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DI DAVID HERBERT

cluborlov.blogspot.it

Questo blog è stato concepito per fornire un quadro il più ampio possibile di quello che sta succedendo nel mondo. Le aree d’interesse che lo compongono sono le seguenti [punti 1, 2 e 3]:

1 – IL DECADIMENTO ALLO STATO TERMINALE E L’EVENTUALE CROLLO DELLA CIVILTA’ INDUSTRIALE

Il decadimento allo stato terminale e l’eventuale crollo della civiltà industriale, man mano che i combustibili fossili che la supportano (di qualità sempre più bassa, anche in termini di “energia netta”) diventano più costosi da produrre nelle quantità necessarie.

La prima ipotesi proposta da Hubbert (quella secondo cui il picco massimo della produzione di petrolio, negli Stati Uniti, sarebbe stato raggiunto nel 1970) era accurata, ma la successiva previsione relativa al raggiungimento del picco globale (seguito da un rapido crollo) intorno all’anno 2000, era piuttosto imprecisa considerando che, 15 anni dopo, la produzione globale di petrolio non è mai stata così alta [http://it.wikipedia.org/wiki/Picco_di_Hubbert]. I prezzi del petrolio, che per un certo periodo di tempo sono stati molto alti, si sono temporaneamente abbassati.

Tuttavia, zoomando sull’immagine del petrolio, vediamo che la produzione di quello “convenzionale” ha raggiunto il suo picco nel 2005 (con appena 5 anni di ritardo) e che da allora è in calo. Vediamo, inoltre, che il deficit di produzione è stato colmato da “petrolio non convenzionale”, difficile e costoso da estrarre (offshore profondo, fracking etc.), e da un qualcosa che non è esattamente petrolio (le sabbie bituminose).

I bassi prezzi attuali non sono sufficientemente remunerativi per consentire ancora a lungo questa nuova e costosa produzione, mentre la sovrabbondanza attuale sta cominciando a sembrare come una specie di festa alla quale non potrà che seguire una carestia. La causa diretta [di questa carestia], più che l’energia, sarà il debito ma, tutto sommato, può ancora esser fatta risalire alla prima: il successo, ovvero la crescita di un’economia industriale, ha bisogno di energia a basso costo.

Un’energia troppo costosa porta alla riduzione della crescita, facendo impantanare l’economia industriale in un debito che non potrà mai essere ripagato. Se la bolla del debito dovesse scoppiare, non ci sarebbe capitale a sufficienza da investirein un altro giro di produzione (di costosa energia), e il decadimento terminale avrebbe inizio.

2 – LA NEMESI DEGLI STATI UNITI: L’URSS 2.0

L’interessantissimo processo che sta avendo luogo negli Stati Uniti, sta diventando la sua stessa nemesi: l’URSS 2.0 o, come alcuni la chiamano, la USSA [United Socialist States of America].

La miglior caratterizzazione degli Stati Uniti è quella di un cadavere in decomposizione, di un paese tiranneggiato da una (piccola) cricca di oligarchi, che controlla la mandria brandendo i metodi orwelliani del controllo mentale. Di conseguenza, la maggior parte del “popolino” pensa che le cose stiano andando in modo fantastico – non lo sapete che è in atto una ripresa dell’economia?

Ma c’è anche chi si sta rendendo conto che tutte le persone hanno una montagna di problemi personali, alle prese con questioni tipo la violenza, la droga, l’abuso di alcool e l’ingordigia.

Ma non definitelo un popolo di violenti, o di ingordi che abusano di droghe, perché sarebbe offensivo. Non è possibile rimproverare qualcosa agli americani … semplicemente perché non sono in ascolto. Sono troppo occupati a giocherellare con le loro vitali unità di supporto elettroniche, a cui si sono assuefatti.

