GIOCARE D'AZZARDO. L’ESPANSIONE DEL CONFLITTO IN MEDIO ORIENTE METTE A RISCHIO LE INFRASTRUTTURE PETROLIFERE SAUDITE

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DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD

telegraph.co.uk

La guerra contro lo Yemen consolida ulteriormente la presenza di al-Qaeda nel paese e rischia d’innescare una reazione settaria all’interno della stessa Arabia Saudita

Il crescente interventismo nello Yemen dell’Arabia Saudita è un gioco d’azzardo che rischia di generare un complesso ritorno di fiamma, che a sua volta rischia di mettere in pericolo le infrastrutture petrolifere saudite e la sicurezza dell’approvvigionamento energetico mondiale.

Gli analisti militari sostengono che ci sono poche possibilità che gli attacchi aerei della coalizione sunnita [a guida saudita] possano sottomettere le forze Houthi yemenite supportate dall’Iran. Potrebbe essere necessaria una vera e propria invasione, da parte delle forze di terra, per garantire il controllo del paese. L’Arabia Saudita sta ammassando al confine grandi concentrazioni di carri armati ed artiglieria pesante anche se, a dire il vero, tutto ciò potrebbe essere un semplice stratagemma negoziale.

Più a lungo il conflitto va avanti, maggiore è il rischio che possa crearsi dell’odio religioso all’interno di un paese che è sempre stato relativamente privo di violenza settaria. Adam Baron, dell’European Council on Foreign Relations, ha detto che i proclami dei politici di tutta la regione, inneggianti alla lotta fra sunniti e sciiti, stanno diventando delle “profezie che si auto-avverano”.

Al-Qaeda nella Penisola Araba [AQAP] – ritenuta la più letale fra i franchises jihadisti e anche un fortino della jihad saudita – controlla già la fascia centrale dello Yemen ed è la principale beneficiaria del vuoto di potere che si è venuto a creare.

Partendo da quel profondo retroterra strategico, AQAP può pianificare attacchi terroristici contro obiettivi sauditi con un’impunità sempre maggiore. Tutti i consiglieri militari statunitensi sono stati ritirati dallo Yemen, e gran parte dell’apparato contro-terrorista del paese si sta disintegrando. Sta diventando sempre più difficile attaccare le cellule di Al-Qaeda o effettuare attacchi di droni con precisione.

La grande incognita è se una lunga guerra delle forze saudite contro gli sciiti dello Yemen – forse un pantano in pieno “stile Vietnam” – possa causare uno strappo nel delicato tessuto politico della stessa Arabia Saudita. Il gigantesco giacimento di petrolio, il Ghawar, si trova nella Provincia Orientale del Regno [saudita], che è sede di un’afflitta minoranza sciita.

“Se i sauditi continuano questa guerra – e se continuano ad uccidere i civili – finiranno con il creare una notevole instabilità nella stessa Arabia Saudita”, ha dichiarato Ali al-Ahmed, membro dell’”Istituto per gli Affari del Golfo” con sede a Washington.

Un gran numero di giovani sauditi sono insoddisfatti. Si stima che ca. 6.000 siano stati reclutati da al-Qaeda e che altri 3.000 abbiano combattuto per l’ISIS in Siria e in Iraq. Nonostante il formidabile apparato di sicurezza saudita, con una forza di 30.000 unità a guardia delle infrastrutture petrolifere, il rischio d’infiltrazione è alto, anche tra i clan legati alla famiglia reale.

Due degli attentatori suicidi di al-Qaeda, coinvolti nell’attacco del 2006 contro un oleodotto, erano rampolli della classe dirigente, in stretti rapporti con il leader religioso wahhabita, capo della polizia religiosa.

L’”Istituto per gli Affari del Golfo” ha dichiarato che il punto nevralgico delle infrastrutture petrolifere è il “Grand Central Station” di Qateef, nella Provincia Orientale, dove esiste una rete di 12 pipelines che corrono vicine fra loro, rifornendo i grandi terminali petroliferi sauditi di Ras Tanura e Dharan: “Queste pipelines corrono vicino alle principali autostrade e ai centri abitati, sono quindi un facile bersaglio per attacchi del tipo mordi-e-fuggi”.

