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DI GEORGIOS

comedonchisciotte.org

I racconti di quello che accade in Grecia che arrivano in Europa dai vari notiziari, siti, social media etc provocano due principali tipi di reazione.

La prima e’ una semplice domanda: Ma come e’ possibile? Com’è possibile che un popolo accetti la sua condanna senza reagire?

La seconda e’ molto più subdola ed insidiosa. Agisce sull’inconscio e ci rimane mentre si accumula sempre di più col passare del tempo (ed il susseguirsi di nuove notizie): Non c’è niente da fare. Siamo tanto fessi e tanto buoni a nulla che la nostra fine e’ garantita.

Si tratta di un automatismo mentale a disposizione proprio di quelli che hanno messo in atto questa macelleria dei diritti dei popoli europei. E che conoscono molto bene come promuovere questo meccanismo. Infatti, lo applicano sfruttando le caratteristiche particolari di ogni popolo europeo.

Queste caratteristiche possono essere di natura etnica, religiosa o di differenza di livello di vita e di benessere tra una regione e l’altra. E allora ecco che spuntano gli indipendentisti, gli infedeli o i laboriosi (come opposti agli scansafatiche) a seconda del paese e delle regioni di questo paese.

In Grecia però, uno dei principali obbiettivi degli avvoltoi per le sue ricchezze naturali e minerarie (cosa non casuale, in Grecia ha luogo circa il 95% dell’attività sismica di tutta l’Europa), avevano un problema: non esistono minoranze etniche, il credo religioso e’ unico ed il livello di prosperità e’ distribuito uniformemente.

Qualcosa dunque doveva essere importato per creare delle condizioni di disagio necessarie per costruirci sopra la divisione del popolo greco. Qualcosa come gli immigrati. Il fenomeno degli immigrati naturalmente non riguarda solo la Grecia, ma la Grecia ha la più alta percentuale di immigrati rispetto alla popolazione nazionale in tutta l’Europa.

La Grecia fin dai tempi della sua indipendenza nel 1827 era stata una specie di colonia delle grandi potenze tramite il meccanismo del debito al quale hanno contribuito da una parte la casa reale (finché ne abbiamo avuta una) e che agiva come una vera e propria Compagnia delle Indie in loco e dall’altra parte la sua classe alto-borghese che non ha mai avuto un carattere nazionale, cioè di accumulazione interna di capitale e di sfruttamento della propria classe lavoratrice a suo uso e consumo, limitandosi a servire il grande capitale estero.

Naturalmente questo meccanismo aveva bisogno di essere esternato in una maniera diversa e facilmente digeribile dal popolo. Per questa ragione e per alcune tattiche grossolanamente idiote del Partito Comunista (poi ritrattate) durante gli anni 30 che aveva confuso l’internazionalismo con il servilismo verso Stalin, la parola “nazione” e la parola “patriottismo” sono state identificate con l’anticomunismo e guai a chi non stava al gioco.

Non ha importanza se il Partito Comunista fu l’artefice principale della gloriosa ed una delle più importanti in Europa guerra patriottica contro gli occupanti durante la 2a GM, con il Fronte di Liberazione Nazionale (EAM) e il suo esercito (ELAS) di quasi 90,000 effettivi: Dopo la liberazione e dopo la guerra civile del 46-49 quelli che avevano combattuto contro i Tedeschi sono diventati i “comunisti traditori della patria” mentre i collaboratori dei Tedeschi che avevano combattuto a loro fianco sono diventati i “veri patrioti”.

Forse la più tragica figura di questo scrivere la storia a rovescio e’ stato uno dei più grandi greci della storia moderna del paese, il Che greco, Aris Velouchiotis, il capo dei “Kapetanios” (capi di gruppi partigiani), che qui nomino soltanto per rendergli il dovuto onore e rispetto.

http://en.wikipedia.org/wiki/Aris_Velouchiotis

Inseguito dai “patrioti”, tradito dal suo stesso partito, il Partito Comunista Greco (KKE), si e’ suicidato e la sua testa finì appesa ad un palo nella cittadina di Trikala nella Tessaglia occidentale.

