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DI PANAGIOTIS GRIGORIOU

greekcrisis.fr

Venerdì mattina, Atene è sotto la pioggia. Temporale passeggero. Pioggia occasionale. Il governo greco ritiene che le istituzioni europee, così come le loro numerose appendici ateniesi, abbiano messo in atto un piano di destabilizzazione politica ed economica della Grecia «Tsipriota». Fuga di capitali, dichiarazioni e smentite da parte della BCE in merito alla probabile chiusura delle banche elleniche lunedì prossimo [l’altro ieri, N.d.T.]. Tutto un programma.

Non ha avuto successo la prima manifestazione di europeisti la sera del 18 giugno, riuniti in piazza Syntagma sotto lo slogan “Resteremo in Europa”, in risposta a quella organizzata il giorno precedente a sostegno del governo “perché non ceda”. Le istituzioni europeiste, così come certe ambasciate, hanno fatto del loro meglio per giungere a questa prima tappa, probabilmente prima delle manifestazioni a suon di pentole o dei «movimenti colorati»… dello stesso colore del tipo di piazza Maidan.

Era comunque uno spaccato sociale interessante quello riunito in piazza Syntagma giovedì sera: i ricconi, tizi inebetiti dalla propaganda europeista, i rampolli degli affaristi che hanno trasformato i fondi strutturali dell’UE in villette sulle isole, grazie al sistema mafioso e clientelare in vigore con Nuova Democrazia, con il PASOK e con il partito To Potàmi di Stàvros Theodorakis, creato a Bruxelles e Berlino. Per non dimenticare i peggiori figuranti della politica greca. Adonis Georgiàdis non poteva certo mancare: ex-ministro e deputato di Nuova Democrazia, com’è noto transfugo del partito di estrema destra LAOS all’epoca del suo ingresso nel governo del banchiere Papadémos imposto alla Grecia da Angela Merkel e Nicolas Sarkozy nel 2011.

In SYRIZA peraltro la questione della battaglia dal basso contro la Troika, interna ed esterna, è ormai all’ordine del giorno. Ciononostante, le apparenze di Atene e della sua dolce vita continuano a dominare. Turisti, banchetti che vendono libri, antiquari. Quanto durerà? “Il nostro paese sta subendo un’enorme aggressione, i loro scagnozzi qui sono attivi, e anche questi politici che al momento opportuno hanno abbassato le braghe… l’UE, la BCE, il FMI, erano tutti d’accordo e questo fin dall’epoca delle ruberie di Costas Simìtis e dell’ingresso della Grecia nell’euro.

Secondo me da quando è arrivata al governo e per tutto questo periodo cruciale SYRIZA non ha mobilitato a sufficienza il popolo. Ora è il momento di farlo”, così la pensa Costas Arvanìtis su radio 205,5 (SYRIZA, 19 giugno). “Il nostro paese vuole disintossicarsi”, prosegue Costas Arvanìtis. Negli stessi istanti, Alexis Tzipras incontrava Vladimir Putin a San Pietroburgo e i media parlano di relazioni fra la Grecia e i BRICS. Gli oligarchi greci ed europeisti hanno di che esser preoccupati. Il rapporto della Commissione Parlamentare per la Verità sul Debito Greco precisa le tappe da seguire. A giugno 2015 la Grecia si trova al bivio. Deve scegliere fra la prosecuzione dei programmi di ristrutturazione macroeconomica, imposti dai suoi creditori, o la rottura delle catene del debito.

Cinque anni dopo l’avvio dei programmi di ristrutturazione, il paese resta impantanato in una grave crisi economica, sociale, democratica ed ecologica. La scatola nera del debito non è ancora stata aperta. Ad oggi nessuna autorità, greca o internazionale, ha cercato di far luce sulle cause e sulle modalità con cui la Grecia si è assoggettata alla Troika. Il debito, in nome del quale nulla è stato risparmiato alla popolazione, resta un dogma in virtù del quale si impone un programma di ristrutturazione neoliberale, nel momento della più profonda e più lunga recessione mai vissuta dall’Europa in tempo di pace.

