MOSCA BLOCCATA SOTTO LA NEVE, LITVINENKO AVVELENATO E LA GUERRA IN SIRIA

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DI ISRAEL SHAMIR

unz.com

Ha scritto il New York Times: Top News : Molti russi scendono in piazza, in difficoltà per il crollo del greggio. Sicuramente in quei giorni migliaia di russi erano in fila nel centro di Mosca. Una fila gigantesca si snodava lungo il parco, nonostante la neve e il gelo. Le persone aspettavano per tre o quattro ore, sfidando le intemperie: anziane signore in pelliccia e uomini in cappotto, giovani in parka, gente di ogni tipo da Mosca e dalle province. Pensate che fossero in fila per i saldi di qualche store o per cambiare i loro rubli svalutati in dollari o qualunque altra cosa volesse questa gente disperata? Niente affatto. Erano in fila per la retrospettiva sui dipinti di Valentin Serov, pittore di fine ‘800, esposti presso la New Tretyakov Gallery.

Valentin Serov (1865-1911) è l’equivalente russo di Edgar Degas o Edouard Manet o forse James McNeill Whistler, nomi che smuoverebbero a malapena le masse occidentali dal torpore invernale. La sua è un’arte figurativa, inserita nella tradizione russa classica ma già consapevole delle nuove correnti della propria epoca – era uno dei fondatori dell’ Art Noveau- e tuttavia ancora pienamente umano. Serov è un pittore russo di quel genere disprezzato dagli intenditori moderni dell’arte “concettuale” che gli preferiscono una lattina di Warhol, uno squalo di Hirst o un urlo delle Pussy Riot. La fila non era frutto di una campagna pubblicitaria di successo, era anzi un operazione di basso profilo. E’ stata piuttosto una manifestazione di imprevedibile rivolta russa contro il “Mondo Nuovo”, alla pari del rifiuto delle politiche gender, dell’aperta rivendicazione della loro religiosità cristiana o la loro disapprovazione dell’immigrazione, legale e illegale.

Loro non possono capire perché i tedeschi invitino i siriani, perché gli Usa condannino una donna ad anni di carcere per aver fatto sesso con un diciassettenne, perché i funzionari debbano celebrare matrimoni gay o perché si debbano nascondere i crocifissi. Tutto il dispiegarsi della modernità occidentale li annoia forse più di quanto possa annoiare voi.

I russi sono, nell’insieme, tradizionali nelle loro abitudini; e sotto le sanzioni il loro paese si allontana ancora di più dal consensus atlantico. I russi filoccidentali, alias “liberali” (termine fuorviante in quanto essi ammirano Pinochet e la Tatcher, la NATO e Israele) rimangono esterrefatti dalle preferenze arretrate dei loro compatrioti. Per loro, Serov è un pittore sempliciotto per bifolchi; la Tretyakov Gallery è troppo popolare. Il Museo Ebraico della Tolleranza è il loro ritrovo preferito. Dando una risposta caratteristica, l’illustre giornalista e artista “liberale” Xenia Larina scrisse di come la sola fila che le piacesse fosse quella per il McDonald’s appena aperto a Mosca nel 1990 “perché questo rappresentava il nostro ingresso nel mondo civilizzato” per usare le sue parole. Putin ha visitato la mostra, screditandosi perciò agli occhi dei “liberali”, dato che ai loro occhi non può fare niente di buono. “Questo è l’ 86% che si mette in fila”, affermano, riferendosi all’alto gradimento del Presidente.

Questo non è probabilmente il modo in cui si pensava che i russi potessero scendere in piazza, secondo il New York Times, ma essi sono imprevedibili. Non è che non sentano la crisi dovuta al crollo del greggio e del rublo. La sentono, e si lamentano del prezzo degli ortaggi, ma nel frattempo vanno avanti.

Gli ebrei tornano in Russia?

