DOVE E’ L’AVANGUARDIA ?

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NIEVES E MIRO FUENZALIDA
Sur y Sur

Le radio dedicate alla musica classica stanno scomparendo e i musei d’arte vedono i loro bilanci drasticamente diminuiti. In un periodo di austerità la società non può permettersi di mantenere un’attività che non produce reddito e che si rivolge solo a un’infima minoranza. Corretto?

La verità è che l’emarginazione dell’estetica è stata provocata dall’industria dell’intrattenimento, dal marketing e dal rapido sviluppo delle tecnologie dell’informazione. Nel momento in cui la realtà contemporanea viene determinata dalla tecnoscienza e dalla gamma di tecnologie che possono essere utilizzate, l’arte diventa un’attività superflua o secondaria, e spesso si riduce a uno strumento di lotta ideologica e culturale.

Il problema è aggravato se pensiamo che oggi domina la convinzione che la realtà sia altrove, nelle merci, nelle tecnologie digitali, nell’economia globale o su Internet che diventano così la realtà definitiva, la fonte da cui tutto proviene. Le modifiche nell’estetica, ad esempio, provengono sempre più dalla sfera digitale più che dall’estetica stessa, e questa viene attaccata dalla pubblicità e dalla cultura industriale. Con la sempre maggiore possibilità di decodificare la realtà e l’esperienza all’interno di codici e programmi, le considerazioni estetiche vengono ora presentate come questioni tecnologiche.

Tanto più i cambiamenti culturali si intensificano, tanto più l’arte viene marginalizzata nella società tecno-scientifica e nell’industria dell’intrattenimento.

L’obiettivo dell’Avanguardia, se ricordiamo bene, era quello di trasformare la scena culturale e sociale. Ma, col passare del tempo, invece della rivoluzione promessa è stata anch’essa incorporata nella mercificazione di massa, proprio ciò che più criticava. Cosa è avvenuto?

Secondo Adorno l’assimilazione dell’avanguardia nella cultura commerciale è stata favorita dalla tecnologizzazione e dalla strumentalizzazione che oggi determinano la nostra vita quotidiana e che, di conseguenza, eliminano la separazione tra esperienza sensoriale, cioè l’estetica, e valore d’uso.

L’arte contemporanea non solo è incorporata nella cultura del consumo, ma è anche iscritta nella stessa merce. “L’urlo” di Munch viene stampato su una maglietta, i dipinti di Picasso sulle cartoline o Picabia sulle tazzine da caffè.

È finita l’Arte? È ormai tardi per rivivere i concetti di bellezza e l’idea sublime di salvarla? O è meglio mettere l’arte in sala d’attesa e concentrarsi sugli aspetti eversivi della cultura popolare e dell’intrattenimento di massa? Oltre a questo, ci sono altre alternative?
Ciò che viene ignorato nei giudizi sull’irrilevanza, l’impotenza e la forza sovversiva dell’arte contemporanea sono le implicazioni critiche insite nel ripensare la relazione tra arte e potere nel contesto dell’attuale epoca di trasformazione tecnologica.

Dal momento che le forme contemporanee di potere sono sempre infotecniche nel loro essere operative, la forza dell’Arte potrebbe trovarsi nella sua capacità di mettere in discussione la tecnicalità del potere e i suoi obbiettivi. Invece di concentrarsi sulla nozione di “lavoro artistico” come oggetto o merce, sarebbe meglio considerare l’arte contemporanea come forza lavoro per enfatizzare il suo dinamismo.

Quello che vogliamo dire è che un’avanguardia che sia davvero radicale non deve cercare di sconfiggere un potere per sostituirlo con un altro, ma la sua radicalità è proprio nella nozione di libertà che contiene, nella sua sfida permanente al potere e alle forme di vita orientate verso il potere.

Non si tratta in ultima istanza di instaurare una vita libera dal potere, perché la cosa è impossibile, ma una sfida continua contro di esso.

E cos’è per noi il potere nella società moderna? Se lo consideriamo come una forma o una disposizione produttiva e non solo repressiva, allora vediamo che il potere fluisce in tutte le cose, gli eventi, le esperienze e le relazioni, determinando il suo essere e la sua crescita; per questo, non è strano che le persone si mobilitino affinché esso si propaghi.

Anche la libertà viene pensata nei termini di potere o forme, come il diritto o il potere di essere liberi dal dominio, dallo sfruttamento e dalla povertà. La caratteristica del modernismo è che il potere interpreta se stesso come potenza tecnologica, la cui fluidità organizzativa si intensifica in modo permanente. Il problema di questa razionalità strumentale è che, insiti nella sua profondità, sono presenti i modelli di dominio e di violenza caratteristici del tempo, in modo che qualsiasi tentativo di neutralizzazione all’interno di questo paradigma riesce solo a ricanalizzare il dominio, senza cambiarne i princìpi.

La produzione, invece di una forza di emancipazione, intensifica la servitù su scala globale.

