LA SQUADRA OMICIDI

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ATTENZIONE: FOTO ESTREMAMENTE CRUDE

DI MARK BOAL
uruknet.org.uk

Come i soldati americani in Afghanistan abbiano ucciso civili innocenti e mutilato i loro cadaveri – e come i loro ufficiali non siano riusciti a fermarli. In più: uno sguardo esclusivo alle foto criminali di guerra censurate dal Pentagono

All’inizio dello scorso anno, dopo sei duri mesi di servizio in Afghanistan, un gruppo di soldati di fanteria americana ha preso una decisione fondamentale: è finalmente arrivato il momento di uccidere un Haji.

Tra gli uomini della Compagnia Bravo, l’idea di uccidere un civile afghano era stata oggetto di numerose conversazioni, durante le chiacchiere dell’ora di pranzo e delle bull sessions a tarda notte. Per settimane, avevano soppesato l’etica del rapimento “selvaggio” e discusso sulla possibilità di essere catturati. Alcuni di loro erano dibattuti sull’idea, altri furono entusiasti fin dall’inizio. Ma non molto tempo dopo il nuovo anno, quando l’inverno scendeva sulle pianure aride della provincia di Kandahar, decisero di smettere di parlare e iniziarono a premere il grilletto.

La Compagnia Bravo era stata collocata nella zona fin dall’estate, con l’intenzione, con scarso successo, di sradicare i Talebani e stabilire una presenza americana in una delle regioni più violente e senza legge del paese. La mattina del 15 gennaio, il terzo Plotone della Compagnia- parte della 5 ° Brigata Stryker, con sede a Tacoma, Washington – lasciò la mini-metropoli fatta di tende e roulotte della Base Operativa Avanzata di Ramrod su un convoglio di truppe trasportate su veicoli corrazzati tipo Stryker. I massicci camion a otto ruote si allontanarono, viaggiando nel deserto, finché giunsero a La Mohammad Kalay, un villaggio rurale isolato nascosto dietro alcuni campi di papavero.

Per garantire la sicurezza perimetrale, i soldati parcheggiarono gli Stryker alla periferia dell’abitato, che non era altro che un agglomerato di case di fango e di paglia. Così partirono a piedi. Gli abitanti dei villaggi della zona erano sospettati di sostenere i Talebani, fornendo un rifugio sicuro per i sabotatori delle truppe Usa. Ma, quando i soldati del 3° Plotone camminarono attraverso i vicoli di La Mohammad Kalay, non videro nessun combattente armato, nessuna evidenza di presenze nemiche. Invece, furono accolti dalla solita immagine frustrante: stanchi contadini afghani che vivono senza elettricità e acqua corrente, uomini barbuti con denti poveri e vestiti con abiti tradizionali ormai a brandelli; ragazzini desiderosi di caramelle e denaro. Fu impossibile stabilire chi, tra gli abitanti del villaggio fosse in sintonia con i Talebani. Gli insorti, da parte loro, preferivano rimanere nascosti dalle truppe americane, colpendoli da lontano con razzi IED.

Mentre gli ufficiali del 3° Plotone si avvicinarono ad un recinto per parlare con un anziano del villaggio, due soldati si allontanarono dal gruppo fino a raggiungere il limite estremo del villaggio. Lì, in un vicino campo di papaveri, incominciarono a cercare qualcuno da uccidere. “L’accordo generale era che, se avessimo avuto intenzione di fare qualche cazzata folle, non ci voleva nessuno in giro a testimoniare”, ha poi dichiarato uno degli uomini agli investigatori dell’Esercito.

Le piante di papavero erano ancora basse in quel periodo dell’anno. I due soldati, Cpl. Jeremy Morlock e Pfc. Andrew Holmes, videro un giovane agricoltore che stava lavorando da solo tra i germogli appuntiti. In lontananza, alcuni soldati stavano di vedetta. Ma l’agricoltore era l’unico Afgano in vista. Con nessuno in giro a testimoniare, era l’occasione giusta. E proprio così, lo scelsero per l’esecuzione.

Era un ragazzo dal viso liscio, di circa 15 anni. Non molto più giovane di quanto non fossero loro: Morlock aveva 21 anni, Holmes 19. Il suo nome, si sarebbero poi saputo, era Gul Mudin, un nome comune in Afghanistan. Indossava un cappellino e una giacca verde in stile occidentale. Non aveva nulla in mano che potessero interpretare come un’arma, nemmeno una pala. L’espressione del suo viso era accogliente. “Non era una minaccia”, confessò in seguito Morlock.

Morlock e Holmes gli parlarono in Pashto, mentre camminava verso di loro, intimandogli di fermarsi. Il ragazzo fece come gli era stato detto. Si fermò.

I soldati si inginocchiarono dietro un muro di mattoni di fango. Poi Morlock gettò una granata verso Mudin, utilizzando il muro come copertura. Come la granata esplose, lui e la Holmes aprirono il fuoco, sparando ripetutamente sul ragazzo a distanza ravvicinata con una carabina M4 e una mitragliatrice.

Mudin cadde a terra di faccia. Il berretto rovesciato. Una pozza di sangue intorno alla testa.

La raffica delle armi si udì in tutto il sonnolento villaggio rurale con un forte eco. Il suono di questi spari inaspettati in genere provoca una reazione di emergenza negli altri soldati, mandandoli in piena modalità di battaglia. Eppure, quando si udirono gli spari, alcuni soldati non sembrarono particolarmente allarmati, anche quando le radio cominciarono a starnazzare. Era Morlock, agitato, che urlava di essere sotto attacco. Su una collina vicina, Spc. Adam Winfield si rivolse al suo amico, Pfc. Ashton Moore, e gli spiegò come probabilmente quella non fosse una situazione di combattimento reale. L’uccisione dell’afgano disarmato era molto più probabilmente una messa in scena, disse – un piano organizzato dai ragazzi in modo da non essere scoperti.

Dietro al muro, i soldati arrivati sulla scena trovarono il corpo e macchie di sangue sul terreno. Morlock e Holmes stavano accucciati vicino alla parete, sembravano eccitati. Quando un sergente gli chiese cosa fosse successo, Morlock disse che il ragazzo era sul punto di attaccarli con una granata. “Abbiamo dovuto sparargli,” disse.

Era una storia improbabile: un combattente talebano solitario, armato di una sola granata, che in pieno giorno tentava di assalire un plotone, oltre tutto in un punto che non offriva nessun riparo. Anche l’alto ufficiale arrivato sulla scena, il capitano Patrick Mitchell, pensò che ci fosse qualcosa di strano nel racconto di Morlock. “Ho solo pensato che fosse strano che qualcuno fosse venuto a lanciare una granata verso di noi”, Mitchell disse successivamente agli investigatori.

Inoltre Mitchell non ha ordinato ai suoi uomini di prestare aiuto a Mudin, che lui credeva potesse essere ancora vivo, e forse una minaccia. Invece, ordinò al sergente Kris Sprague di “assicurarsi” che il ragazzo fosse morto. Sprague alzò il fucile e sparò due volte.

Mentre i soldati stavano intorno al corpo, un anziano del luogo che stava lavorando nel campo di papaveri si fece avanti e accusò Morlock e Holmes di omicidio. Indicando Morlock, disse che il soldato, non il ragazzo, aveva gettato la granata. Morlock e gli altri soldati lo ignorarono.

Per identificare il corpo, i soldati presero l’anziano del villaggio che stava parlando agli ufficiali di quella mattina. Ma per un caso tragico, l’anziano risultò essere il padre del ragazzo ucciso. Il doloroso momento del riconoscimento, quando vide suo figlio giacere in una pozza di sangue, fu poi raccontata nella prosa piatta di una relazione militare ufficiale. “Il padre era molto arrabbiato”, annota il rapporto.

La sofferenza del padre non fece nulla per interrompere lo stato d’animo esaltato che era esploso tra i soldati. Seguendo la procedura militare di routine obbligatoria dopo ogni morte in battaglia, tagliarono i vestiti del ragazzo morto e lo spogliarono nudo in cerca di tatuaggi informativi. Poi gli scansionarono l’iride e le impronte digitali, utilizzando uno scanner biometrico portatile.

