ATTENZIONE AGLI “EXIT” BRITANNICI

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DI MATTHEW JAMINSON

strategic-culture.org

Il nuovo governo inglese di Theresa May prende tempo e cerca di bloccare l’innesco dell’articolo 50 (del Trattato di Lisbona, NdT). È chiaro a tutti adesso che l’apparato politico era totalmente impreparato al risultato del referendum. È anche un segno che il ritiro dall’Unione Europea sarà un compito così massiccio che prenderà gran parte delle risorse di Whitehall per molti anni avvenire. In molti casi è una “missione impossibile” che in qualche modo rinforza l’irresponsabilità di David Cameron per aver permesso il Referendum in prima analisi. Nessun Primo Ministro che si dica responsabile avrebbe mai aperto questo vaso di Pandora.

La storia ci insegna che gli exit britannici sono stati carichi di rischi e sono stati puntualmente gestiti con il solito livello di incompetenza britannico da parte dei vari governi, e frequentemente hanno prodotto vari disastri. Come Henry Kissinger ebbe a dire “il tempo non è neutrale”. Il passato è ancora per gran parte con noi e ci informa sul presente mentre forma il nostro futuro. Quindi, è istruttivo dare un’occhiata ai successi (o insuccessi) degli exit britannici del passato e le conseguenze che ne sono scaturite, specialmente quelle che influenzano la nostra vita. Quando divenne chiaro all’elite del tempo che l’Impero Britannico non era più finanziariamente sostenibile (ancor più che ogni altra considerazione di natura etica), quella fu la ragione che innescò il brexit dalle colonie imperiali che la Gran Bretagna aveva preso in possesso grazie ad un mix di invasioni, colonizzazioni e occupazioni territoriali.

Si prenda l’India, ad esempio. I confini che il Governo di Sua Maestà alla fine degli anni 40 aveva designato per dividere il paese in aree mussulmane e indù con la creazione del Pakistan, lasciò decine di milioni di minoranze sparse senza una terra all’interno di questi due blocchi territoriali. Milioni di Mussulmani si spostarono in massa nel Pakistan e lo stesso successe per gli Hindu verso l’India. Questi movimenti etnici ingestibili di milioni di persone generarono momenti di violenza che costò la vita a centinaia migliaia di persone. La questione del Kashmir rimane una ferita aperta e causa di tensioni tra i due paesi ancora oggi.

Una situazione simile è stata lasciata come strale dell’exit parziale della Gran Bretagna dall’Irlanda. Alla fine della Prima Guerra Mondiale, a causa delle misure repressive eccessivamente draconiane verso i nazionalisti irlandesi nel sud del paese dopo le insurrezioni della Pasqua del 1916, il Governo Britannico decise di dividere l’isola in due stati separati, in maniera simile all’esperimento indiano. Mentre il sud dell’Irlanda cominciò il cammino verso una repubblica indipendente, il nord venne ridotto ad un fazzoletto di terra delle dimensioni dello Yorkshire e spezzettato in sei contee con il loro Parlamento e Governo locale ma ancora all’interno del Regno Unito.
Lo scopo era quello di mantenere una maggioranza pro-britannica grazie alla presenza dei discendenti dei colonizzatori protestanti dalla Scozia e Inghilterra (emigrati inizialmente in quella zona nel 16mo secolo e conosciuti come “lealisti” o “unionisti”) escludendo tre contee da ciò che oggi è la Provincia dell’Ulster.

Come è successo con la partizione dell’India, una rilevante minoranza di Cattolici Romani che si sentiva più irlandese che inglese vennero lasciati senza una loro identità e rappresentatività in ciò che oggi è l’Irlanda del Nord e dovettero affrontare un governo locale apertamente settario che negli anni ha attivamente promosso la discriminazione dei Cattolici nelle politiche del lavoro, della casa, e dei diritti culturali. I disordini civili che seguirono in Irlanda del Nord sono lo specchio della violenza che scoppiò tra India e Pakistan come risultato delle due divisioni.

Passiamo alla Rhodesia, ciò che è ai giorni nostri è conosciuto come Zimbabwe. Dopo aver provato a liberarsi del governo della minoranza bianca razzista guidato da Ian Smith, il Governo Britannico stipulò un accordo con un altro estremista di dubbia natura: Robert Mugabe, dando a quest’ultimo il paese che a tutt’oggi ancora governa. Lavandosene le mani, il Governo Britannico ha lasciato lo Zimbabwe nelle mani di un dittatore pazzo e megalomane che ha praticamente portato il paese alla rovina.

Oltre a tutti i problemi creati dal brexit, ci sono state una serie di preoccupazioni riguardo agli investimenti cinesi in una parte critica dell’infrastruttura nazionale, come la proposta di costruire una centrale atomica a Hinkley Point. Mentre i cinesi non hanno esperienza nell’ “interferire” con le infrastrutture chiave di altri paesi, i Britannici, al contrario, possono vantare un altro disastroso “exit” anche in questo campo. Il Canale di Suez è stato letteralmente rubato agli egiziani dal governo di Benjamin Disraeli nel 19mo secolo. Piuttosto che restituire il Canale al suo legittimo proprietario, gli egiziani, il Governo inglese si è prodigato per mantenerne il possesso anche quando si stavano ritirando dai vari territori colonizzati, arrivando persino ad invadere il Canale quando il regime del Colonnello Nasser lo aveva nazionalizzato riportandolo sotto il legittimo controllo nazionale. L’intervento militare britannico fallì grazie in parte anche alla saggia decisione di Eisenhower di procedere ad una fuga dalla sterlina per tenere a freno le mire imperialistiche britanniche.

Il disastro militare inglese ebbe l’effetto inaspettato di rafforzare la posizione di Nasser, non indebolirla. È stata tra l’altro una delle umiliazioni militari più grandi sofferte dal Governo inglese dall’ultima quando non riuscirono a fermare l’avanzata del Wermacht durante la caduta della Francia nell’estate del 1940 e la vergognosa ritirata di Dunkirk.

Adesso l’Europa e il resto del mondo sono pronti per il prossimo brexit dopo una lunga umiliante serie di ingloriosi, inetti brexit inglesi che, come si è visto, hanno spesso causato migliaia di morti.

Sfortunatamente molti dei governi inglesi, che siano Tory, Labour o Liberal, non possono essere assolti dalle rovine lasciate dai precedenti exit, sia all’estero che in territori britannici dietro l’angolo. Come la storia insegna, ogni qual volta il Governo Britannico si è istallato all’estero dove non doveva, e poi ha deciso di uscirne, ha sempre lasciato una scia di morte e distruzione, e ne sono seguite guerre civili. Quindi, le premesse storiche non sono positive. L’UE non sembra essere disposta a piegarsi per accomodare le eccezioni della Gran Bretagna e il suo exit auto-inflitto. Altri stati europei hanno passato gli ultimi 40 anni ad facilitare le peculiarità della Gran Bretagna e a dare dispense speciali a Londra. Adesso, dopo la disgustosa campagna del “Leave” che è stata ratificata dalla maggioranza dell’elettorato inglese, la pazienza con gli inglesi “difficili da gestire” si è esaurita. Così poca è la volontà di collaborare in Europa che rende quest’ultimo exit carico di pericoli e conseguenze negative tanto quanto i precedenti.

 

Matthew Jamison: consulente associato della Royal United Services Institute for Defense and Security Studies, Whitehall. Ha due lauree presso l’Universita’ di Cambridge.

Fonte: www.strategic-culture.org

Link: http://www.strategic-culture.org/news/2016/08/29/beware-british-exits.html

29.08.2016

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di COLOSSEUM

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