Grazie a Facebook e similari, si trovano a tal punto all’interno della “Caverna di Platone” che anche le ombre che vedono non sono reali, ma solo simulazioni al computer di ombre che, a loro volta, sono frutto di altre simulazioni, fatte con altri computers [palese il riferimento al “Mito della Caverna” di Platone, http://it.wikipedia.org/wiki/Mito_della_caverna].
I segni di quest’avanzato stato di decomposizione sono ormai inconfondibili, ovunque si volga lo sguardo: nell’’istruzione, nella medicina, nella cultura o nello stato generale della società americana, dove la metà delle persone in età lavorativa vede compromessa la capacità di potersi guadagnare una vita decente.

[Questa decomposizione] è particolarmente evidente nella serie infinita di errori che costituisce l’essenza stessa della politica estera americana. C’è chi ha cominciato a definire gli Stati Uniti come l’”Impero del Caos”, trascurando di menzionare il fatto che un “Impero del Caos” è, per definizione, ingovernabile.

Un esempio particolarmente interessante del fallimento [della politica estera americana] è il “Califfato Islamico”, che governa ormai gran parte della Siria e dell’Iraq. Fu organizzato, inizialmente, con l’aiuto degli americani per rovesciare il governo siriano ma ora, al contrario, sta minacciando la stabilità dell’Arabia Saudita.

Questo problema è stato peggiorato dal fatto che [gli Stati Uniti] si sono alienati la Russia che, con la sua lunga frontiera in Asia Centrale, è uno dei paesi maggiormente interessati a combattere l’estremismo islamico.

Il meglio di quello che gli americani sono stati in grado di fare, contro il Califfato, è una campagna di bombardamenti costosa e inefficace. I precedenti (inutili e costosi) bombardamenti, come ad esempio quello della Cambogia [nell’ambito della più ampia Guerra del Vietnam], hanno prodotto delle conseguenze non intenzionali, come ad esempio il regime genocida di Pol Pot. Ma perché preoccuparsi d’imparare qualcosa dagli errori, quando si può peggiorarli all’infinito?

Un altro esempio è il caos militare e il collasso economico che hanno travolto l’Ucraina, sulla scia del violento rovesciamento (organizzato dagli americani) del suo ultimo governo costituzionale, un anno fa. La distruzione dell’Ucraina è stata motivata da un calcolo molto semplicistico di Zbigniew Brzezinski, secondo cui la trasformazione dell’Ucraina in una zona occupata dalla NATO avrebbe potuto efficacemente contrastare le ambizioni imperiali russe.
Uno dei problemi principali del calcolo di Brzezinsky, però, è che la Russia non ha ambizioni imperiali, disponendo già di tutto il territorio che un paese potrebbe mai desiderare, senza contare che per poterlo sviluppare ha bisogno sia della pace che del libero scambio [e non della guerra].

Un altro piccolo problema, con la “scacchiera di Zbiggy”, è che la Russia ha la costante preoccupazione di proteggere gli interessi dei russi, ovunque essi vivano e, per ragioni di politica interna, agirà sempre e comunque per poterli proteggere, anche se queste azioni dovessero essere illegali e portatrici del rischio di un conflitto militare ancora più grande.

Conseguentemente, la destabilizzazione americana dell’Ucraina non ha creato alcunché di positivo, riuscendo a far crescere solo la possibilità dell’auto-annientamento nucleare.

Ma, se anche gli Stati Uniti riuscissero a scomparire dalla mappa politica del mondo senza innescare un olocausto nucleare, avremmo ancora un altro problema, che è …

3 – IL CLIMA DELLA TERRA E’ COMPLETAMENTE FOTTUTO

Il clima della Terra, il nostro pianeta, è completamente fottuto, per dirla nel modo più educato possibile. Alcune persone pensano che alterare radicalmente la chimica e la fisica dell’atmosfera e degli oceani – bruciando poco più della metà degli idrocarburi fossili reperibili – non significhi nulla e che, quello che stiamo osservando, è solo la naturale variabilità del clima.

