E ADESSO A CHE GIOCO GIOCHERA' LA CASA DI SAUD ?

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DI PEPE ESCOBAR

globalresearch.ca

La Casa di Saud si ritrova in un periodo di grande instabilità. Il prezzo del petrolio che impongono gli si potrebbe ritorcere contro. La successione del re Abdullah potrebbe risolversi in un bagno di sangue e i protettori statunitensi potrebbero dare luogo ad un voltafaccia.

Cominciamo con il petrolio – ed un po’ di storiografia. dato che la fornitura di petrolio USA cresce di un paio di milioni di barili al giorno, c’è abbastanza petrolio in Iran, a Kirkuk in Iraq, con la Libia e la Siria fuori dal mercato e il petrolio extra degli USA sul mercato. Di base l’economia globale – almeno per ora – non cerca più petrolio a causa della stagnazione/recessione europea e il rallentamento relativo della Cina sul mercato.

Dal 2011, L’Arabia Saudita ha inondato il mercato per coprire la decrescita delle esportazioni iraniane dovuta dalla guerra economica USA, meglio conosciuta come sanzioni. Riyadh, per di più, ha impedito all’OPEC di ridurre le quote di produzione nazionali. La Casa di Saud crede che può giocare d’attesa – dato che l’olio ottenuto con il fracking, principalmente di origine statunitense, viene inesorabilmente buttato fuori dal mercato perché troppo caro. Una volta eliminato, la Casa di Saud pensa che riguadagnerà quote di mercato.

In parallelo, la Casa di Saud si gode la “punizione” contro Iran e Russia per il loro supporto ad Assad a Damasco. Per di più, la Casa di Saud è terrorizzata dall’idea di un accordo nucleare tra USA e Iran (anche se è ancore un enorme “SE”) – che porterà ad una schiarita a lungo termine.

Teheran, tuttavia, resta diffidente. La Russia tagliata fuori dall’attacco a causa del crollo del rublo significa entrate governative praticamente invariate – per cui non ci sarà deficit del budget. Così come per l’estremo oriente assetato di greggio – tra cui la Cina primo cliente dei sauditi – [l’Arabia Saudita, NdR] si gode il vento in poppa finchè dura.
Il prezzo del petrolio resterà basso a lungo.

Questa settimana Goldman Sachs ha abbassato il WTI per il 2015 e le previsioni di Brent Crude, Brent è stato schiantato da 83,75$ al barile a 50,40$, il WTI da 73,75$ a 47,15$ al barile. Il prezzo potrebbe crollare presto ai 42$ al barile e 40,50$. Ma a quel punto si vedrebbe un’inevitabile “inversione a U”. A Nomura scommette che il greggio tornerà a 80$ al barile per la fine del 2015.

Punisci la Russia o muori

Il Presidente russo Obama, in una sua intervista, ha tranquillamente ammesso che voleva una “distruzione” del “prezzo del petrolio” perché pensava che il presidente russo Putin “avrebbe avuto grandi difficoltà a gestirlo”. Ciò mette a tacere ogni dubbio sul ferire la Russia e sulla collusione USA-Arabia Saudita, dopo che il Segretario di Stato USA John Kerry ha permesso/avvallato il re Abdullah a Jeddah per al contempo alzare il prezzo del petrolio e e puntare ad una politica di calo dei prezzi.

Che Kerry abbia svenduto lo shale gas degli USA per incompetenza o ignoranza – o entrambe – poco importa. Ciò che conta è che alla Casa di Saud è stato imposto di farsi da parte e di farlo in un lampo; l’Impero del Caos comanda a bacchetta i suoi vassalli nel Golfo Persico, che non possono nemmeno respirare senza il vialibera esplicito degli USA.
Il vero problema è che la cricca di Washington non sembra difendere gli interessi nazionali e industriali degli USA.

Se il mostruoso deficit del commercio basato sulla valuta manovrata non bastasse, virtualmente ora l’intera industria petrolifera statunitense corre il rischio di essere distrutta dal racket dei prezzi. Qualsiasi analista sano lo interpreterebbe come contrario agli interessi nazionali degli USA.

