IL SENSO DEL NO

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DI PANAGIOTIS GRIGORIOU

greekcrisis.fr

La storia avanza, l’isteria avanza ancor di più. La propaganda, il terrore esercitato dal sistema e dai suoi sgherri, la lotta di classe e le rotture hanno ormai raggiunto il parossismo. Una simile divisione era ormai sconosciuta alla società greca dai tempi del Colpo di stato para-parlamentare, iniziato dal Re nel 1965, dopo gli anni di guerra civile (1944-1949). In questa settimana dell’Apocalisse (che in greco moderno significa anche «scoperta») sono cadute le ultime maschere.

Siamo ancora a quel luglio 1965, quando il giovane re Costantino II sotto la pressione dell’esercito destituì Georges Papandreou, dopo il tentativo di quest’ultimo di mettersi alla guida del ministero della Difesa.

Giovedi (2 luglio) Martin Schulz, presidente del Parlamento Europeo, valletto della bancarotta del «nazismo blu» delle istituzioni europee, esprime sul quotidiano tedesco «Handelsblatt» – ripreso dal quotidiano greco «Avgì» – la sua speranza “di vedere la fine dell’era SYRIZA in caso di una vittoria del “SI” alle riforme, affinché si possa formare un governo tecnico”. È in atto in questo momento un Colpo di Stato, a malapena nascosto, orchestrato da Martin Schulz, dalla Troika in generale e, a quanto pare, dall’asse franco-tedesco (fintanto che non vi saranno divergenze) con la condiscendente partecipazione dei figuranti del sistema politicamente ed economicamente mafioso della piccola Ellade.

Sono le stesse cerchie subdole della socialdemocrazia (antisociale e antidemocratica) e della destra meta-gaullista che com’è noto avevano di fatto annullato il messaggio (e lo spirito) del popolo francese, all’epoca del referendum del 2005. Verrà il tempo in cui gli sarà reso il dovuto per il loro pessimo teatrino.

Per quanto riguarda i figuranti nostrani, s’è visto come nelle ultime settimane Antonis Samaras di Nuova Democrazia, così come Stàvros Theodorakis del Partito «geneticamente merkeliano» To Potàmi, ex-giornalista che, com’è noto, è lautamente pagato dal sistema delle caste dei magnati della stampa e di altri cospicui affari, hanno fatto insieme un viaggio a Bruxelles per coordinare poi la loro … marcia su Roma. Troika interna e Troika esterna lavorano a braccetto.

La situazione greca è perciò rivelatrice del terrorismo multiforme esercitato dal sistema pseudo-democratico dominante unicamente perché il suo regno è (parzialmente) sotto minaccia da dopo le elezioni greche di gennaio 2015. Ciò nonostante, in caso di vittoria del “NO” gli tsiprioti potranno consolidare la breccia democratica che si è aperta. Non è da trascurare: presto o tardi saranno probabilmente la Spagna, l’Italia, il Portogallo, e forse la Francia a seguire l’esempio greco.

“Dobbiamo smettere di aver paura, la Grecia ce la farà” ha dichiarato Alexis Tsipras. Un pensionato, circondato dai parenti in una taverna del golfo di Salonicco, commenta così: “ne ho viste di ogni sorta, tutti mi fanno schifo o, al massimo, mi lasciano indifferente, nessun effetto… ma ora… vedo questo giovane quarantenne che mi emoziona ogni volta che ci parla. Ed è questo il motivo per cui tutti cercano di farlo fuori. Finiranno per assassinarlo, vedrete. Per me quindi è ovvio, domenica voterò NO”.

A dire il vero, la società greca è divisa sotto il fuoco incrociato di TUTTI i media del paese, che si tratti di canali televisivi o radiofonici, più privati che mai. È da una settimana che la popolazione sta subendo un’enorme operazione di propaganda, disinformazione e terrore: non ho mai visto una situazione simile dai tempi dei Colonnelli.

