LA CLOACA E I SUOI TAPPI (TRAVAGLIO COS'E'?)

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DI FULVIO GRIMALDI
Mondocane

Ami elettorali
La novità dell’esperienza (citazione PD dalla „Notte dei morti viventi“)
La mia forza siete voi (citazione PDL da „La piovra“)
Sosteniamo solo i migliori (Casini: fuori chi non è bravo come Cuffaro)
Semplicemente un cittadino (secondo i radicali: agente Mossad con rosa in pugno)
In poche parole, un’altra Italia (annuncio PD su faccia in coma da overdose)
Cambierà, si cambierà (detto da un rutelliano al decimo cambio di casacca)
Ti puoi fidare (detto da Emma Bonino significa fosforo bianco per tutti)
Dentro i sentimenti popolari (PDL che lecca la bava a Calderoli)
La forza dell’identità (ossimoro PD)
Diamo certezza al futuro (paura di estinzione PD)
Non contano le parole, contano le persone (PDL. I terremotati dell’Aquila l’avevano capito)
Affiancate a queste ponderose massime le rispettive facce e il classico del cinema horror „Freaks“ vi sembrerà una mostra del Caravaggio.

Ma precipitate a „sinistra“, se volete affrontare la comunicazione più ottusa di tutte, entrista, mignottesca, subalterna, servile, berlusconide, antifemminista (e chissenefrega), anti-donna (ed è fetente), subalterna, onanista, sucida.

Ecco qua il colpo di genio di questi zombie. Insistono a dissacrare i loro stessi simboli. blank

Forse gli ideatori, nipotini del felicemente svaporato ominicchio in cachmere, pensavano a un allestimento Dolce e Gabbana della vetrina dei loro saldi, per nascondere con megatacchi di “donne di classe” (oltretutto deleteri non solo sul piano estetico, anche su quello fisico) i manichini delle orride ginocrate che hanno butterato la storia del partito. Ve le ricordate? Lidia Menaguerra, Elettra Deiana, Patrizia Sentinelli (spalla dei devastatori di Roma Rutelli e Veltroni), Rina Gagliardi (che mi cacciò da “Liberazione” per dissensi su Milosevic, Palestina, Saddam, Fidel e oggi approda tra i bolscevichi di Polito al “Riformista”), Graziella Mascia…

Abbiamo fatto come Confucio e, al tempo delle frane e dei Bortoladri, ci siamo messi sulla riva ad aspettare che passasse il cadavere del nemico. Passava solo merda con in superficie tappi che, balzellon balzelloni, facevano finta di estraniarsi, epperò viaggiavano con la corrente. Ci siamo accorti che quello non era un fiume. Era una cloaca. E siccome siamo a Roma, era la cloaca maxima, con sbocco finale, come suole, sui massimi colli. Vediamo ora cosa ci è passato sotto il naso. Deciderete voi cosa sia flusso di escrementi e cosa tappi trascinati. Io metto punti interrogativi. Per quel che vale, all’uscita tutti stronzi sono.