Una cellula di Al-Qaeda, i cui componenti sono stati arrestati nel mese di Aprile del 2007, stava tramando per dirottare aerei di linea civili allo scopo di farli schiantare contro i “gioielli della corona” sauditi, ovvero gli impianti petroliferi di Ras Tanura e Abqaiq. I terroristi hanno rivelato sotto interrogatorio che potrebbero essere stati reclutati alcuni ingegneri del gigante petrolifero statale, l’Aramco.

La minoranza sciita dell’Arabia Saudita costituisce il 20% della popolazione. Nonostante gli sciiti siano stati trattati come cittadini di seconda classe, impossibilitati ad accedere alle posizioni-chiave, fino ad ora sono stati quiescenti. Ma i rischi di un possibile scontro sono in crescita, man mano che il Medio Oriente viene inghiottito in un’epica lotta tra sunniti e sciiti, che non potrà che approfondire le linee di frattura.

Il gruppo terrorista degli Hezbollah – che ha ucciso 19 avieri americani nell’attacco alle Khobar Towers del 1996, operando come cellula armata degli iraniani – ha lanciato una serie di minacce contro gli impianti petroliferi sauditi. Teheran ha giurato vendetta contro l’Arabia Saudita per aver spinto verso il basso il prezzo del petrolio e, ora, per gli attacchi aerei sullo Yemen: il rischio evidente è che opererà all’interno del Regno [saudita] attraverso gli alleati di Hezbollah.

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I mercati petroliferi devono ancora reagire a queste minacce politiche di lungo termine. Negli Stati Uniti il prezzo del greggio è crollato a 49 dollari al barile, perdendo 5 dei dollari che erano stati guadagnati come conseguenza del bombardamento dello Yemen della scorsa settimana.

Michael Wittner, un ex analista della CIA passato alla Societe Generale, ha sostenuto che l’unico rischio grave sarebbe l’interruzione dello stretto di Bab el-Mandeb, una potenziale strozzatura per i 3,8 milioni di barili al giorno di petrolio che passano sulla bocca del Mar Rosso. Il passaggio è talmente stretto che può passare solo una cisterna per volta in ognuna delle due direzioni.

In passato, al-Qaeda ha lanciato degli attacchi suicidi contro le navi ormeggiate nel porto di Aden utilizzando dei motoscafi, ma senza mai fare molti danni. Una flottiglia ben armata di forze navali della NATO e degli Stati Uniti, in ogni caso, sta attualmente pattugliando quel tratto di mare.

Mr. Wittner ha dichiarato che il rischio maggiore per i mercati petroliferi è che, nel secondo trimestre del 2015, il mondo possa essere inondato da un ulteriore flusso di 1,9 milioni di barili di petrolio al giorno. Non solo, anche il probabile accordo con l’Iran sul suo programma nucleare potrebbe aprire la strada, verso la fine dell’anno, ad una maggiore offerta.

“Continuerà una forte pressione al ribasso sui prezzi del petrolio. Qualsiasi residuo premio per il rischio geopolitico, derivato dalla situazione nello Yemen, andrà rapidamente a dissiparsi”, egli ha detto.
Michael Lewis, responsabile del settore delle commodities presso la Deutsche Bank, ha detto che il conflitto nello Yemen serve a ricordare che uno shock nell’offerta [di petrolio] è un rischio sempre presente, anche se le scorte degli Stati Uniti hanno raggiunto livelli record e quasi tutti gli operatori di mercato stanno parlando di prezzi che, seppur bassi, potrebbero ancora cadere.

“Pensiamo che il mercato potrebbe restringersi a Maggio o a Giugno, perché i prezzi bassi cominceranno a mordere e gli Stati Uniti non aggiungeranno altri approvvigionamenti [a quelli già esistenti]. Potrebbe essere un importante punto di flessione”, egli ha detto.

Ambrose Evans-Pritchard

Fonte: www.telegraph.co.uk

Link: http://www.telegraph.co.uk/finance/economics/11505273/Saudi-oil-infrastructure-at-risk-as-Mid-East-conflagration-spreads.html

30.03.2015

SCelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da FRANCO

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