MORGAN SE NE VA E LA DEMOCRAZIA SI VOLATILIZZA DAL PALCOSCENICO DI X FACTOR

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DI ROSANNA SPADINI

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Nella spudorata assimilazione del reale da parte dell’iperreale postmoderno, spacciato come fosse la cruda verità, un principio di simulazione è quello che ormai ci governa, al posto dell’antico principio di realtà. Le “rivoluzioni” attuali dunque, si armano tutte della rivoluzione nostalgica del reale, quando alle macchine industriali corrispondevano le macchine della coscienza, nazionali, referenziali, funzionali, storiche. Alle macchine volatili del codice, rispondono invece le macchine volatili dell’inconscio, non referenziali, transferenziali, indeterminate, fluttuanti (Jean Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte).

Ma anche il dissidio psichico ha perduto il proprio principio di realtà, la propria “nostalgia del reale”, per diventare simulacro operativo. Dunque come la società è stata alluvionata da un liquido malsano, anche il pensiero da “debole” si è trasformato in “liquido”, diluitosi tra i numerosi rivoli dell’ambiguità, discioltosi tra i mille rigagnoli della dissimulazione, polverizzatosi tra gli angusti spazi dei rari significati ancora superstiti, per la ridondanza dei significati stessi. Un pensiero che si adatta alle circostanze, malleabile, volatile, docile, incapace di accendere le coscienze nel profondo, incapace di cambiare la storia, come è accaduto qualche rara volta nel passato. 

X Factor, Morgan, Fedez, Mika, Victoria, Alessandro, sono gli attori di questo dramma, selezioni, provini, audizioni, boot camp, i vocal coach, la direzione artistica e la direzione musicale, predisposti come personaggi della nuova commedia dell’arte postmoderna, della macchina di intrattenimento e indottrinamento mossa dalla strategia delle emozioni, messa in scena dalla rappresentazione di un camouflage sconnesso di sentimenti, amicizia, invidia, competizione, attrazione sessuale, tradimento, delusione, insuccesso, dramma, disperazione.

I media dell’emozione hanno colpito ancora, l’immagine della violenza domina il circuito mediatico della TV postmoderna, tra le risse e le urla dei talk show e i drammi di X Factor, istiga la reazione percettiva nonché psicologica dell’audience, ma non giunge mai alla stimolazione del pensiero che invece resta anestetizzato, passivo, spento, disconnesso, lasciando totale campo libero alla reazione irriflessiva, irrazionale e insensata.

E non c’è scampo di fronte a questa strategia dell’attrazione: X Factor si costituisce come format multipiattaforma, diversificando le opportunità di fruizione del prodotto, dalla carta stampata sino alle reti digitali, non c’è momento in cui il reality non sfrutti occasione per consultarci continuamente e farci sentire partecipi e coinvolti all’orgia dello spettacolo e al dramma delle emozioni. Il pensiero però non interviene mai, neanche per comprendere a posteriori che cos’è ad averlo mosso, come sia potuto accadere e perché. È manifestazione di totale subordinazione all’immagine, che a quel punto perde anche le specificità proprie dell’immagine stessa, dato che essa non è più immagine, dato che è lì solo per il mero godimento dello spettacolo.

Come sostiene Baudrillard, il “Reality Show” è espressione dunque soprattutto di annientamento del pensiero, per quanto si possa gridare, bestemmiare e trasmettere “violenza”, quella è una violenza senza profondità, perché completamente a-dialettica, afona, asettica; più la violenza domina l’immagine, meno quest’ultima potrà esprimere una violenza della prima specie, ovvero un’autentica “tensione”; più l’immagine decide di scaricare la tensione evidenziando più suggestione, più essa abdica alla sua funzione di affezione, di empatia, di apertura di senso, di motore del pensiero. (Jean Baudrillard, Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?)

A cosa servono dunque gli abbandoni di Morgan, le sue assenze ambigue, i suoi ingressi a sospresa, se non ad alzare lo share, a destare suspense, ansia, curiosità, in un pubblico che è stato preventivamente “decerebrato”? Privato degli strumenti generatori del pensiero: informazioni, documentazione, fatti. In un pubblico cui non è concessa altra opportunità, se non quella di assistere a drammi rappresentati sullo schermo, che simulano e dissimulano sofferenze emotive forti, che perdono di spessore umano nello stesso momento in cui vengono rappresentate sulla scena, perché l’immagine ha ucciso la realtà, ha compiuto il delitto perfetto.