Oportet ut disastra eveniant. Chi, e sono tutti, si limita a infliggere a coloro che governano un paese in totale sfacelo morale, politico, territoriale, culturale, legale, il vezzeggiativo di „incompetenti“ o addirittura di „ladri“, non coglie nel segno. Lo sfiora. E’ come limitarsi a dare del „pelato“ a Mussolini. Vogliamo renderci conto, o no, che questi i disastri li vogliono, li aspettano, li provocano? Un intervento di consolidamento del nostro suolo non costerebbe più di 4 miliardi di euro. In vent’anni ne sono stati spesi 21 per tamponare catastrofi idrogeologiche e ricostruire, sempre decostruendo storia e ambiente. Volevate che questa mafia dirigente si accontentasse di 4 miliardi quando ne poteva intascare 21? Il 68,6% dei comuni è ad alto rischio sismico o idrogeologico? Ma che vengano giù questi comuni del cazzo, ci sarà da ridere, come quella notte, all’idea delle tante Milano 2. Chè più si stringono le cinte in basso, più si sfarina il territorio, e più tocca allargare le cinte in alto. Le disgrazie in basso significano lusso in alto. Perciò le emergenze si fabbricano. Gli avvertimenti di tecnici seri sul sisma imminente si sopprimono (Bortolaso: „Fate tacere quegli imbecilli“ ), gli argini che proteggono dall’uragano Katrina la New Orleans nera e povera da „bonificare“ vanno fatti saltare e i neri residui vanno sparati; per il terremoto in arrivo, nella Haiti da spopolare a vantaggio di multinazionali e paradisi turistici, arriva due giorni prima (quindi sapevano, quindi facevano) il vicecomandante Ken Keen del Southcom (Comando Usa per il Sud del Continente). Arriva preparato, con squadra di esperti catastrofisti (quindi sapevano, quindi facevano) e poi, perché si tolga dai piedi il massimo numero di ingombri umani possibili, 20mila soldati Usa occupano militarmente l’isola e impediscono per due settimane che aiuti, viveri e farmaci giungano agli ingombri sopravvissuti. Non è stato così, nel nostro piccolo, all’Aquila? Poche ore prima, nel mezzo di uno tsunami di avvertimenti professionali e di una terra che ballava da settimane la tarantella, delinquenti consapevoli della Prostituzione Civile giuravano ai morituri da crolli che nulla sarebbe crollato. Rubavano? Certo che rubavano. Prevaricavano, certo che prevaricavano. Ma a che servono soprattutto le emergenze per qualsiasi passaggio di acari, o festa rionale, se non a spazzare via diritti, libertà, democrazia e a consolidare economicamente la n’drangheta dirigente?

Glielo ha insegnato la FEMA (Federal Emergency Management Authority) uno dei tanti strumenti innovativi di Bush, rilanciati alla grande da Obama. Dal Patriot Act, che pone fine ai diritti giuridici dei cittadini, alle squadre governative di assassini lanciate da Obama alla caccia di concittadini “sospetti”, dall’emergenza nazionale crisi che ha prodotto 15 milioni di disoccupati ed estratto rivoli di dollari dalle tasche del “ceto medio” (così chiamano pudicamente i poveracci negli Usa) per farne alluvioni d’oro nelle banche, fino alla militarizzazione del territorio per cui, per la prima volta nella storia del paese, le forze armate possono intervenire in ordine pubblico. La nostra Prostituzione Civile sta alla FEMA come un Gremlin sta a Alien. Tra i meriti della FEMA bush-obamiana: aver fatto saltare gli argini di New Orleans, aver rimosso in 24 ore i detriti metallici delle Torri Gemelle contaminate dagli esplosivi impiegati da altri colleghi, aver suggerito e avallato la farsa della commissione parlamentare sull’11 settembre (rinnegata dagli stessi autori) e ora, con “l’uomo del cambio”, essere stata dotata di strumenti emergenziali idonei ad adottare per un qualsiasi quartiere di Chicago le misure collaudate in Iraq, Cisgiordania e Afghanistan. Si fanno saltare torri, pentagoni, metropolitane, treni, alberghi, come fossero banche milanesi dell’Agricoltura, possibilmente con dentro tanti cari concittadini su cui piangere e indignarsi. Condizione ottimale per scatenare carneficine nei paesi inventati responsabili.

