KAMIKAZENOMICS – UN SUICIDIO ECONOMICO

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Counterpunch

La “Abenomics” è stata qualcosa di grande per gli speculatori e per i capoccioni delle grosse aziende, ma per chiunque altro non è stata la stessa cosa. Il fatto è che malgrado tutti i fuochi d’artificio fatti a suon di grancassa da tutti i media per raccontare la strategia monetaria messa in atto dal Primo Ministro Shinzo Abe, – quella che doveva mettere fine a 20 anni di deflazione – si è rivelata un fiasco totale. Ma questa non è una opinione personale, meglio controllare quello che scrive la Reuters per capire meglio :

Nel quarto trimestre dello scorso anno, l’economia giapponese è cresciuta ad un tasso annuo di appena lo 0,7%, come si legge dai dati che mostrano una crescita più lenta rispetto alla stima iniziale dell’ 1,0% a causa dei consumi e degli investimenti più deboli del previsto….” (Japan fourth-quarter growth, external balance suffer blow in test for Abenomics , Reuters)

Capito ? L’economia del Giappone è morta stecchita. Nessun segno di vita. Di quali altre prove c’è ancora bisogno?

E poi la Abenomics non serviranno nemmeno per fermare la deflazione. Anche quella era tutta scena. Uno yen debole è servito solo a costringere lavoratori e pensionati, con reddito fisso, a ridurre ancora i loro consumi, e questo farà che si rinforzerà la crisi. Porca miseria, questo l’ha capito anche il FMI, ecco qualche stralcio da uno dei loro pezzi più recenti:

Il lavoratore medio giapponese ha dovuto attingere ai propri risparmi per finanziare la crescita dei consumi. Ma a questo c’è un limite. Il tasso di interessi sui risparmi è diminuito in percentuale del 5% rispetto a 10 anni fa, per arrivare, oggi, allo zero, lasciando così poco spazio per continuare ad attingere ai propri risparmi…. In prospettiva i salari reali resteranno ancora sotto pressione, per quest’anno e per il prossimo, con una inflazione di fondo e con successivi aumenti del tasso fiscale sui consumi.” (Abenomics—Time for a Push from Higher Wages, IMF-direct)

A me sembra che il FMI stia dicendo al vecchio Shinzo che il suo piano fa schifo, mi sbaglio?

Chi pensava che pompare vari trilioni di dollari nel sistema finanziario avrebbe messo fine alla deflazione doveva avere qualche rotella che non girava bene. Non è così che funziona. La Fed ha scaricato 4.000 miliardi di dollari negli assets finanziari e l’inflazione è ancora in bilico, ferma ad un misero 1%. Quindi, se questa teoria non ha funzionato negli Stati Uniti, ma perché dovrebbe funzionare in Giappone?

Non funzionerà. C’è un solo modo per spingere l’inflazione e bisogna far circolare il denaro nell’economia aumentandone la velocità. Questo significa avere una piena occupazione e salari più alti. Significa creare uno stimolo fiscale e redistribuire la tassazione. In pratica mettere a posto questa dannata economia. Ma Abe non ha intenzione di farlo perché non ha voglia di sprecarsi per una strategia che preveda una guerra di classe, proprio contro chi, oggi, detta le regole della politica. Ora leggiamo questo estratto da un articolo di Roger Arnold di The Street :

«Gli strumenti politici essenziali di Abenomics sono uno stimolo monetario e fiscale massiccio per forzare il calo dello yen, per favorire le esportazioni a far aumentare la produzione interna, con conseguente aumento dell’occupazione e dei consumi domestici : il ciclo virtuoso. In questo processo, il Giappone ha visto aumentare anche il debito sovrano, che deve essere pagato dal governo. Il costo di questo debito si suppone dovrebbe arrivare da un aumento delle entrate fiscali prodotte dalla maggiore produzione e dal consumo interno. Ma non funziona.
Il fallimento della Abenomics per stimolare l’attività economica e far aumentare le entrate fiscali tanto da poter pagare i costi per lo stimolo, adesso sta costringendo il governo a tornare indietro su questi programmi con un aumento, controcorrente, delle imposte di consumo di circa il 3%, a partire da aprile. In altre parole, la Abenomics sta portando le reali condizioni economiche e fiscali del Giappone al peggio e non al meglio. Questa politica sta scavando un buco del debito sovrano più grande e sta accelerando la corsa verso il fallimento … Gli investitori farebbero bene a evitare il Giappone oggi, ma forse anche in futuro» (Arnold: Abenomics’ Failure Is the Global Canary, The Street).

