LA RABBIA DELLE ELITES CULTURALI

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DI YU SHAN

cluborlov.blogspot.it

Nell’estate del 1966 a mia zia capitò un certo sfortunato incidente: in quel momento la rivoluzione culturale, avvenimento politico messo in atto da Mao Zedong, cominciava a cambiare il paese. Quello stesso anno moltissimi studenti americani protestavano contro la guerra in Vietnam e Leonid Breznev era il segretario del partito comunista sovietico, dopo esser subentrato all’incostante Nikita Kruschchev due anni prima. A quel tempo mia zia era studentessa al primo anno di Letteratura all’Università Fudan di Shangai.

Capitava che mia zia, al tempo donna sensibile e un po’ sognatrice, si ostinasse ad indulgere in certi gusti musicali che in quei giorni iniziavano ad essere considerati come politicamente inappropriati, dal momento che, nel gergo ideologico allora di moda riflettevano “una estetica borghese decadente e revisionista”. In mezzo alla sua collezione di dischi teneva però anche un esemplare della “Cenere dei Monti Urali” (Уральская Рябинушка), canzone folk russa in cui una ragazza incontra due ragazzi gentili sotto un albero di frassino e deve scegliere tra loro due, canzone eseguita dal coro nazionale della repubblica socialista sovietica d’Ucraina. Un vecchio LP a 78 giri. Aveva un emblema rosso nel centro fregiato con un “CCCP”.

Una delle coinquiline di mia zia, che probabilmente la teneva in antipatia da tempo per qualche motivo, notò questo e riferì all’autorità. Per questa infrazione “piuttosto seria” membri studenteschi della guardia rossa la costrinsero a distruggere pubblicamente il suo amato disco e poi ad inginocchiarsi sui frammenti e recitare delle scuse a Mao mentre i suoi colleghi studenti le lanciavano spazzatura in faccia gridando “abbasso i revisionisti sovietici!”. Questa generazione di cinesi, che vestiva l’uniforme della guardia rossa, allora andava in giro a picchiare la gente e distruggeva oggetti del patrimonio culturale, adesso vive con le pensioni del Governo o di piccoli guadagni da piccole attività, alcuni però hanno prosperato e si possono incontrare tra i volti più importanti delle elites culturali, politiche ed economiche della Cina contemporanea.

L’episodio mi ritornò in mente quando, nell’estate del 2014, mi capitò di guardare dei video di attivisti studenteschi Ucraini intenti a invadere all’improvviso aule universitarie nel corso delle lezioni per intimare a tutti di cantare l’inno nazionale Ucraino ed in seguito a forzare il professore a scusarsi poiché la lezione non era sufficientemente patriottica. Si assisteva anche a disarmanti spettacoli in cui i “nemici del popolo” (colpevoli solo di aver servito sotto il presidente Yanukovich) venivano trasportati in parata dentro cassonetti dell’immondizia. Nelle scuole ucraine i bambini venivano fatti saltare su e giù, dicendogli che chiunque non saltava era un Moscal (termine derogatorio per Russo).
Se aggiungiamo questo alla distruzione di monumenti pubblici in memoria della Seconda guerra mondiale e la ridicola riscrittura della storia messa in atto (a quanto pare adesso, durante la seconda guerra mondiale fu la Germania a liberare l’Ucraina, ma poi la Russia invase ed occupò la Germania!) ne ricaviamo una impressione completa: il movimento ucraino Maidan fa parte della specie delle “rivoluzioni culturali”. Il nuovo termine di moda diffuso in giro è “direzione culturale”, che è praticamente sinonimo del vecchio “rivoluzione culturale”, entrambi non resistono alla necessità di umiliazioni di massa e distruzioni.

Nel 1971 la guerra del Vietnam si avviava verso un epilogo agonizzante e, dal punto di vista del Governo Americano, molto inconcludente. Nello stesso anno il dottor Henry Kissinger faceva un viaggio segreto a Pechino, volando da un aeroporto militare in Pakistan. A questo seguì l’incontro congiunto Nixon-Kissinger/Mao del 1972, con la storica stretta di mano tra Nixon e Mao, completando il ridirezionamento culturale della Cina verso occidente e il distacco dall’Unione sovietica. Retrospettivamente si tratta esattamente di una pugnalata alle spalle dell’Unione sovietica, sia in senso geopolitico che ideologico. Il corpo decrepito e inflessibile dell’Unione sovietica non si riprese mai dalla ferita di questa pugnalata, fino al momento del suo collasso finale, provocato due decenni dopo da molteplici cause interne ed esterne.

