COME PUTIN VINCERA' IN SIRIA

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DI MIKE WHITNEY

counterpunch.org

La ragione per cui Putin avrà successo nella guerra contro l’ISIS laddove gli USA hanno fallito sta nel fatto che gli attacchi aerei russi sono accompagnati da una vasta operazione di terra atta a soverchiare le forze jahdiste sul campo. Mentre ne parliamo, tutto questo sta già avvenendo. Le forze aeree russe stanno martellando non solo gli obiettivi sul governatorato di Idib ma anche le roccaforti dell’ISIS a est di Raffa. Domenica, secondo un resoconto di South Front, circa 700 miliziani si sarebbero arresi alla 147esima Brigata Corazzata Siriana dopo che le bombe hanno colpito l’area intorno alle città di Mardeij, Ma’arat al Nu’man, Jisr al Shunghour, Saraqib e Sarmeen.

E’ questo lo schema che ci aspettiamo di vedere nelle prossime settimane. I bombardieri russi ammorbidiranno la prima linea, truppe di terra occuperanno le posizioni ed un imprecisato numero di jahdisti si troverà di fronte alla necessità di arrendersi, fuggire o essere tagliato fuori dal terreno di scontro. Dopotutto, la Sirya non si trasformerà nel pantano che i media avevano previsto. Al contrario, Putin farà passare le sue truppe come un coltello caldo nel burro.

Secondo il South Front: “Il tenente generale Andrey Kartapolov, responsabile delle operazioni delle forze armate russe, ha affermato che questi attacchi hanno drasticamente minato la capacità di combattimento dei terroristi”. In altre parole, l’offensiva russa sta già producendo risultati positivi. E questa non è una cosa da poco. Secondo molti osservatori, il conflitto era in una fase di stallo. Con l’ingresso nella Russia nel quadro è cambiato tutto. Adesso la bilancia pende dalla parte siriana.

Inoltre, sempre secondo il precedente report: “Il posizionamento degli aeromobili russi in Sirya dà al Cremlino una capacità di modellare e controllare le operazioni belliche siriano-irachene che va ben al di là rispetto al normale dispiegamento delle sue forze di terra” (“International Military Review – Syria, Oct 5, 2015“, South Front)

La base dell’aeronautica russa a Latkia è posizionata strategicamente in modo da poter garantire sia copertura aerea che bombardamenti mirati contro i terroristi in tutta l’area. l’aeronautica sta inoltre cercando in tutti i modi di tagliare le vie di rifornimento e di fuga, di modo che una grossa fetta di jahdisti venga liquidata all’interno del confine siriano. Ecco perché le forze dell’ISIS posizionate sulla strada che porta in Iraq sono state distrutte domenica scorsa. I terroristi avranno tutte le chances che voglionodi perire in battaglia, ma se vorranno uscirne fuori vivi, non sarà altrettanto facile.

C’è stato un articolo del Guardian di domenica scorsa che ha creato un forte trambusto tra coloro che stanno seguendo l’evolversi della situazione in Siria.

Leggiamo un passaggio:

“Le potenze regionali del medio oriente stanno rifornendo le forze ribelli che si battono contro Damasco di fondi, armi ed altro materiale logistico. Nella stessa settimana in cui Mosca effettuava decine di raid aerei, queste nazioni hanno chiaramente ribadito che il loro impegno ultimo rimane sempre quello di destituire Assad.”

“Non c’è futuro per Assad in Siria”, ha ribadito Adel al Jubeir, ministro degli esteri di casa saudita, solo poche ore prima che gli attacchi russi iniziassero. E nel caso non fosse stato abbastanza chiaro, ha aggiunto che se il presidente siriano non avesse fatto un passo indietro favorendo una soluzione politica del conflitto, i sauditi avrebbero adottato l’opzione militare “che terminerà inevitabilmente col deporre Bashar Al Assad dalle sue funzioni”. Con almeno 39 civili rimasti uccisi nei primi raid aerei, la prospettiva di una escalation militare tra i sostenitori di Assad ed i suoi nemici, potrebbe solo aggiungere altra miseria alla situazione siriana.

