LA GUERRE EN ROSE

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DI PEPE ESCOBAR

sputniknews.com

“È guerra”. Il Presidente Francois Hollande nel 2005 fa eco a George W. Bush nel 2001. La Francia è entrata nella propria personale “guerra al terrore”, comprensiva di un mini-Patriot Act (“Etat d’urgence”) contro l’ISIS/ISIL/Daesh

Fuori La vie en rose, dentro La guerre en rose. La guerra, nella definizione di Hollande, sarà “senza pietà”.

C’è voluta una carneficina per risvegliare l’establishment francese dal torpore. Fino al 13 novembre – giorno della tragedia di Parigi – per l’Eliseo Bashar al-Assad coincideva con Daesh. Più o meno come Petro Poroshenko in Ucraina era il buono che si opponeva all’ “aggressione russa”.

Infatti l’ “aggressione russa” ha finito per essere aggredita – per mezzo del bombardamento del Metrojet A321 deciso dall’FSB – ancora prima degli attacchi suicidi e delle sparatorie di Parigi.

L’ “aggressione russa” ha già lanciato una seria offensiva contro Daesh, come parte della coalizione “4+1” (Russia, Siria, Iran, Iraq ed Hezbollah). La Francia, invece, sosteneva lo strano e disinteressato attacco da parte dell’inefficiente coalizione guidata dagli Stati Uniti, la quale comprende, tra gli altri, jihadisti salafiti sostenuti, finanziati e armati da Arabia Saudita e Turchia.

La carneficina di Parigi ha cambiato tutto. Al G20 di Antalya, durante un faccia a faccia di 20 minuti con il Presidente Putin, il Presidente Obama sembra abbia finalmente capito il messaggio: sì, sarà guerra. Il nemico, però, non sarà l’ “aggressione russa”, ma Daesh.

Non si dorme fino a Raqqa

La Francia marziale è trafelata. Jean-Yves Le Drian, Ministro della Difesa francese, “ha appena invocato l’articolo 42.7”, come ha tweettato da Bruxelles. Ciò significa che ha chiesto l’aiuto ai partner dell’UE. Secondo il Trattato di Lisbona, in caso di “aggressione armata”, le nazioni dell’UE hanno “un obbligo di aiuto ed assistenza con tutti i mezzi a loro disposizione”.

Questa è la prima volta in assoluto che questo articolo viene invocato.

Quindi l’ “aggressione armata” viene da Daesh, un non-stato che si atteggia a “Califfato” con un indirizzo presso Raqqa, Siria orientale, la capitale del “Califfato”.

Ancora prima di chiedere l’aiuto dell’UE, la Francia stava già bombardando Raqqa, seguendo l’esempio che la Russia stava dando da settimane. Ora il plat du jours geopolitico sono i bombardamenti su Raqqa. Gli esperti di diritto internazionale storceranno il naso riguardo la legalità di tutto questo – considerato che gli attacchi delle forze aeree russe almeno erano formalmente autorizzati da Damasco.

Eufemisticamente, la Francia vuole “maggiore partecipazione militare” dalle altre nazioni dell’UE in “scenari bellici” selezionati. Nella neolingua di Bruxelles, significa bombardare Daesh ovunque in “Siraq” come se non ci fosse un domani.

Dato che la logica di guerra è già stata innescata, il prossimo passo sarebbe l’invocazione dell’articolo 5 della NATO da parte della Francia – il quale afferma che un’ “aggressione armata” ai danni di un alleato è rivolta a tutti – e poi il diritto di dichiarare guerra come “autodifesa”, secondo la Carta dell’ONU.

L’articolo 5 è stato invocato una sola volta: dopo l’11 settembre.

Il Pentagono, che gestisce la NATO, è entusiasta. Il capo Ash Carter si è lasciato scappare “Cercheremo di fare di più, stiamo cercando ogni opportunità per intervenire e attaccare [Daesh], ma abbiamo bisogno che altri entrino in gioco con noi”.

