GLI ERRORI DI PUTIN

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DI URIEL FANELLI

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In questi giorni scrivo meno, per ovvi motivi, ma visto che stanno iniziando le tensioni in Bielorussia, tensioni di cui avevo parlato qualche giorno fa, [http://www.zerohedge.com/news/2014-12-22/belarus-full-blown-hyperinflation-panic-blocks-news-online-stores-bans-all-fx-tradin ] e [ http://yug.svpressa.ru/politic/article/107774/ ], vorrei rispondere a chi mi chiede di spiegare come mai la gestione dei tempi sia stata l’errore di Putin.

Perché i tempi sono stati così importanti per cambiare una vittoria facilissima in quella che sarà probabilmente una catastrofica sconfitta?

Per diverse ragioni:

  1. Se sei un dittatore prendi le decisioni in fretta. Questo e’ il tuo vantaggio. Se rallenti, hai tutti gli svantaggi della dittatura e non hai vantaggi verso le democrazie.
  2. Se vai troppo avanti coi tempi, gli strumenti finanziari diventano strumenti militari efficaci quanto i metodi bellici veri e propri.
  3. Nel portare avanti le cose così tanto, Putin ha mostrato il suo punto debole: non capisce la finanza come strumento geo-politico e militare.

Andiamo per ordine.

Il primo punto e’ semplice: la facilità con cui Putin ha preso la Crimea e ha destabilizzato l’ Ukraina consiste nel fatto che le decisioni in merito sono state prese più velocemente di quanto gli avversari potessero rispondere. Quando la Crimea aveva finito col voto che la annetteva alla Russia, a Bruxelles dovevano ancora essere a calendario le prime riunioni per esaminare la situazione, e Obama stava tentennando perché non si fida dei suoi generali.

Sulla lentezza di Bruxelles, legata agli interessi in gioco per l’export e sulla difficoltà di mettere tutti d’accordo, c’e’ poco da dire. La prima decisione di Bruxelles e’ arrivata quasi due mesi dopo il fattaccio, ma in tutto l’annessione della Crimea e’ durata si e no tre settimane, preparativi compresi.

Sulla lentezza americana , il fatto e’ sotto gli occhi di tutti: Obama non si fida ne’ della sua intelligence che dei suoi generali. I generali di Obama hanno subito un certo “turnover” da quando e’ al potere, e sinora il presidente continua ad inviare sempre lo stesso messaggio politico: continuando a riferirsi a sé medesimo come “commander in chief” , cioè come capo supremo delle forze armate americane, sta di fatto destituendo i suoi stati maggiori. Se Bush delegava totalmente a Schwartzkopf, Obama continua a parlare in un modo che non lascia dubbi: i suoi generali devono prendere ordini da lui, ovvero non si fida della loro visione.

Oltre ai generali , c’e’ da dire che e’ anche saltato il capo della NSA e siamo alla seconda dimissione del capo della CIA da quando e’ in carica. Senza menzionare il cambio di segretario di stato. Messaggio politico chiaro: non mi fido di loro.

Che abbia buone ragioni dopo le primavere arabe e la batosta siriana , e’ condivisibile. Che pero’ questo lo rallenti nelle decisioni strategiche, e’ ormai evidente.

Con due avversari lentissimi, avendo una capacità decisionale praticamente infinita e centralizzata, le partite devono essere brevi. Invece Putin l’ha lasciata durare abbastanza da consentire alla Merkel di arrivare alle sue conclusioni, a Bruxelles di approvare delle sanzioni, agli Ukraini di firmare due trattati con la UE, di fare delle elezioni politiche, e ad Obama di far approvare sanzioni e divieti di commercio con la Crimea.

Continuando ancora, ha consentito alle sanzioni di ottenere il loro effetto. Specialmente alle SUE, ma lo vedremo alla fine.

Un ottimo giocatore di scacchi, ma non ha usato la sua capacità principale: la velocità.

Il secondo punto e’ altrettanto semplice. La finanza e’ uno strumento geopolitico, ma quando viene usata come strumento geopolitico e’ uno strumento LENTO. Il suo campo d’azione sono mesi, se non anni. Le sanzioni che hanno colpito le multinazionali russe non sono di per se’ insuperabili, nel breve periodo. Il problema e’ che nel lungo periodo richiedono alla banca centrale russa di stampare così tanti rubli che alla fine il risultato e’ la svalutazione. Sebbene la capa della banca centrale russa sia abbastanza in gamba, il problema di un paese esportatore e’ che nel lungo termine questa cosa non funziona.

