LE CONFESSIONI DI UN ERASMIANO

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DI NICOLA BARONI

goofynomics.blogspot.it

Ho fatto l’Erasmus. 6 mesi a Parigi. Ho conosciuto numerosissimi studenti Erasmus e molti miei compagni universitari e amici lo hanno fatto. Con alcuni ci siamo ospitati vicendevolmente. Spagna, Portogallo, Germania, Francia, Austria, Turchia, Irlanda, Repubblica Ceca, Inghilterra.
TUTTI e dico TUTTI sanno perfettamente, prima di andare, che non si va in Erasmus per motivi didattici (salvo per la lingua che però impari se quello è un tuo obiettivo primario, e non sei obbligato a farlo, o preferibilmente già la sai).

Chi dà esami durante lo scambio ottiene, di norma, il 18 GA-RAN-TI-TO, qualunque sia la prestazione; spesso l’oggetto consiste in un programma estremamente ridotto rispetto allo stesso per gli studenti autoctoni e la pazienza del professore di turno assomiglia a qualcosa che neanche Gesù nel Getsemani. L’esame di lingua obbligatorio invece viaggia tra i due estremi della farsa, nella peggiore delle ipotesi e della spintarella, nella migliore. Non di più. Io scelsi di farlo davvero all’ultimo secondo. Gli esami universitari in Italia già li avevo dati e dunque optai per la semplice “ricerca tesi”, unica scelta possibile peraltro. Studiai da zero (0) la grammatica base e in tre settimane fui obbligato a dare l’esame, l’ultimo disponibile. Secondo loro avevo un B1 informatico con un punteggio di 72/100. Ridicolo. Impossibile avere un B1 dopo sole tre (3) settimane di approccio ad una lingua. Buon per me. E partii.

Ora, esistono due macrocategorie di studenti che partono e non sono “quelli che si ubriacano o scopano in giro” contro quelli che non lo fanno. Questa suddivisione esiste anche tra quelli che se ne rimangono a casa, alla pari. No. la vera distinzione è tra quelli rincoglioniti e quelli che non lo sono. Mi spiego. Quelli rincoglioniti sono coloro che, oltre a uscire dal proprio paese, escono pure dalla campana di vetro dentro la quale erano accoccolati e rimangono pertanto sconvolti dal contatto con l’aria: “Che figata! esperienza fulminante, ma allora esiste altro oltre a Grottibizzurago sul Mincio”: insomma diventano, poiché si sentono, improvvisamente “internazionali” solo perché hanno vissuto in una nuova bolla gigantesca. Tornano “at home” e dicono: “L’Italia fa schifo è provinciale [ ma guarda…], l’Uni di Grottibizzurago sul Mincio è teribbile, la vita vera è un’altra, adesso ti spiego [ avete notato che, dopo aver perso la verginità, specie i maschietti, e in Erasmus capita in buon numero, diventano tutti dei navigati ammiragli della vagina, dispensatori dei più grandi consigli in materia?… No grazie, sarei satollo, salutami Federica].

BISOGNA andare all’estero perché lì [ehm.. dove, pirla?] ci sono opportunità” bla bla e via con minchiate di quel tenore. Questi sono coloro che NON si accorgono che all’estero anche se lavori, anche se sai la lingua sarai comunque uno straniero e che questa cosa ha il suo peso. Ma soprattutto SONO QUELLI CHE NON SI ACCORGONO CHE ANCHE L’ERASMUS è UN’ALTRA CAMPANA DI VETRO: dov’è che puoi vivere all’estero, senza ALCUNA responsabilità se non divertirti, in mezzo soltanto ad altrettanti te, senza doverti preoccupare di come vivere perché mamma, papà, la tua università (cioè il TUO Stato) e l’UE (che poi è quella che mette meno soldi di tutti alla fine) ti cullano dolcemente attraverso periodici bonifici bancari?

L’altro tipo, invece, è quello che quando va in Erasmus queste cose le comprende bene e capisce chiaramente che Severgnini e Eco quando parlano della generazione Erasmus (cioè un gruppo che è andato in vacanza in soldoni, una vacanza che indubbiamente può dare molto in esperienza umana e che consiglierei di provare ove possibile) stanno vedendo la madonna di Medjugorje. Sono dei rincoglioniti anche loro (sono convinto che non sempre lo fanno apposta; a volte v’è proprio che uno è rincoglionito); è davvero una cosa grande come una casa, lo sanno tutti, professori compresi. Insomma, tornando allo “studente Erasmus”, come al solito, la distinzione è tra chi vuole dormire e chi no. Come sempre, come ovunque. La generazione Erasmus semplicemente non esiste ed è argomento che fomenta solo l’odio generazionale perché nei fatti è mettere vecchi contro giovani.

PS
Solo un’ultima cosa. L’Erasmus è per famiglie economicamente serene, ma non necessariamente abbienti, anche se ho capito il discorso che fa Alberto. Io, tempo addietro, mi ero messo da parte soldi lavoricchiando e che poi ho deciso, dato che già li avevo, di mettere lì. Poi, siccome prendevo la borsa di studio regionale, metà l’ho impiegata allo stesso modo. UniVerona, infine, dava 130 euro al mese oltre a quelli forniti dall’UE. Quindi senza il mio paese, senza uno stato che dà (compresa la CAF francese) io NON partivo.

Fonte: http://goofynomics.blogspot.it

Link: http://goofynomics.blogspot.it/2016/04/le-confessioni-di-un-erasmiano.html

1.04.2016

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