Questo sembra essere un buon consiglio, anche se probabilmente per l’implosione del Giappone ci vorrà molto più tempo di quello che sembra credere Arnold. Ma non è questo il punto, quello che conta è che questo tipo di politica non funziona. Non fa crescere l’economia, i consumi personali restano deboli, persiste un deficit commerciale, il deficit corrente ed il debito pubblico continuano a volare e contemporaneamente il popolo giapponese diventa sempre più pessimista. E soprattutto l’aumento della tassa sulle vendite del + 3% prevista per l’inizio di aprile dovrebbe spingere l’economia e a farla inciampare nella recessione (Abe ha voluto questo aumento delle tasse, per placare i suoi elettori di destra anche se sono chiari i rischi che corre l’economia).

Quindi, è tutto sbagliato, eccetto che per i grandi-finanzieri che volano alto o per gli Amministratori Delegati, o per i soci di multinazionali o grandi Aziende di famiglia. In questo caso le cose non sono mai andate meglio, lo possiamo leggere sul Wall Street Journal:

“Mentre la ditta Giappone & Co. può fischiettare felicemente per i robusti profitti prodotti grazie ad uno yen debole come voluto dall’Agenzia pro-business del Primo Ministro Shinzo Abe, mercoledì è stata pubblicata una importante indagine che mostra che per i consumatori i benefici delle Abenomics sono stati di tutt’altro genere.

L’indice mensile sulla fiducia dei consumatori pubblicato dal Cabinet Office riporta che nel mese di febbraio c’è stata una contrazione, per il terzo mese consecutivo, a 38,2. Il peggior risultato da quando Abe è entrato in carica nel gennaio del 2013 ed il più basso da settembre 2011. Gli intervistati si sono dimostrati ancora più pessimisti di quanto lo erano durante il primo mandato di Abe come Primo Ministro tra settembre 2006 e settembre 2007 …

Anche se gli ultimi dati hanno dimostrato che i salari dei lavoratori della terza più grande economia del mondo sono saliti per la prima volta in quasi due anni, nel mese di gennaio, gli intervistati nel sondaggio di febbraio non erano ottimisti per questi dati sulla crescita del reddito, sul valore dei loro beni e sui loro bisogni rispetto a un mese prima.

La lettura di questi dati ha convinto il governo ad abbassare le sue aspettative, riconoscendo che questo è “ un punto debole.” (Japanese Consumer Pessimism Hits New High Under Abe, WSJ)

Dire che i giapponesi sono solo depressi, sarebbe un eufemismo. Quello che pensa la gente è “ancora più pessimista” di quello che pensava quando Abe si dimise dal suo precedente mandato nel 2007, quando l’economia giapponese era sull’orlo del rigor mortis. Sembra che quegli “Happy Days” siano ritornati. Ci sarà pure qualcuno che ha sentito qualche chiacchiera o che ha letto sui media qualcosa scritto da qualche liberal, come, ad esempio, da quel folle di Krugman?

Sempre secondo il sondaggio apparso sul Japan Times solo il 22% degli intervistati “pensa che l’economia stia imboccando la direzione giusta” mentre il 76% è preoccupato per l’impatto che l’aumento dell’imposta sul consumo potrà avere sull’economia.

Quanto può essere utile un giudizio di questo genere per sostenere la Kamikazenomics di Abe? Gli unici che ancora credono ai canti e ai suoni di Abe sono quelli rimasti chiusi dentro le torri di avorio di Princeton e Yale. Tutti gli altri hanno gettato la spugna.

