BRUCIATE, UOMINI IN NERO, BRUCIATE

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DI PEPE ESCOBAR

asiatimes.com

Andiamo dritti al punto. Come per la collezione estiva di arredi per esterno di Zara, completa di fucili d’assalto all’ultima moda, scarpe da ginnastica Nike e Toyota nuove fiammanti che attraversano il deserto Siriano-Iracheno: i Jihadisti Incazzosi in nero.

C’era una volta (piuttosto recente), il governo USA che aiutava solo i “terroristi buoni” (in Siria), invece dei “terroristi cattivi”, un eco dei (meno recenti) tempi in cui sosteneva solo i “Talebani buoni” e non quelli “cattivi”.

Cosa succede quindi se i cosidddetti “esperti” della Brookings Institution iniziano a blaterare che lo Stato Islamico di Iraq e Sham (ISIS) è davvero il più cattivo manipolo di jihadisti sul pianeta (dopo tutto sono un prodotto di Al Qaeda)? Sono davvero così terribili che per una perversa logica di neolingua diventano la nuova normalità?

Dalla fine dell’anno scorso, secondo la neolingua governativa statunitense, i “terroristi buoni” in Siria sono lo spin-off di Al Qaeda Jabhat Al Nusra e il (caduto in disgrazia) principe Bandar bin Sultan, aka Bandar Bush, il Fronte Islamico (essenzialmente un outlet di Jabhat Al Nusra). Sia Jabhat sia l’ISIS hanno chiesto l’alleanza ad Ayman “il dottore” Al Zawahiri, il regalo senza fine che mantiene in vita il capò di Al Qaeda. Resta senza risposta la domanda circa cosa vogliano fare veramente gli uomini in nero dell’ISIS, le truppe d’assalto consciamente sotto la luce dei riflettori, facenti capo a una frangia estrema dei “reduci” Sunniti e del partito Ba’ath (vi ricordate Rummy nel 2003?).

Interrompiamo questa passerella nel deserto per dire che NON invaderanno Baghdad. D’altra parte, sono impegnati ad accelerare la balcanizzazione – ed eventuale parzializzazione – sia della Siria sia dell’Iraq. Loro NON sono un frutto dell’ingegno della CIA (come avrebbe potuto pensarci Langley?), sono i figli bastardi della munificenza della carta di credito del (caduto in disgrazia) Bandar Bush.

Il fatto che l’ISIS NON sia direttamente sul libro paga di Langley non significa che il loro programma differisca di molto da quello dell’impero del caos. L’amministrazione Obama potrebbe inviare alcuni marines a difendere le piscine della più grande ambasciata sul pianeta terra, delle dimensioni di Città del Vaticano, più alcuni “tutor militari” per “riqualificare” l’esercito iracheno in disfacimento. È solo una goccia di Coca Cola Zero nel deserto iracheno occidentale. Non ci sono prove che Obama stia per autorizzare “supporto cinetico” contro l’ISIS, anche se Baghdad ha già dato il suo benestare.

Anche se Obama si decidesse a puntare sui proiettili (“operazione militare mirata”) e/o preparasse una nuova kill list per i suoi droni, sarebbe solo un piccolo diversivo. Ciò che importa è che il programma confluente ISIS/Beltway resti lo stesso: liberarsi del Primo Ministro iracheno Al Maliki (non a caso il nuovo tormentone nei media USA), frenare l’influenza politico-economica iraniana in Iraq, cancellare il patto Sykes-Picot e promuovere i “dolori da parto” (vi ricordate Condi?) di grandi regioni devastate che cercano di aggirare il potere centralizzato, guidate da tribù sunnite.

Per l’impero del caos l’ISIS è la miccia caduta dal paradiso (di Allah?), il perfetto mezzo coperto da un passamontagna per mantenere la guerra al terrore in modalità Enduring Freedom Forever.

La glassa sulla torta (ormai sciolta) è che la casa di Saud ha ufficialmente negato di supportare l’ISIS: loro non sono responsabili di quanto sta succedendo in Iraq. È tutto organizzato dai “rimasugli” Bahatisti.