Fino a quando qui non si passa dall’”incompetente “ e dal “ladrone” all’assassino seriale, al terrorista di Stato, non se ne fa nulla, ragazzi. Sono cinquant’anni che i sovietici, prima, e poi, dopo la trasmigrazione, sotto Eltsin, di quei cervelli nei laboratori di Langley, gli Usa si esercitano a modificare il clima e a innescare terremoti. Possiamo dar retta a feci e tappi nella cloaca e irridere ai dietrologi che citano documenti Cia in cui si prospettano siccità spaventose, alluvioni e catastrofi continentali su nazioni da castigare e terre da svuotare. Catastrofi magari ottenute grazie al noto sistema HAARP collocato in Alaska e che bombarda e modifica la ionosfera. Altrettanto possiamo, in perfetta sintonia, credere che un vecchio incazzoso e barbuto abbia preso un po’ di melma e fabbricato la coppia dei nostri sfigatissimi antenati. Di melma so io chi è stato fatto. Ma lì la mano ce l’hanno messa altri, chi in Sicilia, chi a Washington, e la benedizione gliela dà da sempre il vicario in Terra di quel vegliardo.

Travaglio chi?
Come potete vedere da commenti a precedenti post, mi sono arrivate diverse richieste di esplicitare il mio pensiero – ma è mica quello di Pico della Mirandola, abbiate pazienza! –
sul battaglione di artiglieri che cannoneggiano il quartier generale della nostra oligarchia: i Travaglio, Grillo, Di Pietro, Saviano, Genchi e affini. Nel sottofondo della domanda si sente l’eco di una ripulsa netta di questa compagnia, tanto da renderla quasi retorica, la domanda. Io invece, nel mio piccolo e anche abbastanza problematico, la prendo per questione vera. E se sbaglio mi potete sommergere di grilli, pietre e travagli. Tante cose non sono univoche e hanno spesso due e anche più facce. Giano, per esempio, secondo la storiografia ufficiale, è uno che, con le sue due facce, guardava davanti e di dietro per sorvegliare le porte di Roma. Altri, malfidati, dietrologi, paranoici complottisti, nel rivolgersi del dio a un lato e al suo opposto ci vedevano la duplicità del Senato aristocratico che, pretendendo di difendere la Repubblica, difendeva la forsennata usura dei patrizi ai danni di plebei e popoli. Così Nerone, imperatore illuminato e benefico nei confronti del popolo minuto, veniva demonizzato dagli storici patrizi – a partire dallo strozzino massimo, Seneca – e da quelli cristiani, che gli attribuivano roghi di santi martiri. Fedeli da martirizzare allora a Roma neppure ancora arrivati. Si trattava di non lasciare al ricordo grato delle genti da evangelizzare quegli imperatori pagani che si erano manifestati ostili al ladrocinio dei potenti e, di conseguenza, alla sciagura del delirio monoteistico.

Tiriamo subito fuori dalla consorteria del “Fatto quotidiano” e di “Anno Zero” il buon Gioacchino Genchi, grande scartabellatore telefonico tra le porcherie della cloaca e per me immune da qualsiasi repulsa già solo per il fatto che ha dato una mano formidabile al demolitore di farabutti Luigi De Magistris e che per questo, e per aver infilato il suo bisturi negli intestini tossici della criminalità organizzata, di palazzo e di cosca, è stato satanizzato. Né lo ho ancora sentito cantare nel coro degli apologeti delle “democrazie” anglosassoni e di quella nazisionista. Non c’è dubbio che la compagnia in discorso sia da qualche tempo il vero e unico contrasto al flusso della cloaca, tappi galleggianti compresi. Fare le bucce al fetido protagonista massimo dell’altrimenti incontrastato disfacimento del paese, difendere trincee legali conquistate soprattutto, nella forzata tolleranza della borghesia, dalle classi in lotta di liberazione, non è merito da poco. E, oggi come oggi, è merito solo loro. Il giornale che fanno, “Il Fatto quotidiano”, riunisce, come non era mai successo, quanto rimane di più o meno dignitoso e deontologico dell’abbietta categoria giornalistica italiana, da Travaglio a Padellaro, da Oliviero Beha a Luca Telese, da Barbacetto a Massimo Fini (di destra, magari, ma giornalista), a Furio Colombo, Peter Gomez, Riccardo Iacona e altri. Vi immaginate Vendola o Bersani menare quelle sciabolate al guitto mannaro, o al pappone della Prostituzione Civile? Spezzare lance così grosse per gli immigrati, o gli operai di Termini Imerese? Erigere valli di Adriano contro le incursioni dei barbari del totalitarismo e dei valvassini del neofeudalesimo? Non vi basta? Lo fanno su ordine di servizio Usa perché il guitto mannaro se la fa con Putin o Gheddafi? Ma vogliamo scherzare? Da sempre ai proconsoli fantoccio l’imperatore concede giretti di valzer per fargli raggranellare qualche cascame di business globalizzato. Conta che il guitto mannaro presti i suoi servigi e i suoi mercenari là dove ai maltusiani della “fine della storia” occorre. Almeno fino a quando il fetore della carogna non ammorbi troppe narici. Vedi Obama dopo Bush.