“Entrare in gioco” può significare qualsiasi cosa, Ash del resto non vedeva l’ora che ci fosse guerra. La Russia? Troppo pericolosa. È dotata di tutti quei missili e altre cose nocive. Un mucchio di pazzi in mezzo al deserto? Molto meglio. Dammi un po’ di Shock and Awe, baby.

Per cui ora i veri uomini vanno a Raqqa. Attenzione: uno Shock and Awe remix da parte della NATO ovviamente sarebbe perfetto se portasse con sé conseguenze esplosive e non volute.

Cosa succede nella zona?

Bombardare Raqqa fino a ridurla a un cumulo di macerie potrebbe non aiutare la Francia, o l’UE o addirittura la Russia, per quanto le importa. Una guerra aerea non sradicherà mai Daesh. Non cambierà nulla se membri della coalizione come Turchia ed Arabia Saudita non invocheranno il riot act.

Ankara sta facendo del suo meglio per ignorare le rotte dei rifornimenti usate nel nord della Siria da Daesh.

Dopo che i peshmerga curdi hanno riconquistato Sinjar i collegamenti di Daesh per lo spostamento di truppe tra Mosul in Iraq e Raqqa sono stati completamente interrotti. I Curdi dell’YPG dal canto loro controllano il confine nord tra Siria e Turchia fion all’Eufrate, più un’area a nordovest di Azaz.

Ma c’è un considerevole “buco” nel mezzo, tra Azaz e Jarabulus. Esattamente dove Ankara vuole situare la cosiddetta “zona di sicurezza”, in realtà una base turca avanzata, 30Km all’interno del territorio siriano, in cui in teoria andrebbero a finire centinaia di migliaia di rifugiati, ai quali sarebbe impossibile dirigersi verso Eurolandia.

La Turchia ora si sta giocando un “delicato” ricatto verso l’UE. Ankara vuole tre cose da Bruxelles:

1) Un sacco di soldi, almeno 3 miliardi di euro

2) Un regime di visto libero per i Turchi che viaggiano in Europa

3) La “zona di sicurezza”, un sogno di Erdogan fin dal principio, una no-fly zone nella Siria del nord. La no-fly zone è diretta contro Damasco, manterrebbe intatti i corridoi per i rifornimenti usati da Daesh

Per imporre la “zona di sicurezza”, Ankara vuole copertura diplomatica da parte della NATO – di cui è membro. Ma ciò che Ankara vuole davvero sono truppe di terra, che in parole povere si traduce in “un’invasione da parte della NATO”.

Ecco dove i sogni del Pentagono verrebbero realizzati, dato che una cooperazione militare tra Ankara e Washington è già in atto.

Entra in scena la Russia. Mosca non accetterà mai un’ “invasione” da parte della NATO. Con la terrificante possibilità che le forze della NATO – magari accidentalmente – si scontrino con le forze della coalizione “4+1”.

La Casa di Saud è un ulteriore problema per il doppiogioco turco.

Riepilogo importante. Bandar Bush era stato inviato dalla Casa di Saud per “gestire” l’operazione del cambio di regime in Siria. La sua strategia consisteva nel sostenere una macchina per uccidere di “avanguardia rivoluzionaria”: ISIS/ISIL/Daesh, il quale per ora ha avuto solo un marginale impatto locale.

Il wahabismo estremo praticato da Daesh alla fine ha ridotto tutti i “ribelli moderati” in Siria in unicorni. Mentre i proverbiali e ricchi “donatori” di petroldollari del Golfo continuano a nutrire il mostro, il quale ha giurato di “liberare” non solo il “Siraq”, ma anche La Mecca e Medina.

Il wahabismo saudita è la matrice ideologica di tutte le sfumature jihadiste – Daesh incluso. Non c’è possibilità che Daesh sia sconfitto se i giochi geopolitici della Turchia e la violenta intolleranza wahabita non verranno affrontati a dovere.

Ora torniamo a la guerre en rose.

Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a [email protected].

Fonte: http://sputniknews.com/

Link: http://sputniknews.com/columnists/20151117/1030267769/paris-attacks-war-isil.html

17.11.2015

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione FA RANCO

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