La Abenomics è una truffa pubblica che serve a spostare sempre più bustarelle nelle tasche di voraci speculatori e dei loro compari delle tante mega-imprese disoneste. Si tratta di truffe imbottite di bugie: questo è quello che sono. Ma ci sono delle vittime, questo è un fatto sicuro. Basta leggere quello che dice questo articolo di Bloomberg :

“Il primo ministro giapponese Shinzo Abe sembra destinato a guidare con un indicatore sempre fisso sul massimo storico delle difficoltà economiche da 33 anni a questa parte, con le tasse e le tariffe che aumentano e con salari stagnanti. L’indice di povertà, che si aggiunge al tasso di disoccupazione e al livello dell’inflazione, salirà al 7% nei prossimi tre mesi a partire dal 1 aprile, quando il Giappone aumenterà l’ IVA dal 5% all’8%, secondo le stime medie elaborate dagli economisti di Bloomberg. Questo sarebbe il più alto livello dal giugno 1981, cioè da quando il Giappone stava uscendo dalla depressione dopo lo shock petrolifero degli anni ‘70.

Lo stimolo monetario progettato dalla Banca del Giappone per la crescita economica e per raggiungere il 2% di inflazione, ha indebolito lo yen del 6,8% negli ultimi 12 mesi, erodendo il valore dei salari e portandolo a un minimo record. Abe, il figlio di un ex-ministro degli Esteri che è cresciuto in una casa con tanto di servitù, è sotto il fuoco del partito di opposizione, dopo che il costo della vita è salito al massimo da cinque anni.

“L’inflazione è veramente dura” – ha detto Kiyoshi Ishigane, un Senior Strategist della Mitsubishi UFJ Asset Management Co., azienda che gestisce più di 77 miliardi di dollari – “Chi parla a favore dell’inflazione, può solo essere nato in una famiglia ricca e non ha mai conosciuto le privazioni e i disagi che porta l’inflazione”. (Misery Index Rising to 33-Year High on Abenomics: Japan Credit, Bloomberg)

Il Misery Index ha toccato il massimo livello e tutto quello che ci dicono all’estero sono solo un mucchio di sciocchezze sulle gloriose Abenomics e sull’effetto miracoloso di stampare denaro. E’ una barzelletta. La gente sta male da tanto tempo in Giappone, e il perfido Shinzo sta solo accrescendo il loro dolore con una politica monetaria Hara-kiri.

E’ tutta una follia. I salari sono scesi per 19 mesi di fila prima di vedere una “frenata nella discesa”, il mese scorso, quando sono cresciuti dello 0,1%, un grandissimo niente. La tendenza generale continua ad essere più giù, giù, giù. In cima a tutto c’è quel 35% della forza lavoro del Giappone che è part–time, senza pensione, senza aiuti, senza sicurezza del lavoro, senza niente di niente. Le cose girano sempre più lentamente, e ci si avvia giù per la spirale, senza nessun’altra aspettativa che sentirsi dire da un mmento all’altro “Addio, Charlie !” Forse non si preoccuperanno nemmeno di far timbrare il cartellino, daranno tempo per raccogliere i resti del pranzo e “fuori, l’utente è scaduto”. (N.d.T.: il virgolettato-in-grassetto è una libera traduzione ripresa dall’esperienza diretta di chi, introducendo il tesserino magnetico nei tornelli, se lo vide restituire con la scritta “utente scaduto”. Fu così che apprese di essere diventato, da quel momento, un cassa-integrato.)

E allora come penserà Abe di creare inflazione quando i lavoratori non hanno più risparmi e non hanno nemmeno abbastanza soldi per comprare qualche gingilletto che la ditta Giappone & Co. sta producendo?

Ma questa storia non è che un antipasto, infatti credo che tutta questa voglia di “combattere la deflazione” sia solo una grande cortina fumogena per confondere la gente, che serve solo a nascondere quello che veramente sta andando avanti e cioè un massiccio trasferimento della ricchezza verso la classe degli investitori, per mezzo di questo sistema inflattivo. Che poi alla fine è proprio quello che sta succedendo!

La Abenomics è solo un modo per produrre grassi rendimenti durante periodi di crescita lenta e di profonda stagnazione dell’economia. I big boys hanno capito come uscire fuori da questa situazione, che loro stessi hanno creato con la loro avidità senza limiti. Immagino che siano proprio convinti che, se tutti gli altri devono soffrire per colpa di questa dannata depressione, questo non significa che anche loro devono soffrire.

Dovremmo avere, anche noi, a portata di mano uno di questi ragazzi, che pensano proprio a tutto .

MIKE WHITNEY abita a Washington state. Ha collaborato a Hopeless: Barack Obama and the Politics of Illusion (AK Press). Può essere raggiunto su [email protected].
24.03.2014

Il testo italiano di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte ComeDonChisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque.Primario

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