Costoro sono decisamente degli idioti. Eliminerò ogni singolo commento che invieranno in risposta a questo post. Ma, nonostante questa promessa, vi assicuro che continueranno ad inviarmeli … perché sono semplicemente degli idioti.
Quello a cui stiamo assistendo è un episodio di estinzione attivato dagli esseri umani che, certamente, andrà al di là di qualsiasi altra precedente esperienza. Sarà in grado di rivaleggiare con la grande estinzione del “Permiano-Triassico” di 252 milioni di anni fa [http://it.wikipedia.org/wiki/Estinzione_di_massa_del_Permiano-Triassico].

C’è anche la possibilità che la Terra diventi completamente sterile, con un’atmosfera surriscaldata e tossica come quella di Venere. Il fatto che questi cambiamenti siano tutt’ora in atto, rende inutile qualsiasi forma di previsione, basta la semplice osservazione.

Gli unici parametri che restano da determinare sono quelli a seguire [punti 3a e 3b]:

3a. Per quanto tempo ancora questo processo andrà avanti?

Ci sarà ancora un habitat in cui gli esseri umani potranno sopravvivere? Gli esseri umani non possono farlo senza abbondanza di acqua dolce e fonti di carboidrati, proteine e grassi. Ma tutto ciò richiede il funzionamento degli ecosistemi. Gli esseri umani possono sopravvivere con quasi tutti i tipi di dieta – persino la corteccia degli alberi e gli insetti – ma se tutta la vegetazione sarà morta, allora moriremo anche noi.

Inoltre, non siamo in grado di sopravvivere in un ambiente in cui la “temperatura di bulbo umido” (che tiene conto della capacità di raffreddare il nostro corpo attraverso la sudorazione) supera la nostra temperatura corporea: ogni volta che ciò accade moriamo conseguenza del cosiddetto “colpo di calore”.

Abbiamo bisogno di aria, infine, che si possa realmente respirare: se l’atmosfera diventa a troppo basso contenuto di ossigeno (perché la vegetazione è morta), e a troppo alto contenuto di anidride carbonica e metano (perché la vegetazione morta è bruciata, il permafrost si è sciolto ed è stato rilasciato il metano intrappolato nei clatrati oceanici), non potremmo che morire.

Sappiamo già che l’aumento della temperatura media globale ha superato di 1°C quella dei tempi pre-industriali e, basandosi sulla chimica alterata dell’atmosfera, è previsto che [a breve] la supereremo di 2°C. Sappiamo anche che l’attività industriale, grazie agli aerosol che immette nell’atmosfera, produrrà un effetto noto come “global dimming” [http://it.wikipedia.org/wiki/Oscuramento_globale]. Una volta che dovesse innescarsi, la temperatura media farà un balzo in alto di almeno altri 1.1°C.

Tutto questo ci porterebbe ad un aumento della temperatura media globale pari a ben 3.5°C. Nessun essere umano è mai sopravvissuto, sulla Terra, con una temperatura più alta di 3.5°C rispetto a quella di base. Ma, si sa, c’è una prima volta per tutte le cose. Potremmo, però, inventarci qualche aggeggio … se tutti noi, ad esempio, indossassimo dei sombreros climatizzati, o qualcosa del genere, forse … (qualcuno ha già brevettato l’idea?)

3b. Quand’è che questo processo andrà a verificarsi?

Conseguenza della massa termica del pianeta, c’è un ritardo di 40 anni tra il periodo in cui viene modificata la chimica atmosferica e quello in cui se ne sentono gli effetti sulla temperatura media. Fino ad ora siamo stati al riparo da alcuni degli effetti descritti per due motivi: lo scioglimento dei ghiacci artici/antartici e del permafrost, e la capacità degli oceani di assorbire il calore.

La vostra bevanda ghiacciata è piacevole da bere fino a quando, però, si è sciolto l’ultimo cubetto di ghiaccio, ma poi diventa tiepida e sgradevole con notevole rapidità. Alcuni scienziati sostengono, comunque, che ci vorranno 5.000 anni perché il mondo resti a corto di cubetti di ghiaccio, causando l’inizio della fine … e che poi, tutto sommato, le dinamiche dei grandi ghiacciai (quelli che forniscono i cubetti di ghiaccio) non sono mai state comprese tanto bene – ci sono state continue sorprese sulla velocità con cui gli icebergs si staccano [dalla massa totale], per poi andare alla deriva su acque più calde, fondendosi rapidamente.