Un dipinto fra i più belli e famosi di Serov non era incluso nella mostra. Il Ratto di Europa è stato sottratto e portato in Europa. E’ stato esposto per decenni alla Tretyakov Gallery di Mosca, ma nei ruggenti anni ’90 un oligarca ebreo, Vyacheslav Moshe Kantor è riuscito a metterci le mani e a portarlo all’estero. Questa era una sciocchezza per lui, che è riuscito anche ad impossessarsi di una fetta ragguardevole dell’industria russa. Ora vive in Svizzera e combatte quell’ antisemitismo (!) che lui ha contribuito ad aumentare. Egli presiede anche il Congresso Ebraico Europeo, del quale fa parte ogni oligarca ebreo che si rispetti.

Non ha restituito il dipinto, né lo ha prestato per l’esposizione, ma si è recato di persona a Mosca da Putin. Si è lamentato dell’antisemitismo europeo, e Putin ha invitato gli ebrei russi ad emigrare in Russia, per sfuggire alle orde naziste che si aggirano sugli Champs-Elysees.

Molti ebrei europei si sono spostati in Russia negli anni ’30, tra i quali anche il primo ministro israeliano Menachim Begin e mio padre. Essi scapparono da Hitler, trovando nella Russia sovietica un rifugio sicuro. Per cui l’idea è meno bizzarra di quanto si pensi. In una conversazione privata Putin ha promesso a Netanyahu di accettare rifugiati israeliani, nel caso in cui le cose si mettessero male per lo stato sionista.

Questa è tuttavia un’eventualità abbastanza improbabile. Intanto, gli ebrei non sono in pericolo da nessuna parte, sebbene una fonte di pericolo venga dai loro vicini palestinesi. Gli ebrei in Europa stanno bene, nonostante Israele li spaventi cercando di indurli all’ Aliyah, l’immigrazione verso Israele.

Putin fa delle simili dichiarazioni bizzarre in quanto egli vuole essere veramente un amico di Israele. Il problema è che incontra gli ebrei sbagliati. Tra gli oligarchi ebrei Moshe Kantor è il meno popolare, disprezzato da ebrei di ogni estrazione sociale. Non può esserci nessuna pubblicità positiva da simili incontri.

Putin ha ancor meno successo presso gli ebrei russi. La comunità degli ebrei è praticamente scomparsa nel periodo sovietico. Vi sono discendenti di ebrei, ma non una comunità. Putin pensava che ve ne fosse bisogno, così ha invitato la Chabad Hassids (organizzazione ebraica chassidica ndr) per organizzare le comunità. Loro sapevano come fare: molte comunità ebraiche contemporanee sono state create da Chabad.

I Chassidi hanno fatto molti affari immobiliari in Russia. Oggi le comunità ebraiche russe sono alquanto ricche e prospere. Posseggono molti terreni di valore. Solo a Mosca posseggono più di trenta sinagoghe e centri comunali, il più grande museo ebraico al mondo, e un nuovo centro nella Beverly Hills di Mosca, Rublevka. Mancano solo di una cosa: non hanno ebrei russi. Sono tutti partiti verso Israele o hanno abbandonato la fede dei loro padri.

Questo non impedisce a Chabad Hassid di costruire più sinagoghe e di far affluire sempre più ebrei osservanti da tutto il mondo. Essi portano avanti la loro attività missionaria, tentando di far tornare alla fede molti discendenti di ebrei, e cercando allo stesso tempo di arricchirsi. Sono politicamente neutrali; non parlano mai contro Putin. Essi si fanno fotografare volentieri con lui, sedendogli attorno avvolti nelle loro fedoras. Chissà, magari in cinquanta anni ricostruiranno la comunità ebraica russa. Attualmente pare un esercizio abbastanza futile.

Ci sono invece degli ebrei politicamente attivi, del tutto al di fuori di questa comunità artificialmente costruita, impegnati nei tipici settori ebraici: pubbliche relazioni, banche, finanza, televisione. Alcuni di loro sono filo-Putin, anche servili verso il presidente. Se vedete un film su Putin ossequioso fino alla nausea, è probabilmente una produzione ebraica. Dall’altra parte vi sono altre persone, discendenti da ebrei, molto attivi nell’opposizione, sia a destra che a sinistra. Nessuno di loro ha bisogno delle comunità create da Chabad.

