CAVIE DA LABORATORIO

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DI HS

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Non è certamente facile per un giovane “vegliardo” come me spiegare ad un ragazzo che, magari all’epoca non era ancora nato o era molto piccolo, cosa significò Genova per noi che ce la sorbimmo tutta anche fra le quattro mura delle nostre case davanti al televisore o all’ascolto della radio.

Loro appartengono a un altro mondo, nel senso che sono cresciuti in un contesto in cui la digitalizzazione dei segni, dei simboli e pure dei comportamenti ha quasi oscurato il senso concreto e tangibile delle cose e la loro aguzza durezza. In un certo qual modo smartphone, blueberry, iPod, Whatsapp, Twitter, Facebook e compagnia cantante sono diventate parte integrante delle nostre vite e per i nostri figli o nipoti non è quasi concepibile un mondo senza la tecnologie digitali.

Nel nostro nuovo mondo postmoderno digitalizzato e “virtualizzato” il tempo scorre via veloce come lo scoccare di una scintilla nel buio, si scompone in fantastiliardi di millisecondi, frazionati e separati, insinuando un senso di comprensibile vuoto e di assenza di memoria…

Non sono trascorsi neanche quindici anni e, per alcuni fra noi, non è trascorso che qualche giorno da quanto accadde a Genova, città perennemente ferita dagli uomini e dalla natura, eppure la “rete” non era ancora invadente e invasiva e muoveva i primi passi mentre Google e Youtube appartenevano ancora al regno del “futuribile” e del realizzabile.

E’ stata molte cose – Genova – e non solo per questo paese… Nell’arco di una manciata di giornate ci accorgemmo di essere stati proiettati e letteralmente catapultati nel nuovo millennio, con tutte le sue ansie e le sue incertezze e, in verità, noi non eravamo stupidi, ma ingenui figli di un tempo già antico, quel ventesimo secolo che, nonostante l’atomica e i lager, non aveva completamente scalfito le speranze in un mondo migliore, da realizzare grazie al contributo di tutti e di ciascuno…

Quasi fuori tempo massimo giunge questa sentenza della Corte Europea per i diritti dell’uomo che condanna l’Italia per gli atti di tortura inflitti ai manifestanti dalle forze dell’ordine nell’Istituto Pascoli, ma per noi che abbiamo vissuto quegli attimi infiniti e reiterati come una ferita che non poteva essere suturata era chiaro e lampante più della luce del sole che a Genova – nelle giornate del 20 e del 21 luglio del 2001 – durante il consueto vertice degli otto paesi economicamente più avanzati era accaduto qualcosa di definitivo e irreparabile, qualcosa che non avrebbe potuto essere cancellato lavando quei muri imbrattati di sangue…

A Genova cadevano molte maschere e svanivano molte delle nostre illusioni: la nostra Italietta – così piccola e così gracile – sarà pure stata anche la Repubblica delle stragi impunite, delle molte mafie e della corruzione dilagante, ma, ai nostri occhi, rimaneva l’imperfetta democrazia che i padri costituenti ci avevano consegnato per attuare concretamente i principi di uguaglianza e libertà. Invece quello che accadde superò la nostra immaginazione pur nella sua sconcertante prevedibilità, perchè noi sapevamo e temevamo che le piazze e le strade di Genova si trasformassero in un enorme “campo di battaglia” fra una parte dei manifestanti e le forze dell’ordine.

Confinare le giornate di Genova nelle aule della scuola Pascoli – ove si consumò e raggiunse il culmine l’ultimo atto di feroce violenza repressiva – significa smarrire il senso di quelle ore, di quei minuti e di quegli attimi… Significa scordare convenientemente che prima della “macelleria messicana” – così definita da un altro ufficiale del reparto mobile – questo singolare film dell’orrore offrì altri e numerosi fotogrammi: dai black bloc alle devastazioni; dal “serrare le fila” dei carabinieri e dei poliziotti alle loro cariche brutali; da piazza Alimonda a Bolzaneto…