Prendere di petto l’insieme dei problemi sociali ed economici è un imperativo categorico quanto una responsabilità sociale. Preso atto di ciò, il Parlamento Ellenico ha istituito nell’aprile del 2015 una Commissione per la Verità sul Debito Pubblico Greco. Le ha dato mandato per indagare sull’origine e sull’aumento del debito pubblico, sul modo in cui è stato contratto e sulle ragioni in virtù delle quali si è giunti a firmare tali contratti, e infine sull’impatto che hanno avuto le clausole contrattuali sull’economia e sulla popolazione.

La Commissione per la Verità ha lo scopo di portare ad una consapevolezza delle questioni relative al debito greco, tanto sul piano interno quanto su quello internazionale, formulando ipotesi e proponendo possibili scenari per l’annullamento di tale debito. Il rapporto preliminare presentato dalla Commissione mette in luce che il programma di tagli cui la Grecia è stata soggetta era e resta nella sua integralità un programma politicamente orientato. L’analisi tecnica costruita su variabili marcoeconomiche e su proiezioni del debito – dati che hanno una relazione diretta con la vita e con i mezzi di sussistenza della popolazione – ha permesso di circoscrivere le discussioni sul debito ad un ambito tecnico. Tali discussioni si sono indirizzate in prevalenza ad analizzare la tesi secondo cui le politiche imposte alla Grecia avrebbero permesso il saldo del suo debito. I fatti presentati in questo rapporto provano l’esatto contrario.

Gli elementi che più colpiscono sono quelli che mostrano, senza ogni dubbio, che la Grecia non solo non ha i mezzi per rimborsare il debito, ma che non deve farlo. Anzitutto perché il debito creato dalle misure della Troika costituisce una violazione dei diritti umani fondamentali della popolazione greca. Si è così giunti alla conclusione che la Grecia non deve pagare questo debito, per via del suo carattere illegale, illegittimo e odioso. È ugualmente saltato all’attenzione della Commissione che l’insostenibilità del debito pubblico greco era nota ai creditori internazionali, alle autorità greche e ai grandi media. Eppure le autorità greche e alcuni governi dell’Unione Europea han fatto combutta per rigettare la proposta di una ristrutturazione del debito pubblico nel 2010, al solo scopo di proteggere le istituzioni finanziarie private.

I media ufficiali hanno nascosto la verità al pubblico, sostenendo che il piano di salvataggio sarebbe stato benefico per la Grecia e facendo passare invece l’idea che i greci meritavano tali misure a causa della loro negligenza. I fondi versati nel quadro dei programmi di salvataggio del 2010 e del 2012 sono stati gestiti dall’estero secondo schemi complessi, impedendo qualsiasi iniziativa autonoma sul piano budgetario. L’impiego dei fondi è stato rigorosamente deciso dai creditori, ed è venuto fuori che meno del 10% del totale è stato usato per le spese correnti del governo. L’adozione dell’Euro ha prodotto in Grecia un drastico aumento del debito privato, al quale sono state esposte tanto le banche private europee quanto le banche greche. Mano a mano che cresceva, la crisi bancaria è sfociata in una crisi del debito sovrano greco. Nel 2009, mettendo l’accento sul debito pubblico e gonfiando il deficit, il governo di George Papandréou ha voluto far passare la crisi bancaria per una crisi del debito pubblico.

