I CARRI ARMATI NELLE BANLIEUES

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DI CLAUDIO MARTINI
il-main-stream.blogspot.it

Ha fatto molto bene Moreno Pasquinelli a prendersi la briga di leggere e esaminare il programma elettorale del Fronte Nazionale francese. Credo ci dia la possibilità di renderci conto di cosa abbiamo a che fare. In questo post avanzerò un’ipotesi su quali siano gli autentici obiettivi di questa forza politica. Come ogni congettura è chiaramente opinabile, e invitiamo tutti a opinarla nei commenti.

Ai miei occhi è abbastanza evidente una cosa: il cuore del programma di Marine Le Pen non è l’economia, e di conseguenza non è l’euro. Questo potrà apparire piuttosto azzardato a molti lettori. Dopotutto, nel nostro angolo di blogosfera si sta sviluppando, da mesi, un acceso dibattito sull’opportunità o meno di sostenere questa forza politica. Trattandosi di un dibattito tra elettori italiani la discussione ha come oggetto, in pratica, l’espressione di un moto di simpatia (o di avversione).

Nell’ambito di tale discussione, e nella stragrande maggioranza dei casi, le simpatie al FN sono determinate dalla dichiarata ostilità all’euro e alla UE tipiche di questo partito. Anche persone con un trascorso di sinistra, convinte che l’euro sia la questione essenziale e dirimente dei nostri tempi, sono ora pronti a “sostenere” (virtualmente) Le Pen in virtù delle sue posizioni economiche. Ora, la mia ipotesi parte dall’assunzione che, tra i veri elettori potenziali del FN, e cioè tra i cittadini francesi, che parlano il francese e che seguono quotidianamente la vita politica di quel paese, non sia la posizione sull’euro quella che genera consenso, e che la stessa Marine Le Pen non si aspetti di essere votata principalmente in virtù di tale posizione.

Facciamo per un attimo astrazione dalla questione dell’euro. L’insieme del programma economico che stiamo esaminando è correttamente inserito da Pasquinelli nel filone del keynesismo moderato. Esso non implica scelte molto rivoluzionarie, specie se teniamo presente il contesto sociale nel quale è calato: in Francia l’intervento dello Stato nell’economia è una realtà ben viva e operante, lo stato sociale francese è con tutta probabilità il più avanzato tra quelli dei grandi paesi europei, e le misure protezionistiche non sono certo un fenomeno inedito nel panorama politico d’Oltralpe (basta pensare al complesso di tutele di cui gode in Francia il settore agricolo). A colpo d’occhio, buona parte di queste misure sono attuabili già oggi, a Trattati vigenti. Nulla di sensazionale, e sopratutto nulla che possa scatenare ondate di consenso.

A mio avviso il vero fulcro della proposta politica del FN, il motivo per cui i francesi lo votano, si ritrova nella seconda parte dell’articolo di Pasquinelli, quando il nostro passa in rassegna le proposte di riforma nell’ambito del diritto penale. Mi spiego meglio.

Cio che rende popolare l’opzione FN nell’elettorato francese è il richiamo all’identità nazionale. In un mondo in cui si sono smarriti molti dei tradizionali punti di riferimento, l’Idea di Francia può rappresentare un valido “ancoraggio” per molte persone. Come si realizza l’Idea? Con scelte concrete che riaffermino il potere dell’ente che la incarna, lo Stato. Lo Stato riafferma la sua sovranità in primo luogo mostrando la sua efficiacia punitiva. Se il tipico programma liberista consiste nel sostituire lo Stato Sociale con quello Penale, Le Pen vuole tener fermo il primo ed espandere enormemente il secondo. Non è contraddittorio: è la tradizione dei fascismi 1.

L’espansione del penale comporta cesure veramente notevoli con la tradizione giuridica (e costituzionale) dell’Europa degli ultimi decenni. Non si tratta solo di portare alle estreme conseguenze il revanchismo penale: questo esige di rendere più duri i regimi delle pene detentive, inasprire le sanzioni, dare più poteri alla polizia e meno diritti a imputati e carcerati, e inaugurare una politica di tolleranza zero. Si parla di reintrodurre la pena di morte. Si parla di creare particolari delitti di opinione, in particolare quello di manifestazioni a sostegno dei diritti dei clandestini. E tutto quanto caratterizzato da un chiaro segno ideologico: l’espansione del dispositivo penale non è rivolta solo contro il criminale, accontentando i milioni che, come cantava Jannacci, votano Almirante perché hanno paura dei ladri; è rivolta contro il criminale, il terrorista, il sovversivo, arabo, islamico, maghrebino, straniero, di colore. Nella retorica di Le Pen le tematiche del penale e quella della lotta ai nemici culturali della Francia (bianca e cristiana) sono costantemente intrecciate. Con lo strumento penale si vogliono difendere l’identità, l’omogeneità e l’ordine dei souschien, della comunità dei francesi “autoctoni”.