Ma la sorpresa più grande degli ultimi anni è stato il tasso di rilascio del metano artico. Forse voi non l’avete fatto, ma trovo incredibile che siano stati ignorati i campanelli d’allarme suonati dagli scienziati al riguardo. Quella che loro chiamano la clathrate-gun [la pistola dei clatrati] è in grado di liberare circa 50 miliardi di tonnellate di metano in appena un paio di decenni. Questa minaccia è stata resa nota nel 2007 e ora, solo pochi anni più tardi, la linea di tendenza (della concentrazione del metano artico) è diventata allarmante.

Ma dovremo comunque attendere almeno altri due anni, per avere una risposta autorevole. Nel complesso, il metano contenuto nei clatrati [http://it.wikipedia.org/wiki/Clatrato; http://it.wikipedia.org/wiki/Clatrato_idrato] è sufficiente a superare il potenziale di riscaldamento globale di tutti i combustibili fossili bruciati fino ad oggi, con un fattore compreso tra 4 e 40.

L’estremità superiore di questo intervallo sembra che ci avvicini decisamente ad un’atmosfera come quella di Venere, con le specie sopravvissute che potrebbero limitarsi, se del caso, agli esotici batteri termofili. Certamente nessuna delle specie che a noi piace mangiare … ed ovviamente nessuno di noi.

Guardare questi numeri ha indotto non pochi ricercatori a proporre la possibilità di un’estinzione dell’umanità a breve scadenza. Le stime variano ma, in generale, se la clathrate-gun dovesse davvero entrare in attività, allora la maggior parte di noi dovrebbe programmare di restare in vita non oltre la metà di questo secolo.

Ma la cosa buffa (l’umorismo non è mai di cattivo gusto, non importa quanto terribile sia la situazione), è che la maggior parte di noi non dovrebbe programmare di restare in vita per oltre la metà di questo secolo in ogni caso [ovvero per altre ragioni, oltre a quella appena descritta].

L’attuale alto livello della popolazione umana è un prodotto del combustibile fossile che brucia e, una volta che questo sarà finito, non potrà che collassare. Tutto questo si chiama “morte”, ed è un qualcosa che è sempre successo: una popolazione che consuma tutto il suo cibo si estingue, come il lievito in una vasca di liquido zuccherino. Pochi e forti individui, però, resistono. Gettando loro una zolletta di zucchero riprendono vita, avviano la riproduzione e il processo decolla di nuovo.

COSA SI PUO’ FARE?

Un altro aspetto divertente sull’estinzione a breve termine della razza umana, è che essa non può essere oggetto di qualsivoglia osservazione, perché nessun scienziato potrà mai essere lì ad osservarla. Si tratta quindi di un concetto non scientifico: dal momento che [l’estinzione] non può essere utilizzata per fare scienza, gli scienziati che le girano attorno puntano essenzialmente ad un effetto emotivo.

Questo fatto, però, è piuttosto inusuale per gli scienziati che, in generale, si vantano di essere piuttosto razionali, e preferiscono affrontare eventi osservabili e misurabili. Di conseguenza, perché mai gli scienziati dovrebbero essere alla ricerca di un mero effetto emotivo? Chiaramente è perché “sentono” che qualcosa deve essere fatto. E per “sentire” che qualcosa deve essere fatto, devono anche “sentire” che qualcosa si può fare.

Ma se è questo è vero, che cos’è che può essere fatto?