Noi non abbiamo le prove, ma solo qualche indizio e sospetto e, forse, chi poteva o doveva cercare e raccogliere quelle prove e quegli indizi non ha potuto ed è stato ostacolato… Oppure non ha convenientemente voluto…

Ai posteri l’ardua sentenza su quel variegato e multiforme movimento No Global che si affacciava sulla scena della storia e cominciava a raccogliere numerosi consensi ed adesioni anche fra chi non aveva mai masticato politica. In quello scorcio di inizio millennio era cresciuto il desiderio di denudare il re, di porre delle critiche radicali al sistema di mercato neoliberista fondato sulle grandi corporations e gli istituti finanziari internazionali, ricordando che non solo “un altro mondo era possibile” ma pure necessario.

Come purtroppo accade sempre, la giovinezza reca in sè la virtù e il limite della speranza e della fiducia e rifiuta il cinismo a buon mercato, così il movimento e i suoi leader più rappresentativi non si accorsero che si stavano preparando a soffocare il bimbo appena nato nella sua culla. E’ l’eterno peccato “movimentista” di chi ritenendo di esser sempre dalla parte della ragione conta sull’esclusiva “forza del numero” e, in fondo al suo cuore, non abbandona l’illusione che si possa dialogare con l’avversario per riformare il sistema in senso migliorativo. Per queste ragioni il movimento No Global – soprattutto nelle sue componenti “nonviolente” – fu colto impreparato e di sorpresa da chi perseguiva l’intento di domarlo, criminalizzarlo e reprimerlo in nome del neoliberismo “neomercantile”.

Se il succo di quegli eventi fosse esclusivamente questo sarebbe fin troppo semplice e perfino banale, ma forse la verità è che a Genova si aprì realmente il nuovo millennio “postdemocratico”…

Noi non abbiamo mai capito fino in fondo quale può essere il potere della scienza intesa come illimitata possibilità di programmare e incidere sul reale… Non abbiamo mai compreso fino in fondo quanto possano contare le parole e i consigli degli “ingegneri sociali”, degli esperti di sociologia, psicologia, antropologia, di questioni militari, geopolitiche, strategiche, di sicurezza e ordine pubblico…

E se noi poveri tapini – piccoli e ragionevoli uomini democratici e perbene, sempre molto attenti a rispettare le regole scritte e sancite nei codici – non fossimo stati altro che le cavie di uno dei più arditi esperimenti mai tentati fino ad allora in un paese dell’Occidente civile e avanzato ? E se in quella torrida estate del 2001 il capoluogo ligure non si fosse trasformato in un enorme laboratorio per applicare i nuovi modelli militarizzati e tecnologicamente avanzati di gestione dell’ordine pubblico ?

Analizzando a mente fredda i fatti e mettendo insieme i tasselli, la mattanza genovese trascende pure l'”italianità” dello svolgimento del vertice: se l’organizzazione dell’evento coinvolge il governo di centrosinistra guidato dall’ex craxiano Amato, la sua realizzazione concreta viene gestita dal governo di centrodestra retto dal neonominato Berlusconi… Nel frattempo Genova e i suoi cittadini vengono sostanzialmente ingabbiati e recintati, sorvegliati costantemente in previsione di un fosco clima di guerriglia che si preannuncerebbe molto ma molto pesante. E come per magia piovono a iosa informative e veline dei servizi di sicurezza che annunciano gli scenari più improbabili e assurdi come l’uso di catapulte da parte dei manifestanti e il lancio di bottiglie di sangue infetto contro gli agenti. Non ci facciamo mancare veramente nulla e l’atmosfera di tensione artificiosamente costruito attanaglia il paese e pochi si domandano se veramente le fonti di queste informazioni strampalate siano realmente attendibili. Il resto lo fanno le solite bombette disseminate qua e là, nelle redazioni di giornali e telegiornali.

