, si rinforza utilizzando le quattro tecniche manageriali di cui sopra, creando una specie di paraocchi che lasciano vedere solo le certezze. Rifiutando di guardare in certe direzioni, le persone riescono a fingere che quello che (non) vedono non esiste. Ma la realtà , prima o poi, tende a fare capolino nel loro campo di percezione, e la reazione che ne segue è quella di ritirarsi ancor di più nella stupidità funzionale: Quelli che riescono a non vedere la realtà per un tempo più lungo, sono quelli che vengono ricompensati e promossi. Un esempio per gli altri.

Ma l’incantesimo può anche interrompersi quando la bolla della realtà artificiale, avvolta dal film immaginario della stupidità funzionale, viene perforata da un risultato troppo contraddittorio. Per un uomo, la prospettiva della disoccupazione o della fine di una carriera professionale riescono a far accendere improvvisamente certe lampadine: “Come ho potuto essere tanto stupido!” Allo stesso modo, intere organizzazioni possono essere scosse dal loro torpore da un fiasco catastrofico che le sottopone a un fuoco di fila di critiche pubbliche. Certe volte, i capi delle organizzazioni sono costretti a comparire dinanzi commissioni governative o ai media per rispondere a domande scomode e …. questo fatto può servire come freno a certe esagerazioni -della-stupidità.

Una sfida molto scoraggiante sarebbe riuscire a far scoppiare la bolla della stupidità funzionale di un’intera nazione, anche perché non esisterebbe nessun forum pubblico a cui si possano costringere a sottoporsi i leader del paese per discutere su quello come si sono comportati, su quello che hanno fatto.

Speriamo che l’aver letto queste righe possa servire a testimoniare e a far comprendere quanto possa essere rapida la fine a cui può giungere una (qualsiasi) nazione.

Come abbiamo potuto essere così fottutamente stupidi?

Bene, ora lo sappiamo.

Dmitry Orlov

16.09.2014
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario.
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