Poi, trasgredendo il protocollo, i soldati iniziarono a scattarsi fotografie celebrando l’omicidio. Tenendo una sigaretta rakishly in una mano, Holmes posò per la fotocamera con il cadavere sanguinante e mezzo nudo di Mudin, afferrando la testa del ragazzo per i capelli, come se fosse il trofeo di un cervo. Morlock fece tutto il possibile per avere un bel souvenir.

Nessuno sembrava più soddisfatto dell’omicidio del sergente capo squadra Calvin Gibbs, il più popolare e duro del plotone. “Per lui era come un qualsiasi giorno in ufficio”, ricorda un soldato. Gibbs iniziò a “fare un giro con il bambino,” cioè a muovere le braccia e la bocca e “agendo come se il ragazzo stesse parlando.” Poi, usando un paio di affilatissime cesoie mediche, troncò un mignolo del ragazzo morto e lo diede a Holmes, come trofeo per aver ucciso il suo primo Afgano.

Secondo i suoi commilitoni, Holmes ha preso a portarsi il dito in un sacchetto a chiusura lampo. “Voleva sempre tenere il dito e voleva essiccarlo”, avrebbe riferito in seguito uno dei suoi amici. “Era orgoglioso del suo dito.”

Dopo l’omicidio, i soldati coinvolti nella morte di Mudin non furono nè disciplinati nè puniti in alcun modo. Incoraggiato, il plotone nel corso dei successivi quattro mesi fu coinvolto in una sparatoria che provocò la morte di almeno altri tre civili innocenti. Quando finalmente l’estate scorsa gli omicidi divennero pubblici, l’Esercito sostenne in maniera aggressiva di considerare gli incidenti come attività di una “unità canaglia” operante completamente in solitario, senza che i suoi superiori ne fossero al corrente. I giudici militari condannarono rapidamente per omicidio cinque soldati di basso rango, e il Pentagono insabbiò ogni informazione circa le uccisioni. Ai soldati della Compagnia Bravo fu impedito di rilasciare interviste, e gli avvocati degli imputati minacciarono i loro clienti di trattamento duro, tra cui l’isolamento, se avessero parlato con la stampa. Nessun ufficiale fu indagato.

Ma una revisione della documentazione interna dell’Esercito e dei file investigativi ottenuti da Rolling Stone, tra cui decine di interviste con i membri della Compagnia Bravo stilate dagli investigatori militari, indica che una dozzina di soldati erano membri di una “squadra omicidi” segreta che operava all’aperto, sotto gli occhi di tutto il resto della truppa. Lungi dall’essere clandestini, come suggeriva il Pentagono, gli omicidi di civili erano di dominio pubblico all’interno dell’unità e considerati illegali da “più o meno l’intero plotone”, come dichiarato da un soldato che si lamentò di questo. Gli omicidi avvenuti erano un argomento di conversazione, e almeno un soldato di un altro battaglione della Brigata Stryker di 3800 uomini partecipò agli attacchi contro civili disarmati. “Il plotone ha la reputazione”, un “soffiatore di fischietto” chiamato Pfc. Justin Stoner ha dichiarato al Comando Investigativo per i Crimini Militari “di aver fatto un sacco di omicidi riuscendo sempre a farla franca”.

Fin dall’inizio, la natura discutibile degli omicidi era sul radar del più alto comando dell’esercito. Pochi giorni dopo il primo omicidio, come ha appreso la rivista Rolling Stone, lo zio di Mudin è sceso fino ai cancelli della Base FOB di Ramrod, insieme a 20 abitanti del villaggio di La Mohammad Kalay, per chiedere un’inchiesta. “Erano seduti davanti alla nostra porta”, ricorda il tenente colonnello David Abrahams, del secondo battaglione in comando. Nel corso di una riunione di quattro ore con lo zio di Mudin, Abrahams fu informato che molti bambini del villaggio avevano visto l’uccisione di Mudin ucciso da parte di soldati del 3° plotone. Il capo battaglione ordinò ai soldati di essere reinterrogati, ma Abrahams trovò che “non vi erano contraddizioni nella loro storia”, e la questione fu abbandonata. “Il discorso era bello che chiuso, per noi a quel punto”, ricorda Abrahams.

Altri ufficiali erano anche in grado di mettere in discussione gli omicidi. Né il terzo comandante di battaglione, il capitano Matthew Quiggle, né il 1° Lt. Roman Ligsay furono ritenuti responsabili per le azioni della loro unità, nonostante la loro ripetuta latitanza nel riferire delle uccisioni che avevano sufficiente ragione di essere considerate come sospette. In effetti, supervisionare il plotone omicida, o anche essere a conoscenza dei crimini, sembra non essere stato di alcun impedimento per l’avanzamento di carriera. Ligsay venne effettivamente promosso capitano, e un sergente che si è unito il plotone nel mese di aprile è diventato un capo della squadra anche se “sapeva fin dall’inizio degli omicidi,” secondo un soldato che ha collaborato all’inchiesta dell’Esercito Americano.

In effetti, sarebbe stato difficile non essere a conoscenza degli omicidi, visto che i soldati del 3° Plotone presero decine e decine di fotografie a testimonianza delle loro uccisioni e del loro tempo trascorso in Afghanistan. Le foto, ottenute da Rolling Stone, sono il ritratto di una cultura in prima linea tra le truppe statunitensi in cui l’uccisione di civili afghani è un motivo di preoccupazione meno che un motivo per festeggiare. “La maggior parte delle persone all’interno dell’unità ha antipatia per il popolo afghano, sia che si tratti della polizia nazionale afgana, dell’esercito nazionale afghano o della gente locale,” spiegò un soldato agli investigatori. “Tutti dicono che sono dei selvaggi”. Una foto mostra una mano senza un dito. Un’altra raffigura una testa mozzata infilata su un bastone, e le altre sono uno spettacolo ancora più sanguinoso, parti di gambe, torsi mutilati. Moltissime mostrano afghani morti, adagiati a terra o sui veicoli Stryker, senza armi in vista.

In molte delle foto non è chiaro se si tratta di corpi civili o Talebani, ed è possibile che le morti non identificate non comportassero atti illeciti da parte dei soldati statunitensi. Ma è una violazione delle norme dell’esercito scattare foto dei morti, per non parlare di condividerle con altri utenti. Tra i soldati, la collezione di foto è stata trattata come un ricordo di guerra. E’ stata trasferita da uomo a uomo su pen drive e hard disk, le immagini raccapriccianti dei cadaveri e delle atrocità di guerra apparivano accanto videoclip di spettacoli televisivi, combattimenti UFC e film come Iron Man 2. Un soldato ne ha fatta una cartella, che ha messo a disposizione di tutti coloro che gliel’hanno chiesta.

La collezione comprende anche una serie di video girati da soldati americani. In un filmato di 30 minuti intitolato “Motorcycle Kill”, dei soldati che si credeva fossero di un altro battaglione della Brigata Stryker sparano a due afghani su una moto che potevano essere armati. Uno dei file più agghiaccianti mostra due afghani sospettati di aver installato uno IED saltare in aria in un raid aereo. Filmato attraverso immagini termiche, le immagini sgranate sono state montate in un video musicale, con tanto di colonna sonora rock e un titolo che recita ‘Zona della morte’.

Anche prima che i crimini di guerra divenissero pubblici, il Pentagono è ricorso a misure straordinarie per eliminare le foto – uno sforzo che ha raggiunto i livelli più elevati di entrambi i governi. Il generale Stanley McChrystal e il presidente Hamid Karzai sono stati informati delle foto già a maggio, e l’esercito ha lanciato un massiccio sforzo per rintracciare tutti i file ed eliminare le immagini dalla circolazione prima che potesse uscire fuori uno scandalo sul modello di Abu Ghraib. Gli investigatori in Afghanistan hanno cercato i dischi rigidi e confiscato il computer di più di una dozzina di soldati, ordinando loro di cancellare eventuali immagini provocatorie. Il comando Investigativo per i Crimini Militari ha anche inviato agenti a ventaglio in tutta l’America per le case dei soldati e dei loro parenti, raccogliendo tutte le copie dei file che potevano trovare. Il messaggio era chiaro: quello che succede in Afghanistan rimane in Afghanistan.