A fine Febbraio 2014, mentre l’Ucraina stava mettendo in atto il suo distacco dalla Russia ed avvicinamento ad occidente, intervistai un esperto capitano del “settore di destra”, un gruppo nazionalista radicale ucraino con stile neonazista. Questo grosso uomo dava un’impressione aggressiva con il suo vestiario paramilitare, ed arrivò accompagnato da guardie del corpo, ma alla fine si dimostrò piuttosto cordiale. Era contento di incontrarmi perché sembro cinese. Parlava russo, in maniera riluttante, dopo aver dichiarato che si vergognava di farlo (questo è tipico, gli Ucraini usano l’ucraino per declamare slogan nazionalistici, ma se hanno bisogno di parlare in modo sensato lo intervallano con il russo). Mi disse che aveva servito nell’Armata rossa di stanza nel lontano oriente, al confine cinese. Mi disse che sperava che presto la Cina avrebbe fatto “qualcosa di grosso” in Siberia.

Questa fu l’unica volta che incontrai questo rappresentante del settore di destra. E’ facile a dirsi che il recente avvicinamento di rapporti tra Russia e Cina ha deluso le sue aspettative rispetto alla Siberia. Le chiare espressioni di solidarietà verso la Russia del Governo Cinese a partire da marzo 2014 sono ormai un fatto acquisito. Ma sarebbe stato meno scoraggiato lui, e molto più scoraggiati i numerosi sostenitori internazionali della Russia, se fossero stati in grado di leggere commenti su social Cinesi del tipo “La Crimea alla Russia, la Siberia alla Cina!” o “Putler penderà da un lampione!” o “Gloria all’Ucraina, la Cina sta col mondo civilizzato!”

Per spiegare cosa si nasconde dietro a questo fenomeno che colpisce certi utenti Internet cinesi, vecchi e giovani, ci tocca introdurre un neologismo cinese “Gong Zhi” (公知). Il significato letterale è “intellettuale pubblico”, ma è usato in maniera sarcastica o offensiva. Denota un individuo socialmente popolare, di successo e di moda, spesso coinvolto nei mass media e che per varie ragioni ha milioni di followers su Twitter ed altri social network. Questi individui ogni giorno, spesso ogni ora, fanno commenti sagaci e mordaci su qualsiasi argomento politico o sociale, e per completare con l’interesse umano, sui loro caleidoscopici stati emotivi.

In un contesto russo/ucraino, esistono figure più o meno analoghe come Ksenya Sobchak, Irina Khakamada, Masha Gessen, Lesha Navalny o il vecchio Boris Nemtsov. Il pubblico di questi personaggi consiste in quella che in Russia o Ucraina viene definita “classe creativa”, o “creacl” (креакл) in breve. In Cina non esiste termine analogo ma decisamente esiste un gruppo sociale analogo, e nella stragrande maggioranza dei casi sono coloro che seguono e adorano il “gong Zhi”. Molti di loro, nonostante ci tengano parecchio a mantenere un aspetto giovanile, sono gente nata negli anni ’50 o ’60, in altri termini sono ex guardie rosse che hanno ottenuto successo economico diventando portavoce informali di quella che ritengono una nuova ideologia e una nuova “spinta culturale” tecnologicamente stimolata.

La ragione della popolarità di tale ideologia risiede nell’uso di un kit di frasi e parole canoniche da cui è semplice generare delle semplici narrazioni basate su clichés. Include: edificio istituzionale, società civile, legge, rafforzare la democrazia, aumentare la trasparenza, crescita economica, imprenditoria, innovazione, privatizzazione, buona amministrazione, competenza occidentale, valore umano, diritti umani, diritti delle donne, diritti delle minoranze. C’è anche un mantra; al posto di “OMing”, “loro ad occidente”, dicono occidente, occidente, occidente. I valori occidentali, la civiltà occidentale, occidente, occidente, occidente. Non importa se queste componenti del kit falliscono ad applicarsi alla realtà; sono articoli di fede e non di ragione.