Il capitolo 2 del rapporto della Commissione, dedicato alle evoluzioni del debito greco dal 2010 al 2015, stabilisce che la prima tranche di prestiti del 2010 aveva come obiettivo primario il salvataggio delle banche greche ed europee e intendeva metterle al riparo dalla loro esposizione nei confronti dei titoli del debito pubblico greco. Il capitolo 4, sui meccanismi di indebitamento in Grecia, spiega il meccanismo istituito dopo gli accordi entrati in vigore dal maggio 2010. Tali accordi prevedevano la concessione di nuovi prestiti per un considerevole montante da parte di creditori bilaterali e del Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (FESF), prestiti che implicavano interessi abusivi, che amplificavano così la crisi. Tali meccanismi rivelano come la maggior parte dei prestiti sono stati direttamente trasferiti alle istituzioni finanziarie. Anziché andare a beneficio della Grecia, hanno accelerato il processo di privatizzazione per mezzo di strumenti finanziari.

Il capitolo 5 (Clausole contrattuali contro sostenibilità) specifica il modo in cui i creditori hanno imposto penali eccesive che, associate agli accordi sui prestiti, hanno avuto come conseguenza diretta l’irreversibilità e l’insostenibilità del debito. Tali penali, che i creditori si ostinano ancora a pretendere, hanno fatto crollare il PIL ed hanno invece fatto impennare il debito pubblico – con una ratio debito/PIL più alta che ha reso il debito greco ancor più insostenibile. Tuttavia hanno anche provocato cambiamenti drammatici nella società, provocando una crisi umanitaria. Allo stato attuale, il debito pubblico greco può quindi essere considerato del tutto insostenibile.

Il capitolo 6 (Impatti dei “programmi di salvataggio” sui diritti umani) mostra che le misure messe in atto nel quadro dei programmi di salvataggio hanno toccato direttamente le condizioni di vita del popolo e violato i diritti umani che la Grecia e i suoi partner sono obbligati ad assicurare, promuovere e proteggere, conformemente al diritto nazionale, al diritto dell’Unione e al diritto internazionale in vigore. I drastici tagli imposti all’economia e alla società greca nel suo insieme hanno provocato un rapido deterioramento dei livelli di vita, incompatibile con la giustizia sociale, con la coesione sociale, con la democrazia e con i diritti dell’uomo. In effetti tali accordi contenevano clausole abusive, che hanno costretto la Grecia a rinunciare a fette importanti della propria sovranità. Lo dimostra la scelta del diritto inglese come sistema giuridico per la risoluzione di tali contratti, con lo scopo di aggirare la costituzione greca e le norme internazionali in materia di diritti umani.

Il fatto di aver messo in pericolo i diritti umani e gli obblighi del diritto consuetudinario, le molte prove di malafede da parte dei contraenti, e il loro carattere irragionevole, sono fattori che mettono in discussione la validità di tali contratti. Il debito verso la BCE va considerato illegale perché la BCE ha oltrepassato il proprio mandato, imponendo l’applicazione dei programmi di ristrutturazione macroeconomica (ad esempio, con la deregolamentazione del mercato del lavoro) per mezzo della sua partecipazione alla Troika. Il debito verso la BCE è allo stesso tempo illegittimo e odioso, perché l’obiettivo del “Securities Market Programme” (SMP) era di fatto quello di servire agli interessi delle istituzioni finanziarie, permettendo alle principali banche private greche ed europee di sbarazzarsi dei loro titoli di stato greci.

Il debito verso i creditori internazionali privati deve anch’esso essere considerato illegale, perché prima dell’esistenza della Troika le banche private hanno avuto un atteggiamento irresponsabile e talvolta, come nel caso dei fondi speculativi, hanno agito in malafede. Una parte dei debiti verso le banche private, così come i fondi speculativi, sono illegittimi per le stesse ragioni per cui sono illegali. Inoltre era illegittimo il fatto che le banche greche siano state ricapitalizzate a spese dei contribuenti. I debiti verso le banche private e i fondi speculativi sono odiosi, perché i principali creditori erano ben consapevoli che tali debiti non potevano essere contratti nell’interesse della popolazione ma al solo scopo di aumentare i loro profitti. Sono molti gli argomenti giuridici che uno Stato può avanzare per ripudiare i propri debiti illegali, odiosi e illegittimi.

