LA PARALISI DEFLATTIVA DELLA BCE PORTA ITALIA, FRANCIA E SPAGNA NELLE TRAPPOLE DEL DEBITO

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DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD
Telegraph

La BCE ha lasciato fare. Negli ultimi cinque mesi la deflazione sta avanzando al tasso annuo del -1,5% nell’eurozona, grazie alle manovre di austerity.

Da settembre i prezzi sono calati al ritmo del 6,5% in Grecia, del 5,6 in Italia, del 4,7 in Spagna, del 4 in Portogallo, del 3 in Slovenia e quasi del 2% in Olanda, in base ai miei calcoli (annualizzati) partendo dai dati mensili di Eurostat.

La risalita dell’euro sul dollaro, sullo yen, lo yuan e sulle divise di Brasile, Turchia e dei paesi asiatici in via di sviluppo è parzialmente responsabile dell’importazione della deflazione. Il trade-weighted index dell’Eurozona è salito del 6% in un anno.

Ma non ci sono scuse. Queste sono le dirette conseguenze della politica monetaria della BCE. Francoforte può rimettere in carreggiata l’euro in qualsiasi momento, se solo volesse opporsi al suo destino infausto. Ha scelto di fare altrimenti, sperando che qualche parola di pace detta con convinzione possa fermare la marea globale.

È difficile stabilire il punto in cui la deflazione si incista in un sistema. I prezzi alla produzione sono scesi dalla metà del 2012. il passo si è velocizzato in febbraio, raggiungendo -1,7%, il declino più forte dalla crisi Lehman. Ma questa volta non siamo di fronte alll’effetto diretto di un crash finanziario. È cronica, e ancora più insidioso.

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Cosa succede ai tassi d’interesse del debito al tasso di “bassa inflazione” dello 0,5%

Il professor Luis Garicano, della London School of Economics, ha detto che i modelli economici usati per prevedere l’inflazione sembrano fuorviare, e comportano gravi incomprensioni. “Hanno bisogno di iniziative molto serie”, ha detto.

Laurence Boone e Ruben Segura-Cayuela, di Bank of America, hanno detto che il loro indice di “sorpresa inflattiva” continua a scendere continuamente nell’eurozona, mentre il segnale di “vulnerabilità deflazionistica” sta già lampeggiando per la gran parte dei paesi UEM.

L’effetto è pesantemente corrosivo, anche se la regione non è mai entrata in deflazione tecnica. La “bassa inflazione” vicina allo 0,5% può fare un macello con le traiettorie del debito se prosegue a lungo, portando nuovamente l’Europa in una crisi debitoria. “La maggiore minaccia alle dinamiche del debito pubblico è un’inflazione inferiore alle attese. Anche solo un’inflazione più bassa del previso, non importa che ci sia una deflazione, porta a un significativo deterioramento delle finanze pubbliche”, ha detto.

La banca ha detto che una “bassinflazione” prolungata potrebbe provocare un aumento dei tassi sul debito fino al 2018, facendo aumentare di 10 punti il debito sul PIL in Francia (105%), di 15 in Italia fino al 148%, e di 24 punti in Spagna (118%).

Questi paesi hanno di fronte un’impresa sisifea. Qualsiasi risultato ottengano dall’austerity verrà sbaragliato dalla forza maggiore della deflazione del debito. Lo stesso “effetto denominatore” – con la massa del debito che aumenta più velocemente del PIL nominale – ingolferà anche il settore privato, che è ancora il tallone di Achille in Spagna, Portogallo e Irlanda.

Moody’s ha detto che la “bassa inflazione” (dallo 0,5 all’1% fino al 2018) farà “ravvivare le preoccupazione sulla sostenibilità del debito“, serrando la morsa sulle famiglie e le aziende con debiti a tasso fisso. Eroderebbe anche gli asset bancari, rendendo possibili alcuni fallimenti, e colpire gli assicuratori sulla vita per problemi di calcolo alle scadenze. “Evitare una decisa deflazione non proteggerà solo l’eurozona da uno shock: la combinazione di bassa crescita e bassa inflazione ha un impatto significativo su tutti i settori dell’economia“, ha detto.

