IL MONDO NON CADRA' DOPO IL BREXIT MA AFFRONTEREMO ANNI DI DURO LAVORO

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DI AMBROSE EVANS PRITCHARD

telegraph.co.uk

E’ tempo di fare progetti. Nelle ultime settimane della campagna avevamo avvertito che il voto per lasciare l’UE sarebbe stato traumatico e questo è ciò che il paese sta affrontando adesso: i mercati tremano e Westminster è in subbuglio.

Lo shock della scorsa notte segna un punto di rottura nell’equilibrio europeo del dopoguerra. Sarà uno sforzo erculeo separare l’Inghilterra dall’Unione Europea dopo 43 anni di garbugli alla difficile ricerca di una struttura legale e costituzionale. La Scozia e l’Irlanda del Nord saranno adesso espulse dall’UE contro la loro volontà, una terrificante situazione può facilmente portare ad una frammentazione interna del Regno a meno che non sia trattata con estrema cura.

Le agenzie di rating stanno già valutando un diverso destino dell’Inghilterra. Standard & Poor’s dichiara che il Brexit “scrive la fine” dello status AAA del Regno Unito. L’unico dubbio è se il declassamento sarà di una o due tacche, e questo dipende da Holyrood. Anche Moody’s ha alzato il grilletto.
Quanto traumatico dipenderà dal fatto se il parlamento possa cavalcare la sfida e formare una credibile politica commerciale, al momento palesemente assente, per salvaguardare gli accessi ai mercati europei e assicurare la continuazione della City, questo dipende esattamente da come Bruxelles, Berlino, Parigi, Roma, Madrid e Varsavia reagiranno una volta calmatesi le acque. Entrambe le parti stanno maneggiando nitroglicerina.
Rimproveri arrabbiati stanno volando in ogni direzione, ma non dimentichiamo che la radice di questo triste divorzio sta proprio nella condotta delle élites europee. Sono loro che hanno forzato avventure utopiche e mal gestito le conseguenze disastrose. Sono loro che hanno posto sotto assedio gli storici stati nazionali e che hanno fatalmente attraversato la linea della legittimazione democratica con il trattato di Lisbona. Questo nodo doveva venire al pettine e ora lo ha fatto.
Le folli oscillazioni di azioni, bond e valute di questa mattina (24 giugno, ndt) erano inevitabili, date le posizioni dei maggiori attori del mercato, Tesoro, Fondo Monetario Internazionale e confraternita di Davos hanno deliberatamente, in alcuni casi sconsideratamente, accresciuto un’atmosfera di terrore generalizzato.
Ma separiamo le dicerie dai fatti. Questa non è “l’ora Lehman”. La dirotta della sterlina non è stata così terribile come alcuni temevano. Si può dire anzi che abbiamo avuto una meravigliosa tregua, almeno per ora.
La Sterlina ha perso il 6% sull’Euro scendendo a 1,23€, leggermente al di sotto del valore di aprile. Questo è un valore molto lontano dalla parità temuta, niente di strano dal momento che l’eurozona stessa affronta un rischio esistenziale se il Brexit sarà mal gestito.
La scivolata in confronto al dollaro è stata più profonda ma il valore di 1,37$ è solo il 4%al di sotto del range di contrattazioni di quattro mesi fa. L’apparente violenza della caduta è stata amplificata dal picco delle ore precedenti.
La Sterlina è crollata rispetto all’Euro ma non tanto quando molti temevano.

L’FTSE100 è sceso di un 3,15%, attutito di certo dall’effetto della svalutazione e sui guadagni rimpatriati. Il più largo indice FTSE250 è caduto del 7%. Ci sono storie tra: i costruttori immobiliari “Persimmon and Taylor” sono caduti di oltre il 25%, Barclays del 17,7%.

E’ spiacevole ma non è una crisi finanziaria sistemica e non è globale. L’indice S&P 500 delle azioni di Wall Street ha aperto in ribasso del 2,6%, una brutta giornata ma non dramma.Gli avvertimenti di distruzioni intergalattiche sembrano già un imbroglio propagandistico.

Il rendimento dei Gilts (buoni del governo inglesi, ndt) decennali è sceso di 29 punti base, fino ad uno storico 1,08%, risultato di una fuga verso la sicurezza, paura di recessione e speranze di ulteriore Quantitative Easing. Gli interessi passivi mostrano l’inefficacia che sta dietro la “manovra punitiva” di George Osborne.

Non c’è mai stata nessuna possibilità che il parlamento emanasse il suo assurdo piano di distruggere l’economia con una violenta stretta fiscale mentre la logica macroeconomica richiederebbe esattamente l’opposto. La sua credibilità è a pezzi. Deve andarsene immediatamente.

