LA GUERRA REINVENTATA SECONDO PUTIN

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DI PETER POMERANTSEV

foreignpolicy.com

Nonostante alcuni deridano la Russia accusandola di pensare all’antica, la strategia di Putin in Ucraina denota una profonda comprensione del contesto geopolitico del XXI secolo.

Il Cremlino, dice Barack Obama, è ancorato ai «vecchi sistemi», tuttora impantanato in una mentalità da Guerra Fredda o comunque tipica del diciannovesimo secolo. In realtà, dietro le scelte fatte dal Cremlino durante la crisi in Ucraina, si può scorgere una autentica mentalità da ventunesimo secolo, che manipola le interconnessioni finanziarie transnazionali, che si serve di media di livello globale, e che è in grado di riconfigurare le alleanze geopolitiche. Non potrebbe darsi che sia l’Occidente quello che è ancorato ai «vecchi sistemi», allorchè il Cremlino rappresenta la avant- garde geopolitica, ispirato da una oscura e sovversiva concezione della globalizzazione?

L’approccio del Cremlino potrebbe essere definito «guerra non lineare», un’espressione comparsa in un racconto scritto da uno dei consiglieri politici più vicini a Putin, Vladislav Surkov, e pubblicato sotto il suo pseudonimo, Nathan Dubovitsky, pochi giorni prima dell’annessione della Crimea. Surkov è considerato l’inventore del sistema di «democrazia gestita» che ha dominato la Russia nel ventunesimo secolo, il cui nuovo portafoglio si incentra sulla politica estera. Il racconto è ambientato in un futuro utopico, in seguito alla «quinta guerra mondiale».

Scrive Surkov: “Si è trattato della prima guerra non lineare. Nelle primitive guerre del diciannovesimo e ventesimo secolo era comune che fossero solo due contendenti a combattersi. Due Paesi, due blocchi. Ora, quattro coalizioni in collisione. Ma non due contro due o tre contro uno. Tutti contro tutti”.

Questo è un mondo dove i vecchi paradigmi geo-politici non reggono più. Mentre il Cremlino fronteggia l’Occidente, allo stesso tempo gioca d’azzardo e fa sì che le vecchie alleanze come l’UE o la NATO risultino meno importanti, nel ventunesimo secolo, dei nuovi legami commerciali che ha instaurato con società nominalmente «occidentali», come BP, Exxon, Mercedes, BASF. Nel frattempo, molti paesi occidentali accolgono a braccia aperte i flussi finanziari di dubbia natura provenienti dallo spazio post-sovietico; fa parte dei loro modelli economici, e nessuno si sogna di discuterli. Finora, l’azzardo del Cremlino sembra pagare, in quanto le considerazioni finanziarie riescono a frenare le sanzioni. Parte delle motivazioni per l’inclusione a tutta velocità della Russia nell’economia globale vertevano sul fatto che l’interconnessione sarebbe stata una forma di prevenzione contro le aggressioni. Ma il Cremlino ha capito che questo ragionamento può essere capovolto :

Interconnessione significa anche che la Russia è in grado di ottenere più spazi attraverso l’aggressività.

“Alcune province si schiereranno con una parte”, prosegue Surkov, “alcune con un’altra. Una città, una generazione o un intero sesso potrebbero unirsi ancora ad un’altra. Quindi, si potrebbero stravolgere le alleanze, a volte scambiarsi qualche scaramuccia. Gli obiettivi di ciascuno sono abbastanza diversi tra loro. La guerra è da molti vista come parte di un processo. Non necessariamente la sua parte più importante.”

Possiamo renderci conto di come un simile pensiero muova il Cremlino allorchè gioca con l’Ucraina orientale, approfittando dell’intervento indiretto attraverso bande locali, con una conoscenza approfondita degli interessi dei mediatori di tali poteri locali, come Rinat Akhmetov, miliardario di Donetsk (l’uomo più ricco dell’Ucraina) o Mikhail Dobkin, l’ex capo dell’Amministrazione Regionale di Kharkiv e ora candidato alla presidenza. Sebbene questi magnati locali fanno occasionali dichiarazioni pubbliche di sostegno all’integrità territoriale dell’Ucraina, il supporto precedentemente manifestato a Yanukovych li rende diffidenti nei confronti del nuovo governo di Kiev. Soltanto il giusto grado di autonomia potrebbe assicurargli una certa sicurezza, garantendo al contempo che non vengano lesi i loro sconfinati interessi finanziari su scala globale. «Pensare globale, agire locale», una delle espressioni preferite dalle grandi aziende – potrebbe quasi essere il motto del Cremlino nel bacino del Donec.