Bisogna sottolineare, come fa Jaques Sapir, che “il governo greco è stato costretto contro la sua volontà a mettere in atto un controllo dei capitali e a chiudere le banche per una settimana. È una decisione estremamente grave, e potrebbe rendere il referendum inutile se dovesse portare, di fatto, ad avviare una procedura di default con espulsione della Grecia fuori dalla zona Euro. Sembra che il governo greco sia rassegnato a questa logica, a dispetto delle dichiarazioni che ha reso sia sabato sia domenica. Ma è anche una decisione che rivela la violenza delle pressioni esercitate sulla Grecia dai paesi creditori. Converrà ricordarselo al momento opportuno.” Tutto è stato ben orchestrato.

All’epoca dei banksters i bancomat chiusi passano sopra ogni cosa. All’inizio di questa settimana i principali media hanno costruito un racconto propagandistico centrato sulle immagini apocalittiche delle code davanti ai bancomat, novelli luoghi di supplizio per i Greci. I giornalisti mainstream hanno versato lacrime di coccodrillo davanti al “Golgota che vivono i nostri pensionati in questi giorni”, quegli stessi sergenti del totalitarismo mediatico che erano rimasti impassibili davanti agli innumerevoli suicidi di pensionati, commercianti o disoccupati schiacciati dalla politica della Troika: 10.000 suicidi in quattro anni, fra i quali quello di mio cugino Kostas nel gennaio del 2014, giusto per ricordare come stanno le cose.

Dopodiché molti imprenditori hanno convocato i dipendenti per annunciare loro che non saranno pagati, o lo saranno solo parzialmente, “senza una normalizzazione della situazione con la vittoria del SI”. Ecco cosa mi ha riferito al telefono, mercoledì scorso, il mio amico Anéstis, contabile dell’impresa “Alpha” con sede ad Atene: “la nostra ditta fa sempre e comunque promozioni, nonostante la crisi. Eppure solo una parte dello stipendio di giugno è stato versato, per la precisione trecento euro a ciascun lavoratore. Si tratta di una decisione politica, so di cosa sto parlando. Il titolare ci ha radunati per annunciarci con fare grave che era la prima volta che il Paese attraversava un simile caos, da quaranta anni da che esisteva l’impresa, e che di quel passo gli stipendi non sarebbero stati versati e probabilmente ai dipendenti sarebbe toccato licenziarsi. Ha perfino vietato formalmente le discussioni politiche, mentre il direttore risorse umane della ditta, un quadro del partito di Antonis Samaras, sembrava bello sorridente”.

Dopo il controllo dei capitali e la chiusura delle banche per una settimana, con un’azione ben coordinata la «Confindustria greca» (o perlomeno la maggior parte degli imprenditori) ha fatto la sua parte: terrorizzare e soprattutto costringere i lavoratori a votare a favore della Troika (ovvero degli imprenditori). I bonifici sono bloccati e, per fare l’esempio di Anétis, la tesoreria della sua ditta non ha dato alcuna motivazione per questo ritardo.

Altrove nelle imprese i titolari hanno apertamente minacciato i dipendenti di licenziamenti di massa in caso della vittoria del “NO”, e più in generale – sulla scia di un direttore regionale della Banca Nazionale Greca – hanno lanciato un appello solenne per il “SI”.

Il sistema, sempre mastodontico, ha mobilitato tutte le proprie forze per piegare la volontà di resistere in Grecia e in Europa. La Confederazione Generale dei Lavoratori in Grecia, la GSEE, presunta forza intersindacale tanto in voga, ha appena lanciato un malcelato appello a favore del “SI”, e la posizione dei maggiori dirigenti del sindacato della Funzione Pubblica, ADEDY, non si discosta di molto.

A dire il vero, come ha sottolineato il movimento M’PEP in Francia, “mercoledì 1 luglio 2015 la GSEE, il principale sindacato dei lavoratori del settore privato in Grecia, integralmente corrotto e controllato dal PASOK, affiliato all’impresentabile Confederazione Europea dei Sindacati (CES), ha rilasciato una incredibile dichiarazione pubblica. Molto semplicemente ha chiesto l’annullamento del referendum deciso dal Parlamento Greco e previsto per il 5 luglio! Quello stesso giorno la CES ha subito proclamato il proprio sostegno all’appello lanciato dalla Confederazione Generale dei Lavoratori Greci. Chiediamo a tutti i sindacalisti e a tutti i cittadini di firmare questo appello per la CGT, la FSU, la CFDT, FO, la CFTC, l’UNSA, tutti sindacati francesi affiliati alla CES, condannino le posizioni di quest’ultima: i Greci devono essere sovrani e liberi di scegliere il loro destino!”.

