LA DISNEYLANDIZZAZIONE DEGLI ORRORI DELLA GUERRA

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DI PATRICK NAEF

Visionscarto

primavera_araba

«Una vacanza economica nella miseria della gente, non voglio una vacanza al sole, voglio andare al nuovo Belsen, voglio vedere un po’ di storia perché ora ho finanze ragionevoli»

Sex Pistols, « Holiday in the sun », Never mind the Bollocks, Here are the Sex Pistols, Virgin Records (Londra, 1977)

Violenza e turismo non vanno molto d’accordo a priori. Quando una regione turistica sprofonda nella guerra, conosce sommosse e subisce atti di terrorismo, viene abbandonata e crolla economicamente.

Paesi come l’Egitto, in profondo cambiamento dopo la «rivoluzione» del 2011 e politicamente ancora molto instabile, lottano per riabilitare un settore turistico che è essenziale per l’economia. Ma se gli eventi hanno contribuito a svuotare i luoghi tradizionalmente turistici ( i turisti torneranno una volta che la situazione sarà più calma), sono a volte i luoghi stessi della violenza che diventano dei centri d’interesse e possono trovarsi trasformati in attrazioni turistiche.

Navigando sull’ondata delle «rivolte arabe», l’agenzia «Terre entière» propone viaggi organizzati incentrati sulla storia della rivoluzione.

Nel programma, incontro con giornalisti e militanti, così come la visita della piazza Tahrir.

In numerosi musei storici la guerra è un tema privilegiato e i campi di battaglia sono innegabilmente attrazioni turistiche (comprese Waterloo e Gergovia…). Si vedono progressivamente apparire, dal Vietnam al Libano passando per la Lituania e la Cambogia, dei parchi tematici e storici ideati a partire da contesti di violenza: guerra, terrorismo, dittatura e genocidio.

TRA TRAUMI E DERISIONE : I TUNNEL DI CU CHI

Questa rete di tunnel destinata a proteggere la guerriglia Viet-Cong dai bombardamenti è ormai preservata dal governo. Alcune parti del parco commemorativo sono state adattate per i turisti occidentali: alcuni tronconi di tunnel sono stati allargati per permettere il passaggio dei nord-americani e degli europei, generalmente più alti e corpulenti dei Vietnamiti…

La visita guidata comincia con un film di introduzione che glorifica gli «eroi della guerra Viet-Cong», più volte presentati come campioni dell’«annientamento degli Americani»:

Il caso del Vietnam è spesso presentato come un esempio paradigmatico di una ripresa del turismo in un contesto «post-conflitto». Numerosi veterani americani ritornano regolarmente sul luogo della guerra. Il settore turistico vietnamita si è opportunamente adattato a questa dinamica, ricostruendo –sottoforma di un parco a tema storico- uno dei siti più insanguinati del conflitto vietnamita: I tunnel di Cu Chi, situati nei pressi della città di Hô Chi Minh (ex Saigon).

obiciEsposizione di granate

Il parco tematico di Cu Chi presenta i tunnel, i rifugi, le armi e i differenti mezzi di sussistenza della guerriglia Viet-Cong.

«Con un coraggio comune in mente i giovani

nei comuni di Cu Chi hanno iscritto

i loro nomi nel così chiamato “cerchio

della distruzione Americana”».

Un combattente è così proclamato triplo vincitore della sua categoria, dopo aver ucciso più di un centinaio di GI (soldati americani, ndt) …

Una voce femminile, sullo sfondo una musica folcloristica piuttosto gioiosa, parla della regione di Cu Chi prima della guerra come un giardino dell’Eden; sullo schermo delle incantevoli ragazze raccolgono della frutta e del caucciù. Questa immagine è d’altronde riprodotta nei dépliant pubblicitari del sito, dove i soldati Viet-Cong sono simboleggiati da… graziose ragazze.

Nel seguito della visita, i propositi della guida, egli stesso vestito con un’uniforme nord-vietnamita, oscillano tra lo humour nero e la tragedia. Alla tappa delle «booby traps» (trappole esplosive, ndt) – trappole destinate a sorprendere e uccidere i GI mentre esplorano i tunnel – le guide si lasciano sfuggire senza mezzi termini: «Trappola per tigre…come birra Tiger… Uguale, uguale, ma diverso!». In seguito i turisti hanno la possibilità di passare attraverso un tunnel, di provare delle armi dell’epoca o indossare le uniformi Viet-Cong per apprezzare, come dichiara la guida, «il gusto della guerra come un vero soldato!».