Ma poi volti pagina, e reincontri il Furio Colombo dell’afasia democratica e antirazzista, quando volge in “legittima difesa” il secolare genocidio inflitto dagli invasori israeliani ai palestinesi. Un Furio Colombo che si avventa sul Gheddafi che osa opporre all’ostracismo nei confronti dei libici, presidente in testa, decretato dalle forme di formaggio di Berna, un equipollente provvedimento di chiusura. Legittima ritorsione secondo i codici della diplomazia. Da porre al confronto con le ritorsioni “diplomatiche” fatte da Obama all’ Honduras renitente, a forza di golpe e squadroni della morte, o all’Afghanistan, restio a farsi imporre oleodotti di rapina e campi di oppio a beneficio delle banche e imprese che hanno spedito alla Casa Bianca “l’uomo del cambio”, yes we can. Legittima ritorsione contro quell’ingrato dittatore, orrendamente arabo e musulmano, che ha rimandato a casa poveri coloni italiani, insediatisi per coltivare giardini fioriti sulle ossa dei gassati, impiccati, fucilati da Graziani e Balbo. Prima di parlare di Libia e Gheddafi, qualsiasi italiano dovrebbe sciacquarsi la bocca con quell’iprite che ha bruciato i polmoni a milioni di africani, libici in testa.

E volti ancora pagina e t’imbatti e t’imbratti nei titoli di un reduce dal coma da overdose che titola gongolante: “La lezione svizzera al nuovo Gheddafi. Da terrorista a uomo degli Usa”, dove ll lampante ossimoro fa il verso a quell’altra aporia su Saddam, “uomo degli Usa” e, al tempo stesso, vittima del più brutale attacco mai condotto a un popolo dai tempi di Gengis Khan e di Goffredo da Buglione. A fianco c’è sul Gheddafi del blocco a quelli di Schengen un corsivo di tale Gramaglia intitolato “Tra Berna e Tripoli: l’insostenibile equidistanza”. Insostenibile, evidentemente, perchè tra civili e selvaggi. Laddove terroristi usurai sono gli svizzeri, mentre Saddam o Gheddafi, né sono mai stati terroristi (e Lockerbie è affare Cia), né si sono mai arruolati tra i sicofanti degli Usa, quale è chi diffonde queste veline Cia-Mossad.