Purtroppo per il FN, tutti questi obiettivi sono in netto contrasto con le disposizioni (e con l’interpretazione consolidata) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. E la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che sul rispetto di quelle norme vigila, ha in Francia un peso maggiore di quella che ha in Italia, perché di fatto svolge, in quel paese, un ruolo simile a quello qui svolto dalla Corte Costituzionale 2.

Ecco la sovranità che Le Pen vuole riconquistare, mediante un vero e proprio tuffo nel passato: quella dello Stato contro i cittadini- e ovviamente contro i non cittadini, gli stranieri, da vessare e discriminare. Ed ecco perché l’Europa (meglio, la CEDU) va tolta di mezzo. Rivelatore, in questo senso, è un altro passaggio del programma del Fronte: quello relativo alle spese militari. Nel testo si dice chiaramente che la Francia deve riarmarsi. Che senso può avere questa posizione? La Francia dispone già di uno dei primi eserciti del mondo, nonché di un cospicuo arsenale nucleare. Perché rafforzare ulteriormente le forze armate? A chi vuole fare la guerra Marine Le Pen?

Di primo acchito si potrebbe sospettare di una qualche velleità neo-coloniale da parte della Francia frontista. Altrimenti perché rilanciare la marina militare, pur con la scusa di dover pattugliare l’immenso territorio marittimo ereditato dal passato Impero? Tuttavia, chi ha seguito le vicende politiche concernenti il FN in questi anni sa che questo partito non ha una particolare “proiezione internazionale”. Si sarebbe tentati di definirlo isolazionista. Il FN si è opposto a tutte le avventure militari in cui la Francia è stata coinvolta o stava per essere coinvolta. È per il ritiro delle truppe in “missione di pace” (dubito che a Parigi le chiamino così). Le Pen va in brodo di giuggiole per Assad e Putin, dunque era contraria all’intervento contro il regime di Damasco. Quindi non si direbbe questo il fronte di impiego privilegiato del nuovo esercito francese. Escludendo che si vogliano rinverdire i fasti dello sciovinismo anti-tedesco, anche se magari qualcuno ci spera, la domanda sembra rimanere senza risposta. Eppure è ovvio. Marine Le Pen vuole schierare l’esercito in Francia. Il nemico infatti non si trova all’esterno dei patri confini, ma al loro interno. All’uopo viene creato un corpo militare speciale:

Une Garde nationale de 50000 réservistes hommes et femmes sera constituée sur l’ensemble du territoire (outre-mer compris) et mobilisable dans un bref délai.
Marine Le Pen vuole i carri armati nelle banlieues. Il dispositivo militare qui delineato è, con tutta evidenza, volto rafforzare e rendere invincibile lo strumento della repressione penale interna.
Milioni e milioni di uomini, donne e bambini, provenienti da mille angoli del mondo, abitano le periferie e gli agglomerati urbani francesi, e minacciano l’ordine, la sicurezza e l’identità tradizionale della Francia. Sono una sentina di rivolte, criminalità e terrorismo. Contro di essi lo Stato, finalmente liberato dai lacci europei e dagli scrupoli degli intellettuali di sinistra, potrà e dovrà utilizzare tutti i mezzi necessari, con tutta la durezza necessaria.