Gli ultimi eredi di questo regime, con questo tipo di “ideali” da consumo popolare imposto, sono stati i colonnelli della dittatura 1967-1974. E’ quindi spiegabile il ribrezzo, specialmente delle giovani generazioni, verso le parole d’ordine del passato: difesa della nazione, patriottismo.

In contemporanea, la loro difesa degli immigrati stranieri, giusta come principio, degenerò in una specie di opera caritativa in netto contrasto con ogni logica marxiana di internazionalismo. Inoltre, dal momento che la miseria cominciò ad interessare larghe parti della popolazione autoctona, la contraddizione in seno al popolo voluta fin dall’inizio dagli eurocrati si concretizzò.

In questo contesto, queste giovani generazioni, ma più in generale, la gente della sinistra, non solo devono ridefinire e riscoprire certe parole e significati sotto una luce diversa, ma addirittura farne i propri slogan come avevano fatto i loro nonni e bisnonni dell’EAM. Perché anche stavolta di occupazione si tratta. Certo, ora non dobbiamo salire sulle montagne per organizzare la resistenza armata, il contesto e’ diverso, ma lo spirito deve essere lo stesso se non vogliamo perdere tutto.

Anzi, invertire il cammino verso il precipizio all’inizio, ma anche dopo, perfino ora, e’ talmente facile che quando questo miserabile traditore di nome George Papandreou ha consegnato il paese nelle mani dei creditori nell’Aprile 2010, era andato in un’isola vicina ai confini con la Turchia per fare l’annuncio, ben conscio dei pericoli che correva. Sarebbe bastata un’accusa per alto tradimento prevista dalla Costituzione, un magistrato, un gruppo di politici, perfino un comandante militare fedele al suo giuramento, ma vai poi a parlare di militari al popolo della sinistra che sono rimasti ancorati al 1967 perché la storia la intendono solo dai vangeli partitici. Infatti, per molti di loro Chavez era semplicemente “un dittatore in più”.

Cosi, da una parte il disorientamento di una parte del popolo, quello della sinistra, e dall’altra il ruolo proprio da kamikaze del partito più importante della sinistra attuale, quello del SYRIZA, hanno prima spaccato un potenziale movimento unitario popolare che, specie nei primi due anni, si era presentato massicciamente in piazza, e poi hanno aiutato il diffondersi di un pessimismo e di una disperazione di pari passo con la rassegnazione del “non si può far niente”. Risultato, metà dei greci se la prendono con l’altra metà che sono delle “pecore”, e tutti litigano con tutti mentre la miseria dilaga. Ogni lotta e’ frammentaria, isolata e inconcludente. Nessun partito si fa vivo nei momenti decisivi di queste lotte e se lo fa, lo fa solo quando non c’è da guadagnare che la sua presenza ad uso mediatico.

E’ questa situazione estremamente paradossale, del cosi facile e nello stesso tempo impossibile, che crea il circolo vizioso del popolo che si autoaccusa ma che continua a sperare in un miracolo, non accorgendosi che basterebbe prendere la situazione nelle proprie mani. Come? Partecipare e sperimentare, non c’è altra via. Non aspettare nessun salvatore.

Non e’ facile ma e’ l’unica via. Forse, se, come popolo, meritiamo una critica anche severa, questa e’ l’unica critica giusta e che può servire da paradigma per tutti gli altri popoli. I quali la devono smettere di pestarsi i piedi a vicenda e di prendersela tra loro.

Non pensare per assiomi, non cercare di leggere la storia di ieri per capire il domani. La storia la scrivono i popoli, non la storia. Buttate via i vangeli e rimboccatevi le maniche. Partecipate cominciando dal vostro quartiere, dal vostro lavoro, dalla scuola, ovunque. La società appartiene a tutti noi, se ci vogliono vivere anche i banchieri facciamoli pagare l’affitto.

E’ cosi che la pensava Aris.

Georgios

Fonte: www.comedonchisciotte.org

12.06.2014

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