Opposta a tutta questa bontà occidentale vi è l’orribile, indicibile “orientalità” della Russia. E qui troviamo un altro kit composito, dal quale si può ricavare qualsiasi numero di slogan russofobi: Putin/Stalin, tirannia, gulag, basso tasso di natalità, alcolismo, mafia, corruzione, stagnazione, aggressione, invasione, minaccia nucleare, repressione politica, la “nazione morente”. Non importa se niente di questo riflette la realtà, ancora una volta si tratta di elementi di fede, non di ragione. E la ragione per cui la Russia sarebbe orribile, è, chiaramente, la gente russa. Quando si sveglieranno? Saranno mai in grado di sollevarsi e scacciare il dittatore, il tiranno? Diverranno mai civili, normali, felici, “cool”, OCCIDENTALI?… come noi siamo già, o almeno come vorremmo essere… come saremo un giorno se gli occidentali ci raccolgono ci portano a casa e fanno l’amore con noi…

Lo scopo generale di questa mascherata culturale è quello della trasformazione personale, del riciclaggio di immagine: “Se sembriamo occidentali e ci atteggiamo all’occidentale, diventeremo occidentali, saremo ricchi, “cool”, accettati, prosperi e civilizzati. E ciò che ce lo impedisce è “quel paese” e “quella gente” che sono così sfigati, così fuori moda, così non occidentali. Non c’è niente da fare con loro, quindi tanto vale accettare fondi da donatori occidentali che desiderano destabilizzare la Russia e spendere questi soldi a organizzare partiti di opposizione virtuali come bambine che organizzano feste per le loro bambole. Così otterremo tantissima copertura mediatica simpatizzante, e ogni cosa che faremo non potrà che funzionare!”

Eventi, tendenze e movimenti come descritti sopra si sono verificati in momenti storici molto diversi ed in parti non contigue del mondo ma hanno tutti in comune il tono esageratamente emotivo e l’orientamento verso un solo scopo: ostacolare la Russia, nelle parole e possibilmente nei fatti.
Ed ecco invece la realtà dei fatti:

E’ molto complicato distinguere gli ucraini dai russi. Circa il 90% delle conversazioni che si possono origliare nella metropolitana di Kiev sono e probabilmente continueranno ad essere in russo, da alcuni parlato con un accento, da altri quasi senza nessun accento. Un uomo o donna di Yaroslavl (dove Boris Nemtsov aveva ottenuto un posto nel governo regionale) si può senza alcuno sforzo confondere nella folla della metro di Kiev. Se un russo o ucraino viaggiano nella metro di Pechino è ovvio distinguerli.

Altrettanto semplici da distinguere dal resto della folla nella metro di Kiev sono turisti, reporter, rappresentanti di ONG o cercatori di moglie americani. I segni sono evidenti: comportamento, modo di parlare ed espressione facciale, a prescindere dai tratti etnici o sociali. Ma la maggior parte dei giovani studenti ucraini che gridavano e saltavano a piazza Maidan sarebbero molto fieri di mostrare la loro abilità nel parlare Inglese, bene o meno, e a farsi vedere ad uscire con americani. Come mai gli ucraini vorrebbero abbandonare le loro pelli russe e recitare la parte di americani?

E gli americani, sarebbero per qualche strana e mistica natura collettiva spontaneamente anti-russi? “Noi”, Gli americani con cui ho vissuto, studiato e lavorato per anni sarebbero anti-russi? No, chiaramente no. Certamente siamo contro qualcos’altro. Provate a osservare per un paio di minuti la faccia di Victoria Nuland, Jan Psaki, Samantha Power o Hillary Clinton. Non ricordano forse a tutti quanti noi, americani normali di etnie varie di “quelle fighe” per cui siamo stati costretti a competere nei nostri anni studenteschi? Non sono forse tante femministe radicali liberali che hanno incasinato i nostri verdi, freschi e ingenui giorni del college? Bene, adesso che non siamo più così arrapati e stupidi, adesso che loro sono rugose e cadenti (o rifatte e gonfie di botox) non vorremmo tutti inginocchiarci metaforicamente e ringraziare Gesù, Yahveh, Allah o chi per loro per non essere finiti per sposarci con un simile esemplare?