Litvinenko

Sono stato contattato dalla Radio dell’Esercito di Israele, in quanto giornalista di lingua ebraica a Mosca. Cosa penso della giustizia britannica che accusa Vladimir Putin in persona dell’omicidio di Litvinenko? Cosa pensa la gente di Mosca sul fatto che il loro presidente sia un omicida?

Ho detto che la gente di Mosca non crede a questa storia. Litvinenko era veramente una figura minore, un agente della FSB (la FBI russa) che si occupava del crimine organizzato in una città provinciale, fino alla sua defezione. Non aveva probabilmente accesso a nessuno degli oscuri segreti di Putin, ammesso che ve ne siano. Le sue accuse erano già state formulate in precedenza, e nessuno degli accusatori è passato a miglior vita. Perciò, i russi non prendono molto sul serio le accuse britanniche.

“Basta così per ora…” , il conduttore radiofonico mi ha fermato in fretta e furia. Sapreste indicarmi una persona di lingua ebraica a Mosca con un punto di vista diverso? O qualcuno che è sicuro del fatto che sarebbe stato fatto fuori da Putin?

Non diventerò mai –ahimè- un corrispondente estero di successo. Da sempre dico e scrivo ciò che penso e che vedo, indipendentemente da ciò che vuole l’editore. Negli anni 90, durante il mio soggiorno precedente a Mosca, mi venne chiesto se si stessero preparando dei pogrom contro gli ebrei. Nelle mie corrispondenze l’ho sempre negato, anche se i miei colleghi del Newsweek e del Times puntualmente riferivano di molte avvisaglie a riguardo. Non ho mai visto niente del genere. L’unico pericolo per un ebreo russo nel 1990 era la sovraesposizione, dato che fu proprio in quel periodo che gli oligarchi ebrei salirono alla ribalta.

Ahimè simili osservazioni non portarono a una buona carriera nel giornalismo russo. I corrispondenti esteri di successo a Mosca erano sempre apocalittici, come il famigerato Luke Harding che riferiva del dominio criminale del KGB e della mafia di stato, e fu promosso ai vertici della professione. Io punto piuttosto alla verità, nell’interesse dei miei lettori.

Tornando a Litvinenko, la Russia non è di certo ai primi posti per quanto riguarda gli assassinii politici. Il presidente Obama uccide più nemici politici coi droni in un mese, di quanto non sia accaduto in Russia in una generazione. I leader israeliani comandano la classifica: essi uccidono ogni esponente politico che non prende ordini da loro. Ricorderete forse del tantato omicidio di Khaled Mashaal nel 1997, che si concluse con un clamoroso fiasco. Agenti del Mossad travestiti da turisti canadesi – in maniera Shakespeariana – gli spruzzarono del veleno in un orecchio, ma furono colti in flagrante. Nel 2004, presumibilmente avvelenarono Arafat con la stessa sostanza radioattiva con la quale si pensa sia stato avvelenato Litvinenko.

Per questo motivo, molte persone nei circoli ebraici russi hanno attribuito l’omicidio di Litvinenko al suo precedente sostenitore, il diabolico miliardario Berezovsky. Lui aveva le ragioni, i mezzi e un accesso privilegiato agli apparati di morte del Mossad.

Ancora, nessun giudice britannico ha mai provato a criticare un primo ministro israeliano per un omicidio, o per un sequestro, come quando Mordechai Vanunu è stato rapito su ordine di Shimon Peres.

Ad ogni modo il fantasma di Litvinenko non disturba il sonno dei moscoviti: non era una figura di primo piano, nemmeno da vivo.