Aggiungiamo la confessata e vantata passione di Travaglio per i pulitori etnici e serial killer planetari di Israele, con speculare vituperio dei massacrati di Gaza; lo sdilinquinamento per Israele, a casa del linguetta Fabio Fazio, dell’ammazzacasalesi Saviano e il suo “commovente incontro” con il presidente terminator Simon Peres, con contorno di anticomunismo da Casa Pound; il modello di civiltà Usa e israeliano che l’ultrà sionista Furio Colombo ci martella in testa e che rende grottescamente paradossale la sua avversione alla berlusconeria; le infuocate bordate sparate da Gad Lerner contro la ferocia razzista dei leghisti, o quella di genere dei maschi, nel silenzio assoluto sui pulitori etnici suoi correligionari. Il risultato è una piramidale schizofrenia, dove i diritti umani e la democrazia rivendicati in casa vanno a braccetto con i diritti umani e la democrazia annichiliti fuori. Aggiungiamo soprattutto l’incondizionata identificazione di tutti questi con il truffaldino paradigma del “terrorismo islamico”, i rigurgiti colonialisti per cui, pannelliani in testa, si corre in soccorso, quanto meno morale e sempre umanitario, a qualsiasi elemento reazionario e destabilizzatore si manifesti in nazioni che rifiutano obbedienze e razzie: rivoluzioni colorate, Dalai Lama, “dissidenti” cubani, briganti ceceni…

Sono, costoro, della Cia, del Mossad? Sono trombettieri di un progetto occulto, massonico-sionista-imperialista, per sostituire sul cocchio di questo malandato trabiccolo una banda di delinquenti a un’altra, proprio come si è dovuto sostituire al troglodita Bush l’elegante nero? Sono scemi? Alla luce delle modeste esperienze dietrologiche che ho fatto nella frequentazione delle opere di millenari complottisti, Vaticano, massoneria, mafie ed elites governanti, propenderei per le prime delle due ipotesi. Anche perché, se li confronti con Sansonetti o Fede, costoro scemi non sono. E dispiace vedere frequentare questa banda di doppiogiochisti i De Magistris, che si sono spesi per i palestinesi, i Santoro che ci hanno mostrato gli effetti della “guerra umanitaria” ai serbi e a cui non sfugge un operaio sul tetto, una mignotta-premio, o un terremotato rapinato, i Genchi che hanno illuminato le tracce di ratto nei lupanari del potere.

E allora, che fare? Boh. Quanto a me, per ora, sostengo qualsiasi guerra che, perlopiù in isolamento, questa compagnia conduce contro la metastasi berlusconian-vatican-bersaniana. Simultaneamente ne denuncio, con quanta aria mi esce dagli alveoli abbrustoliti, la criminale complicità con i carnefici dell’impero e del nazisionismo. Buttino giù Berlusconi e tutta la compagnia del giro mafio-fascista, sono contento, partecipo nel mio piccolo e a distanza. Vediamo poi se, fatti fuori magnaccia e magnaccioni, ce la fanno a sostituirli con altri portatori d’acqua di pulitori etnici e genocidi. E lì proveremo a infilzarli.

Insomma, si tratta di dialetticamente capire via via qual è la contraddizione principale e quando un’altra diventa la principale. Si tratta di uscire dallo schematismo anti-materialismo dialettico per cui un nemico è tale per sempre, a tutto tondo, in ogni circostanza. Anche se è alle prese con un nemico più grosso e più mortale. Ricordiamoci che la flotta inglese, al largo della Sicilia, copriva ai Mille le spalle da asburgici, francesi, borboni e preti. Garibaldi (che non so perché la sinistra non onori quanto i venezuelani Bolivar) se ne avvantaggiò per l’unità e sovranità (quella roba svanita e dimenticata al momento della “liberazione”) e la cacciata di sovrani forestieri. E non è che gli inglesi non ci avessero il loro bell’interesse imperialista nella formazione di un blocco anti-asburgico e anti-Napoleone III nel Mediterraneo. Ma quella, allora era la contraddizione secondaria. Principale era stata, prima, al tempo della repubblica romana, la contraddizione con i sabaudi, oltreché con il papa. Che successivamente, contro il nemico esterno, diventò la secondaria. Così va la danza della storia, per chi sa ballare con Lenin e con il buonsenso.