La svalutazione e’ sempre una medicina amara, e non tanto perché svaluti il potere d’acquisto, ma perché causa una fuga generalizzata dagli asset in rublo. Significa che , se anche ci fossero dei business interessanti in Russia, oggi sono diventati meno vantaggiosi: se voglio guadagnare il 10% nelle prossime settimane e sono un magnate russo, compro dollari, e so che nelle prossime settimane il rublo svaluterà più o meno del 10%. Chi me lo fa fare di investire in Russia, dalla quale otterrei la medesima cosa, il 10% in più di rubli, quando con meno rischio posso scommettere CONTRO la Russia e ottenere sempre il 10% in più di rubli?

Poi c’e’ un fenomeno paradossale: come ho scritto sopra, le sanzioni stanno destabilizzando la produzione in Bielorussia, causando iperinflazione e la vendita ai moscoviti delle riserve alimentari. perché vendere qualcosa a 10rubli a Minsk, quando posso venderla a 50 a Mosca?

E dal momento che l’ iperinflazione mi costringe ad avere in tasca 50 rubli domani, anziché 10, più si vende a Mosca e più cresce l’esigenza di vendere ancora a Mosca. Così, oggi la Bielorussia ha i negozi vuoti e una moneta che non compra quasi nulla.

Per ottenere questi fenomeni, il fattore tempo e’ essenziale. Ma la cosa che nessuno ha contato e’ che la situazione in Bielorussia NON e’ effetto delle sanzioni occidentali contro Mosca, ma delle sanzioni moscovite in ritorsione, che nelle intenzioni avrebbero dovuto piegare l’unione europea.

Come se non bastasse, le ritorsioni di Putin sono state fatte contando di aumentare le importazioni dal Sudamerica, ma sono state fatte in un periodo nel quale in Sudamerica era inverno. Un maggiore volume di vendite non era preventivato, e non esistendo grosse scorte agricole in Sudamerica, non c’era la capacità di rifornire la Russia.

E non e’ ancora detto che ci siano l’anno prossimo, dal momento che l’aratura era già terminata. Ancora una volta, il fattore tempo: se Putin avesse voluto reagire, doveva agire immediatamente.

E qui siamo all’ultimo punto. Se sul piano politico, militare e geopolitico Putin e’ superiore a tutti i suoi avversari in questa vicenda, sul piano finanziario ha mostrato una completa incompetenza.

Il fatto di rischiare di perdere la Bielorussia, sul modello ukraino, di conseguenza alle PROPRIE sanzioni, cioè agli effetti sui prezzi delle sanzioni di Mosca, mostra incompetenza finanziaria. Del resto Putin e’ stato addestrato nella Russia sovietica, e di mercato nelle scuole russe non si parlava. A Putin mancano i fondamentali.

Ma per un capo di stato i fondamentali sono facili da reperire, dal momento che esistono consulenti strategici apposta. Il guaio e’ che Putin ha mostrato, con le sue mosse, di non aver capito il punto. A causare un disastro in Bielorussia sono le SUE sanzioni, non quelle occidentali. Possibile che nessuno lo abbia avvisato degli effetti che avrebbe avuto la cosa quando Mosca, con la sua domanda immensa, avrebbe offerto per il cibo il doppio di quanto costi su qualsiasi mercato dei paesi confederati alla Russia? Nessuno lo ha avvertito del pericolo di cannibalizzare l’offerta sui mercati alimentari dei paesi membri della CSI?

Evidentemente no. E lo stesso dicasi per la crisi Ukraina: i mercati finanziari si spaventano, ma tornano facilmente sui loro passi, se torna la pace. Se Putin si fosse preso la Crimea e avesse poi chiuso la vicenda senza devastare l’est ukraino, in fretta, le borse avrebbero fatto il solito balzo giu’, seguito da un rimbalzo. Ma se fai durare troppo le cose, tutti mettono una bella croce sopra a quella zona, e i flussi finanziari si fermano.

Anche qui, Putin non capisce la finanza moderna e specialmente i suoi tempi.

Che cosa succede adesso? Succede che, ne parla persino Repubblica, si parla di una politica energetica europea. [ http://www.repubblica.it/esteri/2014/12/20/news/una_societ_europea_del_gas_per_abbassare_i_prezzi_di_putin_mosca_grida_al_complotto-103345078/ ] L’articolo di Repubblica su basa su questo articolo, ( http://www.kommersant.ru/doc/2636160?isSearch=True ) anche se – si tratta pur sempre di Repubblica – alcune parti si sono “perse nella traduzione”.

Se andiamo ai fatti e togliamo tutti i complotti stile MIB che ormai infestano la stampa russa, ci sono alcuni fatti che sono realistici: il primo e’ che BASF ha cancellato unilateralmente un progetto di asset swaps in corso. Significa che da un lato i tedeschi hanno rinunciato al mercato russo, dall’altro i russi di Gazprom non potranno entrare in Germania, e da lì in Europa, con asset propri. La differenza e’ sottile, ma significa chiudere Gazprom nel mondo del rublo, ed impedirgli di possedere asset meno svalutabili in caso di attacco al rublo.