La sensibilità «non-lineare» del Cremlino è percepibile nella modalità di manipolazione dei media occidentali e nella tipologia di argomentazioni usate. Se nel ventesimo secolo il Cremlino svolgeva attività di lobby soltanto attraverso (e verso) simpatizzanti sovietici «di sinistra», oggi usa una contraddittoria e caleidoscopica messaggistica al fine di costruire alleanze con gruppi molto diversi. Nazionalisti europei di destra come l’ungherese Jobbik o il Front National francese vengono attratti dal messaggio anti-UE; l’estrema sinistra viene invece coinvolta dai racconti di lotta contro l’egemonia statunitense; i conservatori religiosi americani apprezzano la posizione del Cremlino in tema di omosessualità. Il risultato è una serie di voci, che da diverse angolazioni agiscono sul pubblico occidentale, producendo nel loro complesso una forte cassa di risonanza di supporto al Cremlino.

Questo tentativo di influenzare l’opinione pubblica spesso si presenta sotto mentite spoglie sia nei media occidentali che nei circoli politici, senza alcun riferimento alle sue connessioni Cremlino: si realizza ad esempio tramite la Ketchum, società di public relations che diffonde editoriali pro-Cremlino sull’Huffington Post; o tramite la pubblicazione, su Spectator, degli articoli anti-Maidan dell’inglese John Laughland, esperto di storia, che non menzionano la circostanza che il think tank (comitato di esperti) diretto da Laughland è stato finanziato da figure vicine al Cremlino; o attraverso le apparizioni nei mass media di Alexander Rahr, influente consulente politico tedesco, che dimentica di esser stato, in qualità di consulente, sul libro paga della compagnia energetica tedesca Wintershall, un partner di Gazprom, l’imponente compagnia moscovita del gas naturale (Rehn nega l’esistenza di un conflitto di interessi).

Combattere la guerra non lineare richiede misure non lineari. Una rete internazionale di ONG anti-corruzione potrebbe contribuire a segnalare i flussi corrotti in Russia. Ma, al momento, questo settore è sottosviluppato, sottofinanziato e scarsamente coordinato a livello internazionale: nel Regno Unito, ad esempio, ONG come Global Witness (Testimone globale) o Tax Justice (Giustizia Tributaria) raramente stringono partenariati con le loro controparti russe.

Le ONG anticorruzione hanno bisogno di sostegno per mettere ogni giorno sotto dura pressione i sistemi corrotti, denunciare e rendere pubblici i nomi delle reti di corruzione e mettere pressione ai governi occidentali affinchè pongano fine a questi malaffari promulgando le necessarie leggi antiriciclaggio. Ciò potrebbe mettere alle corde il modello del Cremlino anche in assenza di ulteriori sanzioni, svolgendo un compito importante come quello svolto dalle organizzazioni per i diritti umani negli anni ’70 e ’80, quando gruppi come Amnesty ed il Comitato di Helsinki hanno contribuito ad influenzare lo sviluppo della Guerra Fredda, supportando i dissidenti all’interno del blocco comunista e denunciando i loro governi.

Contemporaneamente, è necessario potenziare le capacità dell’Ucraina e dell’Occidente in maniera da poter reagire alla disinformazione proveniente dal Cremlino e per riuscire a ricorstruire precisamente il ruolo dei soggetti, ricollegabili al Cremlino, in grado di influenzare l’opinione pubblica. Finora, questo lavoro è stato svolto ad-hoc da coraggiosi giornalisti che smascherano i lobbisti del Cremlino attraverso diverse verifiche sulle rare fughe di notizie. Per essere efficace, questo lavoro dovrebbe essere istituzionalizzato, sia in think tank sia grazie ad emittenti pubbliche come Radio Free Europe, in modo da poter contestualizzare ogni atto posto in essere dagli «esperti» al soldo del Cremlino, analizzare ogni movimento del Cremlino e di ogni «consociato» britannico cui sta dietro un consiglio di amministrazione statale russo.