I dépliant

Le forze Nord-Vietnamite, simboleggiate da graziose ragazze.

donnina

Con derisione e ironia, il Vietnam è riuscito a trasformare uno dei siti della guerra più traumatici della sua storia in un parco tematico «disneylandizzato».

trap «Booby traps».

Ironia e humour nero per la presentazione delle trappole destinate a uccidere i GI.

Il negozio.bullet

I visitatori hanno la possibilità di provare le armi dell’epoca per qualche dong supplementare

LO «STALIN WORLD» (Il mondo di Stalin, ndt)

In un altro contesto geografico e storico, la creazione del parco « The Stalin world» nel sud della Lituania, il suo nome ufficiale « Grūto Parkas », ha suscitato dei commenti sarcastici da parte dei media.

« Avete senza dubbio sempre creduto che la dittatura staliniana non avesse nessun rapporto con Disneyland. Ebbene, adesso, si! »

« Stalin World », City Paper’s Baltic Worldwide

Inaugurato nel 2001, questo parco a tema storico ritorna sulla storia di quella che i lituani chiamano « l’occupazione sovietica» del paese, compresi i periodi più neri, come le deportazioni delle popolazioni verso i gulag.

Negli anni 1990, Villiunas Malinauskas, dopo aver fatto fortuna nell’esportazione di funghi, di bacche e di lumache, decide di investire una parte del suo capitale nella creazione di un parco a tema su questo periodo storico sentito da molti Lituani come traumatico. Centoundici statue monumentali di figure comuniste e più di un milione e mezzo di elementi (francobolli, medaglie, monete, ecc.) sono stati così riuniti in questo parco situato in mezzo ad una palude infestata da zanzare.

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«Stalin World»

Nelle paludi sono esposte più di un centinaio di statue monumentali dell’era sovietica tra caffetteria, zoo e gelatai.

Villiunas Malinauskas spiega: « E’ storia, autentica, viva.. Per quanto dolorosa essa sia! Perché dovremmo occultarla? Negli altri paesi come la Bielorussia o l’Ucraina, le statue sono state sia rubate, sia distrutte… Per loro la creazione di un parco come questo è impossibile. In Lituania fortunatamente si è arrivati in tempo! […] Sono stato molto appoggiato dalla popolazione. E’ stato fatto un sondaggio e l’87% delle persone ha risposto che un tale parco era necessario. »

Vladimir

Vladimir Ilic Lenin, una delle figure sovietiche più rappresentate con Joseph Stalin.

Sebbene la maggior parte degli elementi esposti vengano dal settore privato, il governo lituano ha tuttavia permesso l’acquisizione di 39 statue. Il fondatore del parco è attualmente in conflitto con alcuni scultori a proposito dei diritti d’autore su queste opere. Sette tra di loro hanno costituito un’associazione e reclamano il 6% delle rendite annuali della gestione del parco.

Villiunas Malinauskas rifiuta ogni concessione, affermando che queste statue non esisterebbero più senza il suo intervento. Aggiunge che all’epoca comunista non esisteva una legislazione sui diritti d’autore: «Quando mio padre è stato deportato in Siberia e moriva di fame, questi scultori erano quasi milionari

L’architettura del parco è basata su quella dei gulag. Delle torrette di guardia circondano il sito, dalle quali altoparlanti diffondono di continuo la propaganda sovietica. Il centro di informazione imita i centri culturali degli anni 1940 e 1950. I sentieri in legno che guidano i visitatori all’interno del parco sono quelli dei gulag siberiani…

Una caffetteria propone ai visitatori affamati dei « menù sovietici esotici» come il suo « menù nostalgia»: salsiccia alla senape, acciughe e cipolle, il «bortsch (zuppa di carne, ndt) nostalgia», così come il « cocktail Deer’s eye » (2 dl di vodka pura)

torre

Torrette di guardia e sentieri in legno originali

dei gulag ricostituiscono l’architettura di questo sito particolare.

percorso

Giochi datati del periodo sovietico sono disposti qua e là, accompagnati dalla diffusione delle registrazioni di parole dei bambini di quell’epoca. L’audio-guida disponibile per i visitatori ritorna precisamente a questo punto della visita sul paragone tra il sito e Disneyland: «Quando i visitatori arrivano in prossimità di questi campi da gioco per bambini, pensano che abbiamo ricostruito Disneyland a Gruta. Ma non è Disneyland, questi campi da gioco di stile sovietico, molto semplici, fanno parte della nostra storia, e noi abbiamo così voluto mostrare a cosa somigliavano».

giochi

Ricostruzione

Vecchi giochi per bambini dell’epoca sovietica.