Simulazioni che servono benissimo all’intento della tv/serial killer di ammazzare in diretta le vere tragedie contemporanee, taciute, oscurate, occultate, da un’informazione prona e succube al potere finanziario e da un’assoluta mancanza di alternative mediatiche: perdita di posti di lavoro, demolizione dei diritti sindacali, riforme del lavoro (Job Act) che si rivelano massacri sociali, svilimento degli organi parlamentari, divenuti mera espressione del vero potere, sovranazionale, extraterritoriale, euro/atlantico, assalto al welfare state, scuola pubblica, sanità pubblica, suicidi di stato, esclusione sempre più drammatica dei cittadini dall’esercizio del potere democratico.

I media dell’emozione sono però abili nello spacciare forti eccitazioni tramite competenze tecnico/musicali proposte dal programma, relative però ad una pseudo/cultura musicale commerciale, che dimentica molte realtà musicali colte, molte meno sponsorizzate dalle case discografiche, escluse spesso dal giro fantasmagorico del marketing. Senza dimenticare che X Factor è soprattutto un programma televisivo commerciale (Sky), dietro al quale ci sono fortissimi interessi miliardari, che mira essenzialmente a fare incassi con la vendita di dischi, con la vendita di pubblicità, quindi più si alza lo share, più aumentano gli incassi. Morgan lascia X Factor, in diretta e per sempre? Non importa la veridicità della minaccia, non importa che le motivazioni siano vere o false, importa che lo share schizzi alle stelle.

“The Show Must Go On”. Lo spettacolo deve continuare, semplicemente perché nella società dello spettacolo, dice Guy Debord “Lo spettacolo è l’altra faccia del denaro: l’equivalente generale astratto di tutte le merci.” Dunque gli infelici concorrenti esclusi, eliminati dallo sfavillante palcoscenico, piangono e si disperano dietro le quinte, mentre se ne ritornano desolati alla loro grigia esistenza, privata inesorabilmente di quelle luci accecanti, di quella fulgida visibilità, che sembra l’unica esistenza degna di nota, e per di più attribuendo la colpa dell’insuccesso unicamente a se stessi, alle proprie responsabilità individuali. Non c’è più quel ’68 così abilmente screditato da parte del capitale, durante il quale le contestazioni sociali erano avanzate dalla collettività studentesca ed operaia, che attraverso scioperi duri e manifestazioni risolute, lottava tenacemente per la difesa della sorte comune dei diritti sindacali e democratici. Ora il reality show è entrato nelle case e ha camuffato il pubblico col privato, l’individuo spettatore si è sostituito al gruppo dei contestatori, ed è rimasto solo davanti alle contrattazioni sindacali.

E mentre i giovani fans assistono adoranti all’orgia dello spettacolo, agli interventi apparentemente schizoidi, dissociati, paranoici dei loro guru (Morgan), in realtà molto attenti allo share mediatico, non si accorgono di essere pedine di un progetto ben preciso che opera dietro le quinte, di distruzione della politica democratica, per impadronirsi di quella preziosa sovranità politica che un tempo apparteneva al popolo, ma che ora è stata defraudata e appartiene alle élites finanziarie (Sky, Murdoch, Corporations). Perché X Factor è simulacro di quell’unica informazione a senso unico che la tv postmoderna è in grado di fornire all’utenza generalizzata di massa, che dunque non riceverà altra “informazione” se non questa, privata di alternative ”politiche” credibili, veritiere, autentiche.

La tv è una “cattiva maestra”, diceva Pasolini? La tv è strumento potentissimo nelle mani del potere finanziario che sta saccheggiando diritti, costituzione, democrazia. L’avvento del postmoderno, con tutto il suo ammasso di proposte da discarica, ha compiuto il “crimine perfetto”. Morgan se ne va dal palcoscenico, ma la democrazia intanto si è volatilizzata e ha lasciato il posto alla società sfavillante dello spettacolo.

“Lo spettacolo si presenta nello stesso tempo come la società stessa, come parte della società, e come strumento di unificazione. In quanto parte della società, esso è espressamente il settore più tipico che concentra ogni sguardo e ogni coscienza. Per il fatto stesso che questo settore è separato, è il luogo dell’inganno visivo e della falsa coscienza; e l’unificazione che esso realizza non è altro che un linguaggio ufficiale della separazione generalizzata.”

“Lo spettacolo, compreso nella sua totalità, è nello stesso tempo il risultato e il progetto del modo di produzione esistente. Non è un supplemento del mondo reale, il suo sovrapposto ornamento. Esso è il cuore dell’irrealismo della società reale. Nell’insieme delle sue forme particolari, informazione o propaganda, pubblicità o consumo diretto dei divertimenti, lo spettacolo costituisce il modello presente della vita socialmente dominante. E’ l’affermazione onnipresente della scelta già fatta nella produzione, e il suo consumo ne è corollario. Forma e contenuto dello spettacolo sono ambedue l’identica giustificazione totale delle condizioni e dei fini del sistema esistente.” (Guy Debord, La società dello spettacolo)

Rosanna Spadini

Fonte: www.comedonchisciotte.org

17.11.2014

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