PERCHE’ LE DISUGUAGLIANZE STANNO CRESCENDO?

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DI VICENÇ NAVARRO

Rebelion.org

Che nella maggioranza dei paesi dell’OCSE, (il club dei paesi più ricchi del mondo), le disuguaglianze siano andate crescendo dagli inizi del XX secolo fino a raggiungere livelli sconosciuti è una realtà che quasi nessuno mette più in discussione.

Solo alcuni ultra liberali, i quali negano persino che sia in atto un cambiamento climatico, continuano negarlo. Le spiegazioni più frequenti che si danno alla crescita di questo fenomeno sono principalmente due.

Una è quella che con l’introduzione di nuove tecnologie, nei paesi con economie maggiormente sviluppate, sono andati persi moltissimi posti di lavoro, decremento che si incentra principalmente nei settori lavorativi con manodopera a bassa specializzazione.

Ne consegue, secondo questa tesi, che in tali paesi si raggiunge un maggiore tasso di disoccupazione tra i lavoratori meno qualificati.
Questo spiega l’enfasi che molti governi mettono allo sviluppo di un modello formativo avviato ad ampliare la specializzazione della manodopera.

La soluzione proposta da parte di quei settori politici che spiegano le sperequazioni sociali con l’esigua offerta di formazione qualificata tra la popolazione, è quella di incrementare la specializzazione della manodopera attraverso l’istruzione.

Questo argomento, tuttavia, spiega molto poco la crescita delle disuguaglianze, perché la meccanizzazione dei posti di lavoro poco qualificati non è un fenomeno nuovo.
Infatti, la meccanizzazione del lavoro è esistita sin dal principio del lavoro salariato, essendone stata una costante.

Non sembrerebbe, dunque, che la meccanizzazione possa essere una delle principali cause della distruzione dei posti di lavoro e dell’estensione della disoccupazione.
L’innovazione sta colpendo anche posti di lavoro ad elevata tecnologia e specializzazione. Oggi, un tecnico specialista in radiodiagnostica, per esempio, sostituisce in molti ospedali i medici radiologi.
In realtà, non c’è evidenza che le nuove tecnologie stiano colpendo maggiormente i lavoratori meno qualificati rispetto a quelli in possesso di maggiore specializzazione.

Secondo le statistiche di impiego del governo federale degli USA, i posti di lavoro che stanno crescendo maggiormente sono quelli meno qualificati, molto più di quelli ad elevata specializzazione. Non sembra, dunque, convincente che i cambiamenti tecnologici siano una causa di questa enorme crescita delle disuguaglianze.

La globalizzazione come causa della crescita delle diseguaglianze? La seconda spiegazione più comune che si dà per spiegare tale crescita è quella della globalizzazione economica. Costantemente si fa riferimento ai posti di lavoro che si stanno de localizzando, per esempio, in Cina, posti di lavoro che per regola generale sono di bassa qualifica. C’è in realtà un elemento di verità in questo argomento. Ma solo un elemento, perché questa tesi ignora che questa migrazione è basata inizialmente sulla fuoriuscita di posti di lavoro meno qualificati e ciò malgrado nei paesi dove tali posti si stabiliscono, abbiano anche molti lavoratori con un elevato grado di formazione che farebbero correttamente (e con minore salario) i lavori di alta specializzazione esistenti in quegli stessi paesi che de localizzano la manodopera non qualificata. Il fatto che siano questi ultimi e non i primi quelli che esportano si deve, come bene dice Dean Baker (del Center for Economic and Policy Research degli USA), al fatto che i lavoratori con un’elevata specializzazione in quei paesi hanno molto più potere dei lavoratori non qualificati.

Questi professionisti, attraverso le loro organizzazioni professionali, sono capaci di influenzare lo Stato affinché sviluppi politiche protezionistiche che non consentano simile competitività con i lavoratori stranieri.
Mi sarà detto, con ragione, che anche questi lavori qualificati si stanno esportando.
Però questo sta accadendo con minore frequenza che tra i lavoratori non qualificati.

Questo fatto mostra come le cause maggiori della crescita delle disuguaglianze, sia all’interno di ciascun paese che a livello mondiale, sono politiche (cioè, collegate con le dinamiche di potere), più che economiche. In quei paesi dove il mondo del lavoro ha maggiore potere politico ci sono meno disuguaglianze. Ed in quei paesi dove il capitale (i grandi gruppi finanziari ed economici) ha maggiore influenza politica, le disuguaglianze sono maggiori.
I paesi scandinavi che, per la loro ridotta dimensione hanno avuto economie altamente globalizzate (cioè integrate nell’economia mondiale) sono tuttavia paesi con meno disuguaglianze e ciò si deve al gran potere che hanno avuto storicamente le sinistre in quei paesi, una situazione che è opposta a quella dei paesi del sud dell’Europa, che storicamente hanno avuto alcune destre forti ed unite ed alcune sinistre deboli e disunite, responsabili delle grandi disuguaglianze in questi ultimi paesi.

Le cause maggiori della crescita delle disuguaglianze si devono all’enorme influenza politica del mondo del capitale a scapito del mondo del lavoro.