Eliminando le foto, comunque, l’Esercito può anche aver cercato di tener segreta la prova che le uccisioni di civili sono andate al di là di pochi uomini del 3° Plotone. In un’immagine, due afghani morti sono stati legati insieme, le mani legate, e collocati lungo una strada. Un cartello – scritto a mano sul cartoncino di una scatola di razioni di scarto – appeso al collo. Si legge “I Talebani sono morti”. Il Pentagono dichiara che sta esaminando le foto, ma insiste sul fatto che gli investigatori non possano fare molto di più per identificare gli uomini. “E’ un mistero”, dice un portavoce del Pentagono. “Per essere onesto, io non sono sicuro che ci sia modo di procedere. Tutto quello che abbiamo sono due afghani apparentemente morti ammanettati tra di loro appoggiati ad un segnale stradale. Non sappiamo molto più di questo. Per quanto ne sappiamo, quei due ragazzi potrebbero essere stati uccisi dai talebani per essere nostri simpatizzanti”.

Ma tali affermazioni suggeriscono che il Pentagono non stia seguendo alcuna pista. Nella foto un veicolo Stryker, ad esempio, porta segni di identificazione che sono chiaramente visibili nell’immagine. E secondo una fonte della Compagnia Bravo, che ha parlato con la rivista Rolling Stone a condizione di rimanere anonimo, nelle foto i due uomini disarmati sono stati uccisi dai soldati di un altro plotone, che non è ancora stato implicato nello scandalo.

“Sono stati alcuni agricoltori innocenti ad essere stati uccisi”, dice la fonte. “La loro procedura operativa standard dopo l’allegra uccisione è stata quella di trascinarli fino al lato della strada.”

I giudici militari insistono sul fatto che la colpa degli omicidi spettasse ad un soldato al fondo del sistema totemico della Brigata Stryker: Gibbs Calvino, un veterano di tre campagne tra Iraq e Afghanistan che militava come capo squadra nel 3° Plotone. Morlock e cinque soldati accusati di reati minori si dichiararono colpevoli in cambio di testimoniare contro Gibbs, che trascorre la vita in carcere con tre capi di accusa per omicidio premeditato.

Il sergente di 26 anni, è stato ampiamente descritto come un sociopatico di proporzioni mitiche, un killer folle con un “odio puro per tutti gli afghani” che era odiato e temuto da chi lo circondava. Ma il ritratto omette la prova che gli investigatori militari raccolsero dagli stessi soldati della Compagnia Bravo. “Gibbs è molto ben voluto nel plotone dai superiori, colleghi e subordinati allo stesso modo”, Spc. Adam Kelly riferisce, aggiungendo che Gibbs era “uno dei migliori sottufficiali con cui io abbia mai avuto il piacere di lavorare nella mia carriera militare. Credo che grazie alla sua esperienza, più gente è tornata viva e illesa di quello che sarebbe successo se lui non avesse fatto parte del plotone.” Un altro soldato descrisse Gibbs come un “ragazzo ottimista, molto divertente. Era uno di quei ragazzi con cui si poteva parlare di qualsiasi cosa e ti faceva vivere meglio la situazione”.

Un metro e novantacinque e 99 chili, Gibbs potrebbe certamente intimidire chiunque gli stia intorno. Cresciuto in una devota famiglia mormone a Billings, nel Montana, aveva abbandonato la scuola superiore per ottenere il diploma equivalente arruolarndosi nell’esercito. Si immerge nel ruolo del soldato, accumulando una sfilza di medaglie in Iraq, dove il confine tra legittima difesa e di morti civili era spesso al meglio confuso. Nel 2004, Gibbs e gli altri soldati avrebbero sparato contro una famiglia inerme irachena vicino a Kirkuk, uccidendo due adulti e un bambino. L’incidente, che all’epoca non fu perseguito, è ora sotto inchiesta da parte dell’esercito.

Prima di entrare nella Compagnia Bravo nel novembre 2009, Gibbs lavorò nella sicurezza personale di uno dei comandanti in Afghanistan, un controverso colonnello schietto di nome Harry Tunnell. Tunnell, che all’epoca era il comandante della 5° Stryker Brigade, derideva apertamente l’approccio militare di counterinsurgency (anti-insurrezione ndt) – che sottolinea la necessità di ottenere il sostegno dei civili locali – definito “scienziato sociale”. “La correttezza politica impone che non si possa parlare di misure oppressive impiegate durante le campagne di counterinsurgency di successo”, ha scritto. Tunnell anche spinto i suoi uomini a diventare “cacciatore guerriglieri killer”, insistendo sul fatto che il nemico “deve essere attaccato senza tregua.”

Quando Gibbs lasciò Tunnell e arrivò al fronte, divenne rapidamente una versione estrema di un attaccante implacabile. Dopo aver preso il comando, Gibbs mise una bandiera pirata sulla sua tenda. “Ehi, fratello”, disse ad un amico. “Vieni giù in prima linea e troveremo qualcuno da uccidere”. Un suo tatuaggio sullo stinco sinistro era caratterizzato da una coppia di fucili incrociati completato da sei teschi. Tre dei teschi, colorati in rosso, rappresentavano le sue uccisioni in Iraq. Gli altri, in blu, erano quelle in Afghanistan.

Nel momento in cui era arrivato Gibbs, il morale nella Brigata Stryker aveva toccato il fondo. Solo quattro mesi prima, l’unità era stata inviata in Afghanistan in mezzo a un coro di ottimismo sui suoi veicoli a otto ruote corazzati, un avanzamento tecnologico che avrebbe permesso alla fanteria di spostarsi sul campo di battaglia in modo più rapido e sicuro, permettendo alle truppe Usa di combattere meglio contro i Talebani. A dicembre, però, quelle speranze si dissolsero. I Talebani avevano costretto gli Strykers lontano delle strade semplicemente aumentando le dimensioni e la forza esplosiva dei loro IED, e la brigata aveva subito perdite terribili, un battaglione aveva perso più soldati in azione di qualsiasi dall’inizio della guerra. Gibbs, infatti, fu portato li dopo che un capo squadra aveva visto le sue gambe spazzate via da un IED.

I soldati erano annoiati e demoralizzati e arrabbiati. Erano stati inviati in Afghanistan come parte di una nuova avanguardia in missione per rintracciare i Talebani, ma il nemico era introvabile. “Ad essere sincero, non ho potuto vedere la differenza tra cittadini locali e i combattenti”, ha successivamente confessato un soldato. Durante i primi sei mesi in Afghanistan, i talebani evitarono quasi ogni pattuglia che il terzo Plotone inviò. La frustrazione era ad un livello così alto che quando l’unità si imbattè nel corpo di un ribelle ucciso da un elicottero da combattimento nel novembre 2009, un soldato tirò fuori un coltello da caccia e pugnalò il cadavere. Secondo un altro soldato, Gibbs ha iniziato ad armeggiare con un paio di forbici vicino alle mani del morto. “Mi chiedo se queste possono tagliare un dito?” Gibbs chiese.

Il comando del Pentagono, piuttosto che affrontare i problemi di morale, in realtà presenta la brigata ai media come un degno esempio sul progresso della guerra. Il mese dopo l’incidente di elicottero – solo quattro settimane prima dell’inizio della carneficina – il presidente del Joint Chiefs of Staff, l’ammiraglio Mike Mullen, effettuò una visita fortemente pubblicizzata sul territorio. La strategia militare di counterinsurgency, egli ricordò ai membri della quinta Brigata Stryker, imponeva loro di conquistare i cuori e le menti della popolazione attraverso la loro difesa. “Se stiamo uccidendo civili locali”, ha ammonito, “stiamo perdendo dal punto di vista strategico.”