Qui sotto, prima di riprendere il mio sdottoreggiamento, riporto una bella lettera di risposta ai vaneggiamenti di un’incompetente con le traveggole. Esemplifica quanto sopra alla mano dell’esempio iraniano. Dove alcuni, come la destinataria del messaggio, tra il bislacco e il complice, accecati dalla pur giusta collera per quanto i persiani hanno fatto agli iracheni, in combutta con gli Usa, ora che tale combutta è diventata scontro alla morte su un altro piano, si mettono in prima fila nel coro in falsetto dei “diritti umani”, allestito da chi non tollera neanche una virgola tra sé e il dominio dell’universo mondo. Perfetti eunuchi.

La vignetta dell’ottimo Apicella va sbattuta sul naso a questi corifei della “rivoluzione verde” (anche se me ne aspetto un’altra che illustri le efferatezze degli ayatollah in Iraq. Tanto per ribadire l’assunto)

Cara Valeria, sono in disaccordo con le posizioni che hai espresso, riguardo alla questione iraniana, negli ultimi tempi. Ma sono soprattutto in disaccordo sulla opportunità di partecipare ad iniziative dirette contro il governo e lo Stato iraniano proprio adesso, partecipando così di fatto alla contestuale campagna dell’asse europeo-statunitense- sionista.
Ti spiego perchè.

L’unico strumento valido di cui disponiamo per interpretare il mondo correttamente, e soprattutto per interpretare i fatti politici ed agire di conseguenza, è il materialismo dialettico.
Il materialismo ci insegna di guardare alle cose per coglierne le ragioni strutturali – sociali, storiche, economiche.
La dialettica ci impone di individuare, tra le numerose contraddizioni che sussistono – e che di per se ci porterebbero su tante piste diverse e tra loro contraddittorie – quale sia la contraddizione principale, quella la cui soluzione ci consente di fare passi in avanti, e quali siano invece le contraddizioni secondarie, quelle che vanno sciolte successivamente.
Criteri diversi da questi, che sono dettati dal materialismo dialettico, prima o poi ci portano a prendere cantonate devastanti. In particolare, è pericolosissimo porre questioni di principio senza considerare il contesto, come se fossero date per sempre, sempre identiche a se stesse, dunque idealisticamente. Nella “sinistra” questo atteggiamento è prevalente, purtroppo, da anni, e tu che hai vissuto con noi il dramma jugoslavo lo sai bene (es. “autodeterminazione”).

Allora, in questo caso specifico, ti dico che la prima teocrazia contro la quale è necessario battersi qui ed ora è quella israeliana.
Battersi qui ed ora contro la teocrazia iraniana è un sostegno dato direttamente alla teocrazia israeliana, cioè al sionismo, ed al sistema di potere globale – l’imperialismo – di cui il sionismo è un pilastro.
Ti dico anche che porre la questione dei diritti delle donne in Iran adesso non ha senso, perchè rispetto ai tempi dello Shah le donne iraniane hanno fatto passi da gigante. Io guardo la televisione iraniana (ho il satellite), vedo donne in continuazione – donne nelle delegazioni ufficiali, donne che esprimono le loro opinione e hanno incarichi di responsabilità, molto più che in Italia, dove, lo sai meglio di me, la donna è veramente oggetto. La donna in Italia è tanto più visibile quanto più è nuda. Quindi, per cortesia, qui ed ora, non mi porre la questione del velo, su cui pure io sarei d’accordo in linea di principio, e non mi porre la questione dei diritti ereditari delle donne in Iran, se in Israele – lo sai meglio di me – gli arabi non possono acquistare beni immobili, figuriamoci se possono ereditarli.

Partecipare adesso alla campagna dell’asse europeo-statunitense- sionista contro l’Iran, anche qualora si adduca una propria diversità (ad es. vedo che nel vostro appello dite “no ai bombardamenti”), è politicamente deleterio e mi ricorda troppo il modo di schierarsi di settori trotzkisti negli ultimi decenni. Nessuno noterà mai la vostra opposizione ai bombardamenti, tutti noteranno invece che, secondo voi, il primo problema del Medioriente è il governo dell’Iran.