PIU’ CAMBIAMENTO DI REGIME !

Adesso tutto gira attorno al “contenimento” dell’Iran. Dobbiamo solo superare questo per confermarlo, la solita vecchia boutade circa le prove che “l’Iran e i suoi alleati Siriani” hanno “cooperato” con l’ISIS e che Bashar al Assad in Siria ha “rapporti d’affari” con l’ISIS. Non dimentichiamo l’allarmismo: ciò che si prospetta è un “Iran nuclearizzato” contro un “mondo arabo sunnita” in cui il vero uomo nero continua ad essere Al Qaeda.

La propaganda neocon che denuncia il governo USA di farsela con Teheran per contrastare l’ISIS è, come al solito, mera disinformazione.

Il comandante del Basij iraniano, il generale Mohammad Reza Naqudi, è andato molto vicino al bersaglio quando ha affermato, “Takfiriti e Salafiti in diversi stati regionali, specialmente in Siria ed Iraq, sono finanziati dagli USA” e “gli USA stanno manipolando i terroristi Takfiriti per distorcere l’immagine dell’Islam e dei Musulmani”. Lo stesso vale per il portavoce dei Majiliti Ali Larijiani “è ovvio che gli statunitensi e le nazioni che ruotano loro attorno abbiano fatto una mossa del genere… il terrorismo è diventato uno strumento per i poteri forti per ottenere i loro obiettivi”.

Tutto quello che sta sotto è che Teheran ha preso la passerella dell’ISIS per quello che è: una trappola. Per di più sono convinti che Washington non romperà i legami con i propri vassalli della casa di Saud. Traduzione: Washington resta legata alla guerra al terrore vecchia scuola. Ciò che Teheran sta già in pratica supportando – anche con “esperti” sul campo – è una miriade di milizie Sciite che sono state dispiegate per mettere in sicurezza Baghdad e le città sante sciite Najaf e Karbala.

Il ritorno dei morti viventi neo-con negli states, nel frattempo, continua a cantilenare il suo ritornello preferito: Maliki, Maliki, Maliki. Nulla di ciò che sta avvenendo in Iraq ha qualcosa a che fare con Shock and Awe, l’invasione, occupazione e distruzione della maggior parte della nazione, Abu Ghraib o le velenose e totalmente istigate da Washington guerre settarie (divide et impera, sempre e comunque). È tutta colpa di Maliki. Deve essere cacciato a calci. Quando tutto va in fumo – sulle note di trilioni di dollari – il libro degli schemi neo-con chiama sempre la stessa tattica: cambio di regime.

LASCIARSI CADERE A PESO MORTO VERSO UN SUNNITISTAN HARDCORE

Tutto è molto fumoso attorno al nuovo leader dell’ISIS Abu Bakr al Baghdadi, aka Abu Dua, nato a Samarra nel 1971, un “lascito” di Saddam ma – e questo è fondamentale – un ex prigioniero degli USA a Camp Bocca dal 2005 al 2009, nonché ex leader di Al Qaeda in Iraq. Non è un segreto nel Levante che i men in black dell’ISIS siano stati addestrati nel 2012 dagli istruttori USA in una base segreta a Safawi, nel deserto del nord di quella finzione di stato chiamata Giordania, in modo che potessero poi combattere come “ribelli” con l’approvazione occidentale in Siria.

È stato Al Baghdadi ad inviare un gruppo di men in black in Siria per creara Jahab Al Nusra (i “buoni terroristi”, ricordate?). Dovrebbe essersi staccato da Jahab nel 2013, ma rimane comunque a capo di un’estesa area desertica dal nord della Siria all’est dell’Iraq. È il nuovo Osama Bin Laden (il regalo che non passa mai di moda, ancora una volta), il tutt’altro che certo Emiro di un Califfato islamically correct nel deserto nel cuore del Levante.
Dimenticatevi Osama nell’Indu Kush: questo è molto più sexy.