Gibbs ebbe una diversa idea su come infondere nuova vita al terzo Plotone. Non molto tempo dopo il suo arrivo, spiegò ai suoi compagni che non avrebbero dovuto aspettare passivamente di essere attaccati da uno IED nemico. Avrebbero dovuto colpire le persone nelle città note per essere solidali ai Talebani. “Gibbs disse a tutti le sue idee prendendoli uno alla volta – dicendo che tutti questi afghani erano selvaggi, e abbiamo appena perso uno dei nostri capi squadra, perché le gambe sono gli state far saltare da un IED”, ricordò Morlock. Uccidere un afgano – qualsiasi afghano – è diventato un modo per vendicare questa perdita.

I membri della Compagnia Bravo iniziarono a parlare incessantemente di uccidere afgani nella loro quotidianeità, rilassati come se giocassero ad un gioco di ruolo tipo Warhammer. Un’ idea, proposta a guisa di scherzo, fu quella di gettare caramelle da un veicolo Stryker mentre guidavano attraverso un villaggio e sparare ai bambini che accorrevano a raccogliere i dolci. Secondo un’altro soldato, parlavano anche di una seconda idea in cui “avrebbero buttato caramelle di fronte e nel retro dello Stryker. Lo Stryker avrebbe poi investito i bambini passandogli sopra” Un altro piano elaborato e pensato in attesa di un attacco di IED, fu quello di usare l’esplosione come scusa per uccidere civili. In questo modo, i soldati giustificavano che “si poteva sparare a chiunque in zona e farla franca”.

“Siamo stati operativi in ​​luoghi così brutti e non poter fare nulla”, Morlock ha detto in un’intervista telefonica dal carcere misto della Base Lewis-McChord nello stato di Washington. “Credo che sia stato per questo se abbiamo iniziato a prendere le cose nelle nostre mani”.

Dopo aver ucciso il ragazzo afghano a La Mohammad Kalay, i membri del terzo plotone si sentivano giubilanti. “Si complimentavano a vicenda di avere ucciso il ragazzo,” un soldato ricordava. Hanno messo il cadavere in una busta nera e lo hanno sistemato sulla parte superiore del loro Stryker per il viaggio di ritorno a FOB Ramrod. Non appena arrivarono ​​alla base si misero a raccontare la storia anche ai soldati che conoscevano appena.

Poche ore dopo la sparatoria, durante un controllo di routine presso la clinica della base, Holmes e Morlock si vantavano di aver ucciso un ribelle di Alyssa con Reilly, medico di carnagione chiara, capelli biondi, che era popolare tra gli uomini nel gruppo. Reilly dopo aver visitato i ragazzi, si mise con tutti seduti attorno a giocare una partita a picche. Quando arrivò il momento di scommettere, Morlock e Holmes dissero che avrebbero scommesso un dito. Poi gettarono il dito che Gibbs aveva tranciato dal corpo Mudin sulla pila di banconote. “Ho pensato che fosse volgare”, disse Reilly agli investigatori.

Morlock si sentiva particolarmente ansioso di raccontare la verità ai suoi commilitoni, evidentemente incurante di come avrebbero reagito al suo aver ucciso un afghano disarmato. La sera stessa che uccise Mudin, diversi membri della Compagnia Bravo si incontrarono nella privacy di un veicolo Stryker per una fumatina di hashish, un’attività comune nell’unità. L’hashish fornito dai traduttori afgani occupa la maggior parte della giornata di molti soldati; fumano costantemente, alzandosi l’umore all’interno dei loro veicoli, nelle loro unità abitative, anche sulla tavolozza del bagno. Ora, all’interno del carrarmato Stryker, circondati dalla maglia di fili e periscopi e immagini termiche al computer, Morlock passò lo spinello e raccontò l’uccisione nel dettaglio, spiegando anche come fosse stato attento a non lasciare la levetta della granata sul terreno, dove avrebbe potuto essere usata come prova che l’arma degli Stati Uniti era coinvolta nell’attacco. Per lo stesso motivo, era anche stato attento a spazzare via le tracce di polvere esplosiva bianca intorno al corpo di Mudin.

Prima che i militari si trovassero a corto di truppe in Afghanistan e in Iraq, Morlock era il tipo di cattivo ragazzo che l’esercito avrebbe desiderato. Crebbe non lontano da Sarah Palin a Wasilla, in Alaska, sua sorella usciva con Bristol, e Morlock giocava a hockey con Track. In quei giorni, era costantemente in difficoltà: ubriacature e risse, guida senza patente, abbandono della scena in un caso di grave incidente d’auto. Anche dopo che si arruolò nell’esercito, Morlock continuò a mettersi nei guai. Nel 2009, un mese prima che lui fosse schierato in Afghanistan, fu accusato di condotta disordinata dopo aver ustionato la moglie con una sigaretta. Dopo il suo arrivo in Afghanistan, fece uso di qualsiasi altro farmaco su cui poteva mettere le mani: oppio, hashish, Ambien, amitriptilina, Flexeril, Phenergan, codeina, trazodone.

Come Morlock si vantò dell’uccisione, le sue parole sul delitto si diffusero nelle case delle famiglie e di amici. I soldati mandarono le foto ai loro compagni via e-mail e parlarono dell’uccisione durante le visite a casa. Il 14 febbraio, tre mesi prima l’esercito lanciasse la sua inchiesta, Spc. Adam Winfield inviò un messaggio su Facebook a suo padre, Chris, a Cape Coral, Florida. Uno smilzo mangialibri di 21 anni, Winfield era incazzato per essere stato disciplinato da Gibbs. “Ci sono persone nel mio plotone che l’hanno passata liscia con un’omicidio”, disse a suo padre. “Tutti più o meno sanno che è stata una messa in scena…. A nessuno importa.” Winfield aggiune che la vittima era “un ragazzo innocente di circa la mia età, solo un contadino.”

Durante la chiacchierata su Facebook, Winfield continuò a tenere aggiornato suo padre. “Adam mi disse che sentì che il gruppo stava progettando un altro omicidio che coinvolgesse un innocente Afgano,” Chris Winfield, egli stesso un veterano, poi disse agli investigatori. “Stavano per ucciderlo e lasciare un fucile AK-47 su di lui per farlo sembrare il cattivo.” Allarmato, l’anziano Winfield chiamò il centro di comando alla Base di Lewis-McChord, e disse al sergente di turno quello che stava succedendo. Ma secondo Winfield, il sergente semplicemente se ne disinteressò, dicendogli che “cose ​​del genere accadono” e che “sarebbe stato risolto quando Adam fosse tornato a casa.” Tragicamente, i comandanti della base non fecero niente per dare seguito alla relazione.

Tornando in Afghanistan, Winfield stava avendo dei ripensamenti sulla denuncia dei fatti. Credeva che le uccisioni fossero sbagliate, ma aveva finalmente un posto nel “cerchio della fiducia”, eretta da Gibbs, che aveva smesso di pensare a lui come troppo “debole” per appartenere alla squadra omicidi. Inversione di campo, pregò il padre di interrompere il contatto con l’esercito, dicendo che temeva per la sua vita. Winfield disse che Gibbs lo aveva avvertito che se avesse raccontato a qualcuno dell’omicidio, sarebbe “tornato a casa in un sacco da morto”. Suo padre accettò di insabbiare la questione.

Data la latitanza da parte dei loro superiori, i soldati del 3° Plotone ora credevano di poter uccidere impunemente – a condizione che lasciassero “armi goccia” sulla scena per inquadrare le loro vittime come soldati nemici. La presenza di un’arma praticamente garantiva che una sparatoria sarebbe stata considerata legittima difesa, anche sotto le più rigorose norme di ingaggio che i militari avevano pensato come elemento chiave della counterinsurgency. Un’arma goccia era la carta gratuita per l’uscita dal carcere. E nella caotica zona di guerra, era facile da trovare.

