ALEXANDER DUGIN, DEIR EZ-ZOR E LA TERZA GUERRA MONDIALE

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FONTE: DEDEFENSA

Il testo apparso il 20 settembre 2016 sul sito Katehon.com , Alexander Dugin sviluppa il tema che l’attacco per errore dell’ USAF contro le forze aeree a Deir ez-Zor non è evidentemente un errore, cosa che assai pochi commentatori informati contestano seriamente, e che ci si avvicina molto pericolosamente alla terza guerra mondiale. Secondo il filosofo del nuovo euro-asianesimo, non siamo mai stati così vicini alla terza guerra mondiale. Douguine attribuisce questa evoluzione direttamente al destino della campagna presidenziale USA , con la prospettiva sempre più possibile se non probabile della sconfitta di Hillary Clinton . e virgola l’attacco in Siria sarebbe dunque l’unico modo che hanno trovato i globalisti di Washington per fermare o disturbare l’ ascesa di Trump sia facendo rinviare le elezioni a causa di un avvenimento catastrofico, sia lasciando a Trump La Casa Bianca in una situazione catastrofica di una guerra generale in corso…

Dopo aver ripetuto la sua convinzione essenziale sulla congiuntura presente ( lo ha fatto diverse volte) secondo la quale “la principale caratteristica di questa stagione politica non sono le elezioni ma la guerra” e dopo aver rapidamente mostrato che la tesi che spiegava come un errore dell’USAF l’attacco contro i siriani a Deir ez-Zor non poteva reggere un secondo , Douguine prosegue:

” E’ totalmente ovvio che gli Stati Uniti stanno preparando una guerra contro la Russia. Gli incidenti di confine rappresentano operazioni di ricognizione . Ma come reagiranno Mosca, Putin, il Cremlino? Il punto di non ritorno non è ancora stato superato ma le reazioni di Mosca non hanno forse mostrato quanti Russi sono ormai pronti per un confronto diretto frontale con gli Stati Uniti e la NATO? Questa è la ragione per cui è stato lanciato questo attacco dall’aria contro le posizioni dell’esercito siriano.

La leadership usa globalista non può ovviamente governare tutto il mondo e ancor di più la minaccia-Trump mette in discussione il loro controllo sulla stessa America. Ora, mentre la marionetta Barack Obama è ancora in carica e il candidato globalista Hillary Clinton sta perdendo favore agli occhi degli elettori americani, c’è l’ultima opportunità per cominciare una guerra. Questo potrebbe permettere loro di rimandare le elezioni o costringere Trump, se per caso vincesse, a cominciare la sua presidenza in condizioni catastrofiche. Pertanto i neoconservatori USA e i globalisti hanno bisogno della guerra. E presto, prima che sia troppo tardi. Se Trump arriva alla Casa Bianca mentre c’è ancora la pace, poi non vi sarà la guerra almeno per il futuro prevedibile. E questo vorrebbe vorrebbe dire di sicuro la fine dell’onnipotenza delle elite maniacalmente globaliste.

A questo . quindi ogni cosa è molto molto seria. Gli ideologi della Nato e i globalisti americani che stanno per cadere nell’abisso hanno bisogno di una guerra proprio adesso, prima delle elezioni americane. La guerra contro di noi. Non tanto per vincerla ma per l’evento stesso. Questo è l’unico modo per loro di prolungare il loro dominio e distrarre l’attenzione degli Americani e dell’intero mondo dalla loro infinita serie di fallimenti e crimini. Il gioco dei globalisti è stato svelato. Molto presto essi dovranno lasciare il potere e presentarsi in tribunale . Solo la guerra può salvare la loro situazione.”