La guerra in Siria

Il conflitto in Siria sta andando bene. Possono ancora andare male un sacco di cose, ma nel frattempo l’esercito russo è contento, e le relazioni coi siriani quasi perfette. L’esercito è contento perché ha l’opportunità di poter utilizzare tutti i suoi armamenti nuovi di zecca. Il morale delle forze di spedizione è alto. Il clima siriano è molto migliore di quello della Russia centrale; e ci sono un sacco di ragazze siriane carine amichevoli verso i piloti e i soldati russi. Latakia è pacifica; i ristoranti sono aperti. Pensano addirittura di ingaggiare il famoso circo russo per intrattenere le truppe. Anche Damasco è tranquilla. Nel centro di Damasco ci si può cullare in un falso senso di sicurezza. Ci si potrebbe dimenticare del conflitto se non fosse per l’eco intermittente delle esplosioni lontane.

I combattimenti veri si concentrano nella zona del corridoio di Azaz, una stretta striscia di terra che unisce la Turchia alle forze ribelli di Aleppo. Sebbene in alcuni punti la fascia si sia ristretta sotto le quattro miglia, l’esercito governativo siriano non riesce a conquistarla, nonostante il supporto aereo russo. per il successo dell’intera operazione è fondamentale prendere il corridoio e tagliare le linee di rifornimento, ma vi sono forti resistenze sia politiche che militari.

All’ultimo incontro Lavrov-Kerry, il segretario di stato americano ha supplicato per sei volte alla controparte russa di lasciare stare il corridoio di Azaz. Gli americani non vogliono vedere una vittoria russa; inoltre, i turchi minacciano un’invasione in caso di blocco del corridoio. I curdi potrebbero aiutare l’esercito a tagliare il corridoio, ma essi non spingono per entrare in una contesa pericolosa e sanguinaria. Preferiscono starsene seduti ad aspettare che qualcun altro finisca il lavoro.

I curdi sono preoccupati per i turchi appena oltre il confine e non intendono provocarli troppo. Essi non pensano di avere troppo da guadagnare dalla vittoria del Presidente Assad. I cristiani siriani mi hanno riferito che i curdi entrano nelle loro zone a sparare alle forze di Daesh, causando così delle feroci ritorsioni verso gli stessi cristiani. Questa è la realtà settaria della Siria, dove il solo a combattere per l’intero paese è l’esercito siriano.

Minacce e richieste non possono fermare l’avanzata dell’esercito, ma la presa del corridoio di Azaz rimane comunque un’impresa ardua. I ribelli sono trincerati; gli islamisti usano attentatori suicidi per arginare l’avanzata dell’esercito. Essi hanno creato delle linee difensive ben trincerate e le forze della coalizione russo-siriana avanzano- se lo fanno- molto lentamente.

I russi dicono che i soldati siriani sono stanchi, e loro non vogliono combattere duramente. La Mukhabarat siriana (servizi di intelligence), un player indipendente molto importante, ritiene che Russia ed Iran siano impegnati a salvaguardare la Siria, quindi li lasciano combattere. Questo atteggiamento trapela nell’esercito siriano. Loro, come i curdi, preferiscono stare seduti ad aspettare. Giovani uomini che rischiano di essere chiamati alle armi preferiscono andare in Italia e in Svezia – questa è la prima guerra nella storia nella quale esiste una simile opzione.

In alcuni posti gli spetznats (forze speciali) russi hanno scalzato i ribelli, hanno preso le loro posizioni e li hanno consegnati all’esercito siriano, ma l’esercito non è riuscito a tenere queste posizioni arretrando al primo bombardamento nemico.

Una brigata iraniana ha fatto un tentativo e ha riportato ingenti perdite. Diverse unità iraniane sono state decimate, e da allora gli iraniani preferiscono agire come consiglieri militari. Essi subiscono ancora diverse perdite, tra cui anche diversi ufficiali. Secondo varie fonti, l’Iran spende più o meno dieci miliardi di dollari l’anno per la guerra in Siria.

Si stima che le forze di terra russe ammontino a duemila elementi tra soldati ed ufficiali; essi sono necessari per difendere l’area di Latakia. Sembra che russi e iraniani debbano schierare più truppe per vincere la guerra, ma intanto ciò non accade.

