IL FUTURO VISTO DALLA GROENLANDIA

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DI CRAIG CHILDS

globalonenessproject.org

Maggio nella calotta glaciale in Groenlandia. Un gruppetto di tende la sola macchia di colore, l’ unica cosa solida all’orizzonte. Tolto quello il resto è tutto bianco e uniforme. Qui a ovest il ghiaccio arriva fino a 5000 metri di profondità. La catena montuosa che giace sotto questo strato fa sì che la superficie si presenti quasi impercettibilmente ondulata per miglia e miglia.

La squadra di motoslitte è rientrata all’accampamento dopo aver controllato le stazioni più lontane, ed il resoconto è stato il medesimo. Tutte sono andate distrutte o addirittura scomparse. Alcune sono state abbattute dalle bufere che hanno piegato persino i paletti in metallo pesante delle tende. Altre sono crollate ed un’altra semplicemente si è persa, forse ingoiata dalle crepe che si sono aperte e che ora sono coperte da una spessa coltre di neve.

Dopo avere sviscerato la questione andando avanti e indietro per la tenda adibita a cucina, siamo giunti alla conclusione che la situazione delle stazioni sommerse non è poi così allarmante. Non siamo in un film dove un manipolo di scienziati, solo in mezzo alla desolazione, si rende conto che la faccenda è grave e che la terra sta mandando i suoi ultimi segnali di allarme. Gli scienziati coinvolti si sono invece lamentati perché tutto ciò ha significato per loro una maggiore mole di lavoro. Hanno dovuto piantare nuovi tralicci, moltissime informazioni sono andate perdute. Non è una cosa da tutti i giorni avere ognuna delle basi fuori uso, ma d’altro canto qual è l’alternativa? Cos’altro si può fare? Fuori da qui le cose stanno cambiando, il mondo non è immobile. Stabilire quanto esso sia instabile, mutevole, dove simili cambiamenti ci stiano portando e in virtù di che cosa, sono gli interrogativi a cui questa spedizione vorrebbe rispondere. Sempre che il ghiaccio la smetta di ingoiarsi tutti i dati.

Nella tenda c’è un tavolo in compensato rotondo con delle sedie pieghevoli intorno. Mentre il vento soffia come se stesse facendo a brandelli il mondo fuori, Jose Rial, un ricercatore proveniente dall’ università del North Carolina che si occupa dei cambiamenti climatici, parla della remota ma agghiacciante prospettiva che la loro repentinità possa far ripiombare la terra in una nuova era glaciale.

“La terra ha già di questi sbalzi a prescindere, anche senza il nostro intervento” – dice Rial. “ Quello che stiamo cercando di fare è cercare di individuare il momento in cui potremo essere noi, da soli, a compiere un salto”.

Rial studia il chaos. Ha disseminato l’accampamento di registratori da cui ascolta gli scricchiolii e gli smottamenti del ghiaccio sotto la bianca massa polare. Ciò che gli altri studiosi liquidano come rumore di fondo, da Rial viene analizzato come un modello latente, un punto di vista interno sul funzionamento profondo del nostro pianeta. Da questi suoni lui spera di comprendere il meccanismo interiore di uno dei maggiori indicatori climatici del pianeta: lo strato di ghiaccio polare.

Prosegue Rial: “Uno sbalzo può avvenire sia in avanti che all’indietro, nessuna delle possibilità è da escludersi. Secondo alcuni prototipi creati al computer il riscaldamento globale potrebbe stravolgere il clima al punto da causare il ritorno dell’era glaciale”.

Uno dei dottorandi presenti chiede: “ Ma usano Mac o PC?”

Dagli altri cinque che stanno scarabocchiando sui loro notebook parte una risata. I prototipi sono utili ma non sono in grado di prevedere ciò che accadrà, bensì solo ciò che potrebbe accadere. Essi si basano sulle conoscenze più avanzate, ma Rial, all’ascolto dei suoi rumori bianchi, afferma che siamo ancora lontani dall’avere un sapere completo. Nel puzzle ci sono ancora molti pezzi mancanti.