Cadono le maschere. Un certo sindacalismo, creatura finanziata dall’imprenditoria e da Bruxelles oggi ad Atene e domani a Parigi, Roma e Berlino, deve muoversi d’urgenza per giustificare i propri salari, i propri regali, le bustarelle, i privilegi, gli hotel a 5 stelle e numerosi altri sussidi, talvolta trasformati in villette a Mykonos, una variante greca delle ruberie politiche… collaterali, ereditate dal secolo scorso. Nella stessa cerchia sono molti gli universitari e i cosiddetti intellettuali che esortano… il popolino a dire “SI” alla truffa della Bancocrazia, che porterebbe alla loro distruzione economica e, a lungo termine, fisica.

Kostas Arvanìtis, giornalista e direttore della radio 105,5 di SYRIZA, ha ragione quando dice che la divisione che attraversa oggi la Grecia ha a che fare con la lotta di classe. Salvo che in questo caso quelli che subiscono non hanno ormai quasi più una coscienza del loro destino. Dopo tanti anni di telepropaganda, i sudditi occidentali (fra i quali i Greci) si sono ormai trasformati in pecore ben inquadrate.

Mi è sembrato di capire che nelle isole gli abitanti, che vivono essenzialmente di turismo, sarebbero in maggioranza favorevoli alla Troika. Parola di una restauratrice che lavora sull’isola di Naxos: “è tutto un piano, di cui Tsipras è complice, per danneggiare il turismo. Noi vogliamo la stabilità e l’euro. La Grecia non può battersi da sola in Europa contro gli interessi della Germania. Dobbiamo sottostare, e poi ognuno faccia il proprio lavoro, ognuno si occupi dei propri clienti, dei turisti. Siamo troppo piccoli per dire “NO””. E’ anche possibile.

Però sul piano demografico (e altresì del corpo elettorale) tutte le Cicladi insieme non hanno lo stesso peso di un solo distretto della capitale. La sovrarappresentazione delle campagne e delle isole (in rapporto alla loro popolazione) in occasione delle elezioni legislative non conta in un referendum. Ecco da dove viene la grande paura del Sistema: ad Atene e a Tessalonica – dove vive la metà della popolazione greca – sono più numerosi di altrove quelli che non danno più alcun credito… agli sforzi quotidiani dei giornalisti televisivi. “Dovremmo chiudere in casa i nostri vecchi… perché non possano andare a votare “SI””, mi diceva una donna che gestisce un bistrot sull’isola di Naxos. Perciò, aspettiamo domenica sera!

Alcuni analisti, in questi tempi difficili, hanno ricordato un altro mese di luglio, quello degli Apostati e della caduta del governo centrista di Papandréou. Alcuni dei suoi deputati cambiarono casacca in cambio di una contropartita.

Giovedì 3 luglio 2015 quattro deputati del partito sovranista ANEL, al governo con SYRIZA, hanno preso le distanze dal referendum. Fra di loro, Konstantinos Damavolitis ha dichiarato che voterà “SI”. È stato subito espulso dal suo partito e si è dimesso dal mandato di deputato. Settimana dell’Apocalisse!

Giovedi sera, 3 luglio, Alexis Tsipras ha dichiarato che in caso di vittoria del NO aumenteranno le probabilità di raggiungere un accordo che non soffochi il popolo greco. “Avremo un accordo nel giro di 48 ore”, ha precisato.