I militari tengono un’attenta traccia delle armi e delle munizioni, i soldati documentano accuratamente ogni granata esplosa, ogni rivista esaurita. Così Gibbs svolse affari “off the books” (fuori dai libri, ndt) per ottenere armi attraverso una varietà di canali. Fece amicizia con i ragazzi della Polizia Nazionale Afgana e cercò di commerciare loro riviste porno in cambio di granate con propulsione a razzo, pressionò le altre unità di dargli munizioni, o pezzi rotti e scartati per UXO – gli ordigni inesplosi – prima di aver raccolto un arsenale di armi motley casuale, vecchie granate a frammentazione, code RPG piegate, mine claymore dotto-nastrate, C-4, colpi di mortaio. Il suo miglior lavoro fu un AK-47 con calcio pieghevole e due caricatori, che tirò fuori dai resti di un veicolo della Polizia Nazionale Afgana che era stato fatto saltare in aria nei pressi del cancello della base. Gibbs pose l’AK-47 e i caricatori in una scatola di metallo in uno degli Strykers. Più tardi, un caporale di nome Emmitt Quintal scoprì la pistola e si domandò che cosa stesse facendo lì. Come ricordò, il sergente David Bram “mi fece sedere e mi spiegò che in sostanza serviva per coprirci il culo se fosse successo qualcosa”.

Due settimane dopo l’assassinio di Gul Mudin, a qualcosa servì.

Era la notte del 27 gennaio e il plotone stava guidando lungo l’autostrada vicino alla loro base in avanscoperta operativo. Improvvisamente, attraverso le loro immagini termiche, individuarono una segno di calore umano sul lato della strada – un segno potenzialmente sospetto, in quanto i Talebani spesso di notte, utilizzavano la copertura delle tenebre per sparare missili IED.

La pattuglia si fermò a 100 metri di distanza dall’uomo, e una manciata di soldati e un interprete uscirono dei loro veicoli. Si poteva vedere che l’uomo era accovacciato, o raggomitolato come una palla vicino al suolo. Mentre si avvicinavano, l’uomo si alzò in piedi e tenne le braccia davanti al petto. Per i soldati, il movimento avrebbe potuto essere sia l’indicazione che aveva freddo, sia che stava nascondendo un giubbotto-bomba.

Gridando all’uomo in pashto, i soldati lo illuminarono con faretti intensi ad alta potenza e gli ordinarono di alzare la camicia. Ma l’uomo cominciò a camminare avanti e indietro nella luce bianca accecante, ignorando le loro parole. “Agiva in modo strano”, ricorda un soldato. Per alcuni minuti l’uomo camminava in circolo come i soldati gli spararono colpi di avvertimento contro. I proiettili gli saltavano intorno.

Poi – ignorando gli avvertimenti – l’uomo cominciò a camminare verso le truppe. “Fuoco!” gridò qualcuno. Gibbs aprì il fuoco, seguito da almeno altri cinque soldati. Nel corso di pochi secondi, esplosero circa 40 cartucce.

Il corpo dell’uomo giaceva a terra. Si rivelò essere completamente disarmato. Secondo le dichiarazioni ufficiali rilasciate da alcuni soldati, sembra anche essere stato un sordo o disabile mentale. Sopra la sua barba, mancava una gran parte del suo cranio, spazzato via dalla pioggia di proiettili. Spc. Michael Wagnon raccolse un pezzo di cranio e lo conservò come un trofeo.

Fu la seconda uccisione di un uomo disarmato da parte della squadra in molte settimane, e la seconda volta violarono il corpo. Ma piuttosto che indagare i fatti, gli ufficiali del plotone si concentrarono sul tentativo di giustificarla. Quando il 1st Lt. Roman Ligsay comunicò via radio al capitano Matthew Quiggle, comandante del plotone, e lo informò che la stessa unità aveva sparato a un maschio afgano inerme, il capitano diventò furioso. “Credeva fortemente che avessimo illegittimamente ucciso un cittadino locale”, ricorda Quintal.

Quiggle ordinò a Ligsay cercare fino a quando avessero trovato un’arma”. Il Lt. Ligsay era abbastanza fuori di sè”, ricorda Quintal. “Era certo che stava per perdere il suo posto di lavoro”. Per un’ora il plotone spazzolò la zona con le loro torce elettriche alla ricerca di armi, ma non riuscirono a trovare nulla.

Poi il sergente Bram ordinò a Quintal di portargli a mano l’AK-47 e i caricatori che Gibbs aveva riposto nella scatola di metallo nello Stryker. Un soldato semplice denominato Justin Stoner eseguì. Pochi minuti dopo, una voce gridò nel buio. “Signore!” urlò Bram. “Penso di aver trovato qualcosa.”

Il Lt. Ligsay si avvicinò e vide le munizioni nere che giaceva a terra. Confermò e il plotone tirò un sospiro di sollievo. I membri della squadra omicidi sapevano che era una cartucciera di goccia (messa li volutamente ndt), ma trasformò la sparatoria in un omicidio legittimo.

“L’incidente fu inscenato per far sembrare che lui avesse un’arma,” disse Stoner agli investigatori. “Fondamentalmente, quello che abbiamo fatto è stata una ricerca disperata per giustificare l’uccisione di questo ragazzo. Ma in realtà era solo un ragazzo vecchio, sordo e ritardato.
Fondamentalmente fu un’esecuzione”.

Secondo le regole di ingaggio, però, l’Esercito Americano ancora considera l’uomo responsabile della sua stessa morte. Perché ignorò gli avvertimenti del plotone e si mosse nella loro direzione, nessuno fu accusato della sua uccisione – anche se l’esercito sa bene che è stato ucciso da soldati intenti a sparare per sport ai civili inermi.

Nel giro di un mese, secondo l’esercito, Gibbs uccise un altro civile e mise un’arma sul suo corpo. Fu durante l’Operazione Kodak Moment, una missione di routine per fare fotografie e compilare una banca dati dei residenti di sesso maschile di un villaggio chiamato Kari Kheyl. Il 22 febbraio, giorno della missione, Gibbs nascose l’AK-47 che aveva ricevuto dalla Polizia Nazionale Afgana in una confezione nera. Mentre il plotone si faceva strada attraverso il villaggio, si recò alla capanna di Marach Agha, un uomo che era sospettato di appartenere ai Talebani e gli ordinò di uscire.

Prima di tutto Gibbs sparò con l’AK-47 contro un muro vicino e lasciò cadere l’arma ai piedi di Agha. Poi sparò all’uomo a distanza ravvicinata con il suo fucile M4. Morlock e Wagnon lo accompagnarono con un paio delle loro raffiche. Con la messa in scena così svoltasi, Gibbs scrisse il rapporto.

Il sergente Sprague fu uno dei primi a contestarlo. Gibbs affermava di aver svoltato un angolo e visto l’uomo, che gli aveva sparato contro con l’AK-47, solo per trovarsi con il fucile inceppato. Ma quando Sprague prese il Kalashnikov, sembrava essere in perfette condizioni. Poco tempo dopo, mentre camminava in un vicolo polveroso del villaggio, Sprague stesso fu attaccato dal fuoco di armi leggere. Lui rispose istintivamente premendo il grilletto sull’AK-47 -e l’arma sparò “senza alcun problema”.

Sprague segnalò la discrepanza al Ten. Ligsay. Quando il corpo fu identificato, i parenti riferirono che Agha era un uomo profondamente religioso, che non avrebbe mai imbracciato delle armi. Egli “non sapeva come usare un AK-47”, dissero a Ligsay. Ancora una volta, però, nessuna azione fu intrapresa, né Gibbs fu disciplinato.

Con i loro comandanti che ripetutamente omettevano di indagare, la squadra omicidi stava cominciando a sentirsi invulnerabile. Per incoraggiare i soldati di altre sezioni a prendere di mira i civili disarmati, Gibbs prese una delle granate “off the books” che aveva sgraffignato e la diede ad un amico di un altro battaglione, il sergente. Robert Stevens. “E’ apparsa in una scatola sulla mia scrivania”, ha ricordato Stevens, un medico anziano. “Quando ho aperto la scatola, ho visto una scatola metallica, che aveva una granata all’interno avvolta in un calzino sporco verde”. Intuendo che il calzino fosse una specie di scherzo, Stevens lo gettò via. Più tardi, quando vide Gibbs, questi gli disse, con riferimento alla granata:

“Hai ricevuto quell’altra cosa?” Gibbs chiese.

“Che cosa, la calza?” Stevens disse.

“No, quello che era nel calzino”, Gibbs rispose.

Dentro la calza, Gibbs aveva messo un dito umano tagliato.