Ma la nostra nazione, un tempo terra della libertà e casa dei coraggiosi sta sprofondando. Lo sappiamo tutti in fondo. L’armata dei cloni di Victoria Nuland come un crudele e malizioso pettegolezzo da liceo, come il riflesso della faccia di una strega in un fiume avvelenato, si sta diffondendo in ogni angolo e piega del paese, ovunque. Incontriamo i suoi avatar e simili ovunque, a Hollywood, nelle case editrici, università, scuole, asili, negli ascensori per salire ai nostri uffici, e chiaramente tra le pagine del Washington Post o del New York Times.

L’inquisitiva, originale, senza paura ribelle e individualista anima americana sta scadendo sul suo letto di morte sotto l’aria condizionata. L’America non è piu un luogo interessante. Quando è stata l’ultima volta che abbiamo sentito di un nuovo cantante paragonabile a Tom Waits o Suzanne Vega? Quale di questi cantanti hip hop coi pantaloni larghi ha mai sentito parlare di Robert Altman, Wim Wenders, Gore Vidal, John Cassavetes? Tutto questo sta cessando di esistere e tutto ciò è iniziato più o meno nello stesso periodo in cui quelle che sembrano e parlano come Victoria Nuland hanno iniziato a spuntare come funghi nelle Università d’America, in massa.

30 anni sono la porzione della mia vita che la sorte ha collocato in America. Come non-filosofo, non-psicologo, non-storico della cultura, attesto con la mia giovinezza irrimediabilmente perduta che il declino dell’America, spirituale, intellettuale, culturale, romantico, letterario, linguistico e politico, senza precedenti e senza spiegazione, si manifestò misteriosamente e biblicamente nello stesso periodo.

Nell’arco dei medesimi ultimi 30 anni il mondo ha assistito alla miracolosa ascesa dell’economia cinese, con i famosi rapidi profitti che io non ho potuto osservare da vicino. Ma al contrario l’osservazione della amara e terminale malattia americana mi ha insegnato qualcosa. Ad esempio, quando la gente parla della Cina come della prossima America, mi chiedo: i 1,4 miliardi di cinesi saranno buoni vicini ed una compagnia interessante? Saranno apprezzati e apprezzabili o finiranno anche loro per essere similmente considerati come rozzi e impudenti, ignoranti e aggressivi, avari, egoisti, coglioni e puttane?

Rispetto alla mia patria d’origine e ai miei conterranei ho opinioni ed emozioni contrastanti. I segnali di partenza non sono promettenti. I drastici e deprimenti contrasti nei modi di fare tra il tipico turista cinese e i docili e tranquilli abitanti
locali di Hong Kong, Tokyo, Taiwan, Singapore, dell’est dell’Asia intera sono un cattivo segno. Nel 2014 gli sfoghi di isterica e futile ostilità verso la Russia da parte della incapace “classe creativa” cinese e le masse di navigatori internet che le seguono mi sembrano un segno ulteriore. Coloro che ripongono grosse speranze in un’alleanza geopolitica Cina-Russia farebbero meglio a tenere a mente queste cose.

Tenere a mente cosa esattamente? Ciò che va sempre tenuto in mente sono le patologie psichiche collettive delle popolazioni, generalmente occulte, che si manifestano in genere in tendenze intellettuali vane e nocive, sostenute dalla corrispondente elite culturale nevrotica e dubbia. Tale patologia ha tutto a che vedere con l’identità personale.

Per le “classi creative” russo/ucraine l’America rappresenta il posto più figo del mondo, l’Olimpo della “coolness”, al quale tendere intellettualmente, culturalmente ed emotivamente, se non fisicamente. Questo perché l’America non rappresenta per loro solo una teoria o un argomento, ma una profonda fonte di auto-identificazione emotiva, questo risveglia in essi fuoco e rabbia ogni volta che qualcuno pare impedirgli di crogiolarsi dentro l’aura di questa autoidentificazione. Diventano simili ad adolescenti che si vestono coi vestiti fighi per andare alla discoteca figa ma gli viene proibito di vestire quei vestiti ed andare a quella discoteca. Perché? Perché non sono così fighi come credono e perché questi ragazzi cool (americani) se ne fregano di loro e non vogliono essergli amici.