L’impulso liberatorio e rivoluzionario della prima e della seconda ondata dell’Avanguardia non è scomparso e può ancora essere scovato nell’arte contemporanea e nel pensiero critico. Il suo potenziale liberatorio è unito alla sua tecnicità, e la sua radicalizzazione aumenta con il dispiegarsi e il potere della tecnologia elettronica. Questa Avanguardia, secondo il critico Andzaiarek, è l’arte del futuro, nel senso che sottolinea le possibilità di liberazione e di trasformazione del futuro.

Ma bisogna fare attenzione al pensare che questa Avanguardia sia la realizzazione di un utopia, ma solo come la risarticolaziojne del potere attuale. In questo senso l’estetica, invece di essere pensata nella logica della produzione, del consumo e del profitto o nei termini di sensibilità, piacere o soggettività, è ora concepita come un evento che trasforma le relazioni oltre i termini di potere.

L’arte per Adorno mobilita la tecnica in direzione opposta al dominio. Mentre si modifica il rapporto tra arte e tecnologia, la libertà deve far scontrare la tecnica contro sé stessa, piuttosto di evitarla. In questo nuovo rapporto l’Avanguardia, invece di opporsi alla tecnica, la disarticola dall’interno.

Tutte le invocazioni di libertà, democrazia e prosperità proclamate dai media elettronici, da Internet e dal cyberspazio sono da prendere con cautela, perché sono dotati di un esercizio di potere senza precedenti. Insieme alla fluidità, alla molteplicità e alla velocità che le fibre ottiche hanno introdotto nelle nostre vite, queste hanno anche fatto diventare il “sé” un qualcosa manipolabile e programmabile.

In questo mondo cibernetico non c’è nulla – codici di informazioni, che siano genetici o virtuali – che non possa essere decifrato. La libertà che abbiamo nel “cyberspazio” è possibile solo grazie a questa nuova capacità di organizzare e convertire l’esperienza, la materia e il sé in formato digitale.

Oggi il “sé” è equivalente a un’informazione digitalizzata.

Oramai non abbiamo più un’essenza aristotelica o un’anima divina, ma un’iscrizione digitale con cui andiamo in banca, paghiamo nei negozi, apriamo le porte o andiamo dal medico. Quello che non può essere convertito in informazioni e mobilizzato per il bene della produzione e del potere, viene considerato debole, impreciso e difficile da gestire.

Non sarà questo il motivo per cui l’arte nella generazione di computer appare come qualcosa di irreale o ideologico?

Ciò che rende l’Arte Moderna ancora arte, ossia il possedere un’autonomia e un significato propri e l’essere qualcosa di più rispetto a uno dei tanti ambiti culturali, è la sua forza creativa, la sua capacità di riorganizzare l’energia in una direzione differente da quella della condizione tecno-politica dell’attuale industria artistica.

L’arte è socialmente significativa quando rompe con la funzione estetica e politica prescitta dalle istituzioni, quando inverte il potere che regola la società e si proietta in un lavoro artistico. L’Arte, dice Adorno, inaugura una dinamica differente, una nuova disposizione di forze dove le potenze tecno-strumentali presenti nella società diventano non tecnologiche. Sono le stesse forze, ma il suo utilizzo è diverso nell’Arte, e il risultato è un mondo che si rivela in altro modo.

In “You Tube” si può trovare il documentario di Stockhausen “Helikopter String Quartet”, che, secondo Andziarek, è uno degli ultimi casi in cui il lavoro artistico ha riformulato la tecnologia in una composizione musicale. Il Quartetto utilizza quattro elicotteri dove ognuno dei membri dell’ensemble suona le rispettive partiture. La cosa insolita è che non usano il rumore delle eliche come suono di sottofondo, e neppure lo incorporano come parte della composizione musicale come è stato fatto altre volte, ma prendono il suono dei quattro elicotteri che arriva in cabina per estrarne la melodia, rielaborando la struttura musicale immersa nel rumore tecnologico. Le note dei musicisti raccolgono il rumore, lo rimodellano e lo trasformano in note musicali che rivelano la struttura inscritta nella tecnologia.

Il complesso gioco sonico del lavoro artistico tra gli elicotteri e il quartetto va nella direzione, per così dire, di riformulare la relazionità tecnica in una relazionità artistica. Uno spazio che fugge dal paradigma dominante. Una linea di fuga.

Quello che l’Avanguardia trasforma è proprio il potere, perché il genere di forze che sono presenti in essa non contribuiscono e all’intensificazione del potere. Mette in dubbio i rapporti di dominio del mondo moderno, cambia il suo momento di forza e crea altre forme diverse dal potere.

Affermandosi come un qualcosa di unico, l’Arte, rifiutandosi di adeguarsi alle norme sociali esistenti e di autoqualificarsi come qualcosa di socialmente utile e redditizio, critica la società per il solo fatto di esistere… e se il quartetto ci molesta, è perché non sappiamo in che posto metterlo.

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NIEVES E MIRO FUENZALIDA
Sur y Sur

Link: ¿Dónde esta la Avant Garde?…

21.02.2014

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da SUPERVICE

18.03.2014

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