Reza Moghadam, del Fondo Monetario Internazionale, ha detto che anche l’inflazione allo 0,5% minaccia di “soffocare la nascente ripresa” dell’Europa. Aggrava poi il divario Nord-Sud, rendendo ancora più difficile al Club Med il recupero della competitività persa. Gli stati oberati dal debito dovranno apportare svalutazioni ancora più drastiche per guadagnare terreno, ma ciò spingerà in alto i tassi di interesse sul proprio debito. “Ogni punto di aggiustamento relativo dei prezzi dovrà essere perseguito a costo di una maggiroe deflazione del debito“, ha detto.

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Cosa succede ai tassi d’interesse del debito al tasso di “bassa inflazione” dello 0,5%

Un’inflazione molto bassa può beneficiare importanti segmenti della popolazione, principalmente i risparmiatori. Ma nel contesto odierno di enormi problemi di indebitamento, va a detrimento della ripresa dell’eurozona, soprattutto nei paesi più fragili, dove rende vani gli sforzi per ridurre il debito“, ha detto.

Una volta compreso il punto elementare che “rende vani” gli sforzi per controllare il debito, l’idizia spettacolosa delle politiche dell’UEM diventa palese. L’austerity per come è designata è perdente. Il fallimento principale è stato il rifiuto della BCE di compensare le conseguenze della contrazione con uno stimolo monetario sufficiente per far sì che il PIL nominale cresca più velocemente dello stock del debito in Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Grecia, ma non solo in questi paesi.

Ancora una volta, la BCE avrebbe potuto fare altrimenti. Ha scelto di non farlo perché consente che la sua politica monetaria sia infestata dai giudizi morali che vanno al di fuori del suo ambito, dalle dottrice premoderne delle banche centrali o dalla paura di quello che possa dire o non dire la Germania.

Il suo fallimento è evidente soprattutto in Italia, dove il debito è saltato dal 119 al 133% dal 2010, malgrado la stretta fiscale draconiaia e un surplus primario di bilancio. Il premier rockstar Matteo Renzi ha has stormed into office con un suo New Deal di primi 100 giorni, stracciando il copione dell’austerity script and going for broke with supply-side reforms e una scossa fiscale per far partire la crescita.

Antonio Guglielmi, di Mediobanca, ha riferito che i mercato stanno scommettendo che Renzi possa essere un “catalizzatore di discontinuità ” che sia capace di tirare fuori l’Italia dalla sua apparentemente implacabile trappola della bassa crescita, attivando un circolo virtuoso cha alla fine possa velocizzare i limiti dell’economia e tagliare i tassi d’interesse del debito. Ma anche questo scommettitore fiorentino alla fine può fare ben poco contro la follia granitica della costruzione UEM.

Mediobanca ha detto che la sua missione ultima di salvare l’Italia è destinata al fallimento se la BCE non lancerà un quantitative easing per eradicare la deflazione del debito, e se dovrà adempiere al Fiscal Compact dell’UE, costringendo così il paese a un surplus primario di bilancio del 6% del PIL per il prossimo anno.”Spetta a Renzi dare un messaggio chiaro e deciso a Francoforte per alleggerire l’austerità“, ha detto la banca.

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Scopriremo giovedì se la BCE è pronta a porre rimedio col QE, o con qualsiasi altro rimedio. I prestiti alle imprese si stanno contraendo al ritmo del 3%. La BCE ha mancato il suo obbiettivo di inflazione del 2% per 150 punti base, e continuerà a mancarlo di parecchio nel 2015 e nel 2016 in base alle sue stesse previsioni. Si potrebbe dire che stia violando pesantemente il suo mandato, per parlare degli obblighi del Trattato per sostenere la crescita e gli obbiettivi economici dell’Unione, ma ancora se ne sta con le mani in mano.