Ciò dovrebbe accadere sia nei Paesi occidentali che nei Paesi limitrofi alla Russia, sui quali il Cremlino proietta la sua influenza non lineare attraverso una ampia varietà di istituzioni, dalla Chiesa ortodossa alla televisione di intrattenimento e ai gruppi aziendali. Georgia, Moldova e Lettonia sono particolarmente vulnerabili, ed i loro servizi di sicurezza devono essere preparati per il tipo di intervento indiretto cui stiamo assistendo in Ucraina orientale.

Ma oltre a queste misure concrete , è anche importante sottolineare come il Cremlino stia lanciando la sfida alla visione occidentale che rappresenta la realizzazione della globalizzazione, ossia il concetto kitsch di «villaggio globale» tanto sventolato sulle copertine delle relazioni annuali della Banca Mondiale e nelle pubblicità di Microsoft.

È meglio cercare di comprendere il punto di vista del Cremlino sulla globalizzazione intendendolo come «reiding aziendale» (con una “e”), l’ultra-aggressivo parente post-sovietico dell’occidentale «posizione dominante» (corporate raiding, ndt), nonchè le modalità con cui molti russi hanno fatto, e continuano a fare , i loro guadagni. Un «reiding» detiene una quota di minoranza in una società, ma utilizzando tutti i mezzi a sua disposizione (falsi arresti, minacce di tipo mafioso, sequestro di persona, disinformazione, ricatto) riesce ad acquisirne il controllo.

L’élite russa spesso si riferisce al Paese come ad un «socio di minoranza nella globalizzazione», ciò che, considerata la sua esperienza con il capitalismo, fa della Russia il più grande «corporate raider» del mondo. La guerra non lineare è il mezzo attraverso il quale un raider geo-politico può sfruttare la propria relativa debolezza. Questa visione può fare appello ad un ampio «elettorato» su scala mondiale, quello pieno di risentimento verso l’Occidente e pervaso dalla convinzione che il modello «villaggio globale» è a priori truccato. Checchè se ne dica sull’isolamento della Russia, i Paesi BRICS (Brasile, India, Cina, Sud Africa, ndt) non hanno in alcun modo criticato l’annessione della Crimea, e il Cremlino ringrazia soprattutto Cina e India per la loro comprensione.

Certamente, nonostante quel che dice Obama, c’è una battaglia di idee in corso. Non tra comunismo e capitalismo, o addirittura tra conservatori e progressisti, ma tra visioni concorrenti di globalizzazione, tra il «villaggio globale» – che si sente al tempo stesso bello, pacchiano e irreale – e la guerra non lineare.

È ingenuo supporre che l’Occidente vincerà questa nuova battaglia con la stessa formula usata per vincere la guerra fredda. Allora l’Occidente univa economia, cultura popolare e politiche democratiche in un unico sforzo: i parlamenti, le banche d’investimento e la musica pop diventarono armi per sconfiggere il politburo, l’economia pianificata e il realismo sociale. Ma la nuova Russia (e la nuova Cina) ha sgretolato dalle basi questo approccio: la cultura popolare russa è stata occidentalizzata, la gente guida BMW, gioca in borsa e ascolta Taylor Swift, il tutto mentre supporta la retorica anti-occidentale e si augura il collasso americano.

“Le uniche cose che mi interessano degli Stati Uniti sono Tupac Shakur, Allen Ginsberg e Jackson Pollock”, ha detto Surkov allorchè è stato uno dei primi funzionari russi ad essere iscritto nella lista delle sanzioni degli USA quale «punizione» per le azioni della Russia in Crimea. “Non ho bisogno di un visto per accedere ai loro dossier. Non perdo nulla”.

Viviamo in un’epoca davvero non lineare. E il futuro potrebbe anche appartenere ai «raiders».

Peter Pomerantsev

Fonte: www.foreignpolicy.com

Link: http://www.foreignpolicy.com/articles/2014/05/05/how_putin_is_reinventing_warfare

Traduzione a cura di ROBICH per www.Comedonchisciotte.org

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