Come si sa la tesi di Douguine non è la nostra, in quanto questa tesi implica un progetto da parte dei governanti USA, si potrebbe dire un piano unitario, e dunque una organizzazione formidabile e una unicità di vedute senza crepe. Non è il programma ciò che noi mettiamo in discussione, perché non andiamo così lontano; mettiamo in discussione ben prima il coinvolgimento del governo degli USA nel suo insieme, perché secondo noi il governo USA non costituisce per nulla un insieme ( omogeneo, strutturato, che si sottomette alle regole della gerarchia, che accetta un’autorità, eccetera), ma una costruzione estremamente frazionata , completamente a pezzi , con ogni parte che ha la sua propria politica. Come si può capire dalle dichiarazioni estremamente ferme del ambasciatore russo all’Onu Vitali Chukrin , questa idea della divisione e dello spezzettamento, dunque del disordine del potere a Washington, è talmente evidente che diventa un dato presentato ufficialmente e pubblicamente: “Chi comanda   a Washington? La Casa Bianca o il Pentagono? […] I [dirigenti politici] USA stanno per perdere il controllo [della politica USA]…”

Si veda e si ascolti il video del suo intervento che accompagna un testo di OffGuardian.Org , dove il tono e la voce di Churkin sono segnate da una collera repressa, in seguito all’intervento della Power ( Samantha Power – Ambasciatrice USA all’ONU – N.d.T.) che Churkin da qualificato all’inizio della sua analisi come “mai visto” in tutta la sua carriera diplomatica e nei 10 anni passati all’ONU. Churkin parla a margine dei lavori del Consiglio di Sicurezza durante una conferenza stampa improvvisata e il riferimento a questo brano si trova intorno al minuto 10°/11° del video. Ma la sua uscita non è certamente conseguenza della collera, anche se questa c’è: Churkin è un importante diplomatico molto esperto, e se ha parlato come ha fatto, è con l’avallo di Putin e di Lavrov. Del resto un altro intervento dimostra che la Russia ha deciso di reagire molto duramente, per ora ad un livello immediatamente inferiore a quello del ministro degli esteri: vogliamo parlare dell’intervento del 17 settembre della portavoce del Ministero Maria Zakharova un’altra professionista di alto livello . Le sue parole sono state riferite dalla catena televisiva Russia 24 e riprese in inglese da FortRuss.News; lei dice chiaramente senza alcun giro di parole e cioè lo dice volontariamente, in questo modo così brutale:” Se prima avevamo dei sospetti che riguardavano Jabhat al-Nusra [ il possibile sostegno USA] ormai dopo l’attacco di oggi siamo arrivati a una conclusione che è terribile per il mondo intero: La Casa Bianca difende Daesh…”

La nostra intenzione qui non è di screditare la tesi di Douguine che ha di per sè una reale coerenza, essenzialmente perché rimanda alla politica interna USA nel quadro delle elezioni presidenziali, e al panico dell’ establishment ( i globalisti di Douguine) davanti all’ascesa sempre più irresistibile di Trump. Ciò che a noi sembra contestabile è il credito che questa tesi accorda alla coesione e all’efficacia di questo establishment; se vi fossero coesione ed efficacia lo sapremmo perché le avremmo già valutate, in particolare perché questo establishment avrebbe trovato un modo di fermare Trump ben prima che arrivasse alla posizione dove si trova ora, eventualmente, se necessario, anche con i modi più spicci, come d’abitudine.

Si possono fare numerose considerazioni che tendono effettivamente a esaminare la possibilità di questa tesi, nel caso estremo di un concatenamento che possa   arrivare alla terza guerra mondiale. La prima è chiedersi perché il vertice degli Stati Uniti (Kerry sostenuto da Obama) avrebbe lavorato per settimane per un cessate il fuoco che poi avrebbe sabotato deliberatamente 5 giorni dopo la firma. Questo non si accorda per niente neanche con le ambizioni del presidente Obama del quale sappiamo che lavora oggi per l’eredità che lascierà ad una nazione perdutamente riconoscente e in questa eredità troneggia l’immagine di Epinal-sur-Potomac del “presidente della pace “ come pretende di essere dopo il suo incredibile premio Nobel per la Pace del dicembre 2009. D’altra parte tutto indica effettivamente che il Pentagono ha come minimo una posizione divergente rispetto a quella del presidente e la ostenta a vari livelli (quello del potere civile [il Ministro della difesa Carter] e quello militare senza che si capisca se il primo è complice o prigioniero del secondo). Avantieri scrivevamo :” L’attacco di Deir ez-Zor pone un problema molto più grave ancora degli elementi già esposti in relazione all’autorità del comandante in capo se ammettiamo l’ipotesi piena di implicazioni che non si può trattare di un errore casuale originato dal disordine straordinario che regna nella gerarchia dei comandi USA : sia che Obama abbia approvato l’errore cedendo alle imposizioni del Pentagono, sia che sia stato posto davanti al fatto compiuto non ignorando affatto chi fossero i protagonisti dell’episodio. “ Il sito WSWS.org (1) è arrivato a portare infine la conferma di questa situazione e dell’alternativa che abbiamo posto segnalando un incontro a livello di Consiglio di Sicurezza Nazionale dell’amministrazione intorno a Obama, qualche ora prima dell’attacco che allora apparirebbe sia come un messaggio dei militari Usa a Obama piuttosto che ai Russi secondo l’ipotesi che abbiamo appena fatto, oppure un segnale sia a Obama sia ai Russi, ma dando la precedenza al presidente; sia come effetto della capitolazione di Obama…