Stevens recepì il messaggio. Il 10 marzo, mentre il suo convoglio stava guidando lungo l’autostrada 1, la strada centrale che collega Kandahar al nord, Stevens mise la testa fuori dalla botola aperta del suo Stryker e gettò la granata. Questa esplose alcuni secondi dopo di quanto avesse previsto, e quando esplose, colpì il veicolo. Stevens cominciò subito a sparare nel villaggio di capanne vicino, urlando a un altro membro del plotone di fare lo stesso. “Fottiamoli, Morgan!” gridò. “Avanti, spara!”

Nessuna vittima fu segnalata nell’incidente, ma Stevens guadagnò una medaglia al merito e una tessera medica per il combattimento. Stevens in seguito ammise di aver architettato l’imboscata, non solo perché voleva liberarsi della granata illegale, ma perché “voleva raggiungere i ragazzi della compagnia” che erano stati premiati, 14 dei quali erano in seguito a sparatorie. Tutti i premi furono revocati quando l’esercito venne a conoscenza che l’attacco era stato una simulazione.

La messa in scena dell’attacco di Stevens suggerì una nuova maniera per prendere di mira i civili Afgani. Oltre a obiettivi di avvicinamento a piedi, Gibbs decise di usare il suo Stryker come una piattaforma di tiro, offrendo una maggiore mobilità con la protezione della corazza. In un gioco perverso, il veicolo che si era rivelato inefficace per combattere i Talebani stava per essere rivolto contro la popolazione che avrebbe dovuto difendere.

Il 18 marzo, durante una corsa di manutenzione nei pressi del campo aereo di Kandahar, l’unità passava una zona abitata della città. Secondo un soldato, Gibbs aprì il portello mentre lo Stryker era in movimento e gettò fuori una granata. Come questa esplose con un forte scoppio, schegge di granata colpirono lo Stryker. “RPG!” Gibbs gridò. “RPG!” Il Sgt. Darren Jones, che aveva discusso dei finti attacchi con Gibbs, aprì il fuoco indiscriminatamente sulla popolazione locale, che freneticamente fuggirono per evitare i colpi in arrivo. Gibbs alzò la M4 e fece fuoco.

Non c’è modo di sapere quante furono, in questo caso, le vittime provocate dalla sparatoria. Il Lt. Ligsay, che era in Stryker stesso con Gibbs e Jones, sostenne che riteneva erroneamente che l’attacco fosse autentico e ordinò al convoglio di continuare a muoversi. Il plotone non ritornò nella zona per una valutazione del danno provocato dallo scontro, e non ci furono registrazioni.

Poche settimane più tardi, un giorno verso la fine di marzo o all’inizio di aprile, i membri del terzo plotone spararono su civili inermi due volte nello stesso giorno, ad indicare un loro crescente senso di invincibilità. Cinque soldati pattugliavano un campo d’uva nel distretto di Zhari quando avvistarono tre uomini disarmati. Secondo Stevens, Gibbs ha ordinato ai soldati di aprire il fuoco, anche se gli uomini erano in posizione eretta e non rappresentava alcuna minaccia. Tutti e cinque i soldati hanno sparato contro gli uomini, che però sono riusciti a fuggire illesi. Gibbs non era contento. “Ha detto che avevamo bisogno di lavorare sulla precisione”, Stevens ricordò, “perché non sembra che qualcuno si sia fatto male.”

Quella stessa sera, mentre Manning si affacciava dalla torre di guardia su un campo nel distretto di Zhari, i soldati del 3° plotone gli avevano espressamente detto di non sparare a un anziano agricoltore a cui era stato concesso il permesso di lavorare la terra nelle vicinanze. Nonostante l’avvertimento, due soldati spararono al contadino come se fosse un combattente armato. Ancora una volta non riuscirono a colpire il bersaglio, ma l’ufficiale di servizio era furioso. “Questo agricoltore non era mai stato un problema”, ha poi detto agli investigatori. “Ha 60-70 anni.”

Una mattina di primavera, Gibbs si avvicinò a Morlock con quello che sembrava un ananas in metallo luccicante di piccole dimensioni. “Ehi, amico, ho trovato questa granata russa”, disse. Gibbs aggiunse che l’arma sarebbe stata lo strumento perfetto per fingere un altro attacco, dal momento che i talebani erano noti per portare esplosivi russi. A Morlock piaceva l’idea. La sera prima, parlando con un gruppo di soldati fuori dalle loro stanze con i letti castello, aveva annunciato che stava cercando di uccidere un altro Haji, un termine dispregiativo che le truppe Usa in Iraq e Afghanistan usano per indicare i musulmani. Un soldato che aveva preso parte alla conversazione ridusse tutto a delle chiacchiere. “Non pensavo veramente in ciò che fu detto”, disse agli investigatori, “perché i soldati dicono cose del genere per tutto il tempo.”

La mattina del 2 maggio, il plotone era attivo in un pattugliamento di routine in un villaggio chiamato Qualaday, a poche miglia dalla base. A seguito della procedura standard, i dirigenti dell’unità entrarono in una casa per parlare con un uomo che era stato precedentemente arrestato per detenere uno IED. Con ciò il resto del plotone fu inavvertitamente lasciato libero di vagare per il villaggio in cerca di obiettivi, senza doversi preoccupare della supervisione di un ufficiale.

Fuori dalla casa, Morlock fu sentito istruire Winfield su come far esplodere la bomba, avvisandolo di buttarsi a terra al momento dell’esplosione. Poi i due soldati si mossero con Gibbs. Nelle vicinanze, in un campo recintato pieno di bambini, scelsero un uomo con la barba bianca e lo scortarono fuori. “Sembrava amichevole”, ha ricordato Winfield. “non sembrava avere alcun tipo di animosità nei nostri confronti.”

Gibbs si rivolse ai suoi uomini. “Volete far fuori questo tipo o no?” chiese. Morlock e Winfield convennero che l’uomo sembrava perfetto.

Gibbs camminò con l’Afgano fino a un fosso lì vicino e lo costrinse in ginocchio, e gli ordinò di rimanere in quel modo. Poi pose Morlock e Winfield in posizione prona dietro un piccolo muro di sabbia a non più di 10 metri di distanza. “Per essere onesti,” Morlock ha poi raccontato agli inquirenti, “io e Winfield pensavamo che noi stessi saremmo esplosi, perchè eravamo così fottutamente vicini”.

Con tutti in posizione, Gibbs prese riparo dietro un muretto e mostrò la granata all’Afgano. “Tutto apposto ragazzi, massacratelo!” gridò. “Uccidete quel tipo, uccidete quel tipo!”

Mentre la granata veniva mostrata, Morlock e Winfield aprirono il fuoco. Morlock scaricò diverse cartucce con la sua M4. Winfield, che era armato con una più potente mitragliatrice, esplose una raffica che durò per tre-cinque secondi.

Gibbs gridò a Morlock di procedere alla fase successiva del piano. “Alzati e piazza quella cazzo di granata!”

L’uomo giaceva nel punto in cui era caduto. Uno dei suoi piedi era stato spazzato via da un proiettile, l’altra gamba mancava sotto il ginocchio. Morlock corse e lasciò cadere la granata russa a forma di ananas vicino alla mano del morto. Gibbs si avvicinò al corpo, si pose direttamente su di esso, e sparò due volte nella testa dell’uomo, mandandogli in frantumi la mascella.

Più tardi, quando la scena si fu calmata – dopo che i soldati avevano spinto via la moglie del morto e bambini, che urlavano, resi isterici dal dolore, e Morlock aveva raccontato la storia ai capi – Gibbs tirò fuori un paio di forbici mediche e tagliò il dito mignolo sinistro del cadavere, che tenne per sé. Poi, indossando un guanto chirurgico, aprì la bocca del morto, tirò fuori un dente e lo porse a Winfield.

Winfield ebbe il dente per un po’. Poi lo gettò via, lasciandolo da qualche parte per terra indietro nel villaggio di Qualaday.