Kondrad Steffen, uno dei più importanti studiosi della criosfera al servizio del Comitato Intergovernativo per il Cambiamento Climatico, alza gli occhi dal suo portatile e dice: “Se mai siamo riusciti a fare qualcosa, è stato impedire l’arrivo di una nuova era glaciale attraverso il surriscaldamento globale”.

“La scienza non è fondata sul buonsenso, bensì su un senso non comune. Si basa sul cogliere ciò che non ovvio non è”.

Il dottorando francese, un ragazzone dalle spalle talmente larghe che potrebbe scaraventarci tutti quanti in mezzo alla neve, alza di nuovo lo sguardo e sbotta: “Nel giro di un secolo saremo fottuti, ve lo garantisco”.

Con il suo saggio accento svizzero-tedesco, Steffen replica: “Che ne sappiamo di ciò che accadrà tra cent’anni?”.

Parecchi scienziati sono in disaccordo riguardo alla questione climatica, ma stando in viaggio con alcuni di loro ti rendi conto che le differenze sono spesso minori di quanto sembri. Quasi tutti concordano sul fatto che, in generale, il riscaldamento globale è in aumento e che le condizioni climatiche sono sempre più difficili da prevedere. E tutto ciò desta un estremo interesse in un’epoca in cui la maggior parte della civiltà si addensa lungo costiere fragili, in cui le risorse agricole ed industriali dipendono dalla possibilità che il mondo rimanga quello che è, che l’ambiente non venga stravolto irrimediabilmente.

La questione che spesso divide gli studiosi è dove ci condurrà il cambiamento climatico ed in quanto tempo. Steffen sostiene che i dati emersi dallo studio dei ghiacci non sono sufficienti a supportare l’ipotesi di uno scioglimento che porterà al collasso, mentre altri ritengono oramai siamo ad un punto di non ritorno e che il mondo che conoscevamo sta per finire.

Steffen sta preparando una serie di articoli per la fine dell’estate, quando si dirigerà in Europa per incontrare più di 300 studiosi della criosfera provenienti da tutto il mondo. Discuteranno di ciò che sta accadendo e di dove i mutamenti climatici ci condurranno. Una prospettiva locale, oramai, non è più sufficiente.

Alcune notti fa una tempesta ha colpito l’accampamento. Nella luce evanescente dell’aurora boreale tutti si sono diretti verso le loro tende, avvolte dal vento che soffiava a 60 miglia all’ora e che nel giro di poco le ha rese simili a delle pinne di squalo che emergevano dal ghiaccio. Con il passare delle ore lo strato di neve è diventato sempre più spesso.

Il giorno dopo un aereo Twin Otter è atterrato al campo dopo aver planato sulla punta delle tende mezze seppellite dalla neve. I piloti sono riusciti a compiere la manovra sfruttando un varco che si era aperto nella tormenta. Quando le porte del cargo si sono spalancate è uscito un gruppo di uomini attrezzati ad affrontare condizioni climatiche di freddo estremo. Sono scesi dagli scalini come se stessero camminando sulla superficie lunare. L’aereo aveva trasportato fin lì il Principe d’Olanda, il direttore della European Space Agency ed il direttore dell’Accademia Norvegese delle Scienze seguiti da un gruppo di fotografi e di cineoperatori. Volevano un resoconto, erano venuti a chiedere a Steffen il rapporto sullo stato del mondo, il principe voleva sapere che cosa sta accadendo al nostro pianeta. Da 30 anni a questa parte Steffen non si è perso un inverno tra questi ghiacci. Se c’è qualcuno che può sapere come stanno le cose, quello è proprio lui.

Non c’era posto per tutti intorno al tavolo della tenda cucina, ma solo per Steffen ed i suoi ospiti. Noi altri abbiamo dovuto aspettare fuori, nella luce diffusa della tormenta. Il cielo appariva soffice e lucente proprio come la terra, tanto che non si riusciva a distinguere dove iniziava l’uno e dove finiva l’altra.