“L’intervento russo rappresenta un enorme contrattempo per quegli stati che sostengono l’opposizione, specialmente all’interno della macro regione Qatar – Arabia Saudita – Turchia e rischia di suscitare una risposta durissima in termini di escalation militare”, ha dichiarato Julien Barnes-Dacey, senior policy fellow presso il consiglio europeo per le relazioni internazionali” (“Gulf states plan military response as Putin raises the stakes in Syria, Guardian).

L’Arabia Saudita non costituisce una reale minaccia nei confronti delle operazioni di Putin in Siria. La casa saudita potrà anche fare la voce grossa, ma è già immersa mani e piedi nella recessione economica (dovuta al crollo del prezzo del petrolio) e nella guerra allo Yemen che sembra non avere vie d’uscita. Di sicuro non vorrà rischiare un ulteriore coinvolgimento in Siria.

E’ comunque possibile che l’amministrazione Obama voglia utilizzare i sauditi come copertura per puntellare il proprio supporto ai gruppi di opposizione siriana. E probabilmente è proprio quello che accadrà. Ma anche stando così le cose, non sarà facile trovare tanti mercenari abbastanza folli da voler affrontare moderni aerei da combattimento per 200 dollari a settimana. Non è propriamente quello che si può definire “un lavoro con un futuro”. Poi c’è da tenere a mente che i vari servizi segreti occidentali hanno già raccattato tutti i ribelli possibili e immaginabili da posti molto lontani come Cecenia, Kosovo, Somalia, Afganistan, etc. E di sicuro Langley sta aggiornando i suoi files di possibili candidati per questo ruolo. Altrettanto sicuramente però, il numero di mercenari ansioso di incontrare il proprio creatore morendo con un mitra in mano mentre combatte per un’organizzazione di rinnegati, è piuttosto basso. Potremmo infatti già aver raggiunto il “picco del terrorismo”, dopo cui potremmo assistere ad un costante diradarsi di volontari, conseguenza diretta del sempre minore dispiegamento di forze USA nel medio oriente e nel mondo. Come potremmo vedere nei mesi a seguire, la Siria potrebbe trasformarsi nel classico bastoncino che spezza la schiena dell’impero.

Leggiamo un altro pezzo del Guardian:

“I russi devono capire che ci sono dei limiti a quello che possono ottenere in Siria e modificare di conseguenza il loro approccio. Ma lo sforzo per aumentare la propria sfera di influenza nella regione tra Arabia saudita ed Iran farà si che per Riyadh diventi quasi impossibile provare a trovare una diversa via d’uscita, costi quel che costi”. (Guardian)

Sono solo io ad avere l’impressione che questo giornalista sia euforico alla sola idea di assistere ad un bagno di sangue ancora maggiore? Inoltre, sarebbe stato gentile da parte sua menzionare il fatto che armare ed addestrare un’organizzazione jadhista con lo scopo di provocare un cambio di regime in una nazione sovrana è un’aperta violazione del diritto internazionale e della carta dell’ONU. Forse l’autore pensava che scrivere tutto ciò avrebbe reso il suo articolo troppo pedante o al contrario troppo ricco di spunti? In ogni caso, l’idea che l’indebolita Rihad possa distrarre l’asse Russia – Siria – Iran – Hezbollah dal proposito di annientare l’ISIS e tutti gli altri gruppetti collegati alla galassia di Al Qaeda sembra essere un sogno impossibile. Ma il fatto è che i neocon di Washington sembrano non avere il coraggio di affrontare Mosca faccia a faccia, lasciando campo libero a Putin e alla sua operazione di pulizia sul campo.

Tra l’altro, gli esperti si sono anche sbagliati nel valutare la reazione del popolo russo al coinvolgimento di Mosca in Siria. Ovviamente sono orgogliosi di come le loro forze armate si stanno comportando. Come potrebbe essere altrimenti? Stanno raggiungendo tutti gli obiettivi prefissati sin dal primo giorno. Leggiamo questo estratto dalla CBS News:

“Quali che siano gli effetti degli attacchi aerei in Siria, il loro impatto in patria risulta essere chiaro: prova il fatto che la Russia non indietreggia rispetto agli USA e anzi reclama il suo posto al sole nel salotto buono del potere globale”.

