LA POSTA IN GIOCO NON E' DILMA. MA LA DEMOCRAZIA

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DI ROBERTO AMARAL

Prendendo spunto dalla politica nazionale italiana, da quella romana e dalla recente vicenda portoghese segnaliamo un articolo sul “paventato impeachment” per la Presidente Dilma, in Brasile.
“Certe cose” ormai succedono frequentemente – non solo nei paesi dove prima è arrivata la guerra per liberare il popolo da governi eletti-ma-non-non-funzionali – ma anche in tranquilli paesi liberi e democratici, su cui in molti avevamo guardato come a possibili modelli di sviluppo. (La Redazione di CdC)

Settori della sinistra brasiliana affermano che la loro difesa del mandato del Presidente Dilma Rousseff dipende dal cambiamento nella politica economica della Presidente. Una strategia che la sinistra sta portando avanti con una valutazione sula squadra di governo che non permette di difendere il mandato perché quella politica economica è indifendibile.

Così, come quasi sempre, grazie a una prima lettura dei vecchi catechismi, la politica della sinistra si incontra nuovamente con la destra nell’opporsi al Presidente e, anche se per ragioni diverse, butta acqua sul fuoco già acceso dell’impeachment del quale, se si verificasse, sarà allo stesso tempo attore di secondo piano e vittima a medio termine.

La storia non si ripete, ma, si sa, è ricorrente qui da noi: nel lontano 1954 la destra e la sinistra, Lacerdistas e comunisti, scesero in piazza e all’unisono chiesero la deposizione di Vargas. E il risultato fu quello che fu: un governo conservatore di Café Filho, guidato da Eugenio Gudin, Juarez Tàvora e Eduardo Gomes.

La posta in gioco, di questi tempi, non è il governo Dilma, ma la legittimità di un mandato ricevuto dalla sovranità popolare che, finora, non è mai stata contestata. In questo caso, si tratta di una questione di principio: la difesa della sovranità popolare come unica fonte del potere. Per la difesa di questo principio (che deve essere al di sopra delle circostanze e delle contingenze), non si deve prendere in considerazione se il governo sia di destra o di sinistra, se sia efficiente o se non lo sia, se sia il governo dei nostri sogni e se quello dei nostri incubi.

Bisogna solo chiedersi se è un governo legittimo e legale. E la risposta in questo caso è affermativa. Questo è il punto di vista dei liberali, della sinistra e di segmenti del centro-sinistra; già la destra non la pensa così: con un colpo di mano vuole l’impeachment per andare a prendersi quel governo che i sondaggi le hanno negato.

Oltre ad essere titolare di un governo legittimo, il Presidente è legalmente intangibile dal tentativo di impeachment, che in questo modo per la mancanza di un sostegno giuridico, diventa un esplicito tentativo di colpo di stato.

Consapevolmente, Dilma non ha commesso nessun “delitto” tra quelli previsti dalla legge e che giustifichino la misura estrema. A differenza di Collor e, a differenza del presidente della Camera dei Rappresentanti – dal quale, tra l’altro, dipende l’iniziativa per l’apertura del processo di impeachment presidenziale. Segnale dei tempi, nient’altro.

La difesa del mandato di Dilma – un imperativo per la storia – non chiede che si debba difendere, anche la sua politica economica, così come non si deve badare alle critiche per il ‘riaggiusto’ – e non solo a quelle – tutto ciò non deve impedire la difesa del mandato, anche perché questa politica economica non cambierà con una eventuale deposizione del presidente.

Al contrario, la strada per cambiare la politica – che potrà intraprendere il neoliberismo-affarismo – dipenderà dalla forza che potrà racogliere il governo. In altre parole: in questa situazione, chiunque succederà a Dilma – chiunque esso sia – imporrà al paese una politica economica ancora più conservatrice.

Per spiegare meglio.

Solo una nuova correlazione di forze – che dovranno passare per le strade e per i movimenti sociali – sarà in grado di garantire il cambiamento della politica economica, anche con lo stesso governo Dilma.

Solo una nuova correlazione di forze nella società – trovando il modo per mettere fuori gioco la classe (politica) infedele che è al potere al Congresso – sarà in grado di garantire la ripresa dello sviluppo economico, della distribuzione del reddito, di tassare le grandi fortune (tassare i redditi oltre i 50 milioni di Reais annui al 5%, ci darebbe un guadagno di circa 90 miliardi di Reais l’anno), di tassare gli utili sul capitale, di modificare le aliquote di imposta sul reddito, facendo in modo di potersi poi concentrare su reddito e patrimonio.