Il secondo fatto vero e’ che la Merkel ha ritardato la messa in atto della nuova politica energetica tedesca, in attesa di una nuova commissione europea. E l’idea dell’ hub europeo, oggi costituito da una serie di rigassificatori, e’ già in atto come “piano di sicurezza energetica”. Si tratta solo di prendere una situazione di emergenza che sta funzionando – qualcuno sta passando inverni al freddo? – e trasformarla in una situazione permanente.

Se questo succede, capita che le grandi società energetiche di ogni settore saranno spinte, a furia di sonanti esenzioni fiscali, a partecipare a degli “hub”, dei centri di distribuzione per gas, petrolio, energia elettrica, che potranno permettere al paese X di vendere energia al paese Y senza aspettare che ci sia un benestare governativo – come succede ora quando le forniture sono di grossa portata.

Questo e’ utile per esempio quando capita che, come quest’anno in Germania, l’inverno sia molto mite, mentre magari e’ rigido, che so io, in Romania e Polonia.

Questo “mercato unico del gas” mette in crisi la politica di Gazprom, e fa gridare al “complotto europeo del gas”, dal momento che Gazprom non potrà più trattare con i diversi governi il prezzo, dal momento che specialmente i paesi piccoli della UE avranno sempre la scelta di attaccarsi all’ Hub europeo, comunque composto, che magari venderà loro le rimanenze di un mercato momentaneamente scarico per motivi climatici.

Il potere di Gazprom di trattare sul prezzo, cioè, viene inficiato pesantemente.

Questo e’ il motivo per il quale tutto fa pensare di un ritiro di Mosca all’indietro: se si affievolisce l’influenza energetica di Mosca sull’ Europa, adesso l’unico punto di penetrazione nell’area europea e’ la Bielorussia.

Ma, persino un giornale “vagamente propagandistico” come la Pravda ammette che gli USA stanno giocando duro con Minsk ( http://www.utro.ru/articles/2014/12/18/1226605.shtml : il link e’ riportato in Home Page dalla Pravda.ru) andando ad offrire aperture commerciali in cambio di più diritti umani.

Anche Lukashenko si sta rompendo le palle ( http://www.echo.msk.ru/blog/echomsk/1456534-echo/ ), il titolo significa “non possiamo sempre andare a pregare qualcuno a Mosca”.

A sentire Lukashenko, se prima la Russia occupava l’ 85% dell’ Export , adesso e’ scesa dal 40 al 45%. Il che , detto dal presidente in persona, equivale a dire che si e’ proprio scocciato: non e’ semplice per Lukashenko pronunciare simili parole con un vicino cosi’ ingombrante.

Non ci vuole molto a capire cosa succederà adesso: arriveranno in parallelo due crisi:

  1. Una legata alla nuova politica energetica europea: essenzialmente l’ Europa sta già lavorando in condizioni di “sicurezza energetica”, e questo stato verrà essenzialmente trasformato nella norma. Questo andrà a causare una reazione russa, per forza di cose, dal momento che il settore energetico e’ IL settore dei boiardi di Putin.Poco rischio, molta resa.
  2. Una legata alla situazione in Bielorussia. E’ chiaro che il rialzo mostruoso dei tassi di interesse, deciso da Mosca, unito al rialzo dei prezzi sul mercato russo, andrà ad uccidere l’offerta retail sul mercato interno.
  3. Ci sono altre nazioni periferiche russe che trovano piu’ semplice commerciare su un mercato aperto: leggete qui: http://www.inform.kz/eng/article/2498180 , oppure http://www.kommersant.ru/doc/2639134 e capite cosa stia per succedere. Non so quale altra repubblica filorussa, caucasica o asiatica darà fuoco alle polveri, ma e’ probabilissimo che la crisi economica che colpisce il rublo produca altre “euromaidan”. Magari una “indiamaidan” o una “pechinomaidan”, ma alla fine, se Putin vuole ricostruire un centro politico russo può essere interessante, ma le sue competenze in campo finanziario sono, evidentemente, discutibili.

Ed è qui il punto: un presidente che era superiore in politica, geopolitica e arte militare ha mostrato il suo lato debole. La finanza moderna. E i suoi avversari lo hanno capito. E’ chiaro che attaccheranno sempre e solo su quel lato. E questo per un semplice, stupido errore, quello di gestire i tempi di una partita a scacchi come se fosse, appunto, una partita a scacchi.

Uriel Fanelli

Fonte: www.keinpfusch.net

23.12.2014

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