I problemi politici, economici e sociali attuali sono di secondaria importanza. Quello che veramente conta è che loro, l’elite culturale, la “classe creativa”, i ragazzi fighi che si sentono tanto più fighi degli altri, si sentono insultati e gli viene negato rispetto di sé. Sono arrabbiati perché la vita vera in Russia/Ucraina o in Cina non riflette il concetto della “coolness” a cui tanto aspirano. La Russia acquista una designazione speciale in questa linea di discorso, o narrazione culturale: il maggiore antagonista della “coolness”. Anche prima del golpe di febbraio 2014, l’Ucraina dell’est era considerata il “ground zero” di Sovok, la terra dei sovietici retrogradi, schiavi arretrati che impedivano all’Ucraina bella e cool di godere finalmente della sua coolness occidentale.

Non dimenticherò mai la vista degli arti spezzati di una ragazzina di 5 anni del Donbass, o gli stracci di uno scialle insanguinato vicino a una nonna maciullata sparpagliati sul terreno. Cosa hanno fatto loro, e decine di migliaia come loro, per meritare questa fine? Sulla metro di Kiev, il più della gente sembra modesta, educata, umile e occasionalmente molto gentile. Nell’ultimo anno molti di loro sembrano anche stufi, preoccupati, indifferenti, esausti. In ogni caso non si può notare neanche una minima differenza in tratti, pelle, struttura ossea e nel modesto ma decente stile di vestiario tra questa gente nella metro a Kiev e la bambina o la nonna morte nel Donbass. Tutto perché qualcuno vorrebbe essere “cool” , per il capriccio di qualcuno che non è riuscito ad essere cool come voleva.

Tornando all’America, ipotetico Olimpo del cool, muoviamoci tra i marciapiedi pieni di spazzatura del Queens, o negli innumerevoli vicoli di Brooklyn, entrando nell’ascensore poco illuminato di un palazzo di uffici a Manhattan dove incontriamo un’altra simile di Victoria Nuland, inizio a capire. L’anno 2014 è stato l’anno fatale dell’improvvisa rivelazione di chi è chi e cosa è cosa, come un coltello affilato che taglia una vecchia tenda impolverata. Non pensiamo a cospirazioni o oscuri e complessi piani geopolitici. Questi appartengono a una generazione diversa, quando la gente poteva essere avara e crudele, ma dove comunque erano in grado di distinguere la realtà dalla finzione. Quella era l’era dell’imperialismo occidentale, da tempo finita. Churchill, Roosevelt, Nixon, sono morti tutti; Kissinger ha 90 anni. I loro rimpiazzi non pensano in termini di Realpolitik; pensano in termini ottici e abitano una sala di specchi congegnata per generare l’illusione ottica della loro allucinata grandezza.

Non pensiamo alla realtà ma piuttosto a nevrosi, ossessione, allucinazione e perpetua adolescenza psichica (mentre la vera adolescenza e persino la menopausa sono passate da tempo senza accorgersene). In mezzo a questa gente cova un fuoco di rabbia così impetuoso e casuale che neanche Nietzsche o Sartre nelle loro più diaboliche rivelazioni esistenziali potevano prevedere nulla di simile.

Questo è il nuovo Zeitgeist nello stato avanzato di decadimento della coscienza collettiva dell’elite culturale e politica americana e delle loro groupie d’oltreoceano. Può spiegare la loro relazione spericolata e maniacale col Maidan ucraino, la loro rinnovata ma al momento impotente rabbia anti-russa, e la loro odiosa, narcisistica indifferenza alla tragedia che la popolazione ucraina deve vivere e soffrire.

Di Yu Shan (corrispondente speciale di club Orlov a Kiev)

Fonte: http://cluborlov.blogspot.it

Link: http://cluborlov.blogspot.it/2015/03/the-rage-of-cultural-elites.html

17.03.2015

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CONZI

 

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