Ecco il cuore della programma del FN. Ecco il motivo per cui milioni di francesi lo votano. Di fronte a tutto ciò, il programma economico è poco più di un dettaglio; ed esso è tanto meno importante quanto più si riflette sulle prospettive che l’implementazione pratiche di quel programma dischiude. Non è azzardato sostenere che quelle misure, ancor prima che a una involuzione autoritaria dello Stato francese, preludano a qualcosa di abbastanza vicino ad una guerra civile in Francia. Questa è solo un’ipotesi, ma la giudico molto realistica. E da questa ipotesi vorrei provare a trarre una riflessione, forse persino un insegnamento. Noi parliamo troppo di economia. Gli economisti, come una volta ha affermato Emiliano Brancaccio, hanno un peso eccessivo nel dibattito pubblico. Ma le grandi scelte politiche, quelle che capaci di coinvolgere le passioni (o le paure, o i cattivi sentimenti) di milioni di persone, sono quelle che riguardano altre sfere della vita sociale. Senza voler fare riferimento ai temi della pace e della guerra, sempre latenti ma in qualche modo lontani dall’attualità in questi tempi senza conflitti armati (almeno in Europa), si può dire che ciò che “scalda” le masse sono le grandi questioni attinenti all’identità: chi siamo, qual è il nome della nostra comunità, chi ha diritto di prendere le decisioni, quale punizione è la più opportuna per chi infrange le regole della comunità… Tutte le forze politiche che, negli ultimi anni, a livello europeo, hanno registrato un fortissimo aumento dei consensi e dell’influenza politica, sapevano essere padrone delle questioni legate all’identità 3. Quelle forze che invece hanno messo al centro le questioni economiche sono, in genere, naufragate miseramente 4. Ciò dovrebbe metterci in guardia dal giudicare un movimento politico solo in base a (ma anche a partire da) le sue posizioni in materia economica. Come spero di aver dimostrato, tale criterio si rivela foriero di gravissimi errori.

La vera cartina di tornasole sono le posizioni “identitarie”, che poi sono quelle che incidono sui diritti, sui doveri, sulle libertà. Chi comanda, cosa è vietato e cosa è obbligatorio, quali sono le condizioni alle quali la comunità può sopprimere i diritti del singolo: tutte queste sono questioni più importanti e decisive delle tecniche di controllo della massa monetaria o del corso dei cambi; e l’economia, con tutte le sue tecnicalità, assume rilevanza politica solo in quanto influisce sulle questioni sopra menzionate. Altrimenti, è roba da bloggers.

Claudio Martini

Fonte: http://il-main-stream.blogspot.it

Link: http://il-main-stream.blogspot.it/2014/01/i-carri-armati-nelle-banlieues.html

22.01.2014

NOTE

1 Non voglio entrare nell’inutilissima questione se il FN sia qualificabile o meno come partito fascista. Scegliendo un approccio “letteralista”, patrimonio tipico dei simpatizzanti di Le Pen, il FN non è un partito fascista perché non è una formazione politica identica a quelle tedesche e italiane degli anni 30, e non opera in un contesto paragonabile. Ma questa considerazione, indiscutibilmente corretta, non sposta un’acca nel giudizio che possiamo avere di questa forza politica. Di sicuro il FN ha molti punti in comune con la tradizione dei fascismi e delle estreme destre europee, ed è tra l’altro l’unico partito europeo ad aver attuato una successione dinastica nella propria posizione di comando. E questi non sono assunti che una qualsiasi persona ragionevole si sentirebbe mai di smentire.
2 Solo di recente la Francia ha inaugurato un sistema di controllo giudiziale (successivo) di costituzionalità delle leggi, e ancor oggi il Consiglio Costituzionale ha poteri limitati rispetto alle omologhe corti tedesche, italiane e spagnole. Dunque per anni il controllo sul rispetto dei diritti fondamentali, da parte del legislatore francese, lo ha svolto soltanto la CEDU.
3 Vengono alla mente, oltre al FN, anche Alba Dorata e il Movimento Cinque Stelle. Ovviamente questi movimenti hanno usato il tema dell’identità in maniera molto diversa. Per AD l’identità è quella greca etnica, minacciata dagli immigrati, che perciò vanno sterminati e scacciati. Per il M5S l’identità è quella dei cittadini italiani comuni, espropriati dal un ceto politico oligarchico e anti-democratico: il cuore del programma è dunque la riconquista della democrazia. Per quanto riguarda le forze politiche che, almeno in Italia, hanno costruito le loro (effimere) fortune sulla questione del penale, possiamo ricordare la Lega Nord e l’Italia dei Valori.
4 I primi esempi che vengono alla mente sono, in Italia, Scelta Civica e Fermare il Declino; in Germania Alternative fur Deutschland. A ben guardare il puntare moltissimo sull’economia potrebbe essere considerato una tara propria anche dei partiti della sinistra radicale.
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