Questa volta, però, gli abitanti del villaggio rifiutarono di tranquillizzarsi. Il morto, si scoprì, era un pacifico religioso di nome Padre Mullah Allah. Due giorni dopo, l’assassinio provocò un putiferio in un consiglio distrettuale a cui partecipò il capitano Quiggle, comandante dell’unità. Il leader del distretto si lanciò in un attacco pesante nei confronti del plotone. “Più o meno ci disse che abbiamo piantato la granata con l’obiettivo di sparare al tipo”, ha ricordato il 1st Lt. Stefan Moye, che scortò Quiggle alla riunione.

Ma il giorno dopo, invece di lanciare un’inchiesta sul comportamento del plotone, Quiggle inviò Moye sulla scena della sparatoria per verificare il danno. Con Gibbs che bazzicava lì vicino, il tenente trovò due anziani abitanti del villaggio che sostenevano di aver visto Padre Allah Mullah armeggiare con una granata. Sollevato, Moye li esortò a diffondere la voce. “Questo è il tipo di cose che i Talebani amano usare contro di noi e cercare di reclutare persone per combatterci”, disse.

La sua missione era compiuta, Moye lasciò il villaggio con la sensazione che il plotone avrebbe potuto tornare ai suoi ritmi abituali. “Dopo che”, disse, “tutto tornò alla normalità”.

Le cose sarebbero rimaste “normali”, e le uccisioni sarebbero continuate, se non fosse stato per quello che era iniziato come un banale battibecco tra camerati. Verso mezzanotte, la sera stessa che Moye tornò dalla pacificazione con gli anziani del villaggio, il Pfc. Stoner entrò nel centro tattico della compagnia operativa per presentare un reclamo. Stoner, che aveva contribuito a piazzare il caricatore dell’AK-47 sui civili uccisi lungo la strada statale, disse che era stanco di certi soldati della sua unità che trasformavano la sua camera in “una baracca di fumatori di hashish”. Preoccupato per l’odore persistente che lo avrebbe sballato, aveva chiesto loro di trovare un altro posto per farsi. Quelli avevano rifiutato, fermandosi solo per rimuovere la batteria del rivelatore di fumo della stanza.

“Hanno affumicato la stanza così tante volte fino a quando non puzzava costantemente”, disse Stoner. “Ero preoccupato per il mio posto di lavoro.” Sottolineando che non era una spia, Stoner disse che il sergente di turno non voleva mettere nei guai i suoi compagni. Poi, in un crescendo emotivo, ricordò che “lui e un mucchio di altri ragazzi avevano fatto fuori un locale lungo l’Autostrada nr 1”. Il sergente non prese abbastanza sul serio la storia da riferirla lungo la catena di comando. “Ho pensato che era semplicemente sconvolto e aveva bisogno di parlare con qualcuno a proposito dell’incidente”, ha poi ricordato. Invece di avvisare i suoi superiori sull’accusa dell’omicidio, il sergente Stoner ha semplicemente assicurato che la questione delle fumate di hashish nella sua stanza sarebbe stata gestita con calma, e che la sua identità sarebbe stata mantenuta riservata.

Ma la discrezione non era esattamente il punto di forza dell’unità. Il giorno dopo, tutti sapevano che Stoner aveva fatto la spia. “Tutti si misero in panico”, ricorda Quintal. Gibbs, che non si preoccupava per l’hashish, riunì i membri della squadra omicidi nella sua stanza. “Abbiamo bisogno di affrontare la situazione con Stoner”, riferì, disse. “Snitches get stitches .” (“le spie vanno riparate”, ndt)

Il 6 maggio, Gibbs e altri sei soldati scesero nella camera di Stoner, chiudendo la porta dietro di loro, e attaccarono Stoner mentre era seduto sul suo letto. Afferrandolo per la gola, lo trascinarono a terra e gli si accatastarono sopra, colpendolo duramente ma facendo attenzione ad evitare i colpi al volto che avrebbero potuto lasciare lividi visibili. “Sono stato quattro anni nell’Esercito”, Morlock disse mentre colpiva Stoner con pugni nello stomaco. “Come hai potuto farmi questo?” Prima di uscire colpirono Stoner tra le gambe e gli sputarono in faccia.

Poche ore più tardi, Gibbs e Morlock tornarono nella camera di Stoner. Trovarono Stoner seduto sul suo letto, ancora stordito dalla violenza, Morlock gli spiegò che il pestaggio non si sarebbe ripetuto di nuovo, fino a quando Stoner avesse tenuto la bocca chiusa “da questa fottuta ora in poi”. Se Stoner fosse stato sleale ancora una volta, aveva avvertito Gibbs, sarebbe stato ucciso la prima volta che sarebbe uscito di pattuglia. “E’ facilissimo”, aggiunse, spiegando che avrebbe potuto nascondere il corpo di Stoner in una barriera Hesco, una delle strutture temporanee utilizzate per fortificare le posizioni degli Stati Uniti.

Poi Gibbs mise la mano in tasca e tirò fuori un pezzo di stoffa. Apertolo, gettò due dita mozzate sul pavimento, con pezzi di pelle ancora appesi intorno all’osso. Se Stoner non vuole finire come “quel tizio,” disse Morlock, sarebbe stato meglio “farla finita.” che, dopo tutto, aggiunse, aveva “già fatto abbastanza pratica” nell’uccidere gente.

Stoner non aveva dubbi che sarebbe stato Morlock ad eseguire quella minaccia. “Fondamentalmente, credo che Morlock mi avrebbe ucciso se ne avesse avuto la possibilità”, disse più tardi.

Ma quel pestaggio fu la rovina della squadra omicidi. Quando l’assistente medico esaminò Stoner il giorno dopo, vide i lividi che ricoprivano il suo corpo. Vide anche il grande tatuaggio sulla schiena di Stoner. In stile gotico, sotto un teschio rosso ghignante affiancato da due truci mietitori, si legge:

Che cosa succede se non sono l’eroe

Che cosa succede se non sono il cattivo

Stoner fu inviato a parlare con gli investigatori dell’Esercito. Nel corso della narrazione dell’aggressione, descrisse come Gibbs avesse gettato le dita mozzate sul pavimento. Gli investigatori gli chiesero come Gibbs fosse venuto in possesso delle dita. Stoner gli disse che era perché il plotone aveva ucciso molte persone innocenti.

A quel punto, gli investigatori chiesero a Stoner di iniziare dal principio. Quando il plotone aveva ucciso persone innocenti? Poco a poco, Stoner raccontò tutta la storia, fece i nomi e i luoghi e i tempi.

Quando gli altri membri del plotone furono chiamati e interrogati, molti confermarono il racconto di Stoner e fecero una descrizione delle sparatorie per gli investigatori. Morlock, che si rivelò particolarmente socievole, accettò di parlare in una videocassetta. Rilassato e indifferente di fronte alla telecamera, descrisse gli omicidi in dettaglio e con disinvoltura.

La confessione di Morlock iniziò una intensa ricerca di prove. Quando gli investigatori dell’Esercito, sono stati spediti a FOB Ramrod, sono andati dritti alla cima di una barriera Hesco vicino all’unità abitativa di Gibbs. Proprio dove Morlock aveva detto che ci sarebbe stato, hanno trovato il fondo di una bottiglia di plastica contenente due pezzi di stoffa. All’interno di ogni pezzo di stoffa c’era un dito umano tagliato. Ma poi accadde una cosa strana. Quando gli investigatori confrontarono le impronte di due dita a quelle nel database della compagnia, le stampe non corrisposero. O le registrazioni erano state manovesse, il che era abbastanza possibile, o c’erano stati più morti là fuori di quelli noti.

La scorsa settimana, il 23 marzo, Morlock è stato condannato a 24 anni di carcere dopo aver accettato di testimoniare contro Gibbs. “L’esercito vuole Gibbs”, dice un avvocato della difesa. “Vogliono gettarlo in prigione ed andare avanti.” Gibbs insiste sul fatto che tutti e tre gli omicidi a cui ha preso parte sono stati “legittimi conflitti a fuoco”. Anche altri tre altri soldati di basso livello indagati per omicidio – Winfield, Holmes e Wagnon – sostengono la loro innocenza. Come per gli altri uomini nella Compagnia Bravo, cinque sono già stati condannati per reati minori, tra cui il consumo di droga, accoltellamento di un cadavere e pestaggio di Stoner. Nel mese di dicembre, il sergente Stevens è stato condannato a nove mesi di prigione dopo aver accettato di testimoniare contro Gibbs. E’ stato degradato al rango più basso di servizio – semplice E-1 – ma nonostante le proteste dei procuratori militari, gli fu permesso di restare nell’esercito.