I critici hanno evidenziato che da anni la crescita dell’aggregato M3 tedesco è stata costantemente tra il 4 e il 5% all’anno, ma non gli riesce dire che la BCE imposta la sua politica monetaria solo negli interessi di un paese, indipendentemente dal grado di devastazione che ora sta toccando anche Finlandia e Paesi Bassi. Se gli altri governatori sono così supini – o proni alla supremazia della Bundesbank – da sopportare tutto questo, allora si meritano questo destino.

Forse ci sarà un leggero taglio ai tassi di interesse, o un tasso negativo sui depositi, o la fine dello sterilizzazione degli acquisti di obbligazioni; o qualche pannicello caldo che arriva con un anno di ritardo, ma manca comunque un trilione e la cosa non farà alcuna differenza. Quando la deflazione si velocizza, ci vogliono iniziative più radicali per gestirla. Jens Weidmann, dalla Bundesbank, ha aperto le porte al QE – in modo davvero tiepido, sembra solo per ragioni tattiche – ma le conseguenze politiche per un’azione simile sono davvero punitive in Germania..

La Bundesbank fu non ebbe voce nel piano di salvataggio della BCE del 2012 (OMT), ma la Germania la voce ce l’ha, un punto che spesso non è ben non compreso dagli analisti anglosassoni. Lo schema fu progettato in concerto con il ministro tedesco delle finanze e ottenne il pieno supporto del Cancelliere Angela Merkel. A una cena privata tre settimane prima dell’OMT, udiì di persona a un alto funzionario tedesco dire che “non vola una mosca nell’eurozona senza l’approvazione di Berlino“, e non ho dubbi che ne fosse convinto. Così funziona l’UEM. Non ci sono segnali che la signora Merkel sia pronta per un QE.

La BCE insiste nel dire che l’ultimo calo dell’inflazione è dovuto alla diminuzione dei costi per l’energia, e che poi si è fermata. È un alibi sospetto. La BCE disse l’opposto nel 2008, alzando i tassi in uno shock petrolifero dicendo che gli effetti dell’energia non sono passeggeri.

In ogni caso, alcuni dei principali analisti energetici mondiali hanno detto il prezzo del petrolio ha appena iniziato a scendere, visto l’aumento della produzione di greggio. La produzione dell’Iraq ha raggiunto il suo massimo da 35 anni. Le esportazioni della Libia sono pronte a salire quanto le milizie ribelli termineranno il blocco. Gli Stati Uniti potrebbe aggiungere 1 milioni di barili al giorno per quest’anno, toccando 11 milioni. Un calo a 80 dollari del prezzo del barile sarebbe un toccasana per i redditi reali che sono in calo in mezza Europa, ma potrebbe anche liberare “aspettative inflattive”, un effetto simile a quello che colpì il Giappone negli anni ’90.

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I timori per la deflazione in Eurozona si moltiplicherebbero se fosse vero che siamo giunti all’apice di un ciclo di crescita economica. Se ciò sia vero, proprio quando Cina e Stati Uniti si avvicinano, rimane da vedere. “Potremmo avere di fronte a noi anni di crescita lenta e inferiore alla attese“, ha detto questa settimana Christine Lagarde del FMI: “Il rischio è che, senza una sufficiente ambizione politica, il mondo potrebbe cadere in una trapporta di bassa crescita per un medio-lungo termine. C’è bisogno di altro monetary easing, comprendendo anche misure non convenzionali“.

Potremmo anche avvicinarci alla fine di un ciclo quinquennale globale, che l’Eurozona si è perso a causa dei suoi errori decisivi. Se così fosse, la regione è solo a un passo dal precipitare in una piena deflazione, che porterà matematicamente l’Italia e altri nell’insolvenza, velocizzando una crisi del debito sovrano troppo grande per essere arginata. È una scelta politica. Ci sono ventiquattro uomini e donne che vogliono che tutto questo accada.

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AMBROSE EVANS-PRITCHARD
Telegraph

Link: ECBs deflation paralysis drives Italy, France and Spain into debt traps

02.04.2014

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da SUPERVICE

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