Marsiglia, Capitale della Cultura 2013… un’altra storia

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Di Luca Pakarov

rollingstonemagazine.it

Il nostro Luca Pakarov inviato nella città di mare per eccellenza. Grandi progetti (ancora incompiuti), tante parole, ma…

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Il museo MuCEm, ancora un cantiere aperto…

“Il nostro orizzonte è il Mediterraneo, ed è anche la cultura da cui non vogliamo separarci”. Questa frase, pronunciata da un venditore di ostriche nel porto vecchio di Marsiglia, testimonia meglio di ogni altra il carattere, ma anche la paura, degli storici abitanti di uno dei più grandi porti d’Europa. Sì, perché come scrisse Jean-Claude Izzo, Marsiglia si sente più vicina all’Africa e all’Asia Minore mentre l’Europa vorrebbe trasformare il Mediterraneo in una frontiera tra Oriente e Occidente, tra Levante e Ponente.

Il sentore che qualcosa di grande stesse per succedere l’hanno avuto nel ‘95 con il progetto di riqualificazione denominato Euroméditerranée, la certezza è stata l’assegnazione della palma di Capitale della Cultura europea a Marseille-Provence 2013, l’incubo è iniziato nel momento in cui le grandi agenzie immobiliari straniere sono arrivate in città per comprare edifici e intere vie, come ad esempio la centralissima rue de la République, all’oggi svuotata, con le saracinesche abbassate e prezzi inaccessibili per le classi medio/basse che prima l’abitavano, costrette ad abbandonare il centro città. Un tempo terra di negozietti di bric a brac e artigianato, domani futura vetrina dei grandi marchi. Qui la chiamano la macchina da guerra dell’arte.

Qualche anno fa Marsiglia era una città dai gusti forti ma con poche attrazioni, da assaporare con passeggiate nei mille mercati, fra le urla degli ambulanti e pause di riflessione con un libro in mano, sul bancone di una fumosa bettola, mentre si sorseggia un pastis, facendola una capitale determinante per chi voleva sconfinare nel viaggio autentico, quello in cui si è padroni del proprio tempo. Il timore, oggi, è che operazioni come Marseille-Provence 2013 siano il cavallo di Troia per istituire un immenso parco giochi turistico, alla maniera di Barcellona, una cultura calata dall’alto che diventi il facile lasciapassare alle esigenze di ben altri interessi.

I tanti che per l’occasione sono arrivati da Parigi associano gli sguardi torvi del quartiere arabo Noailles alle notizie di cronaca che i giornali francesi dispensano a iosa. Non pochi prevedono la prevaricazione degli artisti parigini ed europei, ben inseriti nel ricco programma della manifestazione, tanto da far sorgere comparazioni spontanee fra il vecchio quartiere del Panier con Montmartre, spogliata, quest’ultima, dell’anima bohemien che la caratterizzava. Un piccolo artista che si fa chiamare Mello si lamenta: “Hanno fatto chiudere tanti locali dove si poteva suonare, tra cui il mio, è come se i marsigliesi non fossero invitati alla loro festa…”. C’è da ricordare che questa è anche la città del noir, della cronaca e della malavita, la città che per anni ha rovesciato sul suolo Oltralpe i figli di nessuno, concedendo loro una possibilità, ma è anche quella della protesta e delle grandi manifestazioni dei lavoratori e quindi poco malleabile ai cambiamenti.

Per la strada non vedi donne ingioiellate né auto lussuose e c’è quella splendida prerogativa di non essere tuttora invasa da milioni di negozietti di souvenir, ancora lontano è il turismo aggressivo che fanno del cameriere un cacciatore di taglie e dell’albergatore un boia. Perché è una città che per secoli ha ospitato e compattato l’umanità persa per le rotte del Mediterraneo e poco ha a che vedere con le avveniristiche “classi sociali transnazionali”, come vengono chiamate, quelle cioè dei consumatori globalizzati.

Alcune volte, nei bar, per prendere confidenza, ho mentito raccontando di essere napoletano, soprattutto di notte, in zona Belle de Mai; Napoli e Marsiglia hanno un filo diretto, una reciproca stima spiegabile con un tipo di humus sociale autarchico, comprensibile solo a chi ha vissuto nelle grandi città crocevia di culture e scambi commerciali, ed è disposto con fatica a compenetrarle, appartenendo loro. Relegarla all’architettura, ai voli low-cost, agli stili di vita cosmopoliti e alle agenzie immobiliari è un oscuro presagio, però possibile, man mano che i lavori garantiranno spazi maggiori ai grandi eventi.

“La gente è scettica perché c’è stata molta centralizzazione e teme che finita la manifestazione (iniziata da pochi giorni, N.d.R.) rimangano solo le infrastrutture e nulla si sia creato per la cultura dei cittadini”, afferma Julie, urbanista, che aggiunge: “Ma d’altra parte è facile criticare. A Lille (Capitale della Cultura nel 2004, N.d.R.) hanno fatto un buon lavoro, attivando, nei quartieri, case della cultura che ancora oggi lavorano”.

Ed è in quest’ottica che è nato il festival alternativo OFF, una piattaforma per rilanciare i tanti artisti esclusi da Marsiglia 2013, che si propone di dare loro visibilità aiutandoli con l’acquisizione di fondi, nella ricerca delle location, ma principalmente mettendoli in comunicazione e stimolando progetti comuni. Come mi dice Noémie Dié, una delle collaboratrici dell’OFF: “L’esempio potrebbe essere quello dei vecchi bureau di produzione delle compagnie teatrali che si occupavano di ogni cosa a partire dalla programmazione, quello che vorremmo evitare è che questa città, complicata di suo, non importi creatività diventando una succursale di chi è a Parigi”. Grazie ai 300 artisti che hanno aderito, OFF realizzerà un evento al mese appoggiandosi a partner di livello e al patrocinio di personalità della città tipo l’architetto Rudy Ricciotti, il rapper Imhotep degli IAM o il fotografo Bernard Plossu.

In sintesi: da una parte Marseille-Provence 2013 è la possibilità di far familiarizzare l’artista marsigliese con la burocrazia, per renderlo più europeo, dall’altra rischia di schiacciarlo quando compromette il suo ecosistema. A Marsiglia, ed ovunque, la questione rimane aperta: trovare il denaro per ammodernare il luogo dove viviamo, migliorarlo, e allo stesso tempo non stravolgerlo, non gentrificare e lasciare alla fauna che lo abita la possibilità di evolversi assieme al rinnovo urbano, senza passare per una selezione darwiniana del conto corrente. Potrebbe chiamarsi progresso.

12.01.2013

Luca Pakarov

Link: http://www.rollingstonemagazine.it/cultura/notizie/rs-viaggi-marsiglia-capitale-della-cultura-2013-unaltra-storia/62213

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