Finora, però, nessun ufficiale o alto funzionario è stato accusato in entrambi gli omicidi o nell’operazione di insabbiamento. Lo scorso ottobre, l’esercito tranquillamente avviò un’indagine a parte, guidata dal Generale di Brigata Stefan Twitty, sulla questione cruciale della responsabilità ufficiale. Ma i risultati di tale indagine, che si concluse il mese scorso, sono stati tenuti segreti – e l’esercito si rifiuta di dichiarare se ha disciplinato o retrocesso uno dei comandanti responsabili del 3° Plotone. Anche se gli ufficiali non erano complici nei crimini, hanno ripetutamente ignorato i chiari segnali di pericolo e hanno consentito che un letale atteggiamento razzista pervadesse la loro unità. Infatti, il risentimento nei confronti degli afgani era così comune tra i soldati del plotone che, quando Morlock si trovò ad essere interrogato dagli investigatori dell’Esercito, non espresse alcuna pietà o rimorso per gli omicidi.

Verso la fine dell’intervista a Morlock, la conversazione si spostò sula mentalità che aveva permesso il verificarsi degli omicidi. “A nessuno nel plotone – al comandante di plotone, al sergente di plotone – a nessuno gli frega un cazzo di quelle persone”, disse Morlock.

Poi si appoggiò allo schienale della sedia e sbadigliò, riassunse il modo in cui i suoi superiori vedono il popolo dell’Afghanistan. “Qualche merda va giù”, disse, “e ti arriva una pacca sulla schiena dal sergente di plotone: buon lavoro. Fanculo.”

Mark Boal
Fonte: www.uruknet.org.uk
Link: http://www.uruknet.org.uk/?p=m76297
28.03.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ELFONS

LE FOTO CENSURATE
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Il 15 gennaio 2010, soldati USA della Compagnia Bravo con base vicino Kandahar giustiziarono Gul Mudin, un ragazzo afgano disarmato di circa 15 anni, nel villaggio di La Mohammad Kalay. Secondo le testimonianze due soldati Cpl. Jeremy Morlock e Pfc. Andrew Holmes organizzarono una messa in scena per far credere di essere sotto attacco. Ordinando al ragazzo di stare fermo si accovacciarono dietro un muro e lanciarono verso di lui una granata aprendo il fuoco a distanza ravvicinata. Questa foto mostra il corpo di Mudin vicino al muro dove fu ucciso.

Seguendo la procedura di routine dell’esercito necessaria dopo ogni morte sul campo di battaglia i soldati tolgono i vestiti del ragazzo morto denudandolo per individuare tatuaggi. Qui vengono mostrati mentre scannerizzano l’iride e le impronte digitali, usando uno scanner biometrico portatile
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In una pausa fuori dal protocollo, i soldati si fanno fotografare per celebrare le loro uccisioni. Nelle foto, Morlock sorride mentre posa vicino al corpo di Mudin. Da notare che il mignolo destro del ragazzo sembra essere stato reciso. Secondo resoconti il sergente Calvin Gibbs usò un rasoio per tagliare il dito, presentandolo a Holmes come un trofeo del suo primo afgano ucciso.

Holmes posa con il corpo di Mudin. Secondo un soldato, Holmes portò con sé il dito di Mudin in una borsa chiusa. “Voleva tenere il dito per sempre e voleva farlo seccare”, avrebbe detto un suo amico in seguito. “Era orgoglioso del suo dito.”

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Prima dell’uccisione di Mudin, nel novembre 2009, ai soldati della Compagnia Bravo fu ordinato di recuperare il corpo di un ribelle ucciso dai razzi di un elicottero da combattimento. Mentre recuperavano i resti, mostrati nella foto, un soldato tirò fuori un coltello da caccia e pugnalò il cadavere. Il sergente Gibbs, che era diventato da poco il leader della squadra, iniziò a giocare con un paio di forbici vicino alle mani dell’uomo morto. “Chissà se riescono a tagliare un dito?” chiese Gibbs.

Una pistola trovata sulla scena. Gibbs di norma raccoglieva queste armi e le metteva sui corpi dei civili disarmati che uccidevano, per far credere che fossero combattenti nemici. La presenza di una “drop weapon” garantiva virtualmente che l’uccisione doveva essere considerata una morte legittima.
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Il Caporale Jeremy Morlock con la pistola trovata sulla scena. Gibbs fu deluso per il passaggio dell’arma alle autorità militari secondo il protocollo militare, impedendogli di usarla come “drop weapon”.

Prima che i militari si trovassero a corto di truppe in Afghanistan e Iraq, Morlock era il tipo di cattivo ragazzo scartato dall’esercito. Era cresciuto non lontano da Sarah Palin a Wasilla, Alaska; sempre nei pasticci, guidava senza patente, si ubriacava e partecipava a risse.
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Anche dopo essersi arruolato nell’esercito Morlock continuò ad avere problemi. Nel 2009, un mese prima di essere dislocato in Afghanistan, fu accusato di aver bruciato sua moglie con una sigaretta. Dopo il suo arrivo in Afghanistan, fece uso di qualsiasi droga che riuscì a trovare.

Morlock posa con un bimbo afgano. Le foto raccolte dai soldati includono molte foto di bambini, spesso presentate insieme a immagini di incidenti sanguinosi. A un certo punto, soldati del terzo plotone parlarono delle caramelle offerte quando passavano con il veicolo militare attraverso i villaggi sparando ai bambini che correvano a prenderle.
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Un’altra foto di bimbi afgani. Secondo un soldato, alcuni membri del terzo plotone parlarono anche del lancio di caramelle davanti e dietro il veicolo militare investendo i bambini.

Il sergente Gibbs sul retro del veicolo militare, è visibile un paio di forbici nella tasca della sua uniforme. Gibbs presumibilmente usò un paio di forbici per tagliare le dita di almeno due afgani civili uccisi da membri del suo plotone.
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Un soldato non identificato accanto ai rottami di un automezzo della polizia afgana che era stato fatto saltare in aria nei pressi del cancello della base. Dentro l’automezzo Gibbs trovò un AK-47 funzionante con il calcio pieghevole e due caricatori. Secondo testimoni, Gibbs mise la AK-47 e i caricatori in una scatola di metallo in uno degli automezzi Strykers e più tardi li usò come “drop weapons” per dimostrare che due civili disarmati che il plotone uccise erano nemici combattenti.

L’esercito ha cercato di tenere segreta la prova di uccisioni di civili. In questa immagine, i corpi di due uomini afgani sono stati legati insieme e collocati lungo una strada.
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Un cartello – scritto a mano su cartone di una scatola di razioni – appeso al collo di due uomini morti. Si legge: Talebani morti. Secondo una fonte di Bravo Company, che ha parlato a condizione di anonimato, gli uomini sono stati uccisi dai soldati di un altro plotone, che non è ancora stato coinvolto nello scandalo. “Sono due agricoltori innocenti uccisi”, dice la fonte. “La loro procedura operativa standard dopo l’uccisione è stata quella di trascinarli fino al lato della strada.”

La serie di foto comprende immagini diverse, decine di vittime non identificate, compresa questa di una testa mozzata. In molte delle foto non è chiaro se i corpi sono di civili o talebani. E’ possibile che i morti non identificati siano estranei al 3° plotone, e non coinvolgano in atti illeciti da parte dei soldati statunitensi. Ma fare foto, per non parlare di condividerle con altri, è una chiara violazione delle norme dell’esercito.
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L’immagine mostra due gambe mozzate non identificate. Questa foto è circolata tra i membri della Bravo Company. Anche se tali corpi non identificati sono stati combattenti nemici piuttosto che civili innocenti, la loro inclusione nella raccolta di foto rivela uno scioccante disprezzo per la vita umana.

Sintesi e traduzione delle didascalie a cura DI MARI

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