Il che mi porta all’ultimo punto che voglio sottolineare. La grande crescita delle disuguaglianze è un indicatore dell’enorme influenza del capitale finanziario e imprenditoriale sugli apparati dello Stato, a scapito dell’influenza del mondo del lavoro, che ha continuato a perdere la sua influenza su quegli apparati. L’incorporazione e lo sviluppo dell’ideologia neoliberista dentro le politiche pubbliche dei partiti governanti, comprese le sinistre maggioritarie, è una conseguenza di questo differenziale di influenze che hanno le distinte classi sociali sullo Stato. In altre parole, è la vittoria del capitale sul lavoro quella che ha portato ad un’enorme concentrazione dei redditi e della proprietà, trasformando la lotta di classe tradizionale in un altro conflitto che è molto più ampio dell’esistente tra la borghesia da una parte e la classe operaia per l’altro. A questo ultimo conflitto (che continua ad esistere) bisogna aggiungere il conflitto di una minoranza della popolazione contro la sua maggioranza. Col risultato che il rimedio a questa enorme crescita delle disuguaglianze sia la democratizzazione degli apparati dello Stato trasformandoli in un’istituzione al servizio della maggioranza, invece che al servizio della minoranza, come sta accadendo ora.

L’evidenza scientifica che appoggia tale spiegazione della crescita delle disuguaglianze è sconfortante.

E questa democratizzazione non accadrà a meno che non si rompa il legame che unisce gli apparati dirigenti dei partiti governanti con quelli gestionali delle grandi aziende ed istituzioni finanziarie. È molto preoccupante vedere questo legame riprodursi perfino nei partiti di centrosinistra al governo, dove vediamo ex dirigenti della socialdemocrazia impiegati in alcune delle imprese che si sono avvantaggiate e continuano ad avvantaggiarsi sempre di più dell’intervento dello Stato.

Questo fatto dovrebbe essere denunciato, poiché è questo legame ciò che sta alla radice del problema della crescita delle disuguaglianze. Oggi, la perdita di legittimità della democrazia si basa precisamente sull’eccessivo potere che il mondo del capitale, e più marcatamente il capitale finanziario, ha sullo Stato.

La già poco sviluppata democrazia spagnola non potrà crescere se non si spezza questo legame del mondo finanziario ed imprenditoriale con lo Stato. Quando Endesa (compagnia elettrica spagnola n.d.t.), per esempio, invita un ex Ministro dell’Economia del PSOE (Partito Socialista Operario Spagnolo n.d.t.) ad integrarsi nel suo management, non lo fa per la sua conoscenza del settore energetico, bensì perché è una fonte di competenza e di contatti con le strutture dello Stato che giova a tale impresa, un’impresa il cui servizio alla società è molto discutibile e poco etico, comportamento facilitato da un’eccessiva influenza sullo Stato.

Il numero di dirigenti del PSOE che oggi occupano posti nelle grandi imprese del paese è enorme. Questa relazione tra mondo finanziario e mondo imprenditoriale con i partiti conservatori e liberali è stata la caratteristica dei partiti di destra.
Quello che è preoccupante è che questa relazione si sta producendo anche nei partiti maggioritari di sinistra. Lì sta l’origine della crescita delle disuguaglianze.
Queste sono le conseguenze di questa commistione di potere economico e politico.

Ultime osservazioni sulle disuguaglianze in Spagna. Esiste tra ampi settori delle sinistre in Spagna una percezione erronea che quello che succede in Spagna è prevalentemente determinato da forze esterne al paese.
Questa percezione appare nella frase costantemente riportata in incontri politici e mediatici del paese “che gli stati stanno sparendo” e/o “è poco quello che possono fare oggigiorno.”

Tale posizione è profondamente erronea e serve a giustificare politiche pubbliche reazionarie ed impopolari. Il congelamento delle pensioni, presentato come risultato delle pressioni della Commissione Europea e della Banca Centrale Europea, è un esempio di ciò. Lo stato avrebbe potuto ottenere perfino più denaro invertendo la diminuzione dell’imposta di successione che aveva approvato in un precedente momento.

Queste politiche classiste sono portate a compimento dal ceto governante in Spagna, in alleanza con quello dell’Unione Europea con il quale condivide interessi di classe.
Le enormi disuguaglianze in Spagna (la Spagna è il paese che, dopo la Lettonia, ha maggiori disuguaglianze nell’UE) sono basate nell’eccessiva influenza del settore bancario e dei grandi imprenditori sullo Stato, realtà che è opportunamente percepita dalla cittadinanza. Secondo l’Inchiesta sulle Tendenze Sociali (Sondaggio di Opinione n.d.t.), le banche e la CEOE (Confederazione Spagnola delle Organizzazioni dei Datori di Lavoro n.d.t.) sono percepiti per la gran parte della popolazione spagnola come i settori che hanno maggiore potere in Spagna.

La manifestazione del suo illecito potere sullo Stato è la causa maggiore della perdita di legittimità della democrazia. Ed è questa influenza che ha raggiunto livelli senza precedenti nel periodo democratico e che fa si che, malgrado la percentuale della popolazione attiva sia aumentata, i redditi da lavoro come percentuale del Reddito Nazionale siano diminuiti essendo oggi, una percentuale inferiore ai redditi da capitale, vale a dire, che sono aumentati i benefici imprenditoriali, situazione che si è aggravata ancora più in questi anni di crisi (dal 2007), nei quali la percentuale della popolazione in condizione lavorativa è diminuita. La crisi ha danneggiato il livello di vita della popolazione lavoratrice.

Oggi il 20% della popolazione a maggiore reddito (borghesia, piccola borghesia e classi medie) possiede più reddito della maggioranza della popolazione (60%). E dato che questo 20% determina la vita politica e mediatica del paese, la Spagna continua e continuerà ad essere il paese con maggiori disuguaglianze dell’UE. Così chiaro.

Vicenc Navarro
Fonte: www.rebelion.org

Link: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=162497&titular=%BFpor-qu%E9-las-desigualdades-est%E1n-creciendo?-

20.01.2013

Traduzione per www.Comedonchisciotte.org a cura di FABIO BARRACO

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