Come al loro solito, giovedì sera i pescatori hanno portato il pescato al porto di Méthana, nel golfo di Salonicco. Le taverne e i bistrot erano relativamente frequentati, nonostante la chiusura delle banche. Ciò nonostante è ormai difficile dare il resto quanto la gente paga con biglietti da 50 euro…

Ultimamente ho notato nella baie dell’isola di Sérifos le tracce dell’attività mineraria che l’isola ha conosciuto all’epoca della seconda Rivoluzione Industriale. Edifici abbandonati e case per gli operai. Nel luglio e nell’agosto del 1916 questi operai si organizzarono in sindacato “allo scopo di lottare per i diritti dei lavoratori e contro lo sfruttamento, nello spirito di solidarietà con gli operai organizzati della Grecia e del mondo intero”. La rivolta che seguì la nascita del sindacato fece molti morti fra gli operai, ma alla fine le loro rivendicazioni furono soddisfatte. Altri tempi?

Sull’isola, che vive principalmente di turismo, un abitante biasima “questo caos che intralcia la stagione turistica”, la baia che un secolo fa era degli operai è oggi quella dei grandi yachts. La storia procede, in questi tempi di bagnanti e di docce fredde.

Dal canto suo, SYRIZA si sforza di convincere che il senso del referendum ha a che fare essenzialmente con la dignità, con la sovranità e con una certa giustizia sociale, che come tutti sanno è incompatibile con i diktat dell’austerità. Eppure nel campo europeista “domenica prossima si tratterà di dire “SI” o “NO” all’Europa, perché è di questo che si tratta”. Per una volta non hanno tutti i torti. Quand’anche dopodomani il governo SYRIZA/ANEL fosse caduto, al seguito del colpo di stato messo in atto dal direttorio della Troika (che vinca o meno il No), ha già avuto il grande merito di porre la questione – certo ancora incompleta e tuttavia chiara – al popolo… per una buona volta “sovrani”.

La Grecia divisa è in ebollizione. A dispetto della propaganda, i neuroni si muovono per una volta tanto. I Greci sanno bene che la decisione non va presa alla leggera. Per una volta, la loro piccola voce può avere un peso sul loro avvenire. Non è roba da poco, ma non è tutto.

Per quanto si possa dire, la questione greca contiene in sé conseguenze logiche rilevanti: l’europeismo è in grado di proporre altre politiche e altre scelte economiche diverse dalla condanna a morte delle società, diverse dalla tirannia e dal neo-assolutismo spacciato per tecnocrazia, per esempio così caro – caro perché lo paghiamo noi – a Martin Schulz? La risposta è NO. Ecco perché il significato del voto greco è così decisivo.

Per l’ala sinistra di SIRYZA (e ho alcuni amici che ne fanno parte) “bisogna tentare il colpo, far vincere il “NO” e poi dimostrare con logica e rompendo il muro di terrore e paura che l’euro è un’arma contro di noi e contro gli altri popoli. Il resto verrà da sé, prima o poi. Abbiamo un piano B, e in caso di fallimento cadremmo, ma lo faremo degnamente, sul campo di battaglia. I corrotti torneranno al governo, e quel che resta della Grecia finirà sulla padella del memorandum. Avremo perso una battaglia, ma non la guerra. Gli altri popoli vedranno, si avvicineranno alle nostre posizioni, seguiranno i nostri passi, evitando dove possibile i nostri errori. Lo scopo è sempre quello di distruggere l’UE e liberare i popoli da questa prigione”.

E in caso di compromesso dopo la vittoria del “NO”? Appuntamento alla prossima settimana! Appuntamento anche a fra qualche mese, fra qualche anno, altrove nella zona euro. Perché la “gestione della democrazia” in Grecia e a Cipro (chiusura delle banche, terrore e propaganda, attivismo degli imprenditori, ecc…) è senza dubbio un assaggio di ciò che bisognerà aspettarsi dal “buon governo” negli altri paesi.

Siamo ormai lontani dalle Cicladi e da Naxos, ma abbiamo promesso agli amici e al loro gatto, Papoutsi, di ritornare. Apocalisse o meno.

Panagiotis Grigoriou

Fonte: www.greekcrisis.fr

LinK: http://www.greekcrisis.fr/2015/07/Fr0441.html#deb

3.0.2015

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org a cura di MARTINO LAURENTI

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