La campagna di bombardamenti russa ha avuto successo in un modo: ha convinto molte unità ribelli ad appoggiare la causa della pace. Prima dei bombardamenti, erano tutti contrari a qualsiasi forma di accordo col governo di Assad; ora sono per una risoluzione pacifica del conflitto. Come scrissi nei miei articoli precedenti, il vero scopo delle operazioni aeree russe è di costringere i ribelli a una soluzione pacifica. Bene, alcuni ribelli come Daesh ed Al-Nusra sembrano abbastanza immuni da questa persuasione.

Russi ed americani non combattono eccessivamente Daesh, come se fossero quasi preoccupati di distruggere quello che gli serve per giustificare il loro coinvolgimento. I tentativi dell’esercito siriano di avanzare verso Palmira sono stati respinti da Daesh. La controffensiva di quest’ultima presso Deir al Zour si è lasciata alle spalle un eccidio di civili; l’esercito li ha fermati ma non può avanzare. Perciò la soluzione politica pare obbligata per la fine del conflitto.

Gli accordi con l’opposizione armata proseguono su due livelli: locale ed internazionale. Localmente, i commissari russi si incontrano coi capi ribelli locali per provare a convincerli a cambiare schieramento. A livello internazionale invece, i diplomatici russi discutono con le loro controparti da Usa, Germania, Turchia, Qatar ed Arabia Saudita relativamente all’agenda e alle personalità relative all’imminente conferenza di pace.

Ho incontrato un rappresentante russo che ha concluso la sua missione di incontri coi capi ribelli. Mi ha riferito di come i ribelli si fidino di Bashar Al Assad, ma non dei suoi ufficiali e uomini di intelligence. C’è troppo odio tra i ribelli e gli ufficiali dell’esercito. I ribelli vogliono degli intermediari russi ed anche degli ufficiali russi per accompagnarli. Altrimenti, dicono, le forze di Assad non manterrebbero le promesse fatte. Spesso chiedono denaro per cambiare schieramento. Sembra che (a parte gli islamisti fanatici), i ribelli stiano guardando ad un modo per concludere il conflitto.

A livello internazionale, ci sono grandi trattative tra la Russia e gli altri. Mosca è il fulcro dei negoziati: tutti gli incaricati mediorientali e gli alti diplomatici europei si sono recati di recente a Mosca per discutere della Siria.

Tra di loro, l’emiro del Qatar, che è stato molto rispettoso e gentile col presidente russo. Ha promesso di seguire gli interessi russi in Siria. Putin gli ha regalato un falco, ma non ha rinunciato al proprio supporto ad Assad.

Vi sono state delle voci relative ad una richiesta russa per un eventuale abbandono di Assad. Queste voci compaiono in genere nei giornali russi di opposizione. Da ciò che ho imparato sulle personalità russe di alto grado, questi sono solo pettegolezzi creati ad arte per minare la fiducia reciproca tra russi e siriani. La Russia sta con Assad, almeno fino a quando il popolo siriano non eleggerà un altro leader.

La conferenza in Siria era prevista per il 25 gennaio; nel momento in cui scrivo, non è stata ancora indetta. Non è chiaro chi parteciperà. I turchi obiettano per la presenza curda, i sauditi rifiutano alcune personalità autorizzate da Mosca, gli Usa fondamentalmente appoggiano la lista dei sauditi.

La più grande possibilità per la pace sta nello sfinimento. I siriani sono stanchi della guerra, e il coinvolgimento russo ha persuaso i ribelli del fatto che la vittoria sia impossibile. Adesso provano a concludere un accordo, ma è solo unoperazione per guadagnare tempo.

Tuttavia, fino ad ora i russi non hanno motivi per pentirsi della loro decisione di appoggiare Bashar al Assad. La Siria è più divertente dell’Ucraina orientale, e il clima è migliore.

Israel Shamir risiede a Mosca: [email protected]

Fonte: www.unz.com

Link: http://www.unz.com/ishamir/moscow-snowbound-litvinenko-poisoned-and-the-syrian-war/

27.01.2015

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di VALENTINO FANCELLO

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