Sempre, al primo posto della lista, c’è la pressione che deve essere esercitata sui governi per limitare le emissioni di carbonio. Questa pressione non è stata coronata, fino ad ora, da un grande successo … uno dei tanti motivi alla base del punto 2 [di cui sopra]. Gli Stati Uniti sono uno dei più grandi colpevoli, quando si parla di emissioni di carbonio, ma il cadavere in decomposizione del sistema politico americano è incapace di concepire una qualsiasi azione costruttiva. E’ troppo occupato a distruggere altri paesi: come ad esempio l’Iraq, la Libia, la Siria, l’Ucraina …

Al secondo posto della lista c’è un qualcosa chiamato geo-ingegneria. Se non sapete di cosa si tratta, non vi preoccupate! E’ in gran parte un sinonimo della masturbazione mentale. L’idea è quella di sistemare delle cose che non si capiscono utilizzando tecnologie che non esistono. Ma, data l’irrazionale credenza di molti esseri umani, secondo cui ogni problema “deve” avere una soluzione tecnologica, c’è sempre qualche pazzo disposto a buttarci sopra dei soldi.

I precedenti tentativi effettuati in questo ambito, hanno coinvolto idee come quella, ad esempio, di seminare gli oceani con del ferro, per promuovere la crescita del plancton, oppure di mettere in orbita dei pezzetti di carta stagnola per riflettere un po’ della luce del sole, oppure di pitturare di bianco il Sahara.

Si tratta, in effetti, di progetti parecchio divertenti. Cosa ne dite, continuando con gli esempi, di usare delle armi nucleari per inviare della polvere nell’atmosfera, bloccando un po’ della luce del sole? Oppure di bombardare alcuni grandi vulcani, per ottenere lo stesso effetto?

Ma, se queste cose le trovate politicamente difficili, cosa ne dite di un qualcosa di politicamente facile, come ad esempio uno scambio limitato di bombe nucleari? Certamente oscurerebbe il cielo, causando un mini inverno nucleare e una riduzione della popolazione e dell’attività industriale.

Ci sono armi nucleari a sufficienza per mantenere il pianeta freddo … finché non moriremo tutti di radiazioni. Questa soluzione di geo-ingegneria, insieme a tutte le altre, è in linea con il detto popolare: “se non riuscite a risolvere un problema, ingranditelo”.

Ed allora, mi sembra che tutto il gran parlare che si sta facendo sull’estinzione umana a breve termine non rappresenti che una specie di “sbattimento” emozionale, progettato per motivare le persone a provare delle cose che non funzionano. Credo, tuttavia, che valga la pena di riflettere sull’argomento, per un semplice motivo: che cosa c’è da fare, sul serio, se non vogliamo estinguerci?

Abbiamo già stabilito che l’estinzione umana (una volta che dovesse verificarsi) non potrebbe mai essere oggetto di osservazione, perché nessun uomo sarà ancora in grado di poterla osservare. Sappiamo, inoltre, che ci sono sempre stati [nella storia del pianeta] degli eventi rivelatisi mortali per intere popolazioni … ma non sempre hanno portato all’estinzione. Allora, chi avrà la più grande probabilità di morire, e chi potrebbe effettivamente morire?

Al primo posto ci sono le vittime invisibili della guerra. Molte persone hanno visto le foto dei mucchi di soldati ucraini morti, lasciati a decomporsi dopo il fallimento dell’ennesimo attacco, o i video delle persone residenti a Donetsk, che morivano sui marciapiedi dopo essere state colpite da un proiettile di artiglieria o di mortaio. Ma non sappiamo bene quante donne e quanti bambini sono morti, perché il governo ucraino ha bombardato gli ospedali: sono queste le vittime invisibili della guerra.

Non sarà certo mostrato il filmato di tutti i pensionati ucraini morti prematuramente perché non potevano più permettersi il cibo, le medicine o il riscaldamento. Possiamo esser certi che molti di loro non saranno ancora in vita, da qui ad un anno. Quando si tratta di guerra, sono solo due le strategie vitali per la sopravvivenza: rifiutarsi di prenderne parte, oppure fuggire.