In ogni caso il patto di Riyadh è stato musica per le orecchie della Casa di Saud. Laloro politica ufficiale è sempre stata di eliminare lo svluppo di qualsiasi alternativa al petrolio,incluso lo shale gas degli Stati Uniti. Per cui perché non deprimere il prezzo del petrolio e tenerlo giùquel tanto che basta per rendere gli investimenti nello shale gasuna scelta folle?

Ma c’è un enorme problema. La Casa di Saud semplicemente non avrà abbastanza entrate dal mercato del petrolio per coprire il proprio budget annuale se il prezzo starà sotto i 90$ al barile. Percui per quanto colpire Russia ed Iran sia accattivante, intaccareil proprio portafogli dorato non lo è affatto.

Le previsioni a lungo termine dicono che il prezzo risalirà. Il greggio potrebbe essere sostituito in molti modi, ma – per ora – non c’è modo di rimpiazzare il petrolio del motore di combustione interna. Per cui qualsiasi cosa stia facendo l’OPEC, sta conservando la domanda di petrolio contro le alternative ad esso e massimizzando il ritorno su una risorsa limitata. La linea di demarcazione: questa è lotta dei prezzi di tipo predatorio.

Ancora una volta, c’è un immenso, cruciale e complicante vettore. La Casa di Saud e gli altri produttori del Golfo Persico potrebbero inondare il mercato – ma sono Goldman Sachs, JP Morgan e Citigroup che fanno il lavoro sporco e oscuro attraverso derivati short future con altissime leve finanziarie.

I prezzi del greggio sono un racket talmente poco chiaro che solo lepiù grandi banche commerciali come Goldman Sachs o Morgan Stanley hanno idea di chi stia comprando e chi vendendo futures sul petrolio o contratti derivati – quello che viene chiamato “petrolio di carta”. Le non-regole di questo casino multimiliardario dicono “bolla speculativa” – con un piccolo aiuto da parte di quegli amici alle pompe del Golfo Persico. Con il commercio dei futures sul petrolio e Londra e New York che monopolizzano il mercato dei contratti, l’OPEC non controlla più i prezzi, lo fa Wall Street. Questo è il grande segreto. La Casa di Saud può crogiolarsi nell’illusione di avere il controllo, ma non ce l’ha.

Quel matrimonio disfunzionale

Se tutto ciò non fosse abbastanza incasinato, la successione della Casa di Saud è sale alla ribalta. A re Abdullah, novantunenne, è stata diagnosticata unapolmonite, è stato ricoverato in un ospedale a Riyadh a capodanno e respirava solo da intubato. Potrebbe – o non potrebbe, essendo un segreto della Casa di Saud – avere un cancro ai polmoni. Non durerà a lungo. Il fatto che sia celebrato come un “riformatore progressista” dice tutto quello che serve sapere sull’Arabia Saudita. “Libertà di espressione”? Stai scherzando!

Chi sarà il successore? Il primo nella linea dovrebbe essere il Principe Salman, 79 anni, già ministro della difesa. È stato governatore della provincia di Riyadh per addirittura 48 anni. È stato questo falcone col pedigree a supervisionare la ricchezza delle donazioni “private” ai mujaheddin afghani nella jihad degli anni ’80, in tandem con i predicatori Wahabiti. Tra i figli di Salman troviamo il governatore di Medina, il principe Faisal. Non serve aggiungere che la famiglia Salman controlla virtualmente i media Sauditi.

Per ottenere il Sacro Graal Salman deve dimostrare di essere all’altezza, e non è un dato di fatto, soprattutto Abdullah, una bestia dura da ammazzare, èsopravvissuto a due principi successori, Sultan e Nayef. Le prospettive di Salman sono buie, ha subito un intervento alla spina dorsale, un infarto e potrebbe essere affetto da – ironia della sorte – demenza.
Non va a suo favore anche il fatto che quando era stato promosso Viceministro della Difesa, è stato allontanato presto- per essersi mischiato con il terribile gioco jihadista di Bandar Bush in Siria.