Il sito internet del parco presenta queste aree di gioco come un « Luna Park sovietico»: « I bambini potranno divertirsi sulle stesse aree di gioco sulle quali i loro genitori e i loro nonni avevano l’abitudine di giocare».

Nello « Stalin World » si trova anche uno zoo che raggruppa circa 150 specie di animali e uccelli. Una caffetteria propone una selezione di piatti d’epoca per permettere ai visitatori di immergersi pienamente in questo periodo storico.

Anche qui, come in Vietnam per i tunnel di Cu Chi, ironia e derisione. Alcune statue di Lenin, Stalin o Brèžnev sono state sistemate in una riserva che simboleggia la « repressione sovietica». E’ in periferia, in alcune paludi lontane dalla capitale… Un po’ come se li avessimo spodestati una seconda volta, per metterli in un universo carcerario (il gulag, quindi) ricostruito. Forse questo parco permette ai Lituani di confrontarsi con questo periodo buio della loro storia e dissacrare il passato traumatico; permette anche di preservare questo patrimonio. Senza questa iniziativa, la maggior parte di questi simboli del passato sarebbero senza dubbio scomparsi.

zoo

Uno zoo ospita diverse specie, come cinghiali, zebre o struzzi.

AUSCHWITZ LAND

SE ESISTE UN LUOGO DI MEMORIA, DI SOFFERENZA E DI

violenza che non si può assimilare ad un parco tematico senza provocare un’autentica indignazione, è sicuramente il campo di concentramento preservato di Auschwitz- Birkenau. E numerosi sono coloro che si rifiutano di considerarlo come un sito turistico.

Annette Vieviorka, nel suo lavoro Auschwitz. La mémoire d’un lieu (Auschwitz. La memoria di un luogo, ndt)(Hachette, Parigi, 2005) lo qualifica tuttavia « Museo- Auschwitz » e ricorda che il sito ha ricevuto 25 milioni di visitatori dopo la fine della guerra. Rémy Knafou constata che è stata varcata la soglia simbolica nel 2008:

« Con 1,2 milioni d’ingressi nel campo di concentramento e sterminio di Auschwitz-Birkenau, il numero di visitatori in un anno ha superato quello di coloro che ci hanno trovato la morte tra il 1940 e il 1945 (almeno 1,1 milione di vittime, 90% degli ebrei). Nel 2010, è stato superato un nuovo record d’affluenza in quello che è il più grande cimitero del mondo, con 1,4 milioni di visitatori ».

« Auschwitz, lieu touristique ? », Via@, Revue internationale interdisciplinaire de tourisme, 2012.

Lo storico britannico Tim Cole, che ha ben analizzato la trasformazione del patrimonio dell’Olocausto in attrazione turistica, mette in guardia dalle distorsioni storiche che una tale dinamica può provocare. Quello chiamato «Auschwitz Land » è, afferma, sempre più sconnesso dalla storia originale del sito:

« Provare a rappresentare la complessità di questo passato in un parco a tema contemporaneo così morboso ha delle conseguenze: questo turismo di passaggio minaccia di banalizzare il passato, di domare il passato e alla fine di abbandonarlo completamente

Tim Cole, Selling the Holocaust : From Auschwitz to Schindler. How History Is Bought, Packaged, and Sold (Vendere l’Olocausto: da Auschwitz a Schindler. Come la storia viene comprata, impacchettata e venduta), Routledge, Londra, 2000.

Malgrado questa affluenza, e sebbene il raggruppamento di tutti i servizi necessari – negozio, parcheggi, toilette, ristoranti, cartoline – la dimensione turistica di un sito come Auschwitz è lontana dall’avere l’unanimità. Luogo di memoria, di raccoglimento si, ma attrazione turistica, no!

Il vecchio campo di concentramento diausch

Auschwitz-Birkenau è attualmente visitato da più

di un milione di persone ogni anno, e ci si

trovano tutti i servizi indispensabili per la gestione di

un sito turistico.