Andrea

Torniamo a escrementi e tappi. Chi è merda che trascina, chi è sughero che si fa trascinare? Non è questione risolutiva, perchè, appunto, alla fine tutti metaforici stronzi sono. Ma può servire ai confusi e agli ingenui per separare il grano dal loglio. Il delinquente dall’utile idiota, cosa utile anche ai fini di distinguere la graduatoria delle contraddizioni. Obama, che, per recuperare piantagioni di oppio, manda orde di killer a far fuori popolazioni innocenti in Helmand, (restando ridicolmente bloccato da una Resistenza di popolo nel chilometro quadrato dove aveva fatto piovere i suoi), è escremento o tappo? Che sono coloro (tipo Ida Dominijanni del „manifesto“) che ancora oggi, fuori dalla voragine di idiozia in cui li aveva sprofondati l’inconsulta esaltazione dell’”uomo del cambio”, assegnano il belluino e neonucleare ambientalista pacifista allo schieramento mondiale della sinistra? E la Bonino, inghirlandata a sinistra, proprio come dal sionista Pirani di „Repubblica“ nel quarto corsivo in quattro settimane, da taumaturga della fogna laziale dopo aver appena mandato un suo scherano parlamentare a redigere il decreto che sopprime quanto restava della libertà d’informazione televisiva e dopo una vita spesa a massacrare lavoratori in casa e a far massacrare popoli all’esterno (ovvio che a radio Radicale Tremonti mantenga il lauto guiderdone, negato a tutti gli altri mezzi di comunicazione non di regime)? E il buriname italiota, pseudocomunista a oltraggio al termine più nobile di tutti, che si frantuma in infinitesimali detriti, ognuno dei quali, che attorno al gallo vi siano due o venti polli, emerge dal solipsismo solo per reclamare una prelazione sul „nuovo partito comunista“? E cosa sarà mai chi marcia inquadrato nelle retrovie degli eserciti imperiali unendo il suo fischietto „di sinistra“ alle trombe fasciste dell’assalto all’Iran? E il „manifesto“ che, in perfetta sintonia con gli ululati Cia-Mossad ansiosi di irachizzare la regione, accredita i finti „Al Qaida nel Maghreb Islamico“ o „nella Penisola Arabica Islamica“ e plaude al colpo di Stato in Niger contro un presidente che aveva preferito fare affari di uranio e infastrutture con la Cina piuttosto che con terroristi bombaroli dei paesi Nato?