Comunque Salman ha già un successore, il secondo vice Primo Ministro Principe Muqrin, ex governatore di Medina e poi capo dell’intelligence saudita. Muqrin è molto, molto vicino ad Abdullah. Muqrin sembra essere l’ultimo figlio “capace” di Ibn Saud; “capace” è una figura retorica. Il problema reale nascerebbe quando Muqrin divenisse Principe Incoronato. Perché il successivo nella linea di successione verrebbe scelto tra i nipoti di Ibn Saud.

Entriamo nella cosiddetta terza generazione di principi – una cricca notevole. Il capo tra di loro è nientepopodimeno che Mitab bin Abdullah, 62 anni, il figlio del re, ci sarebbero chiare lamentele di nepotismo. Come un signore della guerra, Mitab controlla la sua gang all’interno della Guardia Nazionale. Alcune fonti mi hanno detto che Riyadh è piena di gossip circa un accordo tra Abdullah e Muqrin; Abdullah fa diventare re Muqrin e Muqrin investe Mitab principe ereditario. Ancora una volta, questa sarebbe la “segreta” casa di Saud, si applica il mantra di Hollywood, nessuno sa nulla.

I figli di Abdullah sono dappertutto: governatori della Mecca, vicegovernatore di Riyadh, viceministro degli esteri, presidente Mezzaluna Rossa Saudita. Lo stesso per i figli di Salman. Ma poi c’è Mohamed bin Nayif, figlio del principe ereditario Nayif, che è diventato ministro dell’interno nel 2012, in carica dell’ultrasensibile sicurezza interna, in grado di dare giri di vite su praticamente tutto. È il primo concorrente contro Mitab tra i principi di terza generazione.

Dimentichiamoci dell’ ”unità” famigliare quando un bottino così succoso come una fattoria petrolifera che impersona un’intera nazione è in gioco. Chiunque erediti il malloppo dovrà affrontare l’abisso e la solita litania di pericolo, disoccupazione crescente, disuguaglianza inpressionante, divisioni settarie, jihadismo in tutte le sue forme – non ultimo il falso Califfato di Ibrahim in Siraq che già minaccia di marciare verso la Mecca e Medina; il medievale Consiglio di Ulemas (la cricca di frustatori, amputatori, mozzatori di teste), la totale dipendenza dal petrolio, la paranoia nei confronti dell’Iran, la debole relazione con la Voce del Padrone, gli USA.

Quando chiameranno la cavalleria?

Ora succede che i veri “Padroni dell’universo” nell’asse Washington-New York stanno dibattendo sulla corrosione di questo rapporto, non potendola Casa di Saud comunicare con nessuno se non i “burattini”, dagli scemi di Bush secondo a Kerry nella migliore delle ipotesi. Questa analisi sottintende che le promesse fatte da Kerry circa la cooperazione della Casa di Saud per danneggiare l’economia russa non valevano nulla.

Boati dal territorio dei Signori dell’Universo indicano che la CIA presto o tardi si muoverà contro la Casa di Saud. In questo caso l’unico modo che ha la Casa di Saud per tutelarsi sarebbe di farsi amica Mosca. Ciò espone ancora una volta la Casa di Saud al suo presente suicida del tentativo di danneggiare l’economia russa.

Dato che tutti sono inesorabilmente degli outsider quando si interfacciano con la poco trasparente Casa di Saud, c’è qualcuno che giura che loro sanno ciò che stanno facendo. La Casa di Saud sembra credere che compiacendo i neocon statunitensi migliorerà la sua posizione a Washington. Non succederà. I neocon resteranno ossessionati dall’idea della Casa di Saud che aiuta il Pakistan a produrre missili nucleari, alcuni di essi – ancora una volta, ci si può speculare – potrebbero essere persino piazzati in Arabia Saudita per “motivi di difesa” contro la mitica “minaccia” iraniana.

Un casino? Non basta nemmeno ad iniziare a descrivere la situazione. Ma una cosa è sicura, qualsiasi gioco Riyadh pensi di star giocando, dovrebbe iniziare a parlare seriamente con Mosca. Ma per favore, non mandi Bandar Bush in un’altra missione russa.

Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a [email protected].

Fonte: http://www.globalresearch.ca

Link: http://www.globalresearch.ca/what-game-is-the-house-of-saud-playing/5425853

20.01.2015

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione FA RANCO

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