Foto dell’autore e cartoline vendute sul sito.

Le teorie di Tim Cole sulla commercializzazione e la banalizzazione dell’olocausto sono certamente provocatorie e qualificare l’attuale sito di Auschwitz come «parco a tema morboso» può sembrare eccessivo. Ma il processo di commercializzazione che accompagna il sito è una realtà e, per esempio, l’organizzazione di eventi del tipo «funerale della vita del ragazzo» ad Auschwitz rappresenta il peggio della banalizzazione d’un tale luogo.

L’agenzia britannica « Last night of freedom » propone di spuntare la casella culturale e di partecipare ad una visita del sito tra le altre attività tradizionalmente legate a questo genere di eventi, come il paintball e lo striptease.

«Sebbene non sia esattamente la prima cosa alla quale pensereste per un tale week end, molti di coloro che visitano Cracovia sentono come un obbligo di venire a mostrate la loro empatia in questo luogo triste e commovente […] per coloro che desiderano venire i trasferimenti, una guida professionista, l’entrata al museo e le bevande non alcoliche sono incluse nel prezzo di un’escursione che resterà come un’esperienza indimenticabile, che darà da riflettere e lascerà ogni viaggiatore « intorpidito » durante tutta la durata del viaggio di ritorno in bus verso Cracovia».

Un’altra agenzia « Chilli Sauce », propone un’offerta simile ma menziona ugualmente sul suo sito la dimensione « particolare» di questo tipo d’escursione:

« Questo non è certamente per tutti, ma venire ad esprimere rispetto ed empatia ad Auschwitz sarà senza nessun dubbio una delle esperienze più forti e destabilizzanti della vostra vita».

menu

Il menù del « gulag »

PIZZAS GHETTO E JURASSIC PARK MEMORIALE

Anche Jáchym Topol, un autore dell’underground letterario ceco, ritorna sul destino turistico dei siti traumatici nel suo romanzo burlesco e cinico L’atelier du diable (L’officina del diavolo, ndt). I personaggi, il narratore e suo zio Lebo, rifiutano di veder scomparire le vestigia del campo di concentramento di Theresienstadtnell’attuale Repubblica ceca e puntano sul turismo per la sua preservazione.

Creando un « Jurassic Park memoriale » e vendendo delle « pizzas Ghetto», cercano di attirare i turisti e i superstiti verso questo luogo della memoria.

Diventando uno specialista in questo campo, il narratore in seguito si reca in Bielorussia, che l’autore descrive come il paese più traumatizzato dalla seconda guerra mondiale, ma il cui trauma è il meno riconosciuto: « Si parla sempre di campi della morte in Polonia…tutte le strade portano ad Auschwitz, ma non c’è che la Polonia! Allora bisogna che tutto ciò cambi! »

lagerAuschwitz

Descrive la competizione memoriale – poi turistica – che comincia tra questi siti, e conclude con ironia che l’importanza di queste nuove attrazioni turistiche dovrebbe essere proporzionata alla sofferenza di cui questi luoghi sono il simbolo. Da questa finzione, al di là del burlesco e dell’ironia, Jáchym Topol analizza la posta in gioco contemporanea ancora poco esplorata.

Un numero sempre maggiore di siti di « terrore » sono conservati secondo una dimensione storica e testimoniale. Si integrano in un « mercato turistico » dove i luoghi iconici come Auschwitz possano essere considerati, secondo la visione cinica di Jáchym Topol, come i più redditizi, in termini finanziari, di riconoscenza o d’immagine.

Il Vietnam, la Lituania e la Polonia hanno quindi puntato sul turismo per preservare questo patrimonio. Facendo questa scelta, sono state proposte e percepite in maniera diversa le interpretazioni particolari del trauma secondo i legami che ognuno mantiene con la storia. Se essi urtano e scandalizzano, questi parchi tematici dell’orrore permettono anche la preservazione della memoria, e alla popolazione di potersi confrontare con un passato spesso ancora molto doloroso.

Patrick Naef. Dottore in geografia, Dipartimento di geografia e ambiente dell’Università di Ginevra

Fonte: http://visionscarto.net

Link: http://visionscarto.net/disneylandisation-guerre

13.05.2014

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Anna G.

Tutte le foto senza particolare menzione sono dell’autore

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