La buona pratica è approfittare di questi giudizi per in “budget di crescita”, un stimolo fiscale agli investimenti del 2% del PIL per portare fuori il Regno Unito nei prossimi due anni dolorosi. Abbiamo bisogno di esperti di mercato, Reclutateli.

I pericoli di certo abbondano. Le azioni bancarie italiane sono crollate – Intesa Sanpaolo e Unicredit hanno perso oltre il 22% – e questo deve essere controllato più del parallelo calo delle azioni bancarie del Regno Unito. Gli eventi dei mesi recenti hanno mostrato quanto sia difficile per lo stato italiano sostenere il sistema bancario con le limitazioni dell’Unione Monetaria ed Economica europea. Non è una sorpresa che le borse di Milano e Madrid siano entrambe cadute di circa un 11%.

Le stesse voci dell’autorità che ci spaventava così tanto prima del voto adesso stanno ammansendoci con parole tranquillizzanti. Mark Carney della Bank of England dice che tutto andrà bene alla fine. Le banche inglesi sono testate per stress da Armageddon.

Gli ammortizzatori del capitale sono dieci volte più forti che prima della crisi Lehman. Le banche hanno accresciuto la loro capitalizzazione di 130 miliardi di sterline e sono sedute su 600 miliardi di sterline di azioni liquide di alta qualità. Carney è pronto con 250 miliardi di sterline di liquidità e valuta straniera si necessario. La BCE, la Fed, e la congrega delle banche centrali stanno riunendo le forze per spegnere il fuoco così come è normale che sia.

La City, che voleva restare, ha già un piano per limitare i danni, insistendo che la City può prosperare anche fuori dell’UE, fornendo al governo post-Brexit nastri rossi inaugurali, tenendo le porte aperte per talenti stranieri, e prendendo il comando nel G20, nel FMI nella Piattaforma per la Stabilità Finanziaria e nell’organizzazione di Basilea.

Vogliono illimitato accesso al mercato dell’UE e diritto di passaporto per la City, questo significa sia spingere per una opzione tipo Norvegia rispetto all’Area Economica Europea o verso una variante ibrida.

Questa uscita di sicurezza è un compromesso e un ramo d’olivo verso l’UE dal momento che continueremo a pagare la quote al budget europeo e accettare l’acquis comunitario (la possibilità di commerciare secondo le norme della comunità europea, ndt). Questo durerà finché non saranno negoziati i nostri accordi di commercio bilaterale con il resto del mondo. Ciò significa anche accettare il libero flusso di migranti comunitari per un certo periodo. Questo è provocatorio, certo.

Il crash non è stato così grave come nel caso della crisi Lehman ma è paragonabile per le borse di Milano e Parigi.

Se il parlamento impone un opzione di questo tipo la base dell’UKIP sarà furiosa ma l’UKIP ha solo un seggio a Westminster e non può dettare diktat. Non è neppure umanamente sensato uscire con una formula per gestire la quantità di migranti nello spazio economico europeo. Se i leader dell’UE saranno sensati cercheranno una via per uscire da questo garbuglio.
Proprio poiché la politica è così tesa, la mia opinione è di fare un governo di unità nazionale con tutti i partiti, specialmente gli scozzesi e i cattolici dell’Ulster in modo da tirar fuori un piano di negoziazione. Dal momento che David Cameron ha onorevolmente offerto di restare come curatore, dovrebbe guidare questa amministrazione di emergenza.

Qualcuno in Europa accusa gli inglesi di uno strategico nichilismo e di aver avviato la disgregazione europea. In realtà gli euro-scettici francesi, olandesi, italiani e svedesi adesso si agitano ancora più rumorosamente per conseguire la propria agenda ma i votanti si stanno levando nell’UE in difesa dell’autogoverno nazionale e del territorio culturale per ragioni parallele.

Il Brexit non è la causa di questo contagio. L’ultimo sondaggio di PEW mostra la rabbia contro Bruxelles tanto nel Nord-Ovest dell’Europa quanto in Inghilterra, e in Francia è al massimo con il 61%.
Questo referendum non è mai stato una battaglia tra l’Inghilterra e l’Europa come più volte rappresentato. E’ stato il primo episodio di una sollevazione pan-europea contro il cesaropapismo del progetto Unione Europea e dei suoi sacerdoti tecnocrati. Non sarà l’ultimo.

Ambrose Evans Pritchard

Fonte: www.telegraph.co.uk

Link: http://www.telegraph.co.uk/business/2016/06/24/the-sky-has-not-fallen-after-brexit-but-we-face-years-of-hard-la/

24.06.2016

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di PAOLOG

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