Mossad all’opera
Ce n’è per tutti i gusti e a me prudono i tasti, per cui vado avanti. La consorteria antiberlusconide e anticamorra travagliesca e savianina c’è o ci fa? Quando stende tappeti di gigli ai piedi di potenze democratiche che sfasciano il mondo, degli umani e di tutto il resto, che stanziano per i necrofori in divisa il più ampio bilancio della storia Usa, che avanzano (anzi no, per fortuna) in Afghanistan, Pakistan, Yemen, Somalia, America Latina, Africa, sfracellando bimbetti e congiunti? C’è, c’è. Quando si aggira nelle retrovie di un Mossad che da sessant’anni è la più spaventosa macchina assassina di ogni tempo, che sostiene ogni nefandezza fascista in America Latina, che con passaporti gentilmente forniti dai colleghi britannici e irlandesi spedisce sicari a torturare, avvelenare, sopprimere il dirigente di Hamas in Dubai (occhio, è cosa che può capitare a chiunque di noi, critici del monoteismo giudaico-cristiano, il più sanguinario di tutti, e dei suoi carcinomi poitici), che stermina i portatori dei saperi iracheni, gli scienziati iraniani, che fa saltare alberghi a Mumbai e altri contenitori di vite un po’ dappertutto, compresi i propri correligionari, per poter sventolare le minacce “Al Qaida” e “antisemitismo”? C’è, c’è. E c’è o ci fa quella congrega di ginocrate Usa, Code Pink, che imperversa nel solidarismo per Gaza, all’insegna dello storico appello a Obama: „Meno bombe sui civili afghani, chè altrimenti nascono più terroristi“? Già, quel Code Pink al quale nel Freedom March per Gaza si sono accodati al Cairo, a Capodanno, vari nostri solidaristi. Avevano trascinato a questa spuria iniziativa autocelebrativa bravi e ignari compagni, solo per farli nonviolentemente menare dai poliziotti egiziani e farli pugnalare alle spalle da quattro dame di Code Pink e dalla nonviolenta Luisa Morgantini. Pensate, queste furbastre l’hanno messa in quel posto a tutti: spedizione fallita e bastonata, ma grazie a uno sconcio accordo con la consorte del satrapo Mubarak, licenza per Gaza solo alle Code Pink e alla benemerita del dialogo tra vittime e carnefici, l’ex-eurodeputata bertinottesca Luisa Morgantini. Gli altri mille e più? Abbandonati alla loro sorte in concerto con la first lady del regime più schifoso del Medio Oriente, dopo il bubbone sionista. Cornuti e mazziati. Intanto quelli della spedizione di George Galloway sfondavano a cazzotti le barriere degli sbirri egiziani e facevano entrare a Gaza 150 camion di aiuti.

Di sicuro tappi sono i compagnucci che, a occultare la propria irrilevanza. battono freneticamente le mani a chiunque salga su un tetto per salvare un mutuo o un pezzo di pane, invocano la classe operaia „soggetto rivoluzionario“ e sorridono con sufficienza alle turbe plebee che, a due passi, oppongono carni o armi al moloch. Paiono tanti spermatozoi che, sbattendo contro il preservativo, gridano „aprite, aprite!“ Dove scorrono cloache, dove fluiscono corsi d’acqua pura? Non lo sanno e fra un po’, tolta di mezzo, da Berlinguer e definitivamente dalla Gelmini, la geografia nelle scuole, la chiave di volta di ogni conoscenza, non lo saprà più nessuno. Non sapremo perchè siamo lì e perchè là stanno altri. E come. Penseremo, e questo è un vizio cristiano sussunto pari pari da certo terzo o quarto internazionalismo, di essere il centro del mondo e che hic sunt barbari. Non capiremo cosa ci capiterà a forza di sparare agli uccelli tutto l’anno, o di spargere veleno in code d’automobili lunghe da qui a marte. Torneremo a credere che la luna sia un buco nel cielo e che l’estetica di Prassitele sia nata da un Centro Benessere. Non ricorderemo da dove siamo arrivati e perchè e penseremo che i pellerossa sono lombrichi da pesca. Calzeremo tacchi a spillo con la falcetta e il martellino e saremo convinti che così cammineremo sui flutti.

Chiudiamo sollevandoci dalla nausea allo sghignazzo. C’è Bertolaso che si descrive „nel fango, peggio di un alluvionato“. Stupendo sberleffo, visto che nel fango gli alluvionati il capo di una Protezione Civile, disossatrice della democrazia, ce li ha mandati lui, mentre a nuotare nella cloaca ci si è buttato da solo. La migliore della settimana, in ogni caso, addirittura la migliore di tutte le sue barzellette, è quella del guitto mannaro quando annuncia una pantomima legislativa „anti-corruzione“. E’ Goebbels che garantisce libertà d’espressione. E’ Jack lo squartatore che fa il sindaco di Ciudad Juarez. Poi c’è il tacco a spillo delle donne di classe di Rifondazione. Ma de minimis non curat pretor……..

Fulvio Grimaldi
Fonte: http://fulviogrimaldi.blogspot.com/
Link: http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2010/02/la-cloaca-e-i-suoi-tappi-e-travaglio.html
20.02.2010

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