” Manca ugualmente dalle colonne del Times (N.Y.T.) il fatto che venerdì a poche ore dall’attacco USA su Deir ez-Zor Obama aveva convocato una riunione nel suo gabinetto di sicurezza nazionale compresi Kerry e Carter per discutere della crisi che colpisce l’amministrazione a proposito del cessate il fuoco in Siria. Il movimento di opposizione all’interno degli ambienti militari Usa sulla questione del cessate-il-fuoco, prossima all’ insubordinazione, suggerisce un altro scenario: piuttosto che un incidente l’attacco sarebbe stato lanciato con l’obiettivo di sabotare l’accordo, sia che lo abbiano fatto dei militari agendo di loro iniziativa, sia che sia stato un cambio di politica dell’amministrazione Obama sotto la forte pressione della comunità militare e di controspionaggio”

Gli stessi Russi hanno reagito a livello di comunicazione con furore e con estrema fermezza come abbiamo visto e con contromisure a livello operazionale e forse dal . di vista strutturale secondo una scadenza. Si tratta di fare l’ipotesi che forse Putin finirà per accettare l’idea che la politica seguita fino a ora di cercare una soluzione diplomatica ad ogni costo con gli USA non può riuscire con l’attuale governo USA. Questa è un’idea sempre più diffusa tra gli esperti e nella comunità militare russa , che viene riassunta come segue (si veda Sputnik.News:” Secondo la logica di Washington un accordo tra la Russia e gli Stati Uniti sulla Siria non può essere concepibile se non secondo le esigenze di Washington, e solo se Assad abdica. Andrei Tikhonov esperto che lavora al centro di analisi politica di Mosca , spiega a RussiaToday:” E’ molto improbabile che l’attacco USA contro le truppe siriane sia stato un incidente… è chiaro che Mosca non può accettarlo […] Mosca dovrebbe abbandonare una volta per tutte le sue illusioni a questo proposito e continuare la battaglia contro il terrorismo senza occuparsi della comunità internazionale.”

Un altro particolare che spiega l’atteggiamento americano, è la tipica soddisfazione degli USA per la confusione che regna. Ma per tener conto di questa soddisfazione, bisogna ammettere che essa non rimanda ad alcun piano preordinato né ad alcuna teoria e si riassume o si riduce al semplice fatto che il caos dovrebbe teoricamente impedire ai Russi di stabilire un’influenza durevole nella Regione mentre l’influenza degli USA non smette di affievolirsi. L’atteggiamento è puramente difensivo, una sorta di “strategia di terra bruciata” a livello di influenza e permette di dare un senso a una situazione che dal punto di vista strategico ne è completamente priva; d’altra parte permette più o meno di dissimulare i disaccordi interni al comando Usa circa la cooperazione con i Russi.

In un certo modo, la reazione molto veloce degli Stati Uniti questa mattina dopo l’attacco di un convoglio umanitario che si dirigeva verso Aleppo, e che suggerisce con la più discreta insistenza che i Russi o i Siriani, o anche i Russi insieme ai Siriani, siano responsabili dell’attacco, anche se per ora non si conoscono i responsabili, entra nello schema del disordine ed implicherebbe che l’amministrazione civile Kerry-Obama abbia fatto marcia indietro di fronte alle pressioni dei suoi militari – forse come conseguenza dell’attacco di Deir ez-Zor effettivamente percepito come un “avvertimento”. Dopodiche gli USA annunciano che vogliono rivedere l’accordo di cessate il fuoco a causa proprio dell’attacco al convoglio degli aiuti umanitari; ma quel cessate-il-fuoco è quasi morto dopo Deir ez-Zor; in questo modo si trasferisce il carico della responsabilità del fallimento del cessate il fuoco sulla Russia . L’attacco del convoglio stesso cade a proposito per distrarre l’attenzione da Deir ez-Zor al punto che alcuni vi vedrebbero un rapporto di causa ed effetto con le ipotesi che si possono immaginare- la Siria ci ha abituati a questo tipo di ragionamenti.