Sono rimasto con Rial all’ingresso della tenda, ma non sono riuscito a sentire quello ch
e dicevano all’interno. I nostri stivali erano avvolti da cumuli di neve. Era strano avere degli stranieri nel nostro accampamento dimenticato dal mondo, era come se ci avessero buttato fuori dalla cucina dove notte dopo notte avevamo condiviso storie e avevamo tentato – forse fallendo – di risolvere i problemi del pianeta. Alcuni dei fotografi stavano fuori a riprendere le nostre tende e le creste a forma di pinna che si erano formate tutto intorno.

“Stanno facendo delle foto alle nostre tende” ho detto, quasi disgustato. Ero geloso di questa nostra abitazione effimera nell’infinito spazio bianco.
Rial mi ha sorriso da sotto il cappuccio. “Se c’è un comportamento che porta alla sparizione è proprio questo. Darwin dice che sono alcuni istinti ad ucciderci”.

Avevo registrato Steffen mentre gli facevo delle domande circa lo stato del pianeta, quindi potevo immaginare ciò che stava dicendo ai suoi visitatori. Gli stava dicendo che era necessario mantenere la calma, perchè quando le persone vanno nel panico prendono le decisioni sbagliate. Che cambiamenti senza precedenti stanno avendo luogo, e che se andranno avanti di questo passo per più di dieci anni, o venti, o forse un secolo, ci troveremo a vivere in un mondo completamente diverso. Che il ghiaccio si sta sciogliendo a vista d’occhio e che questo rende più fluido il movimento dei ghiacciai e delle calotte glaciali verso il mare, alterando gli equilibri della civiltà e la stabilità di cui hanno goduto per millenni la maggior parte delle specie della terra. Le conseguenze sul livello degli oceani e sulle dinamiche marine, per non parlare dei quadri meteorologici e della scomparsa delle sorgenti d’acqua nelle latitudini medie – dall’Asia alle Alpi – sono tutt’altro che insignificanti. Un mondo in cui il ghiaccio va scomparendo si presenta assai diverso da quello che conosciamo.

Una volta, mentre eravamo seduti a questo tavolo, Steffen si è lamentato con me del fatto che ogni volta che parla di queste cose con i politici è difficile farli riflettere su argomenti che non siano le loro campagne. Loro pensano solo da qui a due anni. “Cosa vuoi che siano due anni?”.

Penso che il principe sia venuto qui per farsi un’idea di cosa ci aspetta dopo questi pochi anni che noi crediamo essere un’eternità. C’ è un mondo molto più grande che ci gira intorno.

Qual’è il suo futuro? Sia Steffen che Rial mi hanno detto che non lo sapremo fino a quando non si sarà realizzato. Sono troppe le cose che non si sanno per fare delle affermazioni certe. Ciò che è sicuro è che il cambiamento non sta arrivando, è già qui.

Cosa si può fare? Così tanti scienziati mi hanno confermato che a questo punto non si può tornare indietro…ma io credo che si possa in qualche maniera deviare la rotta del cambiamento. Proprio perchè non abbiamo una conoscenza completa di come esso opera, nessuna possibilità è da escludersi. Ogni minimo dettaglio ha la sua importanza.

Dal momento che non riuscivo a sentire la conversazione che stava avendo luogo nella tenda, mi sono messo a camminare intorno al campo. Quando ti trovi sull’orlo del precipizio, durante una tempesta, non te la senti di allontanarti troppo, così ho camminato lentamente in circolo, vicino ai box pieni di attrezzi, ai barili di petrolio, alle bombole di propano. Le pale degli anemometri ruotavano all’impazzata mentre mi tiravo il cappuccio in avanti per proteggermi dal vento. Guardando fuori non riuscivo più a vedere il resto del mondo, la terra ed il cielo erano scomparsi, tutto quello che conoscevo era stato spazzato via.

Craig Childs

Fonte:http://www.globalonenessproject.org

Link: http://www.globalonenessproject.org/library/articles/future-seen-greenland

marzo 2014

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DONAC78

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