V’è da chiedersi se non vi sia qualcuno che sta mettendo una “manina” per allestire uno spettacolare scenario di violenza urbana con contorno d
i manganellate e devastazioni assortite e, quel che è sicuro è che le cosiddette forze dell’ordine vengono sottoposte ad un training molto particolare, formate, appunto, per combattere una battaglia in un contesto metropolitano. Da oltreoceano vengono inviati alcuni istruttori molto particolari, ufficiali di polizia del Dipartimento di Los Angeles esperti nell’uso del tonfa. La diffusa percezione di essere mandati a Genova per affrontare un’orda di barbari nerovestiti completa l’opera: ci sono tanti piccoli congegni a orologeria sotto le divise pronti ad esplodere al momento opportuno ed è facile prevedere che chi si troverà a proprio agio sarà chi è già predisposto a menar le mani senza complimenti…

Eppure i famigerati Black blockers nerovestiti e i vari casseurs, assaltatori e demolitori assortiti e variamente equivoci vengono praticamente lasciati liberi di praticare un teppismo sempre più gratuito sotto gli occhi vigili ma tolleranti delle forze del (dis)ordine. Non bisogna dimenticare che tutto questo accade in una città blindatissima e militarizzata come un fortino… La consueta giustificazione dell’impreparazione di migliaia di poliziotti, CC e finanzieri non convince neanche un pò, tanto più che spesso costoro si accaniscono con i manifestanti enermi con fredda determinazione e quando un cordone di carabinieri incrocia la testa del corteo delle “tute bianche” – pacifiche ma non troppo – il bubbone scoppia e la violenza dilaga senza controllo alcuno fino alla morte di Carlo Giuliani.

Qualcuno disse che a pensar male si fa peccato ma si indovina e, allora perchè i Black blockers e tutto il seguito festante non sono stati mai disturbati da nessuno potendo arrecare il maggior danno possibile alla città di Genova. E tutto ciò al di là del discorso sulla presenza di provocatori e infiltrati pure documentata… Non si può che concedere una e una sola risposta ragionevole – in attesa di tutte le prove e gli indizi che possano comprovarla -: da tempo c’era la volontà di creare la condizioni più propizie per far esplodere sul terreno un contesto da virulenta e feroce guerriglia urbana tale da giustificare un intervento “manu militari” delle forze del (dis)ordine. In tal senso Genova viene preparata e predisposta per funzionare da laboratorio in cui sperimentare i nuovi modelli bellici e belluini di gestione dell’ordine e della sicurezza pubblica. Per questi motivi ritengo che un parto del genere non possa provenire solo da menti abituate a pansare nell’ottica delle strategia militare, ma che sia soprattutto il frutto amaro e indigesto dei “cervelloni” che adoperano da sempre le loro competenza scientifiche per migliorare e ottimizzare le tecniche di controllo e monitoraggio delle popolazioni. Fantapolitica ? Intanto vi consiglio di leggere due libri del giornalista Franco Fracassi, “G8 Gate” e “Black Bloc”, che finalmente hanno squarciato il velo di una discussione e di una polemica confinata nel provincialismo del Belpaese…

Se lo spettacolo grandguignolesco del G8 di Genova ha potuto contare su una sapiente regia, questa è collettiva e non solo ed esclusivamente italiana con tutto il rispetto che si può nutrire per un Ministro degli Interni inetto e sciagurato come Scaiola. Per quanto sadismo e per quanta brutalità siano state profuse a piene mani alla scuola Pascoli, ci troviamo innanzi all’episodio in cui, certamente, la violenza poliziesca ha assunto i connotati più “idioti” e meno scientifici, tanto è vero che già quando venne organizzata la conferenza stampa per illustrare i “dettagli” della mirabile operazione, i presenti fecero una magra e barbina figura… Insomma era piuttosto chiaro che tanta scempiaggine, unita ad una carica belluina incontrollata, sarebbe stata presto disvelata agli occhi di un’opinione pubblica esterrefatta. Perchè – ed è quanto è emerso – la verità è che, in fretta e furia, De Gennaro e i suoi più stretti collaboratori avevano deciso di organizzare un’operazione di polizia in grande stile per distogliere l’attenzione dal fatto che, in buona sostanza, le forze del (dis)ordine erano state inerti di fronte alle sistematiche attività di demolizione e teppismo dei Black Blockers e degli altri “estremisti”. Qualche arresto avrebbe dovuto coprire una realtà che era stata ben presente agli occhi dei cittadini genovesi. Inoltre proprio nei pressi dell’istituto si era insediato il “Media Social Forum”, il “team” di giornalisti e mediattivisti “no globla” che, nei giorni più caldi del G8, avevano raccolto numerosi filmati che testimoniavano strani connubi fra gli uomini in divisa e i “neri”. Si voleva forse impedire la messa in onda di certe scomode ed eloquenti immagini ?

