LA ZUPPA DI PLASTICA DELL'IMMONDIZIA NELL’OCEANO OSTACOLA LA RICERCA DEI RESTI DELL’AEREO MALESIANO

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DI ARI PHILLIPS
Climate Progress

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In queste immagini prese dal satellite Thaichote il 24 marzo 2014 e pubblicate il 27 Marzo 2014 da Geo-Informatics e dalla Space Technology Development Agency (GISTDA) viene mostrata una parte dei circa 300 oggetti galleggianti nell’Oceano Indiano nei pressi della zona di ricerca del volo disperso della Malaysia Airlines. Anond Snidvongs, direttore dell’agenzia di sviluppo della tecnologia spaziale thailandese ha detto che le immagini hanno mostrato “trecento oggetti di varie dimensioni” nel sud dell’Oceano Indiano a circa 2.700 km (1.675 miglia) a sud ovest di Perth, in Australia.

Dalla sua sparizione dell’8 marzo, le autorità di tutto il mondo sono alla ricerca di prove del volo Malaysia Airlines 370. Anche se la mancanza di informazioni e il maltempo hanno finora dato delle battute d’arresto, mentre si restringe l’area di ricerca sta emergendo un nuovo colpevole: la spazzatura.

Non è come cercare un ago in un pagliaio“, ha detto alla CNN lo scienziato senior del Conservation International M. Sanjayan: “È come cercare un ago in una fabbrica di aghi. Si tratta di una parte di detriti tra miliardi che galleggiano nel mare.

Vaste macchie di spazzatura invischiate in gigantesche spirali oceaniche sono state oggetto di sgomento per oltre un decennio. I vortici oceanici sono enormi, larghe correnti che accumulano detriti galleggianti nei loro fulcri. Charles Moore, un marinaio e oceanografo in California, è spesso accreditato della scoperta nel 2003 di un enorme distesa di detriti galleggianti nel bel mezzo del North Pacific Gyre, da quel momento chiamato il Great Pacific Garbage Patch. Le correnti che circolano tra la costa occidentale del Nord America e la costa est della Cina e della Russia radunano plastiche di tutti i tipi: bottiglie, buste, attrezzatura da pesca, detriti caduti dai container, e altri relitti.

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In tutta la corrente dell’Oceano Indiano, l’immondizia accumulata rende frustrante la ricerca dei detriti del Boeing 777 che è misteriosamente scomparso all’inizio di marzo. Dopo che il maltempo ha fatto ritardare di una settimana il perlustramento della regione situata centinaia di miglia della costa orientale australiana, le squadre di ricerca non hanno ancora potuto confermare la presenza di detriti dell’aereo, ma hanno confermato un’altra cosa: anche le parti più remote del mare sono pieni di rifiuti.

Denise Hardesty, un ricercatore australiano agenzia scientifica CSIRO, ha detto all’Australian Post che ci sono tra i 12.500 e i 17.500 pezzi di plastica per chilometro quadrato nelle acque di tutta l’Australia: “Ci vorranno almeno 400 o 500 anni perché si frantumino tutti questi tipi di plastica“, ha detto Hardesty: “E poi si trasformano solo in pezzi sempre più piccoli. Puoi anche trovare la plastica anche nel plancton da quanto diventa minuta.”

Con miliardi di persone che vivono nei pressi delle coste di tutto il mondo, gli scarti dell’uomo migrano inevitabilmente in oceani tramite corsi d’acqua o vengono espulsi nel corso delle tempeste. “Il mondo sta usando l’oceano come fosse una toilette, e poi si aspetta questa toilette lo nutra“, ha detto Sanjayan alla CNN.

Migliaia di container affondano in mare ogni anno, visto che sono circa 100 milioni ad attraversare il mare a bordo delle navi merci. All’inizio della ricerca sono stati avvistati alcuni elementi di grandi dimensioni che si pensava fossero parti all’aereo disperso lungo 80 metri, ma è stato successivamente determinato che probabilmente erano parti di container alla deriva in mare aperto.

Secondo Greenpeace, circa il 70 per cento deli rifiuti di plastica che raggiunge l’oceano precipita sul fondo, danneggiando maggiormente gli animali dei fondali marini rispetto ai pesci, alle balene e ale meduse che trascorrono più tempo – per trovare cibo – vicino alla superficie.

Con l’innalzamento del livello del mare di diversi metri atteso entro il 2100 a causa dell’impatto del cambiamento climatico sullo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari, la linea sottile tra i luoghi di smaltimento dei rifiuti lontani dal mare e gli oceani già pieni di spazzatura sarà ulteriormente ridotta.

Dacca, in Bangladesh, una delle città dalla crescita più rapida al mondo, è un esempio di sovrapposizione delle conseguenze dello sviluppo, del degrado ambientale e del cambiamento climatico, un qualcosa che la regione non è assolutamente in grado di affrontare. “Tutti i rifiuti che si ammassano in questi paesi – con una bassa altitudine, soggetti a inondazioni – vengono scaricati periodicamente nell’oceano“, ha detto Sanjayan alla CNN.

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ARI PHILLIPS
Climate Progress

Link: Plastic Soup Of Ocean Garbage Obscures Search For Malaysia Plane Debris

31.03.2014

Scelto e tradotto per Come Don Chisciotte da SUPERVICE

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