Solo un governo politicamente e socialmente forte può contrastare la speculazione, ridurre i tassi di interesse, controllare il cambio e adottare una politica coraggiosa capace di combattere l’evasione fiscale, quello di cui, comprensibilmente, non parla né il FIESP (Federação das Indústrias do Estado de São Paulo), né il FIRJAN (Federação das Indústrias do Estado do Rio de Janeiro), né il CNI (Confederação Nacional da Indústria), per non parlare del CNC o di chiunque altro.

Bisogna tenere a mente che la difesa dell’ordine democratico, la legittimità del voto, la sovranità popolare sono l’unica fonte del potere, sono il punto di partenza, ma questo non basta, perché la posta in gioco nel nostro paese supera la difesa del mandato del presidente Dilma. Si tratta di fermare l’avanzata delle riconquiste dei conservatori, che avrebbero la strada aperta nell’era post Dilma.

Ma che cosa potrebbe essere questo post-Dilma, se non il rafforzamento delle forze conservatrici e reazionarie che, oggi sotto il comando di Eduardo Cunha, già stanno lavorando per promuovere una revisione virtuale della costituzione del 1988, a cominciare con la rimozione delle maggiori conquiste sociali?

La destra ha già spiegato il programma del suo leader e, nelle aule del parlamento, sono state date delle anticipazioni del programma: la precarietà e la terziarizzazione del lavoro in generale e, in particolare, lo smantellamento dello Statuto della famiglia (escludendo falla sua protezione più della metà delle famiglie brasiliane), la revoca dello statuto del Disarmo, la riduzione delle risorse destinate a programmi come la “Bolsa Familia” (già annunciata da uno dei relatori della proposta di bilancio per il 2016), la fine della delimitazione delle terre indigene, la riscossione delle tasse per le università pubbliche, la volontà di considerare i movimenti sociali come il terrorismo.

Simbolo di tutto questo regredire della civiltà è il progetto Cunha – di chi altro potrebbe essere? – già approvato dalla commissione per Costituzione e Giustizia della Camera dei Rappresentanti, un progetto che costringe praticamente le donne povere a dover accettare la gravidanza frutto di uno stupro.

Settori della sinistra indecisi insieme ai liberali, incantati dal canto reazionario, hanno ancora bisogno di riflettere (perché è il momento di riflettere!) su quello che potrebbe essere, per noi, un governo conservatore, perché solo questo sarà – conservatore e reazionario – che arriverà sulla scia di un possibile impeachment, il solo governo che avrà una possibilità di succedere al governo Dilma.

Un governo conservatore porterà una grave battuta d’arresto per le politiche distributive (torneremo al “’prima dobbiamo far crescere la torta e dopo potremo tagliarla a fette” come ai tempi della dittatura), alla piena liberalizzazione del sistema finanziario, al taglio delle prestazioni sociali – prime vittime della “politiche di austerità fiscale”.

La de-nazionalizzazione delle industrie strategiche e finalmente si arriverà alla Petrobras, poi, per dessert, seguirà la progettazione nazionale. Un governo conservatore ci metterà le redini e ci porterà ad essere di nuovo subordinati, per molti, molti anni, alle politiche e agli interessi degli Stati Uniti di cui torneremo ad essere tra i satelliti più piccoli; Significherà la rinuncia ad una nostra politica estera indipendente e all’esercizio di un nostro ruolo in Sud America, colpendo così tutti i progetti di sviluppo autonomo dei nostri vicini. Sarà la fine del Mercosur e dell’UNASUR e il ritorno dell’ALCA (Área de Libre Comercio de las Américas) così sicuramente assumeremo lo status di colonia moderna.

Sarà per noi l’esclusione da qualsiasi possibilità di uno sviluppo sovrano.

In sintesi, finalmente, sarà realizzato il sogno perseguito da FHC ( l’ex Presidente Fernando Henrique Cardoso) , accarezzato fin dalla nascita del PSDB (Partido da Social Democracia Brasileira.), nato da una costola del PMDB (Partido del Movimiento Democrático Brasileño) , da cui ha preso il suo DNA: Sarà la fine dell’era Vargas, vale a dire, la fine delle politiche distributive e della tutela del lavoro, la fine di qualsiasi miglioramento per le classi emarginate, per lo sviluppo, nel pieno rispetto delle regole del monopolio del capitalismo finanziario.

Le nostre ‘élite economiche hanno coscienza di classe da vendere. Chi vuole può anche illudersi …..

Roberto Amaral scrittore e ex-ministro della Scienza e Tecnologia

Fonte: http://www.alainet.org/

Link: http://www.alainet.org/es/node/173357

31.10.2015

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario

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