Un Sunnitistan hardcore tra il nord curdo e il sud sciita, che naviga nel petrolio, esteso tra Aleppo, Rakka e Deir Ez Zor in Siria, tra i due fiumi – il Tigri e l’Eufrate – con Mosul come capitale, tornata al suo ruolo di perno tra i due fiumi e il Mediterraneo. Sickes-Picot, mangiati il fegato.

Ovviamente, Al Baghdadi non può aver estratto dal cilindro quest’impresa tutto da solo. Ecco entrare in gioco il suo braccio destro “residuo di Saddam”, lo straordinario intellettuale del partito Ba’ath Izzaat Ibrahim Al Douri, il quale viene anche dalla strategica Mosul e più di tutto il Consiglio Militare Generale per i Rivoluzionari Iracheni – un’organizzazione incredibilmente “segreta”, la quale ha l’abilità di dribblare, come fosse un mix infernale tra Lionel Messi e Luis Suarez, tutta l’intelligence occidentale, compreso l’apparato Orwelliano-Panottico dell’NSA.

Beh, non proprio, perché questa coalizione di intenti ISIS-Bahatista è stata scritturata da nientepopodimeno che Bandar Bush – mentre era ancora al timone, grazie anche a fondamentali spinte da parte del Primo Ministro turco Erdogan. Non c’è modo di ricondurre il tutto a Washington.

Ciò che il Consiglio Militare Generale è riuscito a racimolare è niente più dei “rimasugli” della resistenza irachena dei primi anni 2000, sceicchi a capo di tribù, fonderli con l’ISIS e creare quella che potrebbe essere definito “Esercito di Resistenza” – quei jihadisti incazzosi in nero che guidano le loro Toyota bianche, ora il feticcio leggendario, riuscendo nel miracolo di non essere rintracciati dal nugolo di satelliti dell’NSA. Sono così trendy da avere la loro pagina Facebook, con più di 33.000 like.

BALCANIZZA O DISTRUGGI

Nel frattempo, il programma dell’impero del caos procede invariato. La balcanizzazione è ormai un dato di fatto. Il Ministro degli Esteri iracheno Hoshyar Zebari, un Curdo, ha richiesto la “cooperazione” dei Curdi Peshmerga con l’esercito iracheno per tenere alla larga dall’ISIS Kirkuk, ricca di petrolio. Come un orologio svizzero, i Peshmerga hanno subito praticamente occupato Kirkuk. Il Grande Curdistan ritorna.

Il grande Ayatollah Sistani, sempre per ottenere i loro scopi, ha lanciato una jihad sciita contro l’ISIS. Da parte sua il leader del Consiglio Supremo Islamico dell’Iraq, Sayyid Ammar Al Hakim, ha resuscitato le loro formidabili forze paramilitari, i Badr Corps – molto vicini ai Corpi di Guardia Rivoluzionari iraniani. Questi sono veramente dei duri, contro i quali l’ISIS non ha alcuna possibilità. Muqtada Al Sadr sta lanciando “Brigate della Pace” per proteggere le città sante sciite e le chiese cristiane. La guerra civile impera.

Nel frattempo, nel Regno di Oz, il Pentagono riuscirà sicuramente ad ottenere altri fondi per la sua interminabile crociata per salvare la civiltà occidentale dal terrore islamico. Dopotutto c’è un nuovo Osama Bin Laden che si nasconde nei boschi (indossando una maschera da sci).

Nonostante la maggior parte degli Iracheni si opponga alla balcanizzazione i Sunniti continueranno ad accusare gli Sciiti di essere al soldo degli Iraniani e gli Sciiti continueranno ad accusare i Sunniti di essere la quinta colonna della Casa di Saud. L’ISIS continuerà a ricevere ingenti somme da ricchi “benefattori” sauditi. Il governo USA continuerà ad armare i Sunniti in Siria contro gli Sciiti e (probabilmente) a condurre “azioni militari mirate” per gli Sciiti contro i Sunniti in Iraq.

Benvenuti nella corsa folle al Divide et Impera.

Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a [email protected].

Fonte: http://www.atimes.com

Link: http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/MID-01-200614.html

20.06.2014

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione FA RANCO

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