Tutte queste sordide manovre che non danno alcuna via d’uscita dal calderone ribollente della Siria rinviano d’altra parte ad un atteggiamento costante dell’amministrazione Obama, in via di smobilitare o diciamo di svicolare elegantemente per una ragione o per l’altra o per tutte le ragioni del mondo. Ci mostrano che alla fine l’intervento diretto del potere supremo quando non può essere evitato, va sempre verso soluzioni di compromesso (dal punto di vista degli Stati Uniti) e rimanda alle eterne posizioni fissate da quattro o cinque anni in un estremismo rancido (“Assad deve andarsene”)… In confronto all’estremismo (di cui bisogna soprattutto considerare l’irrancidirsi) da questo atteggiamento paradossalmente è assente qualsiasi reale fermezza, e non prefigura certamente la vocazione ad innescare un conflitto mondiale che possa raggiungere la massima intensità.

Quello che vogliamo dire descrivendo queste diverse manovre a cielo aperto, dove circolano i racconti più spudorati oppure vengono esposti i soliti eterni argomenti, è che non c’è niente di necessariamente decisivo che possa condurre a un conflitto mondiale; se si fronteggiano per la loro influenza a Washington i diversi poteri USA non vogliono rischiare il peggio su un teatro esterno tanto pericoloso come la Siria. Certo possono capitale degli scontri su questo teatro e delle perdite dirette possono toccare l’uno o l’altro, ma il conflitto siriano ha già fatto vedere che gli uni e gli altri possono dissimulare incidenti del genere o anche, come hanno fatto i Russi con il Su-24 abbattuto dalla Turchia, mostrare della fermezza senza arrivare al conflitto.

Per gli USA, il vero campo di battaglia é a Washington, e riguarda le elezioni presidenziali in corso. Per il momento noi non vediamo niente nelle capacità psicologiche oltre a quelle politiche o anche materiali del Sistema in generale e del sistema dell’americanismo in particolare, che possa condurre a dare inizio a una grande guerra in Siria per sbarrare la strada a un Trump eventualmente vittorioso, o per polverizzare la sua presidenza prima ancora che l’abbia cominciata. La vera questione che si evidenzia da questo groviglio di intrighi e di colpi bassi, in mezzo a massacri senza fine, è di sapere quando i Russi si decideranno effettivamente a riconoscere che non c’è più niente da fare con i loro attuali interlocutori americani . Oggigiorno, a questopunto, (e vogliamo dire a questo punto di sviluppo delle presidenziali americane), una rottura “con leggerezza”, per disinteresse, avrebbe ben poche conseguenze negative ed avrebbe anche dei vantaggi: qualunque accordo di cessate il fuoco è esposto al sabotaggio da parte di questo o di quell’altro potere all’interno di Washington; dopo le elezioni, se Trump sara eletto, è evidente l’occasione per i Russi di tendergli presto la mano, proprio a lui quando sarà alla Casa Bianca, per un accordo che ha più possibilità di durare… se verrà eletta Hillary, ebbene addio speranza, e in tutti i modi, ovvero: anche se sarà stato firmato l’ennesimo accordo di cessate il fuoco con Kerry-Obama, perché duri ci dovrà essere un miracolo per intervento divino diretto, perché la nuova presidente lo rimetterà immediatamente in discussione.

Fonte: www.dedefensa.org

Link: http://www.dedefensa.org/article/douguine-deir-ez-zor-et-la-troisieme-guerre-mondiale

20.09.2016

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIAKKI49

 

nota (1): WSWS – World Socialist Web Site – Pubblicato dal Comitato Internazionale della IV internazionale

 

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