Nel caso greco, un atto unilaterale di questo tipo potrebbe fondarsi sui seguenti argomenti: la manifesta malafede dei creditori, che hanno spinto la Grecia a violare il proprio diritto nazionale e gli obblighi internazionali in materia di diritti umani; la primazia dei diritti umani su qualsiasi altro accordo, nella fattispecie quelli raggiunti dai governi precedenti con i creditori della Troika; la coercizione; la presenza di clausole abusive che violano la sovranità dello Stato greco; e infine il diritto per uno Stato, riconosciuto dal diritto internazionale, di prendere le proprie contromisure quando i creditori mettono in opera azioni illegali. Nel mettere questo rapporto a disposizione delle autorità greche e del popolo greco, la Commissione ritiene di aver portato a termine la prima parte della propria missione, così com’era stata espressa dalla Presidente del Parlamento greco il 4 aprile 2015.

La Commissione spera che il rapporto possa essere un utile strumento per tutti coloro che vogliono uscire dalla logica mortifera dell’austerità e che si mobilitano in difesa di ciò che oggi è in pericolo: i diritti umani, la democrazia, la dignità dei popoli e il futuro delle generazioni a venire. Oggi, in risposta a coloro che vogliono imporgli misure inique, il popolo greco potrebbe rammentare quello che diceva Tucidide a proposito della natura del suo popolo: “Le è stato dato il nome di democrazia perché il suo fine è l’utile della maggioranza e non quello di una minoranza” (Orazione funebre di Pericle, riportata da Tucidide ne La Guerra del Peloponneso). Il testo del rapporto è integralmente consultabile sul sito della CADTM. Ecco perché gli oligarchi hanno di che esser preoccupati. Come prima, anche dopo l’euro gli scavi archeologici continuano. Tucidide, la democrazia, la hybris e i loro epigoni.

Già Cornelius Castoriàdis notava che “per i greci, per Aristotele e per Tucidide, quando scrive la Guerra del Peloponneso, quando si parla dell’entità politica che chiamiamo Atene non si parla mai di Atene in sé. Atene è un’espressione geografica. Nell’immaginario politico moderno non siamo mai usciti veramente dalla concezione che si è affermata con la monarchia assoluta. Vale a dire che c’è un potere da qualche parte, un mostro, il Leviatano, come ha detto Hobbes. Questo mostro di tanto in tanto esce dalla sua grotta e pretende diecimila giovani e quarantamila ragazze per mangiarle, centomila uomini da uccidere, chiede denaro e tutto il resto. E noi non possiamo far nulla di fronte a questo mostro. L’unica cosa che possiamo fare è porre attorno alla sua grotta barricate di carta che si chiamano Costituzioni, che limitano le prerogative dello Stato”. Le barricate di carta che si chiamano Costituzioni sono decisamente minacciate dall’europeismo e dalle altre hybris totalitarie.

Il forum internazionale anti-UE avrà luogo ad Atene, fra il 26 e il 28 giugno, in un momento cruciale per la Grecia. Co-organizzato da M’PEP in Franca con diverse altre sigle e organizzazioni dei paesi europei (fra le quali l’ala sinistra di SYRIZA), il forum “chiama a raccolta i cittadini, organizzati e non organizzati, per partecipare a questa importante manifestazione. L’obiettivo è di mettere in atto un coordinamento europeo dei partiti politici, delle organizzazioni popolari, dei movimenti sociali, con l’esclusione dell’estrema destra, che lottano per l’uscita dall’Unione Europea, dall’Euro e dalla NATO, nel paese in cui le politiche e le pulsioni reazionarie dell’UE sono state imposte nel modo più crudele”. Tempo variabile, come sempre. Venti e maree.

Atene ha ritrovato il suo sole e il suo futuro a venire. L’estate sarà senza dubbio greca.

Panagiotis Grigoriou

Fonte: www.greekcrisis.fr

Link: http://www.greekcrisis.fr/2015/06/Fr0438.html#deb

19.06.2015

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARTINO LAURENTI

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