Gli ucraini fuggiti in Russia, o i siriani che non si trovano più nel loro paese sono, in effetti, i furbi. Gli ucraini che si sono offerti volontari per andare a combattere sono gli idioti, mentre quelli che sono fuggiti in Russia per evitare la guerra sono i furbi (tuttavia, i russi che si sono offerti volontari per proteggere la loro terra e le loro famiglie da quella che equivale ad un’invasione americana non sono, chiaramente, degli idioti. Oltretutto stanno anche vincendo). In questo senso, la guerra è un processo darwiniano, visto che causa l’estinzione degli idioti.

Continuando con gli episodi di estinzione da evitare assolutamente, il secondo posto è occupato da quello che succede nelle grandi città, in occasione delle grandi ondate di calore. E’ successo in tutt’Europa nel 2003, e ha causato 70.000 vittime. Nel 2010, un’ondata di calore nella regione di Mosca (che si trova parecchio a nord) ha provocato oltre 14.000 morti nella sola città di Mosca.

L’effetto “isola di calore urbana”, causato dalla luce solare assorbita dalle strade asfaltate e dalle costruzioni, produce temperature localmente molto elevate, oltre la soglia del “colpo di calore”.

Mentre l’economia legata ai combustibili fossili continua a svilupparsi, le città sopravvivono grazie alla disponibilità del condizionamento dell’aria: quando i condizionatori si spengono, crescono gli episodi legati alle “ondate di calore”.

CONCLUSIONE

Poiché il 50% della popolazione vive nelle città, la metà della popolazione umana è a rischio-estinzione, a causa dei “colpi di calore”. Pertanto, se non volete estinguervi, non passate l’Estate nelle vostre città.

L’elenco dei luoghi dove non dovreste essere, se volete evitare l’estinzione, diventa conseguentemente piuttosto lungo. Non dovreste vivere in California, ad esempio, o negli aridi Stati del sud-ovest, perché in quei luoghi non ci sarà l’acqua.
Non dovreste vivere lungo le coste, perché soggette alle inondazioni dovute agli oceani (i cui livelli, alla fine, aumenteranno di oltre 100 metri, facendo finire sott’acqua tutte le città costiere).

Non dovreste vivere nella metà orientale del Nord America perché, paradossalmente, una regione artica drammaticamente più calda provoca il cosiddetto jet-stream [http://it.wikipedia.org/wiki/Corrente_a_getto], che causa inverni sempre più rigidi i quali, a loro volta (per la minore disponibilità di combustibili fossili), causeranno delle morti molto diffuse causate dall’esposizione [a questi eventi estremi].

Anche al giorno d’oggi la caduta di un po’ di neve in più, fatto che è destinato a diventare la nuova normalità, ha causato il collasso dell’intera struttura dei trasporti del New England (dove, per fortuna, io non vivo).

Non dovreste vivere nemmeno in uno di quei luoghi le cui fonti d’approvvigionamento d’acqua dipendono dallo scioglimento dei ghiacciai, perché questi, presto, spariranno. Il riferimento è a gran parte del Pakistan, dell’India, del Bangladesh, della Thailandia, del Vietnam e così via.

L’elenco dei luoghi in cui non dovreste vivere, se non volete estinguervi per questo o per quell’altro motivo, è piuttosto lungo.

Ma, al contrario, la situazione della parte settentrionale dell’Eurasia sembrerebbe essere proprio bella, per il prossimo futuro … quindi, se non volete estinguervi, è meglio che iniziate ad insegnare il russo ai vostri bambini.

David Herbert

Fonte: http://cluborlov.blogspot.it

Link: http://cluborlov.blogspot.it/2015/02/extinctextincterextinctest.html

17.02.2015

Traduzione per www.comedonchsciotte.org a cura di FRANCO

NdT
Fra parentesi tonda ( … ) le note dell’Autore, fra parentesi quadra [ … ] le note del Traduttore. I titoli dei sotto-capitoli – lettere maiuscole e grassetto – sono stati inseriti dal Traduttore per facilitare la lettura dell’articolo.

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