Tant’è che nel cortile della scuola era presente tutto lo stato maggiore della PS, alti ufficiali e dirigenti conosciuti e stimati per le attività di repressione e contrasto della mafia e del terrorismo, compreso il famoso capo della DIGOS Arnaldo La Barbera che, si sarebbe scoperto solo più recentemente, operava anche come agente del servizio informazioni del Ministero degli Interni – nome in codice Rutilius – ed era stato precedentemente coinvolto nell’attività di depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio in cui il giudice Borsellino e la sua scorta persero la vita. Un’altra storia di sevizie, oltre che di falsi pentiti e false accuse…

E’ evidente, allora, che qualcosa preoccupava De Gennaro e soci i quali temevano probabilmente che qualcuno avrebbe chiesto la loro “testa” per coprire le altrui “magagne”. Eppure il loro destino sarebbe stato ben diverso e tutti saranno premiati e beneficeranno di notevoli avanzamenti di carriera. Si tratta evidentemente di decisioni politiche che sono state prese e confermate da governi di opposto colore mentre il caso De Gennaro è addirittura incredibile. Da capo della polizia alla presidenza di Finmeccanica passando per la direzione dei servizi di informazione del Viminale: niente male per un alto dirigente che stava rischiando la defenestrazione nei giorni immediatamente successivi al G8. Cosa è successo ? Certo il questore De Gennaro aveva già ricevuto diversi attestati e riconoscimenti come valido collaboratore del giudice -simbolo della lotta a Cosa Nostra siciliana Giovanni Falcone. Ma quali valutazioni possono aver potuto portare il governo Letta a designare il “superpoliziotto” De Gennaro alla presidenza della più mastodontica e strategica impresa statale ? Forse De Gennaro stesso diede anticipatamente la risposta innanzi al Comitato parlamentare di indagine quando rimarcò il fatto che, prima del G8 genovese, le frontiere erano estremamente permeabili declinando naturalmente ogni responsabilità del caso. A chi alludeva il “superpoliziotto” ? Chi consentì a un’orda non proprio pacifica di giovani tedeschi, spagnoli, francesi, scandinavi, ecc…, certamente monitorati e sorvegliati dai servizi di informazione e dalle polizie di più paesi, di raggiungere Genova con le conseguenze che tutti conoscono ? E fra costoro erano presenti gli infiltrati, i provocatori e i devastatori mercenari e professionali ingaggiati per svolgere un preciso e programmato servizio ?
Se poi De Gennaro non ha più avuto modo di affrontare la questione e di approfondirla, si può tranquillamente ammettere che, allora, ha ben meritato la sua aurea carriera…

Di lì a poco Ground Zero avrebbe cancellato tutte le residue speranze per un “altro mondo possibile” e dalla guerriglia e controguerriglia urbane artificiosamente costruite, si passava alla guerra permanente e globale. Inevitabilmente il movimento ne uscì con le ossa rotte e in poco tempo si dissolse e i suoi protagonisti vennero quasi dimenticati…

Genova per noi è stato solo il primo dei tanti esperimenti di ingegneria
sociale volti a spezzare qualsiasi volontà di resistenza nei confronti di un sistema iniquo e ingiusto…

Deposte l’immaginazione e la volontà di cambiamento siamo solo diventati più gretti, cinici ed egoici… Per questo hanno vinto su tutta la linea…

Perchè, per quanto tu ti possa sforzare, non è per niente facile per le cavie abbattere le mura dei laboratori e liberarsi dei mad doctors…

E, al di là delle sentenze della Corte di Strasburgo e dei fatti contingenti, pure queste sono forme più sottili di tortura…

Saluti

HS

Fonte: www.comedonchisciotte.org

9.04.2015

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