La trasmissione serale di Channel One di sabato ha aperto con un’immagine ripresa dalla cabina di pilotaggio di un bombardiere russo mentre colpisce con precisione chirurgica campi di addestramento dei terroristi e depositi di munizioni. Le bombe non colpivano mai a più di 5 metri dal bersaglio, e secondo un esperto militare ciò dipenderebbe dalla elevatissima precisione dei jet russi nel colpire gli obiettivi.

Subito dopo ci è stato mostrato un servizio del disastroso attacco aereo su di una città dell’Afganistan settentrionale, Kunduz, che ha portato alla distruzione di un intero ospedale e alla morte di 19 persone, incluso il personale medico. Sebbene la responsabilità degli Stati Uniti non sia stata provata, questo episodio ha lasciato agli osservatori russi pochi dubbi su quale delle parti in campo abbia una maggiore capacità militare (Russia’s airstrikes in Sirya are playing well at home, CBS news).

Come già accennato, il popolo russo è orgoglioso di come Putin stia affrontando la guerra al terrore. C’è qualcosa di sbagliato in questo? Molti americani sono vecchi abbastanza da ricordare i tempi in cui potevano andare fieri delle loro forze armate, quando agivano per difendere quei principi iscritti nella loro carta fondamentale. Stiamo però parlando di molto tempo fa, ben prima che iniziasse l’era di Guantanamo.

Un’ultima cosa: c’è uno straordinario articolo di Aron Lund, membro del Carnegie Endowment, intitolato “la strategia di Putin: cosa bombarderà in Siria?” Ciò che interessa di questo pezzo è che è stato pubblicato il 23 settembre, una settimana prima che la Russia scendesse in campo; nonostante questo, Lund sembra conoscere i piani di Putin. Gli appassionati di cose militari andranno in visibilio per questo articolo, che di fatto varrebbe la penda di leggere per intero.

Qui ve ne riportiamo un trafiletto:

“Se ad un certo punto Putin decidesse di colpire obiettivi diversi dallo stato islamico, non si fermerebbe ad Al Nusrah. Prima o poi, potrebbe allargare il cerchio ed iniziare a colpire obiettivi come i ribelli di Idlib, Hama e Latakia, col pretesto che comunque si tratterebbe di gruppi terroristici o loro alleati”. Il Cremlino ha tutto l’interesse a veder sfumare quella linea sottilissima che separa gli “estremisti” dai “ribelli moderati” su cui l’occidente tanto insiste. Pur restando questa una suddivisione parzialmente scenica, essa rimane una formula politicamente indispensabile per la coalizione occidentale se vuole continuare ad armare i ribelli anti Assad. E probabile che sia proprio questa la strategia a lungo termine di Putin, quella di azzerare questa distinzione colpendo tutti i ribelli nell’alveo di un intervento globale anti – jihad.

Attacchi generalizzati contro i ribelli siriani, col pretesto che siano tutti terroristi, susciteranno reazioni indignate da parte della stampa occidentale. Ma questo al presidente russo non interessa. Non sta certo cercando di conquistare cuori e menti, men che meno quelli dei ribelli siriani e dei loro sostenitori. Piuttosto, sta cercando di riequilibrare le forze in campo mentre, missile dopo missile, indebolisce la narrativa occidentale. Se si pensa a tutto questo, l’idea che il piano USA possa avere successo si trasforma in un ‘idea del tutto peregrina.” (“Putin’s Plan: What Will Russia Bomb in Syria”, Aron Lund, Carnegie Endowment for International Peace)

Non potremmo essere più d’accordo di così. Putin non si fermerà per nessun motivo. Stanerà questi ragazzoni tenendoli nel mirino, li impacchetterà e li rispedirà a casa. E mentre lo staff di Obama starà ancora discutendo che forse si dovrebbe smettere con i bombardamenti o l’operazione cambio di regime andrà in fumo, Putin starà già lanciando baci dalla Piazza Rossa, nella più grande parata che la Russia ricordi dai tempi della seconda guerra mondiale.

Mike Whitney

Fonte: www.counterpunch.org

Link: http://www.counterpunch.org/2015/10/06/how-putin-will-win-in-syria/

6.10.2015

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CARLO FILIERI

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